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"Free" Asgharel, Fenix

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  1. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Counterattack~


    Il tono accusatorio della donna si faceva a poco a poco sempre più debole, sempre più deluso e sempre meno convinto, segno, quantomeno apparente, del fatto che stava iniziando a perdere la speranza nelle sue stesse accuse, accettando forse la versione di Atasuke o semplicemente rassegnandosi al fatto che non poteva ottenere altro da lui e che non poteva procedere oltre non avendo nulla più di semplici sospetti.
    Tuttavia, anche se la situazione sembrava farsi più “rilassata” o quantomeno apparentemente meno avversa, Atasuke sapeva che non doveva sbagliare, altrimenti tutta quella specie di processo sarebbe ricominciata dall'inizio ed avanti così fino all'infinito.
    Tacque, lasciando correre le opinioni della donna qu quanto potesse interessargli o meno la presa di posizione anche nei confronti degli addetti precedenti e lasciò altrettanto correre le considerazioni in merito al valore che davano alla dichiarazione di un sospettato. Ci sarebbe stato un momento opportuno anche per quel punto, ma la situazione sarebbe stata a postazioni invertite, con la donna al posto dell'accusato a rispondere della sua inefficenza ed Atasuke a giudicarla.
    Ascoltò poi con attenzione le parole della donna, compresi i suoi dubbi ed il fatto che questi erano rpopriamente scaturiti dall'elevata precisione con cui tutto era stato minuziosamente specificato, al punto tale che quella mancanza sembrava addirittura stonare in tutto quel mare di precisione.
    Certo, poteva considerarsi un dubbio lecito, anche se per un simile dubbio aveva decisamente oltrepassato il punto.
    Con estrema calma, tuttavia, Atasuke riprese il discorso rispondendo, sperabilmente per l'ultima volta, a quegli ultimi quesiti.

    «Personalmente apprezzo lo scrupolo e la precisione nel lavoro. Se solo non si fosse lasciata trasportare troppo forse le avrei addirittura proposto un lavoro alle mura. Mi servirebbero persone con la sua precisione... Detto questo la ringrazio per il complimento, apprezzo il fatto che la mia precisione nei rapporti venga notata... Ma tornando al punto...»


    Sorrise, portandosi vicino al cestino da cui con cura ripescò il modulo che aveva compilato poco prima, riponendolo nuovamente sulla scrivania della donna, subito sopra alla cartellina con il suo rapporto ed indicando con attenzione alcuni punti della sua dichiarazione.

    «Premesso che a questo punto le chiedo gentilmente di inviare quanto prima al mio ufficio i decreti inerenti a questi cambi, in modo da poterci aggiornare... Che i protocolli siano cambiati poco, tanto o del tutto poco importa. Le mie accuse sono a questo punto fondate e mi sembra di capire che anche lei stessa abbia notato che quanto ho sottolineato a questi punti, non è semplicemente una buffonata... Come lei stessa ha ammesso, Sasori non era autorizzato e le informazioni sulla missione stessa erano fallaci. Io sapevo che c'era un compagno di missione e che un messaggio andava portato. Alle mura mi son trovato con un uomo con tanto ti messaggio ufficiale sigillato ed un compagno shinobi, più alto in grado, tuttavia, nel fascicolo che mi venne consegnato, che ha trovato allegato, dato che non mi è stato sottratto, non avevo alcun dettaglio sui miei compagni o sul mio singolo compagno di missione e questa credo possa considerarsi una mancanza non da poco, o mi sbaglio?»


    Girò l'attenzione sulle mancanze nate fin dall'inizio della questione, non tanto per nascondere le proprie o per darsi delle scuse, ma per mettere in chiaro tutti i punti, fino all'ultimo dettaglio, con la precisione che contraddistingueva i suoi modi di operare.

    «Chiarito infine questo punto, l'identificazione di un alleato, generalmente avviene con le semplici presentazioni. Certo, da oggi per sicurezza chiederò comunque i documenti ad ogni shinobi che incontro in qualsiasi paese, tuttavia segua il mio ragionamento: Eravamo in missione, per conto di Konoha, ai confini tra Oto e Kumo per dei problemi diplomatici tra quei due villaggi. La prima nostra spedizione non ha riportato alcuna informazione ed io, in territorio Otese devo litigare con un ninja di Oto per farmi confermare la sua identità? Per avere la conferma che Oto manda i suoi shinobi per un suo problema politico? Le sembra tanto strano che Oto possa aver mandato una missione diplomatica parallela alla nostra nei suoi confini? Forse mi sbaglio, peccando di fiducia, ma onestamente non trovo tanto sospetto un villaggio che opera con i propri shinobi nel proprio territorio senza allertare un'alleato. Allerta che, tra l'altro, poteva anche essere giunta dopo la nostra partenza e non averci raggiunto, anche se con rammarico mi pare di capire che Oto non ci abbia comunicato alcuna spedizione diplomatica...»


    Si allontanò dalla scrivania, mettendosi nuovamente seduto senza schiodare gli occhi dall'occhialuta impiegata.

    «Tornando invece al carro, ebbene si, la mia concentrazione era rivolta alla ricerca di trappole, non di dettagli del carro e sfortunatamente, non sono riuscito a cogliere altro prima di venire assalito dai tre tizi. Non credo le sarà complesso comprendere che in un tale svantaggio, notare un dettaglio sul carro sia passato decisamente in secondo piano e che la mia concentrazione era rivolta a sopravvivere. Comprendo tuttavia il suo punto di vista, ma anche se non è un'operativa sul campo, confido che la sua intelligenza le faccia comprendere che a volte le cose non sono semplici come possono apparire da un rapporto e sfortunatamente, mi son trovato in una pessima situazione con molto poco tempo a disposizione per poter verificare l'intero ambiente. Come già detto, mi son concentrato prima di tutto sulla mia incolumità verificando trappole o illusioni, il secondo passo sarebbe stato verificare il carro, ma sfortunatamente l'attacco è giunto prima che potessi procedere»


    Era sincero, in effetti in tutta quell'esposizione non aveva mentito nemmeno di una virgola, anche se sapeva di aver omesso un dettaglio: I suoi occhi avevano notato uno stemma scolorito, uno stemma che conoscea bene, ma uno stemma che sperava di aver confuso, assimilandolo come quello ben noto dell'airone dei Kobayashi. Stemma che aveva ben intenzione di verificare e su cui aveva intenzione di indagare, con il permesso dell'unica persona abbastanza influente da poterglielo permettere ed abbastanza fidata da potervi confidare quell'informazione: L'Hokage Raizen Ikigami.
    Rimase quindi comodo, osservando con attenzione le reazioni della donna ed ascoltandone con attenzione le eventuali considerazioni e repliche, prima di chiederle con garbo se poteva finalmente riprendere con i suoi compiti alle mura, primo tra tutti l'incontro con l'Hokage, che a poco a poco si faceva imminente.


    Se finalmente la donna avesse deciso di congedarlo, Atasuke si sarebbe congedato con un semplice inchino e con un breve saluto, prima di raggiungere la porta, oramai riaperta dal portaborse, infilandosi rapido nel corridoio, salutando rapidamente con la mano i volti conosciuti in coda per consegnare i propri rapporti, per poi volare dritto di filato al suo ufficio posto poco distante dal “vecchio ufficio”, giusto qualche piano più in alto nella caserma dei guardiani, posta nei pressi del gate.

    […]


    ~Incontro con l'Hokage~


    «Scusate per il ritardo, mi hanno trattenuto agli archivi... Tutto a posto durante la mia assenza?»

    “Si, Atasuke-sama. La quinta divisione ha terminato il suo giro di controllo ed ora sta stilando i suoi rapporti, sembra che abbiano preso un'altro di quegli spacciatori ed hanno fermato un paio di elementi sospetti che ora sono sotto chiave mentre capitano li sta interrogando...”

    «Voglio sperare che non siate stati abbastanza folli da lasciare Sougo da solo con quei criminali»


    “Nossignore, è andato Yamazaki con lui”


    Guardò con sconforto il guardiano per alcuni secondi, prima di riprendere in mano la situazione, che poteva già definirsi disperata.

    «Vedi di contattare immediatamente Katsura e fai in modo che raggiunga Sougo... Quel poveretto di Yamazaki non è in grado di tenere sotto controllo Sougo... Per il resto voglio un rapporto completo sulla mia scrivania entro due ore, adesso ho un'impegno importante che non posso posticipare e non ho modo di sentire tutto ciò su cui hai da ragguagliarmi»

    “S-Si Atasuke-sama! Sarà fatto quanto prima!”

    «Ottimo lavoro»


    Gli rispose, sorridendo al guardiano, concedendogli un'amichevole pacca sulla spalla, oltre che un sorriso compiaciuto. Apprezzava la buona volontà dei suoi ragazzi e poteva definirsi fiero dell'impegno che stavano dimostrando per sostenerlo nel suo nuovo ruolo, specialmente quando questioni urgenti lo costringevano lontano dal suo ufficio.
    Mentre saliva le scale, un piccolo ricordo lo intristì. Da un lato apprezzava la sua nuova carica, tuttavia, da un lato sentiva già la mancanza delle ronde, dei turni forzati e del lavoro sul campo.
    Certo, sapeva bene che ora aveva impegni decisamente più importanti, tuttavia, da una parte gli mancava quel contatto diretto con la gente, che ora era limitato ai funzionari amministrativi, agli impegati ed ai rari momenti liberi lungo la giornata o alle serate che finalmente poteva godersi tranquillamente a casa, salvo rare occasioni in cui si fermava al lavoro fino a tardi.
    Giunto davanti alla porta del suo ufficio, non trattenne una risata, quando si rese conto di come stesse pensando come un vecchio pensionato. Erano passate appena una, forse due settimane dalla sua nomina e già si lasciava prendere dai ricordi come un veterano.
    Si sentì uno sciocco, ma alla fine lasciò scivolare via quella sensazione, appendendo la giacca al porta mantelli a lato della porta ed andando alla sua scrivania, dove già decine di scartoffie lo stavano aspettando.
    Raizen, al suo arrivo, lo avrebbe trovato al suo posto, immerso nel lavoro ed attorniato da alcune pile di fogli poste alla sua destra ed alla sua sinistra, mentre un elegante piramide di rotoli decorava quella scrivania in legno intarsiato.
    Da quando era stato nominato capo dei guardiani, Atasuke non aveva avuto ancora molto tempo per arredare l'ufficio propriamente secondo il proprio gusto, dato che si era dovuto sobbarcare settimane e mesi di lavoro arretrato, oltre ad una serie di problemi organizzativi nati dall'assenza fin troppo prolungata del precedente capo, oltre che dai disastrosi avvenimenti recenti.

    «Prego, Hokage-sama, accomodatevi, vi stavo aspettando, gradite del the? O preferite forse del Sakè?»


    Esordì quando notò Raizen alla sua porta, alzandosi in segno di rispetto e concedendogli un profondo inchino, facendogli poi un cortese cenno di accomodarsi sull'unica sedia rimasta nell'ufficio, posta proprio davanti alla sua scrivania.
    Per quanto sapesse che Raizen solitamente non apprezzasse le formalità, Atasuke non riusciva, nello svolgimento dei suoi compiti a distaccarsi dalla formalità che il suo ruolo gli imponeva.
    Quando l'Hokage avesse deciso che cosa gradisse, Atasuke avrebbe fatto cenno al giovane guardiano che aveva accompagnato il colosso di andare, portando loro ciò che l'Hokage gradiva ed una tazza di the per l'Uchiha.

    «A breve sarà di ritorno, se intanto volete, questo è il fascicolo con gli ingressi giornalieri degli ultimi giorni, come richiesto...»


    Allungò un'enorme pila di fogli all'Hokage. Per quanto le schede fossero ben studiate per essere dettagliate ma altrettanto ridotte, negli ultimi periodi c'era un'enorme viavai dalle porte del villaggio, a causa del commercio portato avanti dai kobayashi e dalle aziende che continuavano a far entrare ed uscire operai, mezzi e materiali per i lavori di ristrutturazione. Senza poi contare gli architetti, gli ingenieri, gli eratisti e gli operai che avevano iniziato ad operare sul monte degli hokage per aggiungere un nuovo volto.

    «Come può notare c'è fermento in questo periodo. Ho raccolto i dettagli per data ed orario di ingresso, tenendo in un fascicolo a parte i sospetti, gli arresti ed i criminali identificati e catturati, tutti schedati in ordine alfabetico con relativi reati, codici identificativi e quant'altro...»


    Porse quindi la seconda pila, decisamente più ridotta all'Hokage, che poteva tranquillamente iniziare a verificare i nomi registrati in quella lista ed appositamente registrati sul registro che sovrastava la pila di documenti.
    Pochi istanti dopo, il giovane guardiano fece ritorno, con quanto era stato ordinato.

    «Ti ringrazio Shinobue, ora puoi andare e fai in modo che nessuno ci disturbi, intesi?»

    “Certamente Atasuke-sama... Hokage-sama”


    Il giovane guardiano li salutò entrambi con un profondo inchino e con reverenza, prima di uscire dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli soli.
    Con relativa calma, Atasuke scostò quindi le pile di documenti, quasi come a volersi guardare faccia a faccia con l'Hokage, segno che aveva qualcosa da dirgli e che non si trattava di questioni che potevano essere rese pubbliche.
    Finalmente i due erano soli e potevano parlare con la dovuta calma ed attenzione, senza dover rispettare alcun protocollo formale se non quello dettato dal buon senso, ma soprattutto senza doversi preoccupare di eventuali orecchie indiscrete.
    In quella stanza, infatti, non vi era alcun nascondiglio o falla strutturale da cui qualcosa potesse fuoriuscire. Era infatti un semplice ufficio particolarmente insonorizzato, oltre che isolato dagli altri piani di lavoro, particolarmente spoglio, eccezion fatta per una libreria sulla sinistra di Atasuke, corredata anche di alcuni cassetti e di scomparti chiusi da ante in vetro, contenenti principalmente libri, manuali e poco altro. Sulla sua sinistra, invece vi erano alcuni mobili sempliciemente lavorati, in legno massello ben lucidati e puliti, i quali contenevano moduli e materiale d'ufficio. Alle sue spalle Atasuke aveva un'ampia vetrata, a vetri doppi, ben insonorizzata, da cui poteva osservare con attenzione le mura senza venire a sua volta osservato, mentre davanti a se, aveva l'unico ingresso della stanza, corredato dal semplice portamantelli in legno, questo finemente lavorato.
    L'unica caratteristica peculiare di quell'ufficio, ovvero l'unica cosa su cui Atasuke aveva già posto un adattamento, era la scrivania, in legno massello, al cui centro un morbido rettangolo verde disegnava la parte di lavoro, celando sotto di se un cassetto dove teneva i documenti riservati.
    Altro dettaglio era il piccolo bonsai che riposava all'angolo destro della scrivania, mentre sulla sinistra vi era un raffinato portapenne, sovrastato dalla lampada da ufficio che spesso accompagnava le prime serate insonni del nuovo capo dei guardiani.



    OT - Dato che ero ispirato mi son lasciato prendere la mano con la parte alle mura. Ovviamente, nel caso in cui il "se" non venisse a compiersi, consideriamo quanto descritto oltre al secondo titolo, valido salvo cambi radicali di situazione prima dell'uscita di Atasuke dall'ufficio della scassamaroni :zxc: - /OT
     
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