Nuvole Rosso Cremisi

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    AGAIN

    The price of success is hard work, dedication to the job at hand,
    and the determination that whether we win or lose,
    we have applied the best of ourselves to the task at hand.




    «...Che sia un miracolo di arredamento non ci sono dubbi, Raizen.»



    Immobile di fronte alla grande scrivania dell'Hokage una giovane ragazza di circa venti o ventuno anni, dai lunghissimi capelli castani e le carnose labbra rosse, inarcò un sopracciglio. Un secondo dopo, prendendo dal tavolo un foglietto e una penna, scribacchiò qualcosa in modo agitato, girandosi poi rapidamente verso un basso ragazzetto dal viso spruzzato di lentiggini e un riccio cespo di capelli rossi sul cucuzzolo della testa, che le sostava educatamente alle spalle e che non mancò di inchinarsi un centinaio di volte quando la giovane gli rivolse la parola. Nemmeno per una volta la guardò in faccia.
    «Chiama il Clan Kobayashi, questo è l'indirizzo, mio caro...» Sussurrò la donna, e lanciando un'occhiata perplessa alla targhetta dell'appuntato, annuì. «Kuroshi-kun.» Concluse, flemmatica. «Entro oggi voglio la tappezzeria floreale di quei divani verdi in un falò nella piazza centrale, e... ah!» Sorrise. «La cameretta negli alloggi dell'Hokage, quella attualmente vuota, sii così caro da farci portare un piccolo lettino di bamboo e delle tendine rosa a pois bianchi, sarà camera mia da ora in poi. A quanto pare, del resto, passo più tempo qui che alle mie residenze.» Cinguettò, alzando di due none il timbro della voce prima di girarsi a fulminare Raizen con occhi dardeggianti di collera. Nulla di cui stupirsi, del resto da quando quel randagio era diventato Hokage, erano più le volte che la chiamava per svolgere ogni qualsiasi maledetta mansione di quanti erano i giorni che le concedeva liberi...certo, era stata orgogliosa di sapere che avrebbe avuto l'occasione di divenire il suo braccio destro, ma non aveva immaginato che questo prevedesse fondersi per gemmazione con lui, un'idea che solo da ipotizzare le faceva venire un acuto dolore intestinale.
    Sospirando sonoramente nel lasciar precipitare le spalle verso il basso, la Principessa di Konohagakure scosse la testa, mettendosi poi ad ascoltare il fiume di parole del suo Kage che la investì un secondo dopo che l'impiegato dell'amministrazione fu scappato fuori dall'ufficio, balbettando. Era raro per Raizen parlare tanto –il che era un bene: le sue esposizioni erano caotiche quanto il suo cervello, ed era tutto dire– ma superati i primi momenti di esitazione Shizuka Kobayashi, l'Erede della dinastia dell'Airone, ne capì la ragione. Il suo sguardo, da ironico e incuriosito che era, divenne ben presto serio e silenzioso. Solo quando la voce del Colosso della Foglia scemò nel silenzio, la ragazza annuì, riaprendo lentamente i profondi occhi verdi, magistralmente truccati, che aveva tenuto fino a quel momento chiusi.
    «Come per ogni grande Paese, una dislocazione del mio Clan è stanziata nelle Terre del Fulmine, perciò sono a conoscenza delle tensioni di cui parli.» Disse, allargando le braccia di fronte a sé. «Siamo riusciti a tenerci in contatto con quella fazione della mia famiglia grazie agli Aoki, ma sono mesi che non riceviamo messaggi e non ci risultano spostamenti delle nostre carovane dall'interno all'esterno, e viceversa.» Ammise, scuotendo la testa. «Nonostante ciò le mie informazioni sono scarse, quasi inesistenti. I miei informatori nei paesi limitrofi sono quasi introvabili. E' come se si fosse creata una bolla d'aria attorno al Fulmine e a tutto ciò che lo riguarda.» Ciò significava che, per quella volta, Raizen non avrebbe goduto della tela di ragno informativa della sua allieva. E quello era molto più di un “piccolo svantaggio”. Nonostante l'esordio non fosse dei migliori, il Colosso non sembrava tuttavia intenzionato a cedere ai suoi propositi e, a quanto pareva, nemmeno Shizuka poteva averne il diritto. Grattandosi la testa la Principessa della Foglia sospirò, abbassando lo sguardo. «...Se ho obiezioni? Ogni volta che ho a che fare con te rischio di rimetterci la pelle, è così che si tratta la più potente e ricca Principessa del tuo Villaggio?» Si atteggiò, scostandosi dal collo, con fare teatrale, una lunga ciocca di capelli. Poi sorrise, socchiudendo gli occhi. «Avrai il mio appoggio, come sempre è stato e sempre sarà, ovviamente sotto lauto compenso, si intende. Parleremo di soldi quando torneremo... e comunque non ti infilerò le mani nelle mutande per sigillare i tuoi ricordi. Ogni scusa è buona per provarci, mh?» Disse, ghignando sarcastica nel battere una mano sulla nuca di Raizen...prima di ritirarsi con sdegno, apparentemente sconvolta. «Maledetti gli Dei, cos'è questa ricrescita oscena?!» Gemette con voce strozzata. «Ti tingi?! Ti tingi i capelli?! Il Fuoco ti perdoni, Raizen... hai usato l'henné, vero? Non si usa MAI l'henné! Devo insegnarti tutto, insomma?!» Grattò con voce fischiante, portandosi una mano di fronte alla bocca nell'atto di trattenere un conato di vomito. Quando si fu assicurata di aver irritato il compagno come si conveniva alla circostanza, seria e gravosa, la Principessa annuì, soddisfatta. Solo a quel punto, portò le mani ad adagiarsi sulle tempie dell'Hokage. «Sai già come funziona, vero? Non sarà “piacevole”.» Disse, ascoltando la lista di ricordi che avrebbe dovuto sottrarre. «Evocherai Kubomi, darò a lui un rotolo contenente il sigillo dei nostri ricordi. Farò in modo che potremo tornarne in possesso rapidamente, ma in attesa di quel momento il tuo drago conserverà l'oggetto nella sua propria realtà. Ricorda che la scelta del contenitore, e il modo in cui si tutela lo stesso, è di primaria importanza: se questo viene rovinato, ciò che custodisce è perduto per sempre.» Disse, mentre le mani di lei si circondavano di un bagliore blu elettrico ruggente e trepidante. Avrebbe aspettato che il Decimo ubbidisse prima di continuare, riportando le mani alla testa di lui. «Immagina la tua mente come un archivio: accederò ai tuoi ricordi per eliminare ogni traccia di ciò che mi hai chiesto, e per farlo li passerò a rassegna tutti. Sarà un po' come farsi il bagno in un fiume, solo che decido io dove va la corrente. Non agitarti, il peggio che può succedere è che ti renda deficiente... e visto la tua condizione di partenza, non ci sono problemi.» Sghignazzò.
    Furono poi una manciata di istanti... lentamente la kunoichi allontanò la mano sinistra dalla tempia del Kage, e connesso ad ogni suo dito vi era un filo di un chiaro verde che lei, dopo aver stabilizzato in una condensazione uniforme, portò sopra ad un rotolo bianco immacolato che aveva tirato fuori dalla grossa sacca ninja di pelle legata alla sua fascia lombare. Adagiando i polpastrelli sulla carta, la Principessa tracciò l'ideogramma di "Verità" e attese qualche secondo prima di staccare la mano dalla pergamena, sulla quale, alla fine della procedura, rimase solo la tracciatura Shodo, come fatta d'inchiostro, recante il Kanji [EstraniazioneEstraniazione
    Villaggio:
    Personale
    Posizioni Magiche: (0)
    L'utilizzatore è in grado, mediante il chakra, di isolare ed estrarre un singolo ricordo, sigillandolo. Il ricordo rimarrà impresso nel sigillo, il quale sarà opponibile su creature viventi e/o oggetti inanimati. Nel primo caso, se compatibile, il ricordo verrà assorbito come proprio.
    Tipo: Fuuinjutsu
    (Livello 4 / Consumo: Medioalto)
    [Da Genin in su]
    ]. Prendendosi qualche attimo -che utilizzò principalmente per spiegare in poche parole a Kubomi il suo compito e l'importanza che quel rotolo aveva e successivamente per riorganizzare a parole la mente pulita di Raizen, rimasto incerto sulla situazione quando si fu ripreso dal lieve torpore in cui la tecnica lo aveva indotto- Shizuka passò a ripetere l'operazione, stavolta usando se stessa come archivio da pulire. Anche quella volta estrapolò filamenti, blu elettrici e instabili, li condensò e tracciò lo stesso identico ideogramma, dalla parte opposta del rotolo, cerchiandolo due volte.
    Quando le procedure furono terminate e anche alcuni dei ricordi della Chunin furono tolti e sigillati, la ragazza si sedette, accennando ad una stanchezza che derivava da un eccessivo consumo di Chakra il quale, a sua detta, si sarebbe aggiustato quanto prima. La sua mente, adesso, non serbava più alcun accenno ai segreti del Villaggio, ai suoi, alle ombre dei ricordi dello stesso Hokage, o alle informazioni che sapeva avrebbero potuto essere dannose se in mano altrui...fu così che, quando i due Shinobi uscirono dagli uffici amministrativi, Shizuka, adesso priva di un cognome, guardò con stupore una ragazza in kimono dai capelli rossi che, ferma di fronte alle porte d'entrata della struttura, le porse un mantello verde notte che avvolgeva una grossa nodachi lunga due metri e un'ampia sacca a tracolla ricolma di ogni genere di oggetto, tra cui delle focaccine di riso, acqua, boccette vuote e chissà quale altra diavoleria chiusa in scatolette di diverse misure.
    «Chi diavolo sei?!» Ringhiò Shizuka, sputando in terra. «Questa è roba mia!» Disse. Era sicura che prima di partire sarebbe dovuta passare a casa a prendere l'occorrente per il lungo viaggio che l'aspettava... ma a ben pensarci non aveva idea di dove fosse casa sua.
    «Buon viaggio, Shizuka-sensei.» Rispose la ragazza dai capelli rossi, dopo un attimo di ragionevole stupore, sorridendo. «All'ospedale di Konoha aspetteremo il tuo ritorno. Qui c'è tutto l'occorrente che mi avevi chiesto.»

    Ah, ma certo... un'infermiera? Lei era il primario dell'ospedale, certo. Un medico. Certo.
    Beh, ovviamente, no? Su quello non c'erano dubbi.

    […]



    Lavarsi il sudicio e il sudore di dosso fu un balsamo alla sua stanchezza.
    Cresciuta dallo stesso Raizen per affrontare ogni tipo di circostanza, Shizuka non denotò vergogna nel lavarsi di fronte al randagio, come se effettivamente la cosa non le interessasse. La sua priorità era, proprio al pari del suo compagno di viaggio, togliere l'odore e potersi confondere meglio all'ambiente, per non minare il risultato della missione. Sapeva a livello inconscio che qualsiasi tipo di sacrificio facesse o qualunque azione compisse, tutto doveva sempre essere proteso per il bene di Konoha...ma se qualcuno le avesse chiesto il motivo, non avrebbe saputo rispondere. Quell'informazione, nella sua mente, non c'era.
    Quando ebbero finito di mangiare e riposare le gambe, la Chunin si occupò di imporre i secondi Fuuinjutsu: alzando il dito indice, che si irrorò di chakra, la ragazza scoprì il torace del Colosso e sullo sterno di lui tracciò l'ideogramma capovolto di “Verità”. Rapidamente il sigillo affondò nel corpo del suo portatore, come se si fondesse a lui, lasciando dietro di sé nient'altro che la pelle pulita e priva di segno [PianificazionePianificazione
    Villaggio:
    Personale
    Posizioni Magiche: Disegno (10)
    L'utilizzatore, apponendo il sigillo su se o su terzi, può cambiare il colore del chakra alterando alcune caratteristiche dello stesso come quantità di chakra posseduta, impronte e abilità innate. Non può nascondere la presenza di Demoni o altre entità risedenti nel corpo su cui appone il sigillo. Il sigillo dura massimo un giorno.
    Tipo: Fuuinjutsu – Ninpou
    (Livello: 4 / Consumo: Medioalto)
    [Da Genin in su]


    Raizen: Energia verde, 37 bassi disponibili. Demone visibile.
    Shizuka: Energia rossa, 40 bassi disponibili, nessuna tecnica speciale. Impronte non definite.
    ].
    Sedendosi a gambe incrociate a terra, la ragazza si stirò addosso i pantaloni di pelle nera e si infilò nuovamente gli stivali di cuoio alti fino alle ginocchia che si era tolta per lavarsi. Quando si fu legata nuovamente i capelli in un'alta coda di cavallo, si stringò con più rigore il bustino nero dietro la schiena prima di ripetere la tecnica su se stessa, imponendo lo stesso sigillo all'altezza della sua clavicola sinistra. Solo quando la tracciatura blu del suo chakra affondò in lei, con quella sensazione fresca e piccante che le era peculiare, la kunoichi riprese la sua borsa a tracolla, sistemò la sua grossa sacca ninja dietro alla schiena e si riavvolse nel suo mantello scuro. Durante tutto quel tempo non parlò, né si dilungò in chiaccherate senza senso. Riprese a farsi sentire solo quando, infine, i due si trovarono in prossimità dei confini.
    «Non mi risulta che Kumo abbia corpi speciali.» Disse, acquattata per terra tra la ricca vegetazione. A differenza di Raizen lei, a malapena un metro e sessantacinque centimetri di altezza, non aveva difficoltà a nascondersi ovunque. «Il Paese del Fulmine vanta l'uso dei Raiton tanto quanto noi al Fuoco viviamo di Katon. Guarda.» Disse, allungando l'indice verso delle sporadiche scariche elettriche nere come la notte che, durando appena un'istante, svanivano subito. «E' possibile che sia una tecnica particolare elaborata sul fulmine. Vorrei capire fin dove si estende il raggio di portata massima, in che direzione e il modo in cui la tecnica reagisce, in questo modo potremmo avere un quadro chiaro su dove passare per entrare dentro. Insomma è un modo carino per dirti di non fare cazzate.» Ascoltando fedelmente quanto aveva detto, la prima cosa che fece Raizen fu di creare tre cloni, spacciarli per mercanti e mandarli al confine. Meno male che aveva detto niente cazzate, sennò avrebbe usato fuochi d'artificio. «Se fai casino darai l'allarme e questi bimbi mascherati aumenteranno le difese, perciò se c'è qualcosa all'interno di Kumo che vogliono non far trovare, lo proteggeranno maggiormente. Questa può essere una cosa buona e una cosa cattiva, in ogni caso vedremo di sfruttarla...ma siamo qui come infiltrati, non come picchia-duro, ci arrivi?» Sibilò, irritata, fulminando con lo sguardo il compagno di viaggio nell'alzare il dito di fronte a sé. In effetti dei mercanti che tiravano ceffoni facendo ribaltare gli avversari, che si presupponevano quantomeno allenati se non impeccabili, se ne vedevano pochi, in giro. Sospirò, portandosi una mano alla faccia. Ora come minimo sarebbe arrivato lo zoccolo duro, e lei non voleva combattere. Non lo faceva mai se poteva evitare, fossero maledetti gli Dei. «Se ci riesci fammi portare uno di loro. Vediamo cosa posso fare. Ho una mezza idea di come agire.» Ringhiò, offesa.

    E comunque non per dire niente... ma a prescindere dalla situazione aveva davvero fame. Di nuovo.
    Fame nervosa, la chiamavano. Lei vedeva solo una taglia in più nei suoi vestiti.

     
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