[Gioco] Vizi di Forma

Grado C

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    EVALUATION

    Fear cannot be banished, but it can be calm and without panic;
    it can be mitigated by reason and evaluation.




    Si era sempre considerata piuttosto sfigata e quando aprì la porta del secondo carro non poté che confermare quella versione dei fatti. Non fece nessuna smorfia né ebbe alcuna particolare reazione nonostante il puzzo che la investì; si limitò insomma a seguire il copione che aveva stabilito nella sua mente, la quale, però, già lavorava ininterrottamente.
    Aveva capito che qualcosa non andava dal momento in cui aveva sentito che a viaggiare era Anzo in persona. Nata mercante, conosceva quel mondo e le persone che lo popolavano meglio di chiunque altro, e nessun nobile si azzardava a intraprendere un viaggio come quello, soprattutto con quelle condizioni e costanti. Poi tutta quella fretta. Il cambio di direzione improvviso. E non certo meno importante, l'odore.
    Si chiese se non stesse semplicemente pensando troppo. Le capitava spesso di rielaborare all'infinito dettagli pressoché inutili che il suo carattere stancamente analitico modificava tramutandoli in pericoli inesistenti, ma non poteva fare a meno di unire tutti i punti del suo tassello mentale, di creare la cornice con le reazioni delle due guardie e del mercante...
    Esitò, aggrottando la fronte mentre posava le mani sporche di sabbia bagnata sui suoi pantaloni. Era la sua indole paranoica a farle temere il peggio, oppure quel peggio era realmente concreto?

    “Io lo ammazzo prima di arrivare a Kiri. Oh, si, l'ammazzo prima.”



    Qualcosa cadde vicino alle sue ginocchia, lanciato, e non le fu dato il tempo di controllare cosa fosse prima di essere di nuovo investita da un tanfo insopportabile, simile sotto molti aspetti all'ammoniaca. Inconsciamente arricciò il naso, voltandosi poi a guardare un paio di calzari consunti e sudici. Rimase così, immobile, mentre a qualche passo da lei Akira blaterava istericamente su questo e quell'altro odio nei confronti del loro inetto mandante...
    ...ma lei non stava quasi più ascoltando. Solo una parola di quel fiume parve stuzzicare qualcosa in lei, infiammando una considerazione latente.
    Afferrò di scatto i calzari, e senza pensarci se li avvicinò un poco al naso. Benché il suo primo istinto fu quello di rigettare, Shizuka si trattenne mentre la sua mente elaborava freneticamente.
    «Non è puzzo di medicina...» Sussurrò improvvisamente, con gli occhi dilatati in un punto indefinito del suolo.
    No, forse non era puzzo di medicina. Forse era puzzo di quello che c'era se la medicina non veniva usata.
    Puzzo di malattia, piuttosto. Di infezione batterica.
    La composizione ammoniaca poteva essere utilizzata in molti campi, e aveva ragionato su ciascuno di quelli cercando una soluzione a dirimere i suoi dubbi: aveva ventilato la possibilità di una produzione di esplosivi, agenti chimici corrosivi, per un attimo aveva persino assurdamente creduto che avessero pulito il carro prima di partire. Ma in ciascuna di quelle valutazioni non aveva ricompreso il quadro generale, non aveva cioè unito tutti i punti, inserito ogni partecipante di quella recita.
    Suo malgrado si vide ad esitare mentre lasciava cadere al suolo le scarpe.
    «Akira.» Disse a quel punto la ragazza, alzando i suoi occhi verdi in quelli dell'interlocutore. «Vorrei chiederti un favore, se per te va bene...»

    [...]



    La sera arrivò e con essa la stanchezza per tutte le incombenze svolte durante la giornata.
    Tirar su un allestimento, e in generale gestire le emozioni portate da quel contesto, sarebbe stato difficile per tutti, anche per lei. Nonostante ciò Shizuka cercò come poté di alleggerire l'animo dei suoi compagni durante la cena, facendo qualche battuta scherzosa e raccontando gli aneddoti divertenti che aveva imparato durante i suoi viaggi. E come premio per il suo grande impegno da supposta capogruppo, gli Dei la vollero premiare con un dono arrivato dai cieli: una freccia dei messaggeri celesti.
    ...Fu dunque davvero un peccato che quel premio fosse stato lanciato male, in effetti invece di planare dolcemente ai suoi piedi trapassò la milza del Mikawa mentre lei, distesa nella tenda assieme all'uomo con il passamontagna, avvolta in una spessa coperta di lana e ancora nel suo mantello, cercava di dormire.
    In un istante, fu il caos.
    Akira uscì dalla tenda urlando, Uriko si svegliò di soprassalto, e le grida si levarono in un istante talmente forti che lei dovette muoversi alla massima velocità concessa dal suo corpo intorpidito dal sonno per portarsi al fianco dell'Hozuki, a cui avrebbe cercato di tappare la bocca. Era buio, ma per loro fortuna il chiarore di una luna tersa permetteva di orientarsi e di vedere con la chiarezza tipica della notte, quando i loro occhi si fossero abituati all'oscurità.
    «Chiudi la bocca Akira.» Disse la ragazza, freddamente, accucciandosi a terra e trascinando con sé il ninja di Kiri. Poi si sbrigò a rivolgersi agli altri. «Calmatevi. Non è successo niente di irrimediabile.» Affermò con voce impostata, ma non seppe dove trovò il coraggio di dire una cosa del genere quando i suoi occhi si fermarono sul corpo di Hisagi.
    Di punto in bianco sentì tutto il sangue del suo corpo cristallizzarsi. Non era possibile. Da dove avevano colpito? Da dove?
    Mosse con circospezione la testa attorno a sé ma non vide né percepì niente. Non era davvero possibile... un sensitivo, forse? Cosa poteva avvertire con una precisione di quel genere i movimenti di qualcuno posizionato a così grande distanza?
    Chiuse gli occhi e in meno di un secondo ventilò qualsiasi possibilità, dagli odori alla percezione dei suoni, ma fu ben presto chiaro che non aveva il lusso del tempo e dopo aver premuto per l'ultima volta, con convinzione, una mano sulla bocca di Akira, la ragazza si allontanò, scivolando accanto al Mikawa. Le bastò una rapida occhiata e qualche pressione sul corpo del compagno per capire l'entità delle condizioni di lui [Conoscenza Medica (Intermedia)]
    Conoscenza Medica (Intermedia) [2]
    Conoscenza: L'utilizzatore può diagnosticare e trattare anche status Medio; richiedono 6 slot azione/tecnica per eliminarli. Può eseguire interventi di pronto soccorso e medicare le ferite: l'entità della ferita medicata si ridurrà di leggera ogni giorno. Possiede conoscenze anatomiche che gli permettono di individuare i punti deboli e resistenti degli avversari, anche nella concitazione della battaglia. Può possedere slot [Veleno] per antidoti.
    [Richiede Conoscenza Medica (Base)]
    .
    «Hisagi.» Disse in un sussurro. Aveva le mani lorde del suo sangue. «Ti spiegherò rapidamente la situazione: la tua ferita è grave, ma non letale. Tu sei un Mikawa, quindi possiamo reputarci addirittura fortunati. Sei già capace di usare l'innata del tuo Clan?» Domandò veloce. Sentì un flusso di calore darle nuovamente colorito al volto quando lo shinobi, straziato dal dolore, annuì. «Avrò bisogno del tuo aiuto, allora. Ti prego, resisti. Io sono qui accanto a te, non ti lascio.» E detto questo si affrettò a spiegare come avrebbe agito: quando il Mikawa avesse bloccato il suo sangue, per impedire un'emorragia interna troppo grande da gestire, lei avrebbe estratto il dardo dal suo corpo e subito avrebbe cominciato ad operare, sanando la ferita e stabilizzandola. Purtroppo, con quanto aveva a disposizione, non poteva ricreare l'organo interno, ma poteva mettere il corpo dell'otese nelle condizioni di arrivare a Suna e lì di essere operato.
    Questa strategia non le avrebbe solo permesso di aver a disposizione il dardo, che avrebbe conservato per effettuare valutazioni sul materiale e la composizione, ma anche di risparmiare il chakra che sarebbe stato altrimenti necessario per curarlo del tutto, una perdita ingente che non si poteva permettere. Era chiaro che era l'unico medico della carovana, e con tre civili e due compagni, non poteva rischiare di compromettere la sua efficienza per un solo Shinobi... era una scelta brutta, ma non ingiusta. Era la più ragionevole da fare in quel contesto. E lei la fece.
    Ad un suo cenno della testa, dunque, la Chunin sfilò il dardo mentre il Mikawa fermava il suo sangue, attivando contemporaneamente le sue abilità mediche [Mani Curative]
    Tecnica delle Mani Curative - Shousen Jutsu
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tocco
    L'utilizzatore può ripristinare l'energia vitale guarendo i danni e status. La vitalità non verrà ripristinata, non rigenera arti amputati o organi interni distrutti, gli oggetti presenti all'interno delle ferite non sono rimossi. È possibile guarire ferite differenti, entro la Guarigione Massima; è possibile alleviare ferite d’entità superiore la Guarigione Massima.
    Tipo: Ninjutsu - Hikariton
    (Livello: 3 / Consumo:Basso per Leggera guarita )
    [Guarigione Massima: Leggera per grado]
    con le quali avrebbe iniziato ad operare dall'interno, cauterizzando la ferita sia frontalmente che posteriormente la milza e l'addome-schiena, così da chiudere la ferita ad un livello tale che anche un eventuale spostamento più movimentato del concesso non avrebbe permesso la riapertura o quantomeno il peggioramento delle sue condizioni [Conoscenza Chirurgica]
    Conoscenza Chirurgica [2]
    Conoscenza: L'utilizzatore può effettuare operazioni chirurgiche tramite il chakra, potendo compiere efficaci interventi senza l'utilizzo di nessun kit medico. L'entità di rigenerazione giornaliera delle ferite del paziente alle cure di pronto soccorso dell'utilizzatore è raddoppiata. L’interventi per la rimozione degli status richiede 1 slot azione/tecniche per status Leggero, 2 per status Medio, 3 per status Grave; sono esclusi gli status causati dai veleni.

    [Indole Guaritrice]
    Indole Guaritrice [0]
    Speciale: L'utilizzatore può guarire una maggiore quantità di ferite tramite la tecnica delle Mani Curative. La Guarigione Massima delle Mani Curative è Medioleggera per grado anziché Leggera per grado.

    .

    Solo quando fosse riuscita a stabilizzare l'otese, sarebbe ritornata con lo sguardo sui suoi compagni.
    La reazione di tutti fu più calma di quel che aveva immaginato: Uriko era terrorizzata, ma non aveva gridato neanche una volta, rimanendo appiccicata ai cavalli come se questi avessero chissà quale potere salvificante; mentre le due guardie estranee erano attente, guardinghe, ma non agitate. Dal nobile Anzo ancora nessuna presa di posizione. Fu presto evidente, dunque, che era Akira il vero problema.
    «Calmati.» Ordinò. La voce della ragazza sarebbe stata lapidaria e avrebbe colpito il kiriano con la stessa potenza di uno schiaffo. «La differenza tra un buon Shinobi e uno Shinobi inetto si denota in queste condizioni. Se non sei capace di controllare le tue emozioni di fronte all'emergenza ritirati a vita civile e apri un negozio di articoli di pesca. Nessuno di noi ha bisogno delle tue reazioni del cazzo.» Disse gelida, inchiodando Akira sul posto. «Inoltre nessuno di voi userà il tono duro con nessuno, tantomeno te. Finché il tuo cervello non imparerà a collaborare con il tuo corpo, puoi sedere in quell'angolo e non fare chiasso.» E pensò di essere stata abbastanza chiara... peccato che per tutta risposta il Genin rimase sì fermo, ma in attesa che Shiratoshi Anzo si decidesse ad uscire dal suo carro, all'interno del quale entrò lui stesso. Questo, però, Shizuka non riuscì subito a notarlo. La sua attenzione, del resto, era rivolta ad altro.
    «Shiratoshi Anzo-sama, desidererei udienza con voi.»
    Fu molto educata nel parlare, un po' meno nel bloccare la strada al ricco mercante. Il sorriso che aveva sul viso era mellifluo quasi da risultare svenevole. Era chiaro quale fosse la parte che stava giocando adesso, una parte che era intenzionata a far fruttare. Qualora infatti il nobile avesse cercato di allontanarla, non avrebbe esitato ad afferrare lui il mento di lui con una mano [Stat.Blu], fare in modo che i suoi occhi incontrassero i suoi e, attivato il suo Sharingan, subire la sua Imposizione2 slot di illusione, efficacia 20, malus -3 concentrazione: "Fidati di me." si sarebbe limitata a dire, e reputò che questo sarebbe bastato. Finita l'eventuale illusione avrebbe sciolto l'innata, senza lasciare tracce.
    «Il dardo che è stato scagliato contro di noi era avvelenato, mio Signore.» Disse quando ebbe avuto modo di trovare un posto appartato e quanto più sicuro per sé e l'uomo. «Chi ci ha attaccato ha tentato di infettarci con qualche strana condizione patologica. Avete idea di chi potrebbe volere il male di questa spedizione? Siete a conoscenza di qualche fatto che potrebbe essere di rilievo affinché questa missione sia portata a buon termine? Vi prego, Shiratoshi-Ou, mi sapreste dire in cosa questa faccenda consiste realmente?» Avrebbe seguito ogni reazione del mercante con occhi attenti, pronti a cogliere la minima anomalia in lui. «Per vostra fortuna, mio Signore, sono stata definita come la migliore Shinobi medico di tutto il Paese del Fuoco, pertanto ho limitato l'infezione al ninja colpito che provvederò ad allontanare quanto prima.» Suppose di dover cercare di amplificare quanto più possibile la sua bravura per sanare il divario dell'essere donna e straniera. «Ho appurato che l'ambiente sia salubre, ho igienizzato me stessa e presto visiterò tutti gli altri membri della spedizione, ma siete voi la mia principale preoccupazione, mio Signore, e voglio che siate voi il primo ad essere al sicuro. E' per la vostra salute e incolumità che desidero potervi visitare, non voglio che niente vi capiti. Vi prego, permettetemi di servirvi al meglio delle mie abilità.» E così dicendo si sarebbe inchinata profondamente.
    La visita avrebbe comportato un check-up totale, concentrato soprattutto ai piedi e alle altre estremità corporee, con attenzione all'odore del sudore. Per quanto abietto quell'incarico potesse essere, la piccola kunoichi non si sarebbe preoccupata di annusare, toccare e valutare ogni condizione, e avrebbe accompagnato quella scrupolosa visita ponendo domande sullo stato di salute del nobile, giustificando poi il suo interesse con la possibilità di confezionare quanto prima un antidoto da tenere pronto in caso d'evenienza, ma che doveva essere ovviamente compatibile con l'anamnesi del Signore perché non desse a questo fastidio. Avrebbe considerata finita l'analisi medica solo quando avesse ottenuto una risposta.
    Non c'erano situazioni che non potevano essere risolte, a patto di conoscerne le costanti. Così aveva sempre immaginato.
    Con questa idea in mente si sarebbe dunque recata dall'uomo con il passamontagna, che avrebbe condotto in un luogo appartato, anche lui con la stessa spiegazione data ad Anzo o con qualche altra più convincente, se necessario. Visto il carattere dell'uomo non reputava di dover attivare lo sharingan, ma qualora fosse stato necessario, lo avrebbe riproposto con la medesima impostazione precedente.
    Quando infine fosse stata capace di ottenere la riservatezza a lei necessaria, si sarebbe limitata a sorridere.
    «Desidererei che ti togliessi quel coso dalla faccia e ti esprimessi.» Avrebbe detto molto educatamente a quel punto. «In caso contrario te lo strapperò io dalla testa, ma non assicuro che porterò via solo il tessuto. Ho parlato con Shunsu, e devo comprovare le mie idee. Non sono una persona che apprezza prendere posizione senza prima le dovute valutazioni, mi piace il duro lavoro e il lavoro efficiente, faccio solo il mio dovere e cerco sempre di farlo bene, perciò togliti quel passamontagna e lascia che giudichi di persona. Voglio che sia tua a spiegarmi cosa diavolo sta succedendo.» Azzardò oltre quello che poteva permettersi, lo sapeva, ma arrivati a quel punto poteva considerare la missione già abbastanza compromessa da tentare oltre la sicurezza lecita. Aveva delle idee, timori e dubbi per la maggior parte, ma aveva bisogno davvero di un quadro completo.
    Qualora la guardia avesse ubbidito, la ragazza avrebbe ascoltato quello che avrebbe voluto dirgli... ma se si fosse rivelato incapace di parlare, o con qualche altro genere di problema, non avrebbe esitato a visitarlo, in caso lo ritenesse necessario. In particolare, a dispetto dell'andamento della vicenda, avrebbe cercato di annusare la bocca dell'uomo e se ci fosse riuscita, approfittando della posizione, persino il retro delle orecchie di lui, rinomatamente una delle parti del corpo umano che tendevano a sudare per prime e in modo più abbondante.
    Anche in questo caso avrebbe cercato di ottenere il massimo profitto dall'incontro, adottando il comportamento e l'empatia che sperava fosse quella giusta ad avere il massimo riscontro alle sue aspettative. Sapeva che ogni individuo aveva una chiave, una adatta ad aprire la serratura della fiducia o dell'estroversione emotiva, e pregava gli Dei che lei riuscisse ad individuare quella di tutti i presenti...
    Fu per questa ragione che non avvicinò Shunsu.
    Quella guardia fu l'unica che lasciò da parte, che non cercò di avvicinare né interrogare, ma a cui diede il beneficio di vederla confabulare amabilmente sia con Shiratoshi Anzo che con Urusei-san. Solo per qualche istante. Da lontano.
    Era talmente attenta a che egli vedesse ma non capisse, da porsi con il corpo a scherma delle parole sue e dell'interlocutore, così da evitare persino un possibile azzardo di lettura labiale.
    Vedeva, ma non sapeva. E questo, per il momento, le bastava.

    [...]



    Non aveva ben capito quando avesse bucato il carro del nobile Anzo, né perché lo avesse fatto... visto che quando tentò di strangolarlo, presa dalla rabbia, lui le fornì solo delle spiegazioni circa un doppio fondo e gli Dei solo sapevano cos'altro (fortunatamente l'apertura era poco meno di palmo, niente di compromettente, giacché Uriko aveva già cominciato a tapparlo con chiodi e un pezzo di legno preso da un coperchio di una delle scatole vuote nel carro piccino, avendo però avuto prima premura di controllare minuziosamente quanto il compaesano aveva suggerito e anche di assicurarsi di non rovinare gli oggetti del Signore, soprattutto un plico di documenti, che Shizuka le aveva chiesto di portarle, rassicurandola nel dirle che erano solo le mappe geografiche del paese che lei doveva leggere), ma certo era che Akira Hozuki se l'era poi svignata decidendo di essere lui il prescelto per portare Hisagi a casa.
    Avrebbe chiesto ad Uriko, di ritorno sperava con quanto le aveva chiesto, un tonico per il chakra, asserendo di non averne, e qualora la kiriana avesse acconsentito a dargliene uno dei propri, lei se lo sarebbe infilato in bocca, masticandolo con rabbia croccante nel far schioccare la lingua in presunte minacce di morte ogni volta che il suo sguardo incontrava quello di Akira.
    Se avesse dovuto essere onesta non voleva separare il gruppo, era l'errore più scontato di sempre dopo cercare l'assassino nel seminterrato di un edificio buio, ma il Mikawa aveva bisogno di cure serie e anche se lei aveva ventilato la possibilità di imporre su di lui un sigillo per rimandarlo a casa sui propri piedi, Akira aveva insistito talmente tanto, asserendo di poter raccogliere informazioni e portare oggetti utili al gruppo, che alla fine, insieme, avevano deciso essere quella la soluzione più giusta.
    Come che fosse andata, sia per lei che per lui, erano un team. E i team decidevano e lavoravano insieme, così aveva sempre pensato.
    «Ci sono diversi modi per individuare qualcuno a lunghissima distanza.» Disse la ragazza al giovane Hozuki. «Possiamo avere a che fare con un sensitivo, o con un individuo a percezione aumentata. Ho studiato anche alcune abilità innate che implementano questo genere di capacità, ma non possiamo prendere in considerazione tutte le possibilità, stavolta. Ci può andar male o bene, tutto qua.» Parlava svelta mentre sistemava Hisagi dentro il di lui mantello. Si assicurò che le sue medicazioni reggessero al viaggio, ripulì il corpo con un panno imbevuto di acqua tergendo sangue e sudore, dicendo poi di fare lo stesso ad Akira per togliere quanto più possibile l'odore. «Questo è il mio portafortuna. Sta fermo.» E così dicendo, alzò una mano a toccare la fronte di Akira e, contemporaneamente, uno dei cavalli. Si concentrò, chiudendo gli occhi, e a quel punto effettuò un cambio chakricoPianificazione
    Villaggio: Personale
    Posizioni Magiche: Disegno (10)
    L'utilizzatore, apponendo il sigillo su se o su terzi, può cambiare il colore del chakra alterando alcune caratteristiche dello stesso come quantità di chakra posseduta, impronte e abilità innate. Non può nascondere la presenza di Demoni o altre entità risedenti nel corpo su cui appone il sigillo. Il sigillo dura massimo un giorno.
    Tipo: Fuuinjutsu – Ninpou
    (Livello: 4 / Consumo: Medioalto)
    [Da Genin in su]

    tra le due creature. Così facendo sperava di poter dare una possibilità maggiore al ragazzo di arrivare salvo a Suna ma, altrettanto, dava a se stessa una possibilità di capire chi era l'avversario con cui stava combattendo... che la sua strategia fosse andata bene, o male «Seguiremo quella strada.» Indicò nord-est. «Ti aspetterò quanto mi è possibile, ma rammenta di essere cauto e di riposarti un poco. Chiedi tonici per chakra ed energia. Chiedi strumentazioni mediche per isolamento da patologia B, operazioni d'emergenza di tipo 8 e C, e qualsiasi cosa possa sembrarti utile al caso. Dì loro di spedire il conto all'Amministrazione di Konoha, presso Takumi Murasamaki.» Sorrise, suo malgrado. «Ah, e per favore, anche uno di questi.» E disegnò con l'indice una radio con registratore a terra. «Ci terrà compagnia durante il viaggio, sarà divertente, sono sicura che tirerà su il morale di tutti!» Si portò un dito di fronte alla bocca, imponendo il silenzio di replica al compagno, poi disegnò nella sabbia una mappa geografica approssimativa. «Ci muoveremo così, farò in modo di non cambiare il tragitto, segui la strada e torna da noi.» Esitò, chiudendo gli occhi. Non aveva mai fatto la capogruppo (poteva davvero considerarsi tale?) e non aveva idea di cosa dover dire in una situazione del genere. Aveva il cervello in fiamme, viveva nell'idea di continuare a dimenticarsi qualcosa di importante. «Ricorda di me una cosa: non amo spostarmi in gruppo, mi sento vulnerabile e poco sicura. In caso di pericolo, soprattutto se non preventivato e improvviso, adotterò sempre la scelta più cauta per proteggere la mia carovana, anche se questo significa rallentare l'andamento della missione. Chi va piano va lontano, o qualcosa del genere. Sono nata mercante, e sono abituata a gestire civili, quindi penso da civile in questi casi.»

    Ed era vero.
    Quando la tempesta di sabbia si delineò in lontananza, Shizuka non poté fare a meno di sentire tutto il sangue del suo corpo defluire ai piedi. Il suo primo pensiero, presa dall'angoscia, fu per Akira. Pensò rapidamente, ascoltando i pareri di Shunsu.
    Muoversi non era saggio –rifletté controllando in giro: non era necessario avere una vista particolarmente sviluppata per rendersi conto che non c'erano ripari se non delle palme–, né per la carovana né per l'Hozuki che forse avrebbe potuto raggiungerli.
    Il vento cominciava ad alzarsi e lei, immobile di fronte al gruppo, sentì un tremito lungo la spina dorsale: fare la capogruppo era una merda. Non era questione di crepare da sola, cosa a cui bene o male era sempre stata pronta, lì se sbagliava si fotteva tutta quella gente.
    Deglutì e cercò di calmarsi. Andava tutto bene. Non era la prima volta che affrontava una tempesta di sabbia... e questo perché prima di essere una Shinobi, era una Kobayashi. Aveva viaggiato in carovane di addirittura cinque carri e venti cavalli già dall'età di tre anni, girando il continente con suo padre, affrontando ogni genere di situazione climatica, incontrando ogni tipo di popolo e usanza, mettendosi alla prova con qualsiasi possibilità. A differenza di qualsiasi altro genere di mercante, difatti, i Kobayashi non dominavano un impero economico perché rimanevano ad ingrassare nei salotti delle loro magioni, ma perché sapevano affrontare ogni situazione e creare dallo zero assoluto. Almeno in questo doveva credere.
    «Prendete dei cenci dal carro piccolo.» Ordinò la ragazza, tirando fuori dalla sua grossa bisaccia ninja, legata dietro la schiena, lo straccio logoro che aveva preso il giorno prima dal pavimento della carrozza. «Al momento opportuno dovremo bagnarli d'acqua e avvolgerli attorno alla nostra testa per proteggere le mucose, gli occhi e la respirazione. Assicuratevi di fare qualcosa di approssimativo anche per i cavalli.» Chiamò a quel punto l'attenzione di Uriko e dell'uomo con il passamontagna. «Tappate le finestre di ambo le carrozze e assicuratevi che non entri sabbia da nessuna parte. Disponetele entrambe lontane da qualsiasi duna e in perfetta pianura, dove non ci siano avvallamenti. I cavalli, impastoiati, li voglio al centro.» Detto questo si girò verso Shunsu. «Voi lavorerete con me.» E detto questo si avvicinò di gran carriera al secondo carro, dentro il quale entrò e nel quale razzolò fino a tirarne fuori due bobine di grosse corde e una sega a quattro mani. Giacché nessuno si era offerto di elencarle gli oggetti che erano nel carro piccolo, Shizuka si era difatti presa la libertà, prima di partire, di aprire tutte le scatole e tutti i contenitori che aveva adocchiato il giorno prima: c'erano diverse cose, alcune utili e altre meno, e anche diverse bocce, sacchi e scatole vuote. Poteva solo ringraziare che, bene o male, quello che sperava la servisse davvero, c'era.
    Spiegò rapidamente a Shunsu il da farsi: tagliare le sei palme che c'erano nella zona, legarle insieme a formare una barriera di legno, e piantarla in terra a protezione della carovana.
    «Il vento soffia in una sola direzione, perché se facesse il contrario si annullerebbe o la sua potenza sarebbe meno di quella di un soffio d'inverno.» Spiegò, infilandosi un dito in bocca e alzandolo verso l'alto. Era già la terza volta che lo faceva e sapeva che, una volta decisa, la direzione del vento non cambiava in quelle condizioni. «Non ci sono ripari, né formazioni rocciose. Se continuassimo a marciare finiremmo nella tempesta, i cavalli ne verrebbero disorientati e feriti, rischieremmo di perdere bestie e altri compagni. Al peggio i carri potrebbero persino danneggiarsi.» Inoltre, se i suoi calcoli erano giusti, pregava ancora che Akira riuscisse ad arrivare in tempo, se lei fosse rimasta lì. «Subiremo danni anche rimanendo fermi, ma potremo gestirli meglio.» Senza contare che stando ferma durante avrebbe potuto riposare, riprendersi di un po' di chakra e anche di forza, sia fisica che psicologica. «Abbiamo a disposizione meno di tre ore prima che la tempesta ci investa, ma noi ne impiegheremo molto meno della metà per costruire quello che sto dicendo. Sembra più complicato di quello che sembra.»
    Ed era possibile che avesse ancora ragione: costruire una barriera di legno si sarebbe rivelato più semplice del previsto. La parte difficile si sarebbe rivelata essere il recidere tutti i tronchi -il che richiese anche la collaborazione di Uriko e Urusei-san, nel mentre liberatisi dalle loro incombenze- ma una volta abbattuti, spostarli, unirli e stringerli, fu più veloce del previsto.
    Di tanto in tanto la ragazza alzava un dito al cielo, controllava l'andamento del vento, l'avvicinarsi della tempesta. Si preoccupava per Anzo, rassicurandolo con gentilezza e pregandolo di rimanere al riparo, per quanto l'esterno del deserto lo avrebbe potuto permettere. Shizuka aveva infatti precedentemente cercato di far accomodare il nobile fuori dalle carrozze, per sistemare l'allestimento senza tediarlo con continui spostamenti, così aveva suadentemente detto, e qualora fosse riuscita in quell'intento si sarebbe assicurata di entrare nel carro del Signore, per controllare la sistemazione di porte e finestre effettuata dai suoi compagni, diceva, cogliendo però l'occasione anche per passare in modo convinto uno straccetto sul pavimento e, qualora Uriko non fosse riuscita a prendere i fascicoli che le interessavano e questi fossero ancora in vista, infilare anche quelli sotto il suo mantello con un elegante movimento dello stesso.
    Piantarono i pali nella sabbia a due metri e mezzo di profondità, avendo premura di tenere gli elementi della barriera inclinati, questo per evitare che opponesse resistenza al vento, permettendo a questo di strapparla e portarla via; poi, seguendo lo stesso ragionamento per cui dove ci sono palme c'è acqua, bagnarono la sabbia per farla indurire, ripetendo l'operazione per due volte così da rendere il composto solido. Mai prima di quel momento aveva creduto di poter davvero desiderare la presenza di un manipolatore di Suna.
    Quando la barriera fu eretta, il che accadde quando Shizuka fu sicura della collocazione scelta da Uriko e Urusei per l'intero allestimento, la ragazza tirò fuori uno dei grossi tendoni dal carro piccolo e si affrettò a tirarlo dalla barriera sopra i cavalli, inchiodandolo al suolo oltre questi attraverso una serie di funi che coinvolgevano, per tenersi solide, anche il peso delle carrozze, disposte l'una di fronte all'altra, con le bestie in mezzo. In questo modo il tendone copriva sia gli animali che parte delle carrozze, usando la barriera di legno come protezione frontale.
    “Ci prenderà comunque” pensò la piccola Chunin, sudando. Non sapeva se era più spaventata, arrabbiata o stanca. “Ma ottimizzeremo i danni. Se mi riposo posso curarli. Posso proteggerli.” si ripeté, guardando l'allestimento. Lo aveva già usato. Era stata gente della Sabbia a insegnarlo a suo padre e a lei, aveva già gestito una tempesta di sabbia in quel modo.
    Si passò una manica sulla fronte imperlata di sudore e riscoprì le sue dita a tremare. Adesso cominciava a sentire la tensione.
    «Akira...» Gemette con voce strozzata tra sé e sé. Era un Hozuki, se la tempesta l'avesse preso in pieno, cosa ne sarebbe rimasto di lui? Poteva farcela, da solo?
    Si chiese se non dovesse correre indietro per supportarlo, ma capì prima di finire il pensiero che era una possibilità assurda. Uriko ormai sembrava in panne, si limitava ad obbedire ai suoi ordini senza dire né fare altro, fortunatamente abbastanza lucida per continuare a mantenere la tensione necessaria per essere vigile e attenta alle azioni e reazioni degli altri membri del gruppo, ma se avesse lei mollato non avrebbe probabilmente retto.
    Chiuse gli occhi, e cercò di calmarsi. Andava tutto bene.
    «Rimarremo tutti nelle due carrozze.» Annunciò senza mezzi termini a tutti. «Rimanere uniti dentro i carri ci permetterà di ripararci dalla sabbia, ma soprattutto...» E così dicendo si inchinò ad Anzo con riverenza. «...se dovesse succedere qualcosa, potremo agire più rapidamente per proteggervi. Mi rendo conto che la vostra pazienza sarà messa a dura prova durante l'attesa che dovrete condividere con noi, ma è una situazione d'emergenza, e la vostra incolumità è per questo gruppo, e per me, la maggior preoccupazione.» Accentuò l'inchino. «Se arriverà il momento in cui dovremo morire per voi, mio Signore, saremo lieti di accogliere quell'onore. Ma dobbiamo potervi servire al meglio, per lasciare di noi almeno una blanda soddisfazione nella vostra memoria. Non voglio altro che la vostra sicurezza e il vostro apprezzato compiacimento.» E così dicendo si batté il pugno sul torace facendo poi toccare allo stesso il suolo nell'inginocchiarsi.

    Avrebbe scelto i gruppi dentro le carrozze principalmente in base a ciò che Urusei e Shunsu avevano fatto capire lei durante i suoi comportamenti precedenti, assicurandosi così di avere il massimo controllo sulla situazione, ma essendo comunque lei la persona con Anzo. C'erano ancora alcune cose che non le tornavano e desiderava appurarle. Avrebbe usato quell'occasione per comprovarle del tutto.
    Sicuramente Akira aveva ragione, c'era qualcosa che puzzava. Ma temeva che non fosse solo qualcosa che prendeva il naso.
     
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