Problemi nell'Ovest

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  1. -Hidan
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    Problemi nell'Ovest

    La Chiamata


    Come un tuono.
    Stavo allegramente cincischiando ad occhi chiusi con uno dei miei tanti ciuffi albini, disteso su una comoda amaca che avevo appena legato tra due alberi dietro la mia piccola dimora, che sopraggiunse, tanto inattesa quanto sgradita, alle mie orecchie, la voce di Ryo.

    Erano passati solo pochissimi giorni da quella serie di (s)fortunati eventi che mi aveva visto immischiato in una contorta storia fatta di rapimenti, furti, vendette sanguinolente ed esplosioni. Più o meno causate da me e la mia compagna d'occasione Meika. Da ancora meno giorni ero, però, divenuto a tutti gli effetti un vero ninja. Il simbolo di Kiri adesso luccicava splendidamente all'altezza del mio petto sinistro, congiunzione di una serie di briglie che utilizzavo per riporre il mio fuuma kunai dietro la schiena. « Non ti azzardare ad usare una wakizashi, eh! » Aveva preventivamente chiarito Ryo. « Adesso non abbiamo tempo per andarla a prendere da qualche tuo lontano parente ad Aogashima, ma tuo nonno mi ucciderebbe se sapesse che non ti stai ad allenando a combattere con qualcosa di più adatto, o più simile, ad una vera spada. Quindi, usa questo. Quantomeno è più pertinente alle tradizioni del clan di tua madre. » E fu così che mi lanciò la pesante arma, a cui dovetti presto fare l'abitudine di portare sempre con me. Sapevo che controbattere non avrebbe portato a nessun risultato; già sentivo le minacce e le imprecazioni echeggiare nella mia testa. Ma torniamo a noi.

    Come dicevo, arrivò. Come un tuono. « AKIRA! » La figura di Ryo si materializzò accanto a me, senza che me ne resi conto. « Ma sei pazzo o vuoi farmi prendere un colpo!? Ti sento! Non sono sordo! E come diavolo sei venuto subito sul retro senza entrare in casa! » La mia posizione, infatti, era tutto tranne che causale. Conoscendo Ryo, che avrebbe urlato a prescindere da dove fossi stato o da che cosa stavo facendo, speravo che il tempo che avrebbe impiegato a capire che non ero presente in casa mi sarebbe bastato per darmela a gambe. « Da quando sei un sensitivo!? » Incominciai ad alzarmi lentamente dall'amaca, sgranchendo la schiena e le braccia al cielo. « Allora, che c'è di tanto urgente? Oggi mi sono già allenato se volevi insinuare qualcosa del... » Mi spiaccicò un foglio in viso. « Ma che diamine...! » Presi in mano il foglio, mentre Ryo incrociava le braccia. « Leggi! » Sbuffai leggermente, quindi incominciai a leggere. La mattina dopo, o meglio, all'alba sottolineava la missiva, mi sarei dovuto presentare al porto di Kiri per una missione. Destinazione: Suna. « Cosa diavolo...! Fa caldo lì, vero? » L'espressione di Ryo divenne ancora più austera, se questo fosse possibile. « Dannato idiota! Vedi il sigillo di chi è! » Svogliatamente andai a cercare il sigillo dietro la prima pagina. E, facendo girare l'amaca su se stessa per la sorpresa, caddi a terra con un tonfo sordo. Con la schiena a terra e le braccia ancora dritte che tenevano bene al sicuro il foglio, lentamente e con poco più di un sussurro di voce, pronunciai. « Il Mizukage? » Ryo sfilò dalle mie mani la lettera e si avviò verso casa. « Hai capito bene, piccolo idiota! Molto probabilmente stai andando in missione con il Mizukage in persona! » Mi rialzai da terra, togliendomi la polvere e il terriccio dagli abiti. « E perché mai dovrebbe chiamare me? Cosa gli serve, un portaborse? » Dissi, stizzito. « No vedo un incarico a te più idoneo e pertinente date le tue scarse capacità intellettive e dalla ancor più scarsa voglia d'applicazione! Ma non sarai te a gettar in cattiva luce il clan con i tuoi comportamenti, quindi incomincia a prepararti subito! Allora, devi andare a Suna, quindi portati tanta acqua! E non scordarti neanche il tuo equipaggiamento ninja! E poi... » Finii di ascoltarlo, più o meno, a quel punto, limitandomi a rispondere passivamente alle sue richieste. « Sì, mamma... Certo, mamma... Già fatto... » Il Mizukage in persona che chiedeva di me per accompagnarlo in missione, a quanto pare sarebbe stata una cosa grossa. Nutrivo certamente forti dubbi su quale sarebbe stato il mio ruolo, e inoltre già ero spazientito per le centinaia di pantomime che avrei dovuto fare per rivolgermi a lui anche per andare al bagno, le riverenze che avrei dovuto fare per il solo fatto che lui fosse il Mizukage, anche se non l'avevo mai visto prima di quel giorno. Il rispetto, per una persona, è dovuto, ma l'ammirazione deve essere guadagnata. Questo era parte del mio credo. E poi, comunque, gli ordini non mi erano mai piaciuti troppo. Certo, tutti noi dobbiamo eseguirli se vogliamo che, un giorno, i nostri ordini vengano eseguiti, ma non l'avevo ancora mai fatto con piacere. Cercai di non pensarci, l'alba era ancora lontana.

    E, invece, sopraggiunse troppo in fretta. Ancora stordito dal sonno, mi presentai al porto in orario, vestito ed equipaggiato di tutto punto, con un piccolo zainetto a tracolla contenente dei viveri. E lì, per la prima volta, lo vidi. Itai Nara, il Mizukage. Era ancora solo ed osservava il mare sopra una delle tante banchine del porto. L'unico problema è che non vedevo navi. Mi misi in ginocchio, a pochi metri dalla sua figura, per pochi secondi, quelli che sarebbero bastati a pronunciare poche parole. « Mizukage-sama, sono Akira Hozuki. » Quindi continuai, di nuovo retto. « Mi è arrivata la sua chiamata. Sono pronto a partire, ma... » Un attimo di esitazione, quindi uno sguardo interrogativo si manifestò sul mio volto. « Con cosa abbiamo intenzione di andare a Suna, se mi è concesso chiedere? »

     
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