[Gioco] Vizi di Forma

Grado C

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    FROM BAD TO WORSE

    Not knowing which to do is the worse kind of suffering.




    «Anzo è l'uomo che dobbiamo proteggere, e lo faremo fino alla fine di questa missione.»
    La sua voce non era glaciale come quella del Genin di Kiri, ma quieta. Solida.
    Ferma al suo posto, la ragazza di Konoha continuava a guardare Akira negli occhi, sostenendone lo sguardo. Era incrollabile, ma non violenta. Non aggressiva. Non stava cercando di annichilire il suo compagno, ma di far capire lui che comportamenti di un certo tipo avrebbero potuto mettere a rischio la missione e, sicuramente, anche loro.
    «Siamo Shinobi e siamo qui per rappresentare il nostro Villaggio, non siamo creature isolate. E' al nostro Gakure che dobbiamo fedeltà, e pertanto, in questa situazione, ne dobbiamo anche ad Anzo.» Disse la ragazza. «Arrabbiarsi, perdere il controllo... non ci porterà da nessuna parte, Akira. Sicuramente quel Nobile è, come dici tu, una delle persone più indisponenti del continente... ma il nostro dovere è proteggerlo ed è quello che faremo. Guarderemo con attenzione, penseremo prima di parlare, ed infine stileremo valutazioni degne dell'occasione. Suppongo che il nostro carattere non possa essere cambiato, ma stando insieme potremo riuscire a sostenerci a vicenda. E' l'intelligenza che ci serve, non l'irruenza.» Cercò di accennare ad un sorriso, ma si rese conto che non ci riusciva. Qualcosa, in fondo al suo animo, cominciava a tremare. E lei, tremava con esso. «Essere guardinghi è giusto, non sto dicendo di essere loro amici, ma è però nostro dovere essere rispettosi e con gli occhi puntati verso l'obiettivo. Ti prego, Akira. Ho bisogno di un alleato, di un amico se possibile, non di qualcuno contro cui remare. Anche io mi riscopro inesperta in una situazione del genere, ma se stiamo insieme sono sicura che andrà bene...» Mormorò la ragazza, passandosi il braccio sulla fronte per tergere il sudore. Poi sorrise davvero, con dolcezza. Però... era spaventata.
    Mentre si alzava dal corpo addormentato di Hisagi, la Chunin sentiva l'ansia crescerle in seno: dubitare delle guardie? Ai suoi occhi, ormai, persino Anzo aveva qualcosa che non andava. Tutta la missione l'aveva. Possibile che avesse il cosiddetto “nemico in casa”? Che ci fosse molto più di quello che persino lei credeva, dietro quella faccenda?
    Scosse la testa, stringendosi nel suo mantello. Non doveva crollare. Uriko, Akira e tutta la carovana... doveva rimanere tranquilla, per loro. Tranquilla. Per proteggerli. Per supportarli.

    Doveva rimanere tranquilla.

    «A-a...ah...»

    Odiava il suo Sharingan. Era colpa di quell'innata maledetta se era stata divorata da una condanna vecchia di centinaia di anni, tanto antica da essere considerata leggenda. Pertanto non lo usava mai. Mai.
    Non apprezzava il suo sangue Uchiha. Era una Kobayashi, del resto. Una Kobayashi.
    ...Ma quella Genkai Kekkei la poteva aiutare in quella situazione, lo sapeva. Non pretendeva niente più di quello che sarebbe stato lecito, voleva solo capire come guidare quella spedizione. Lei, davvero, non...

    «A-ai...aiuto, io... non...»

    Il corpo dell'uomo con il passamontagna rimase in piedi qualche istante prima di cadere pesantemente a terra. Della testa, esplosa come un palloncino bucato, non c'era più traccia, se non gli schizzi di carne e residui di materia grigia che le coprivano il mantello e la testa, priva di cappuccio, come una seconda veste.
    Perché?
    Non voleva forzare il corso degli eventi. Voleva solamente capire cosa stava succedendo per proteggere il suo team e la carovana.
    Cosa aveva fatto? Perché?
    Sentì il suo corpo farsi rigido come pietra e i suoi occhi, terrorizzati, spostarsi con disperazione prima su tutti i presenti e poi su Anzo.
    Cosa sta succedendo? Cosa sei, tu, davvero?
    Era solo una volgare Chunin, certo, ma non era la più scarsa tra quelli del suo grado. Aveva abbastanza forza per spaccare a mani nude oggetti di legno, e dunque come poteva un civile resisterle in quel modo? Una presa come quella che aveva attuato su di lui, avrebbe costretto qualsiasi persona normale ad un gattino.
    Perché?
    I suoi Genjutsu erano perfetti. Era una Creatrice dopotutto, addestrata per usare la mente altrui come piattaforma di un mondo tutto da costruire. Non c'erano mai stati errori nella sua tecnica. Inesperienza, forse, ma non errori.
    Chi era quella persona? Cosa stava succedendo?
    Perchè?

    “TRADITORI, SIETE QUI PER UCCIDERCI! MORIRETE TUTTI!”



    Avrebbe potuto sopportare tutto. Gli sputi. Gli insulti. Avrebbe tollerato questo e altro per il suo Villaggio. Per i suoi compagni. Per la missione. Eppure era finita in quel modo.
    Cosa aveva sbagliato? Perché...
    «N-non voglio uccidere nessuno.» Gemette Shizuka, tremando. Era terrorizzata, ed era evidente. «V-vi prego, lo giuro, io non...» Strillò la ragazza, indietreggiando con un passo incerto. «Cercavo solo di avere solo poche inform–...» Ma non terminò la frase.
    Sentì improvvisamente un fischio. Poi i suoi capelli, quelli vicini alla tempia, che volavano in avanti. Un istante dopo Shunsu cadeva a terra, colpito al cuore.
    Gli occhi della kunoichi si sgranarono, vuoti. E lei, a quel punto, rimase semplicemente immobile.
    Improvvisamente, ebbe il violento istinto di vomitare.
    Portandosi le mani alla testa la ragazza aprì la bocca, forse per strillare, ma per qualche ragione niente disse. Scossa da brividi di terrore, si piegò sulle ginocchia, stringendosi nelle spalle. Era completamente fuori di sé.

    “Shizuka, veloce!
    Vieni qui! Devi aiutarla!”



    Aiutarla?
    Stava distruggendo quella carovana. Perdendo un compagno dietro l'altro.
    Ecco. Ecco perché non aveva un team. Ecco perché si muoveva da sola. Era sempre stato così. I suoi compagni morivano. Le persone che cercava di proteggere venivano uccise. Ovunque andasse, era questo che portava: rovina.
    Improvvisamente la risata di un uomo solleticò la sua mente, e il sorriso di lui, affilato e sardonico, comparì da un lato della sua memoria che aveva disperatamente cercato di eliminare: il volto di Karasu rideva di lei, di nuovo, le sue braccia si allargavano per cingerla ancora una volta, e la sua bocca, ancora, pronunciò quelle parol–...

    “Essere Shinobi non è semplice, Shizuka. Vivrai momenti peggiori di questo, lo sai, no?
    Mi chiami Maestro, ma non ascolti mai un cazzo di quello che dico. Non potrai sempre fare tutto da sola. Ecco perché i ninja formano Villaggi. Legami.
    Sei una fiera kunoichi della Foglia. E' della Volontà del Fuoco che noi ardiamo.
    Non esistono maledizioni dell'odio o altre puttanate simili, esisti solo tu e quello che vuoi fare. Quando sei sicura di star affondando, fai quello che è più giusto: alzati e ricomincia.”



    «Raizen...» Gemette a mezza voce la ragazza, stringendosi le mani alla testa. «Ho paura...» Ammise a se stessa, tremando.
    Già. Aveva paura. A differenza di tanti altri Shinobi, lei non si vergognava di dirlo. Mai.
    Aveva paura e non vedeva via di scampo. Se fosse tornata indietro l'avrebbero di certo attaccata, andando avanti gli Dei solo sapevano che condanna poteva esserle inflitta... ma era ragionevole pensare che anche gli altri fossero nella sua stessa situazione.
    Non era sola. Era parte di un gruppo. Doveva essere forte. Ma non lo sarebbe stata solo per loro, ma anche con loro.
    Sarebbe morta? Forse o forse no. Ma era stata cresciuta dal migliore Jonin del Fuoco, e lui le aveva insegnato dei valori. Ed era in quelli che lei avrebbe creduto.
    Sganciandosi il mantello dalla gola, la ragazza lo girò dalla parte interna e se lo passò tra i capelli, togliendo approssimativamente i brandelli più grossi di carne e cervella, poi si mosse rapidamente in avanti. Lasciò cadere il suo manto sul corpo di Shunsu, che prese per un braccio e trascinò via con sé, verso Akira. Quando arrivò, alzò gli occhi verso di lui, e rimase a fissarlo: le sue iridi erano scarlatte, con due oscure tomoe che sostituivano le paglie verdi e oro dei suoi occhi naturali. Si portò una mano di fronte alla bocca, come se volesse intimare al ragazzo di non dire assolutamente niente, come se temesse che qualcuno potesse udirla o, forse, più probabilmente, giudicarla.
    «Perdonami.» Disse la ragazza, cominciando ad attivare le sue cure [Conoscenza Medica (Intermedia)]
    Conoscenza Medica (Intermedia) [2]
    Conoscenza: L'utilizzatore può diagnosticare e trattare anche status Medio; richiedono 6 slot azione/tecnica per eliminarli. Può eseguire interventi di pronto soccorso e medicare le ferite: l'entità della ferita medicata si ridurrà di leggera ogni giorno. Possiede conoscenze anatomiche che gli permettono di individuare i punti deboli e resistenti degli avversari, anche nella concitazione della battaglia. Può possedere slot [Veleno] per antidoti.
    [Richiede Conoscenza Medica (Base)]
    [Mani Curative]
    Tecnica delle Mani Curative - Shousen Jutsu
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tocco
    L'utilizzatore può ripristinare l'energia vitale guarendo i danni e status. La vitalità non verrà ripristinata, non rigenera arti amputati o organi interni distrutti, gli oggetti presenti all'interno delle ferite non sono rimossi. È possibile guarire ferite differenti, entro la Guarigione Massima; è possibile alleviare ferite d’entità superiore la Guarigione Massima.
    Tipo: Ninjutsu - Hikariton
    (Livello: 3 / Consumo:Basso per Leggera guarita )
    [Guarigione Massima: Leggera per grado]
    [Conoscenza Chirurgica]
    Conoscenza Chirurgica [2]
    Conoscenza: L'utilizzatore può effettuare operazioni chirurgiche tramite il chakra, potendo compiere efficaci interventi senza l'utilizzo di nessun kit medico. L'entità di rigenerazione giornaliera delle ferite del paziente alle cure di pronto soccorso dell'utilizzatore è raddoppiata. L’interventi per la rimozione degli status richiede 1 slot azione/tecniche per status Leggero, 2 per status Medio, 3 per status Grave; sono esclusi gli status causati dai veleni.

    [Indole Guaritrice]
    Indole Guaritrice [0]
    Speciale: L'utilizzatore può guarire una maggiore quantità di ferite tramite la tecnica delle Mani Curative. La Guarigione Massima delle Mani Curative è Medioleggera per grado anziché Leggera per grado.

    . «Perdonatemi.» Si corresse, con la voce rotta. E a quel punto, fuori ogni previsione, gli occhi di lei, ancora sanguigni, si riempirono di lacrime. «Non ho creduto in questo gruppo. Ho pensato di dover fare e gestire tutto da sola. Ero presa dal panico. E ho sbagliato.» Gemette. La ferita di Uriko era grave, e il consumo di chakra che la medico stava usando per curare i suoi compagni cominciava a diventare tanto, ma lei non si fermò. Non assunse il tonico che il compagno le aveva offerto, che mise invece al riparo della sua sacca ninja. Lo avrebbe assunto la mattina successiva se anche quella notte non fosse riuscita a riposare. Forse per questa scelta quando ebbe finito dovette sedersi.
    Si trovavano dietro una delle carrozze, nonostante quella protezione, però, Shizuka sembrava esausta. E spaventata. I suoi capelli erano ancora lordi di sangue, e quando la domanda di Akira le solleticò le orecchie, lei si fece rigida, poi si girò verso di lui. Lentamente lo Sharingan si sciolse, e i suoi occhi tornarono verdi.
    «Non ho fatto niente. Non io.» Gemette, angosciata. Sembrava supplicare perché venisse creduta. Almeno da lui. «Io...» Esitò, poi tracciò con il dito sulla sabbia una parola: “Uchiha”. Indicò i suoi occhi, e guardò il kiriano. Poi, di nuovo, tracciò una parola: “Genjutsu”, si pose una mano sul torace, come a voler sottolineare che era ciò in cui era specializzata. «E' resistente. E questo è assurdo.» Indicò in direzione di Anzo, e si fece perplessa. «Non è mai capitato. Difficile che io sbagli, in questo. E ha una forza fuori dal normale. Le mie dita formicolavano. Al tocco. Sicuramente qualcosa non va. Ma non so cosa.» Continuava a pensare che fosse qualcosa che coinvolgesse il corpo, ma non poteva essere più sicura che fosse un'infezione...forse una modificazione della struttura corporea? Sapeva che ad Oto venivano effettuati esperimenti sugli esseri umani, roba che cambiava completamente il fisico e la mente, ma... «Loro.» Indicò i due guardiani a terra, privi di vita. «Fuuin.» Disse secca, indicandosi la testa e poi il corpo. Parlava a tratti, come un'analfabeta. In effetti se non avesse accompagnato quelle parole con spiegazioni delle mani e simboli a terra, sarebbe parsa solo una pazza. Sicuramente incomprensibile. «Controllerò.» Disse, ma non aggiunse altro, preferendo indicare piuttosto Hisagi e Uriko. «Rimarranno qui. Mettili lì.» Indicò la carrozza piccola. «Non possiamo rischiare di mandarli da soli. E si, staremo qui ora.» Concluse. Per un attimo parve che volesse sorridere, ma le labbra le tremavano. «Scapperà.» Indicò di nuovo verso Anzo. Il Nobile aveva già denotato incapacità a comprendere le situazioni di un certo tipo e non era necessario spiegare le motivazioni per cui adesso avrebbe preferito cercare la fuga che rimanere lì. «Sorveglialo. Ma tu...» E indicando il vero Akira, aggiunse: «Riposa.» Detto questo si alzò, aspettò che il Genin portasse via Uriko dentro la carrozza piccola, in cui sistemò anche Hisagi, prima di entrarvi lui stesso, poi si girò verso il corpo di Shunsu.
    Avrebbe potuto effettuare un'analisi completa e certamente migliore al prossimo villaggio in cui si sarebbero fermati, con un po' di fortuna il giorno dopo, ma visto l'andamento delle cose non avrebbe aspettato tutta la notte, con il rischio che succedesse chissà cosa. Lo avrebbe controllato subito.
    Prima, però, si pulì con cura. C'erano palme accanto alle carrozze, e quindi acqua.
    Tornò indietro, dando le spalle a Sud coprendosi con le carrozze della carovana, che aggirò per andare davanti alla prima. A poca distanza da lei, il corpo dell'uomo con il passamontagna giaceva ancora a terra in una pozza di sangue. Ricacciò indietro l'istinto di vomitare e scavò con foga una buca larga e profonda, fino a trovare acqua, poi, quasi con disperazione, vi inzuppò i capelli e li lavò via del sangue e delle interiora. Fortunatamente il suo mantello le aveva evitato il contatto con quella roba in tutto il corpo, ma il suo viso era sudicio, e lei, scavando un'altra buca, se lo pulì con rabbia, strofinando con insistenza. Lo sputo di Anzo le bruciava sulla pelle come fuoco. Sentì di nuovo un conato di vomito.
    Quando fu sicura di essersi pulita di tutto punto, si passò la sabbia sulla testa per asciugare i capelli approssimativamente, ma non si fermò. Controllò con le sue abilità mediche se qualcosa non andasse nel suo corpo, in lei, avendo uno scrupolo maggiore nel controllare le mani e la testa, i punti cioè in cui aveva toccato i due stranieri. Non notò niente di strano e sperò di non trovare niente nemmeno in futuro.
    Voleva piangere e urlare. Ma non fece niente di tutto questo, e stando attenta a che Anzo non la guardasse, chiedendo aiuto ai due cloni di Akira perché le dessero il via a muoversi nel momento in cui il Nobile era disattento, la ragazza afferrò il corpo dell'uomo con il passamontagna e lo trascinò via con sé fino al corpo di Shunsu. A quel punto, prese a fare i giusti controlli.
    Il guardiano ancora intero fu spogliato -con attenzione affinché i vestiti di lui non contenessero sigilli attivi, esplosivi o altre diavolerie che avrebbero potuto arrecarle danno in qualsiasi modo- e centimetro per centimetro fu valutata tutta la pelle, persino quelle parti del corpo in cui molte donne non avrebbero guardato mai, nemmeno per lavoro, e anche tutto il cuoio capelluto. Avrebbe effettuato un lavoro certosino, scostando ciocca per ciocca tutti capelli. Se c'era uno o più fuuinjutsu, lei li avrebbe trovati. E se li sarebbe trascritti, estraendo dalla sua saccoccia ninja un cospicuo mazzetto di strisce rettangolari di carta bianca e una penna. Avrebbe poi controllato il corpo dell'uomo con il passamontagna, spogliando anche lui con le dovute attenzioni, cercando le stesse cose.
    Quando ebbe finito, però, riprese un'altra analisi, su entrambi gli uomini: cercò veleni, alterazioni corporee, segni di punture o di operazioni chirurgiche, e appuntò tutto ciò che avrebbe ritenuto doveroso. Il che, conoscendola, poteva benissimo essere tutto. Non avrebbe esitato a incidere, con uno dei suoi kunai, la carne degli uomini, qualora avesse trovato qualcosa che le avesse fatto pensare che la risposta ai suoi dubbi disperati si trovasse “dentro”. Avrebbe cioè fatto tutto quello che un medico con il suo grado, le sue abilità e il suo insano perfezionismo, avrebbe potuto fare in un momento come quello. Solo quando ebbe finito avrebbe rivestito entrambi gli individui, dopo averli spogliati di tutto l'equipaggiamento utile che avessero avuto, e sarebbe poi andata a prendere uno dei cavalli della carovana, su cui avrebbe sistemato i corpi, impilati uno sull'altro e legati al dorso della bestia, che assicurò infine all'ultima carrozza, a riparo da qualsiasi possibile attacco. Solo allora si fermò.
    Abituata a quel tipo di lavoro Shizuka non aveva impiegato più di un'ora, ma era stanca come se ne fossero passate centinaia. Avvertì i cloni di Akira di controllare i due cadaveri con la stessa attenzione che avrebbero riservato ad un vivo. Ormai era abbastanza paranoica da credere che si risvegliassero e andassero per conto proprio chissà dove.
    «Akira...» Chiamò la ragazza, entrando nella carrozza piccola. Prese uno dei cenci del carro e si asciugò definitivamente i capelli. «Scusami, ho usufruito dei tuoi cloni come dei miei...» Forse avrebbe dovuto crearne di suoi davvero. Ma quando si sedette accanto al Genin, infreddolita, raggomitolandosi per cercare un po' di calore, cadde addormentata subito. E pregò di poter riposare, per quanto possibile, fino al giorno successivo.

    L'alba arrivò presto, anche troppo.
    Shizuka aveva dormito al caldo e piacevolmente per quanto la situazione lo permetteva, accoccolata addosso al Genin di Kiri come una bambina. Quando si svegliò, però, il tepore di quel poco di riposo che aveva fatto suo svanirono immediatamente ricordando la situazione.
    Controllò le condizioni dei due compagni, e sistemò poi Uriko accanto a Hisagi, coprendo entrambi con il mantello di lei. Quello del Mikawa, invece, lo prese con sé, mettendoselo addosso e sostituendo il suo che aveva sepolto il giorno prima nella sabbia.
    Scese dalla carrozza con attenzione e la prima cosa che fece fu controllare i cadaveri, se avevano subito cambiamenti, se c'era qualcosa che non andava. Poi controllò se stessa, con scrupolo. Lanciò persino un'occhiata al punto doveva aveva seppellito il suo manto.
    Quando ebbe finito, spiegò ad Akira ciò che aveva deciso, mangiando insieme qualcosa per colazione e bevendo da una delle due grosse otri piene d'acqua del carro piccolo, e insieme concordarono che tenere i compagni con loro era la scelta migliore.
    «Ricordi il favore che ti ho chiesto ieri?» Chiese a quel punto la kunoichi. «Forse è il momento di cominciare a prepararsi.» Detto questo, dopo aver imboccato ad Uriko e Hisagi due delle sue gallette inzuppate d'acqua, fece qualcosa di incredibile: riempì d'acqua uno dei recipienti a forma di cilindro che si trovava nel carro piccolo, mise lo stesso su un vassoio assieme ad una razione ancora chiusa delle provviste inizialmente offerte da Shunsu, qualche dattero e si diresse verso la carrozza di Anzo. Bussò, ma non entrò.
    «La colazione, Shiratoshi-sama.» Disse la ragazza, alzando i vivere al finestrino della carrozza perché l'uomo li vedesse. A quel punto esitò, imponendo alle sue mani di non tremare di nuovo. «Io n-non...» Tacque un attimo, inspirando a fondo. «...non volevo nuocere a nessuno. Cercavo solo informazioni per poter proteggere al meglio Voi e questa spedizione. Non capisco cosa sta succedendo, temevo di non riuscire nel mio dovere, volevo proprio evitare quello che è successo alla fine...» Esitò. «Non siamo traditori. Ho perso due compagni per frecce lanciate da chissà quale distanza. Se avessi una simile risorsa e fossi realmente una nemica, l'avrei usata contro di voi e non contro me stessa. Ieri sera, era me che volevano colpire.» Avrebbe voluto aggiungere molte altre cose, molte, molte altre, ma qualcosa la trattenne dal continuare a parlare, come se pensasse che dare troppe spiegazioni a quell'uomo avrebbe potuto indurlo di nuovo a dubitare di lei. Pose il vassoio sopra uno dei gradini della carrozza ed ebbe persino il coraggio di inchinarsi. «Mi dispiace.» E lo era davvero.
    Si defilò un secondo dopo.

    Quando la tempesta di sabbia si delineò in lontananza, Shizuka non poté fare a meno di sentire tutto il sangue del suo corpo defluire ai piedi. Quindi non solo gli uomini ce l'avevano con lei, adesso persino gli Dei. Non escluse di aver davvero sputato in qualche ciotola votiva, a quel punto.
    Muoversi non era saggio –rifletté controllando in giro: non era necessario avere una vista particolarmente sviluppata per rendersi conto che non c'erano ripari se non delle palme. Il vento cominciava ad alzarsi e lei sentì un tremito lungo la spina dorsale: fare la capogruppo era davvero la cosa peggiore.
    Deglutì e cercò di calmarsi. Andava tutto bene. Non era la prima volta che affrontava una tempesta di sabbia... e questo perché prima di essere una Shinobi, era una Kobayashi. Aveva viaggiato in carovane di addirittura cinque carri e venti cavalli già dall'età di tre anni, girando il continente con suo padre, affrontando ogni genere di situazione climatica, incontrando ogni tipo di popolo e usanza, mettendosi alla prova con qualsiasi possibilità. A differenza di qualsiasi altro genere di mercante, difatti, i Kobayashi non dominavano un impero economico perché rimanevano ad ingrassare nei salotti delle loro magioni, ma perché sapevano affrontare ogni situazione e creare dallo zero assoluto. Almeno in questo doveva credere.
    «Akira prendi dei cenci dal carro piccolo.» Ordinò la ragazza, tirando fuori dalla sua grossa bisaccia ninja, legata dietro la schiena, lo straccio logoro che aveva preso il giorno prima dal pavimento della carrozza. «Al momento opportuno dovremo bagnarli d'acqua e avvolgerli attorno alla nostra testa per proteggere le mucose, gli occhi e la respirazione. Assicurati di fare qualcosa di simile anche per i cavalli, saranno quelli più esposti.» Spiegò. «Tappa le finestre e le porte di ambo le carrozze e assicurati che non entri sabbia da nessuna parte. Cerca un posto privo di qualsiasi duna e in perfetta pianura, dove non ci siano avvallamenti. I cavalli, impastoiati, li voglio al centro.» Esitò, adesso arrivava la parte difficile -pensò avvicinandosi alla carrozza di Anzo. «Shiratoshi-sama, una tempesta di sabbia punta su di noi. Non ci sono ripari, come potete vedere anche voi, ritengo più sicuro rimanere ferma e limitare i danni per quanto possibile.» La tempesta era una disgrazia, certo, ma stare fermi questa volta non avrebbe dovuto essere un problema: la velocità del vento avrebbe reso difficile per qualsiasi dardo mirare la carovana. Almeno, lo sperò. «Dovremo tappare le vostre finestre e la porta, per impedire che la sabbia entri. Siete di Suna e sapete prima di me come ci si comporta in tali situazioni. Adesso erigerò una protezione contro il vento, vi prego di pensare alle mie parole e di permettere a me o all'Hozuki di fare quanto detto.» Detto questo si girò, cercò Akira con lo sguardo, e assicurandosi che avesse già fatto quanto proposto, lo chiamò a sè. «Fallo tenere d'occhio dai cloni, ho ancora paura che scappi.» E detto questo si avvicinò di gran carriera al secondo carro, dentro il quale entrò e nel quale razzolò fino a tirarne fuori due bobine di grosse corde e una sega a quattro mani. Giacché nessuno si era offerto di elencarle gli oggetti che erano nel carro piccolo, Shizuka si era difatti presa la libertà, prima di partire, di aprire tutte le scatole e tutti i contenitori che aveva adocchiato il giorno prima: c'erano diverse cose, alcune utili e altre meno, e anche diverse bocce, sacchi e scatole vuote. Poteva solo ringraziare che, bene o male, quello che sperava la servisse davvero, c'era.
    Spiegò rapidamente ad Akira il da farsi: tagliare le sei palme che c'erano nella zona, legarle insieme a formare una barriera di legno, e piantarla in terra a protezione della carovana.
    «Il vento soffia in una sola direzione, perché se facesse il contrario si annullerebbe o la sua potenza sarebbe meno di quella di un soffio d'inverno.» Spiegò, infilandosi un dito in bocca e alzandolo verso l'alto. Era già la terza volta che lo faceva e sapeva che, una volta decisa, la direzione del vento non cambiava in quelle condizioni. «Non ci sono ripari, né formazioni rocciose. Se continuassimo a marciare finiremmo nella tempesta, i cavalli ne verrebbero disorientati e feriti, rischieremmo di perdere bestie e altri compagni. Al peggio i carri potrebbero persino danneggiarsi.» Spiegò. «Subiremo danni anche rimanendo fermi, certo, ma potremo gestirli meglio.» Senza contare che stando ferma le avrebbe permesso di riposare, riprendersi di un po' di chakra e anche di forza, sia fisica che psicologica. Tenne pronto comunque il tonico di Uriko, che si sarebbe messa in bocca in qualsiasi momento se la situazione fosse peggiorata o si fosse fatta pericolosa [Tonico Recupero Minore]. «Abbiamo a disposizione meno di tre ore prima che la tempesta ci investa, ma noi ne impiegheremo molto meno della metà per costruire quello che sto dicendo. Sembra più complicato di quello che sembra.»
    In effetti costruire una barriera di legno si sarebbe rivelato più semplice del previsto. La parte difficile sarebbe stata il recidere tutti i tronchi -il che richiese anche la collaborazione di uno dei due cloni- ma una volta abbattuti, spostarli, unirli e stringerli, fu più veloce del previsto.
    Di tanto in tanto la ragazza alzava un dito al cielo, controllava l'andamento del vento, l'avvicinarsi della tempesta. Si preoccupava per Anzo, rassicurandolo con gentilezza e pregandolo di rimanere al riparo.
    Piantarono i pali nella sabbia a due metri e mezzo di profondità, avendo premura di tenere gli elementi della barriera inclinati, questo per evitare che opponesse resistenza al vento, permettendo a questo di strapparla e portarla via; poi, seguendo lo stesso ragionamento per cui dove ci sono palme c'è acqua, bagnarono la sabbia per farla indurire, ripetendo l'operazione per due volte così da rendere il composto solido. Mai prima di quel momento aveva creduto di poter davvero desiderare la presenza di un manipolatore di Suna.
    Quando la barriera fu eretta, il che accadde quando Shizuka fu sicura della collocazione scelta dell'intero allestimento, la ragazza tirò fuori uno dei grossi tendoni dal carro piccolo e si affrettò a tirarlo dalla barriera sopra i cavalli, inchiodandolo al suolo oltre questi attraverso una serie di funi che coinvolgevano, per tenersi solide, anche il peso delle carrozze, disposte l'una di fronte all'altra, con le bestie in mezzo. In questo modo il tendone copriva sia gli animali che parte delle carrozze, usando la barriera di legno come protezione frontale.
    “Ci prenderà comunque” pensò la piccola Chunin, sudando. Non sapeva se era più spaventata o stanca. “Ma ottimizzeremo i danni. Possiamo farcela.” si ripeté, guardando l'allestimento. Lo aveva già usato. Era stata gente della Sabbia a insegnarlo a suo padre e a lei, aveva già gestito una tempesta di sabbia in quel modo. Si passò una manica sulla fronte imperlata di sudore e tornò verso Anzo, sostituendo uno dei cloni di Akira che tornò indietro a sistemare le ultime cose al posto suo -il corpo dei cavalli, l'avvolgere i due cadaveri in un grosso telo, che fu legato sotto ad una delle due carrozze, e altre ultime accortezze.
    «Shiratoshi-sama, posso entrare, ora?» Domandò. «Sarà comunque necessario che o me o l'Hozuki siedano con voi durante la tempesta. Non è cauto che rimaniate solo, se dovesse succedere qualcosa potremo agire più rapidamente per proteggervi.» Effettivamente, viste quante disgrazie stavano capitando, non sapeva più cosa aspettarsi. «Vi spiegherò rapidamente quello che dovrei fare se entrassi, o entrasse l'Hozuki.» E così dicendo espose come avrebbe tappato le finestre e la porta, e soprattutto perché. Cosa sarebbe potuto succedere durante la tempesta e come riteneva di dover agire. Poi rimase in attesa.
    Qualora tuttavia il vecchio si fosse nuovamente opposto, Shizuka avrebbe parlato all'Hozuki con franchezza. «Che scappi o faccia qualche altra stupidaggine non cambia la nostra situazione, dobbiamo tutelarlo anche se ci fa muro. Puoi mettere i tuoi cloni a controllare la carrozza, al riparo per quanto possibile per evitare che si distruggano subito? Per quanto ci sarà dato, vorrei risparmiarci danni.» Ma sapeva benissimo che, vista la fortuna di quella missione, come minimo sarebbe scesa l'intera combriccola degli Dei a rompere i coglioni, stavolta.


    Chakra: 43
     
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