Indagini Private

"Free" Asgharel, Fenix

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    FATHER AND DAUGHTER

    The bond that links your true family is not one of blood,
    but of respect and joy in each other's life.





    «I-io non ci capisco nulla...»
    «Questo perché sei un po' stupida.»


    Silenzio.

    «No, questo perché hai disegnato una serie infinita di orsacchiotti sopra la contabilità e non leggo più i numeri, Otou-sama.»
    «E' una prova.»


    Silenzio.

    «...Non capisco che genere di prova sia.»
    «Un futuro capoclan Kobayashi deve sempre vedere attraverso l'apparenza, Shizuka. Possibile che tu sia ancora così cieca?»


    Silenzio.

    «...E quindi devo vedere attraverso gli orsacchiotti...?»
    «Oh, non essere sempre così fiscale, proprio come tua madre.»
    «Otou-sama...»
    «Si, figlia mia?»
    «Perché stai mangiando tutto il mio budino al caramello?»


    Silenzio.

    «Non c'è nessuna prova, vero? ...Okaa-sama ti ha solo proibito di andare a spiluzzicare in dispensa e tu mi hai chiamata qui per mangiare la mia merenda.»
    «Non sei un po' cresciuta per fare la merenda?!»
    «...E PERCHE' UN UOMO DI QUARANTACINQUE ANNI NON E' UN PO' CRESCIUTO PER RUBARE IL BUDINO ALLA FIGLIA?!»


    Scattando in piedi Shizuka Kobayashi rovesciò con una singola mano il basso scrittoio di ebano della Sala della Contabilità, lanciandolo contro la parete opposta mentre iniziava a urlare fuori di sé dalla rabbia. Seduto di fronte a lei, vestito di un ricco kimono di puro broccato di seta blu notte e un obi rigido color dell'argento, Toshiro Kobayashi, il Capoclan della più potente Dinastia non Shinobi di tutte le Terre del Fuoco, arcuò le spalle in avanti, calandosi un poco per divorare in un sol boccone quello che rimaneva di una coppetta di budino della Pasticceria Usagi. Le sue spalle recavano lo splendido Haori verde smeraldo dell'Airone, che si diceva fosse stato tessuto dalla dea Orihime stessa poiché non poteva essere possibile per una mano umana ricamare con tanta minuziosa perfezione e dipingere a mano con così dettagliata piccolezza.
    Beh. Non che in quel momento quello splendido capo sartoriale potesse brillare in modo particolare.
    «SMETTILA DI CHIAMARMI PER OGNI SINGOLA COSA, ANCHE IO HO I MIEI AFFARI DA SBRIGARE!» Ruggì Shizuka, alzando il piede destro che sbatté in avanti. I lembi dello splendido yukata rosa pesca da lei indossato, raffigurante una fantasia di rondini, si aprirono rivelando la parte interna, di pura seta color panna; e persino l'obi viola perse di compostezza, divenendo tutto storto.
    «Oh, ma se non stavi facendo niente! E' tutto il pomeriggio che sei seduta al tuo scrittoio.» Commentò sardonico Toshiro Kobayashi, posando educatamente a terra la coppetta di budino e aprendo poi di fronte a sé il suo ventaglio variopinto per nascondere un sorrisetto. «Stavi scrivendo una lettera al tuo fidanzato...?»
    «QUALE FIDANZATO!»
    Strillò la Principessa, allibita, girandosi a guardare Mamoru e Ritsuko, compostamente seduti a un lato della stanza come si conveniva a dei Kumori, quasi si aspettasse che fossero loro a rispondere.
    «Ah non lo so, non ne hai uno?» Chiese il Capoclan, muovendosi nervosamente sul posto come un'anguilla. Guardava la figlia tutto trepidante. «Eh? Eh?»
    Reclinando leggermente la testa indietro e facendo una smorfia inorridita, Shizuka indietreggiò di un passo, portandosi una mano alla bocca. Sembrava sconvolta.
    «Stai indagando sulla vita amorosa di tua figlia in modo così smaccato?» Gemette. «Non sei tu che hai organizzato un matrimonio combinato con il figlio del Daimyo? Sei diventato pazzo, forse?» Chiese la ragazza, sgranando gli occhi nell'aprire le braccia di fronte al padre. «Stavo leggendo dei libri di medicina, ovviamente. Hai idea di quanti rotoli e archivi mi abbia dato da studiare Tobi Inuzuka? Sono disperata!»
    «Non c'è niente di combinato. Ho solo pensato alla tua migliore collocazione gerarchica. E poi ti è sempre piaciuto Akihiko.»
    Commentò Toshiro, scuotendo una mano di fronte a sé. «Quando eri piccola gli zampettavi sempre dietro con quell'adorabile sederino che si muoveva a destra a sinistra... e gli occhioni che gli facevi mentre lo supplicavi di imboccarti i pappini di riso... eri adorabile anche quando gli tiravi la manica per chiamarlo...» E girandosi verso Mamoru con occhi dardeggianti chiese: «Abbiamo ancora tutte quelle fotografie nell'archivio super, super, suuuuper segreto, vero Mamoru?» Il povero Kumori esitò, poi annuì. «Eccellente, eccellente...» Commentò il Capoclan prima che due mani gli afferrassero i lembi del kimono e lo strattonassero in avanti. Girandosi, Toshiro Kobayashi si sarebbe ritrovato la faccia della figlia pericolosamente vicino alla sua, rossa fino ad essere color porpora e con due grossi lacrimoni a farle brillare gli occhi verdi.
    «Cosa diavolo hai tu...» Sibilò Shizuka, paonazza. «...e io non ho mai fatto niente del genere con Akihiko.» Aggiunse, tremante.
    «Come no? Devo raccontarti di quella volta che ti si è sciolto l'hakama durante una rappresentazione di danza tradizionale e ti sei messa a piangere furiosamente pretendendo che venisse lui a vestirti? Ti ricordo che hai imparato a tirare con l'arco andando a cavallo solo perché non volevi staccarti da lui neanche quando era addestrato dal Generale, e io ero costretto a portarti a seguire ogni–...» Ma non terminò la frase. La sua testa impattò al suolo talmente forte che i quadri Shodo appesi alle pareti si incrinarono. Il tatami, pericolosamente convesso verso il centro della terra, tremò.
    «NON HO MAI FATTO NIENTE DEL GENERE! MAI FATTO NIENTE DEL GENERE! MAI FATTO! MAI!» Strillò Shizuka, avvampando. «BUGIARDO DI UN PADRE TI STRAPP–...»

    Ma questa volta fu lei a non terminare la frase.
    La porta scorrevole di riso della Sala della Contabilità si aprì di botto e Miwa, una delle domestiche, entrò trafelata, gettandosi ai piedi della sua Signora come se non capisse più cosa fare.
    «O-ojou-sama!» Urlò la ragazzina, scoppiando a piangere. Mamoru e Ritsuko si erano già alzati, veloci come il vento, e mentre il primo aiutava il suo padrone a rialzarsi, la seconda si avvicinava alla cameriera, cercando di calmarla per indurla a parlare correttamente. «Raizen-sama... cioè, Juudaime-sama è qui fuori! Assieme a dei membri della polizia di Konoha in maschera!» Pianse la piccola, prendendo respiro ad ampie boccate. «C-chiedono del Capoclan! Sono arrabbiati! Sono davvero arrabbiati!» Strillò, aggrappandosi alle gambe della signorina della magione mentre sull'uscio della sala compariva Toru Akarukawa, il padre di Toshiro e nonno di Shizuka. Sporgendosi dentro la stanza, l'anziano ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo in quello del figlio che questi si stava già sistemando l'haori verde della Dinastia dell'Airone sulle spalle. Dell'espressione sorniona e allegra di poco prima non c'era già più traccia.
    «Arrabbiati per cosa?» Domandò Shizuka, stupita, prendendo con dolcezza le braccia della ragazza e sorridendo. «Ti sarai sbagliata, Miwa.» Disse la Chunin, scuotendo la testa mentre suo padre si affrettava ad uscire dalla Sala senza dire una parola, seguito rapidamente da Mamoru, silenzioso e leggero come un'ombra. Cercando di far calmare per un istante la domestica, così fortemente provata per motivi di certo assurdi, la Principessa dell'Airone guardò Ritsuko, che condivideva il suo stesso sguardo stupito. Scuotendo la testa la rossa alzò le spalle e al pari della sua Padrona si affrettò ad uscire dalla Sala per seguire il corridoio che avrebbe condotto all'ingresso della magione...
    ...lì dove Raizen, seguito da tre uomini con indosso una maschera bianca, si trovavano a fronteggiare la figura sola di suo padre, immobile nel giardino d'ingresso con solo Mamoru al suo fianco, rispettosamente un passo indietro a lui. Sul porticato rialzato di legno che dava accesso alla magione due giovani cameriere stavano guardando la scena, ansiose, prima che Mayuko arrivasse correndo e ordinasse loro di sparire da lì, bisbigliando qualcosa alle orecchie di entrambe.
    «Raizen...?» Chiamò Shizuka, stupita, scendendo dal porticato con un saltello. I capelli sciolti, lunghi fino ai fianchi, ondeggiarono mossi dal vento che cominciò ad alzarsi mentre Ritsuko, alle spalle della sua Signora, affilava lo sguardo, accostandosi strettamente a lei.

    “Toshiro-sama... Ordini immediatamente alle sue guardie di disperdersi e attendere venti passi alle mie spalle.”



    Immobile di fronte a Raizen Ikigami, di cui sosteneva lo sguardo senza nessuna esitazione, Tohiro Kobayashi tacque. Dietro a lui Mamoru, anziché indietreggiare, azzerò la distanza che lo separava dal suo Capoclan, affiancandolo. Gli occhi neri del Kumori si dilatarono, diventando improvvisamente di ghiaccio.

    “Si faccia scortare da una delle mie mentre si reca a prendere i registri contabili delle attività commerciali della sua famiglia, dislocazioni esterne alla nazione del fuoco comprese.
    Faccia intanto approntare una stanza per la loro consultazione, non voglio nessuno al suo interno ne a portata d’orecchio, solamente io, lei e ed una delle mie guardie mentre le altre due si assicureranno della pulizia del perimetro. Io attenderò qui fino al suo ritorno.”



    «...Ah?!» Sbottò a quel punto Shizuka, guardando la Volpe come se fosse diventata improvvisamente pazza. «Ma cosa stai dicendo?!»
    Alzando una mano, Toshiro Kobayashi zittì la figlia senza neanche girarsi. Il suo sguardo era solo in quello di Raizen.
    «Posso chiedere per quale motivo mi viene fatta una richiesta di simile portata?» Domandò il Capoclan, senza scomporsi né aggiungere altro. Avanzando rapidamente, Shizuka si portò accanto a lui, continuando a fissare l'Hokage come se non capisse assolutamente cosa stesse succedendo.

    “Una recente missione potrebbe aver messo in luce alcuni affari illeciti effettuati dalla vostra famiglia.”



    Cadde un profondo silenzio.
    Shizuka, come pietrificata, guardò Raizen con uno sguardo privo di espressione mentre Toshiro, altrettanto fermo, non rispose. Rimase semplicemente lì, guardando l'Hokage negli occhi, quasi cercasse in questi qualcosa... qualcosa che, però, sembrò non trovare.
    Chiudendo gli occhi, il Capoclan dell'Airone ripose molto lentamente il suo ventaglio variopinto dentro l'obi del suo kimono e con una calma pensata fece per alzare un braccio...
    ...prima che Shizuka scattasse avanti, ponendosi di fronte a lui come uno scudo.
    «Cosa diavolo stai dicendo, Raizen?» Disse la donna. La sua voce, di solito elegante e modulata, si era abbassata in modo drastico, facendosi improvvisamente bassa e gutturale, mentre il suo volto si contraeva in qualcosa di profondamente grottesco e agghiacciante. «Sei uscito di senno?» Gorgogliò. I suoi lineamenti iniziarono a piegarsi e l'espressione della bella Principessa di Konoha cominciò pericolosamente a svanire, divorata dalla maschera di un animale. «E' un mandato d'arresto, questo...?» Continuò, con agghiacciante lentezza. Il suo corpo, guidato più da una sorta di istinto che dalla mente, si piegò in avanti. Le mani si arcuarono. La bocca si contorse, mostrando un poco i denti. E soprattutto i suoi occhi... improvvisamente, da verdi e splendidi come praterie primaverili, cominciarono a scurirsi con incalzante e spaventosa velocità, fino quasi a divenire neri.
    Se ci fosse stato un solo termine per definire in quel momento Shizuka Kobayashi, questo non sarebbe stato nient'altro che “snaturata”: agghiacciante, instabile...sembrava in quel momento più guidata dall'istinto, come una bestia, piuttosto che forte del suo tanto ostentato buon senso.
    «Non osate. Non osate...» Minacciò a mezzo respiro la kunoichi mentre i suoi occhi annegavano in un nero profondo come la notte. «...Se toccherete un solo membro della mia famiglia... non importa dove dovrò venirvi a cacciare... non importa se non sarà oggi o se non sarà domani, io–... » Sibilò, snudando completamente i denti e piegandosi ulteriormente verso il basso. Le gambe si tesero e le braccia si fecero rigide, pronte a scattare.

    Poi, improvvisamente, qualcosa la colpì sulla testa con rapida e pulita severità.

    «Silenzio.» Ordinò, profondamente inorridito, Toshiro Kobayashi. Alzandosi in tutta la sua altezza, di ben un metro e ottantaquattro centimetri, l'uomo guardò la figlia con disgusto e affilando lo sguardo verde smeraldo in quello nero di lei, rimase immobile. Incrollabile. «Tu... mi umili Si limitò a dire, ritraendo la mano, stretta attorno ad un ventaglio, ancora protesa sopra la testa della ragazza. «Taci, sciocca bambina. Questo non è niente che un pulcino ancora incapace di volare possa gestire.» Stoccò, gelido, alzando il mento nel reclinare la testa indietro. «Mamoru. Ritsuko. Indietro di venti passi rispetto alle spalle dell'Hokage.» Ordinò dopo una lunga pausa di silenzio. Girandosi di scatto verso il suo signore, il Kumori del Capoclan parve profondamente sconvolto da quelle parole, mentre Ritsuko, altrettanto allibita, si girò a guardare la sua Signora, come se non sapesse cosa fare.
    «NON OSARE MUOVERTI DI UN PASSO!» Sbottò a quel punto Shizuka, scattando con velocità ad allontanare con un ceffone, incredibilmente, il ventaglio dello stesso padre. Arrivati a quel punto non sembrava più interessarsi neanche di lui. «TU MI DEVI FEDELTA' ASSOLUTA.» Urlò, in preda ad una rabbia molto distante da quella della bambina viziata. Una malattia interiore, la tosse dell'anima, qualcosa di più profondo e radicato da dirsi solo il vezzo di un momento. Qualcosa di più terribilmente spaventoso, senza limiti, senza futuro, senza possibilità...
    ...e girandosi verso Raizen, la Principessa dell'Airone affilò o sguardo, il cui nero cominciava a vacillare pericolosamente, precipitando con rapidità verso un colore ancora diverso, ancora più preoccupantemente...
    «E' perché vi devo fedeltà assoluta...» Disse improvvisamente Ritsuko Aoki, alzando la lunga manica del suo kimono puntinato di fronte a Shizuka, coprendone il viso. «...che non mi muoverò da voi.» Mormorò, mentre alle sue spalle Mamoru indietreggiava e si con rigidità dietro Raizen. «Sarete voi a muovervi con me.» Disse la kumori, piegando la manica del kimono di modo che questa si posasse sulla testa della Principessa, coprendola. Girandosi poi verso di lei, l'Aoki premette la faccia della sua signora contro il suo obi e stringendola tra le sue braccia tentò di fare qualche passo indietro, portando con sé Shizuka, che per qualche ragione non oppose resistenza. Non furono forse venti passi e non si poteva dire che fosse perfettamente dietro alle spalle dell'Hokage, ma quando fu abbastanza indietro rispetto alla posizione di partenza, Ritsuko si fermò e si inginocchiò a terra ponendo una mano sulla faccia della sua Signora che strinse a sé...
    ...proprio mentre Toshiro, accompagnato da Atasuke, entrava da solo dentro la Magione, superando la figura di sua moglie, arrivata di corsa, che lo guardò spaventata. Un solo cenno della testa bastò a fermarla dal dire o fare qualsiasi cosa, ma non dal correre terrorizzata verso Shizuka quando la vide per terra nel giardino d'ingresso. In una frazione di secondo il volto di Heiko Uchiha, la più bella Mononoke di Konoha, diventò pallido di paura.
    «SHIZUKA?!» Strillò la Matrona, correndo dalla figlia. Affiancando Ritsuko alzò il volto della ragazza di fronte al suo, schermandolo agli altri astanti con il suo stesso corpo, e per un attimo si ritrasse, come punta da un ago rovente. Esitando, la donna Uchiha annuì, avvicinandosi poi all'orecchio della figlia. Se i presenti rimasti avessero cercato di sentire cosa stesse dicendo, avrebbero solo sentito pronunciare frasi senza senso, come: “Sii guizzante come acqua di lago, indomabile come il fuoco che arde, veloce come l'aria che corre, ma mai instabile. Mai precaria. L'equilibrio è ciò che–...”
    E continuò, Heiko Uchiha. Continuò a ripetere quella nenia nell'orecchio della figlia fino a quando le spalle di lei non si rilassarono, fino a quando le sue mani si ammorbidirono, e quando Toshiro Kobayashi fu di ritorno, inchinandosi profondamente in direzione dell'Hokage per invitarlo ad entrare alla Magione, la Mononoke di Konoha poté alzarsi da terra per guardare il marito, lasciando dietro di sé la solita Shizuka di sempre. Forse più stanca, forse più annebbiata, ma certo lei. Di nuovo lei.

    “Perdonami Toshiro. Era necessario.”



    Dentro la Sala degli Archivi, Toshiro Kobayashi rimase dapprima impassibile di fronte alle parole di Raizen Ikigami, Decimo Hokage di Konohagakure, poi acconsentì che il suo volto si piegasse nello stupore. Aprendo maggiormente gli occhi e sollevando le sopracciglia, il Capoclan dell'Airone guardò con fare interrogativo i due Shinobi, tenendo ancora tra le mani tre enormi fascicoli rilegati da contenitori di carta di riso dipinti a mano, e divenne addirittura più incredulo quando l'uomo privo d'identità si tolse la maschera, rivelandosi come Atasuke Uchiha.
    «Sono mortificato. Temo di non capire, Raizen Ikigami-sama.» Commentò Toshiro Kobayashi, guardando i due. Seguì poi la spiegazione dell'Hokage e il Capoclan, chiudendo gli occhi, ascoltò silenziosamente tutto, infine annuendo. «Capisco.» Si limitò a dire, ritornando a guardare i due ninja. «Chiedo il permesso di riferire di questa circostanza a due persone, Raizen-sama: Mamoru Aoki e Shizuka.» Disse, guardando il Jinchuuriki in silenzio. «Mi rendo conto che per chi è estraneo al mio Clan sia difficile da comprendere, ma Mamoru è l'altra parte di me, complementare e indispensabile. Non può esistere senza di me, e io non credo di potergli comunque nascondere ciò che mi chiedete neanche appellandomi a tutta la mia sconfinata esperienza...» Commentò, scuotendo la testa. «Egli non mi tradirà mai, mi fido ciecamente di lui, quindi vi prego di acconsentire alla mia richiesta.» E ritornando a guardare i due Shinobi, il Capoclan esitò. «E Shizuka...» Tacque qualche istante, concentrando i suoi occhi in quelli di Raizen. «...Voi sapete che non reggerebbe a questo tipo di stress. Siede su una bilancia e non posso permettere che una parte diventi più pesante di un'altra, perché se non riuscirà più a vedere la linea sottile che separa ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, può diventare qualcosa di difficilmente gestibile. E io non vanificherò i suoi sforzi per ottenere l'equilibrio perfetto, per riuscire a servire questo Paese con devozione e per ricordare che l'amore è l'unica cosa che conta, in questo mondo.» Affermò a polso fermo. «Non chiedo nient'altro. Nessun altro saprà. Vi prego, Juudaime-sama...» Disse, inchinandosi talmente tanto da minacciare il suolo con la fronte. Sarebbe rimasto così fino a quando Raizen non si fosse pronunciato, e solo quando il verdetto sulla decisione finale fosse stato emesso, il Capoclan dell'Airone avrebbe riportato il busto eretto, tornando a guardare i due interlocutori. «Il Clan Kobayashi serve Konoha da centinaia di anni e non ha mai tradito la fedeltà verso l'Hokage. Voi in particolare, Raizen-sama; siamo legati a voi da un debito che va molto oltre quello gerarchico. Servitevi pure della mia famiglia come ritenete necessario per riportare l'ordine nel Fuoco. Nessuno in questa Magione parlerà. Mi fido completamente di ciascuno degli individui che qui dentro siedono.»
    E aveva buona ragione di farlo. Il rapporto che Toshiro Kobayashi aveva tessuto con ogni individuo del suo Clan, dal più infimo dei garzoni sino alla preziosa e tanto amata moglie, era del resto un legame che superava di gran lunga quello voluto dalle imposizioni sociali, ma era qualcosa che affondava la propria ragionevolezza nella dolcezza del guardare nella stessa direzione, nel supportarsi e comprendersi a vicenda a dispetto della gerarchia. Il Clan Kobayashi non era diventato così potente solo perché ricco di elementi senza paragoni o perché supportato in modo misterioso ma efficace dai vassalli Aoki, lo era diventato perché era molto più che un semplice Clan: era una famiglia coesa. E nessun estraneo riusciva a minarla.
    Mai.
     
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