La prima volta

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  1. Bartok
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    Quando la Kobayashi lo presentò agli altri uomini, Haruki si limitò ad inchinarsi e a replicare con poche parole. È un onore conoscervi. Nonostante il suo aspetto del tutto inespressivo, quella situazione gli stava venendo a noia. Aveva ascoltato quella donna blaterare cose senza senso per troppo tempo. Era evidente che non potesse capire. Non riusciva ad andare oltre alla vacua individualità su cui aveva fondato la propria esistenza e aveva addirittura l'ardire di trattarlo come uno sprovveduto. Il monaco rosso le aveva perfino concesso di toccarlo, assecondandola in quella follia, nella speranza che quella mente potesse partorire un'idea accettabile. Tuttavia, al di là del suo ammirabile impegno verso un ninja che aveva appena conosciuto, Haruki non poteva condividere niente di quanto aveva detto. Quella donna rappresentava la prova tangibile di quanto poco potessero le parole su una mente annebbiata dal peccato. Inoltre, la situazione sembrava essere peggiore di quanto il Miyazawa potesse immaginare. La zotica di Konoha non solo era un membro del clan Kobayashi, ma era anche in buoni rapporti con Atasuke Uchiha e Raizen Ikigami, l'Hokage. Evidentemente era il sistema stesso ad essere corrotto fino al midollo. Si aggrappò alla speranza che almeno quel Kage fosse una persona retta e dalla salda morale, ma, considerando i Konohani con cui aveva a che fare, gli sembrò solo una vana illusione. Più si immergeva nel mondo ninja, più ne riusciva a vedere gli orrori. Se l'erede di uno dei clan più influenti del continente si poteva permettere un simile comportamento, cosa doveva aspettarsi da coloro che non avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia che potesse fornirgli un'educazione degna di questo nome? Perfino le puttane e i mendicanti del ghetto di Suna gli sembravano meno empi. Almeno loro non potevano essere biasimati per quella condizione. Il loro unico scopo era sopravvivere, figuriamoci se a qualcuno potessero interessare le sorti del mondo. Haruki lo sapeva bene, d'altronde anche lui aveva fatto parte di quelle schiere di disperati che ogni giorno combattono per un tozzo di pane o un luogo dove dormire.


    Il Miyazawa avrebbe accettato di essere accompagnato fino al Gate da Shizuka. D'altronde non aveva alternative. Sapeva benissimo che quella donna li avrebbe seguiti in ogni caso. Pertanto, avrebbe preso quell'ultima occasione per replicare ancora alle sue empietà. Vede, non è una questione di comunicazione. Comprendo benissimo quanto lei dice, ma ciò non lo rende meno deplorevole, a mio giudizio. Il sacrificio di sé stessi in favore di un bene più grande è ciò che rende un uomo un vero shinobi. Ogni giorno molti shinobi perdono la vita perché il proprio villaggio possa continuare a prosperare. Scelgono di portare a termine la missione, invece che continuare a vivere. Facendo ciò si fregiano dell'onore più grande per un ninja. Non so cosa l'abbia spinta a diventare una kunoichi, ma è questo che deve aspettarsi dal suo futuro. Non può sperare di godersi la comune esistenza concessa a chi non ha fatto della guerra la propria quotidianità. Io e lei probabilmente moriremo giovani e sul campo di battaglia. Esattamente come è successo per molti alti shinobi, nessuno conoscerà la misura dei nostri sforzi e a quante cose abbiamo rinunciato per garantire l'ordine, eppure ciò non ha alcuna importanza. Non esiste niente che possa superare la gioia di sapere di aver speso la propria anima per un ideale superiore. Fece una breve pausa, per poi riprendere il filo del discorso. Shirai sa benissimo che la mia vita, esattamente come la sua, ha valore solo in funzione del nostro sacro compito. Se dovessi essere ucciso prima di poter completare il suo addestramento, verrà assegnato ad un altro dei maestri del tempio cosicché egli possa apprendere la dottrina. Inoltre, lei ha ragione nel dire che esistono molti modi per persuadere una persona. Tuttavia, difronte al volere divino le nostre scelte sono limitate all'obbedienza. A pochi passi dal Gate, il monaco rosso si inchinò verso la Kobayashi. Kizaru lo imitò, facendo lo stesso. Ora, se non le dispiace, è giunto per noi il momento di andare. Avvicinandosi alla carrozza, Haruki si sarebbe rivolto ancora un'ultima volta alla Kunoichi. Spero che Dio ci permetta di incontrarci ancora. Le dimostrerò che, benché i miei occhi abbiano perso la luce, la mia vista è molto più acuta di quanto lei immagini.
     
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15 replies since 15/5/2015, 16:11   474 views
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