Problemi nell'Ovest

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  1. -Meika
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    Problemi dell'Ovest

    Ancora Suna.



    Ero Genin da così poco tempo e sembravo avere già una sorta di rapporto speciale con Suna che rasentava il disgustoso. L'ultima volta che c'ero stata ero tornata intossicata e con un probabile colpo di calore in atto. Non era passata nemmeno una settimana e già dovevo tornarci! Mio padre mi raggiunse con la sua andatura claudicante (regalo della gamba di legno che aveva al posto della sua vera gamba destra) e mi rubò la lettera dalle mani con rapidità. Quindi la lesse e si fece una certa risata da sotto i baffi.
    Ancora Suna... dissi con un soffio, cercando uno spigolo contro cui sbattere il capo. Toh, c'è il Mizukage. Uscito all'improvviso dal suo guscio dopo due anni. Qualcuno l'ha finalmente avvisato della sua carica? Sì ok, ma perché? Perché me? Non è vietato da qualche convenzione internazionale mandare un ninja in missione a Suna per più volte in meno di una settimana? Lamentosa mi disse mio padre, tornando a sedersi sulla sua comoda poltrona. Sospirai e ripiegai la lettera.
    C'era anche il Mizukage. Non sapevo se essere contenta o meno: che persino il Kage si fosse mosso poteva voler dire che la missione era pericolosa. A quel punto c'era da chiedersi perché richiamare me che ero a malapena considerabile una genin inesperta. Ma a quelle domande avrei trovato risposta il giorno dopo.





    Mi rigirai nervosamente nel letto per tutta la notte. Non dormivo bene da quel giorno alla Vecchia Scuola. L'uomo in Nero prima di essere ucciso aveva detto qualcosa riguardo mia madre, qualcosa che mi aveva fatto venire seri dubbi riguardo l'effettiva morte di lei. Non avevo detto nulla a mio padre.
    Cosa vuol dire che a Taki "c'è una cazzo di troia che mi ricorda la tua faccia di cazzo"? Una che mi somiglia? forse era solo la speranza di una bambina orfana. Ma il corpo di mia madre non era mai stato ritrovato: lei era semplicemente... scomparsa. Mi addormentai a notte inoltrata e mi risvegliai all'alba, poco riposata, nervosa e con due notevoli occhiaie ad incornciarmi il viso. Mio padre era altrettanto sveglio: mi aveva preparato la colazione. Sorrisi nel vederlo armeggiare col caffè e prima di sedermi a mangiare non riuscì a non lasciargli un bacio rumoroso un fronte.

    Il porto era umido come sempre, ma non osai lamentarmi di ciò nemmeno mentalmente: presto Kiri mi sarebbe mancata. Ma quella volta ero partita premunita: nel mio zaino c'era qualcosa che contro quel caldo di sarebbe rivelato assai utile. Il mizukage attendeva e con lui c'era... Akira. Anche lui? Non l'avevo più rivisto dopo quegli avvenimenti - visto che mi avevano mandato a Suna, per l'appunto -. Mi avvicinai e porsi i miei saluti al Kage.
    Maika Akuma, Mizukage-sama. Attendiamo una nave? non osai ancora parlare ad Akira. Non avevo idea di quanto rispetto pretendesse il Mizukage ed il meglio che potevo fare era rimanere col ginocchio piegato. Per parlare con il mio compagno di (s)venture ci sarebbe stato un intero viaggio in barca di tempo.

     
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