La Principessa e la Volpe

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  1. Arashi Hime
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    LOYALTY

    Loyalty and devotion lead to bravery.
    Bravery leads to the spirit of self-sacrifice.
    The spirit of self-sacrifice creates trust in the power of love.





    «Ti devo chiamare Hokage, da ora in poi?»



    La voce di Shizuka Kobayashi fluì dalle ombre e sarebbe apparsa alle orecchie di lui prevedibilmente ironica ma, in un certo senso, persino incuriosita.
    «...Oppure Decimo?» Insistette, facendo un altro passo avanti e ponendo sotto la lama di luce lunare le gambe avvolte dai pantaloni di pelle neri e gli stivalacci di cuoio alti al ginocchio. La flessione della voce suggeriva che stesse sorridendo. «Oppure senti questa, continuo a chiamarti Raizen e quando siamo insieme non cambia niente, mh?»

    Era passato un giorno dalla nomina di Raizen Ikigami come Decimo Hokage di Konohagakure no Sato, e sempre uno da quando Shizuka aveva ricevuto il titolo di Capo di una delle Squadre Speciali della Foglia, quella Medica. Appena ventiquattro ore, dunque.
    Sebbene in un altro momento quel breve lasso di tempo sarebbe apparso privo di significato agli occhi di chiunque, nel caso dei due Shinobi rappresentava il più grande cambiamento delle loro vite...
    ...eppure, quando i due ebbero modo di guardarsi negli occhi, quando cioè la Principessa si lasciò baciare interamente dalla luce della luna piena –con i lunghi capelli castani sciolti sulla spalle nude e un bustino di cotone leggero stringato sulla schiena da nastri di raso– e la Volpe ebbe l'accortezza di volgere verso di lei lo sguardo dal posto che occupava all'interno della grotta che chiamava “casa”, nessuno dei due avrebbe notato alcuna differenza nell'altro. Erano uguali a com'erano sempre stati. Non c'era niente di diverso nei loro lineamenti, né nelle espressioni del loro volto.
    Eppure, in un certo senso, era tutto profondamente differente.
    «Non potrai più vivere qui.» Osservò Shizuka, intrecciando le mani dietro la schiena e facendo un'ampia falcata in avanti, entrando dentro la grotta sulla cui entrata si era limitata a rimanere fino a quel momento. I suoi profondi occhi verdi scivolarono lungo le pareti spoglie del luogo, soffermandosi infine sul volto del suo interlocutore dopo brevi soste sul poco altro che c'era. «L'Hokage vive nell'edificio amministrativo, lo sai, no?» Domandò, facendo un altro passo avanti. «Assieme alla moglie e ai figli.» E così dicendo lanciò un'occhiata significativa al Colosso mentre si avvicinava ulteriormente. «Alla tua età dovresti aver già trovato una donna che sappia accettarti e amarti per quello che sei... quando pensi di mettere su famiglia, mh?» Rincarò, girando il coltello nella piaga, sghignazzando. Calandosi verso il basso e sorridendo direttamente in faccia al neo Hokage, la kunoichi parve divertita, ma non maliziosa. Aveva smesso di pretendere di esserlo quando si era resa conto che il Jonin le vedeva attraverso con una chiarezza imbarazzante. In un certo senso, dunque, sembrava dire quelle cose con una reale preoccupazione per la persona che le sostava di fronte... non era una novità, del resto, che Shizuka tenesse a cuore la sorte del Randagio più di quella di chiunque altro.
    Accucciandosi a terra e ponendo il suo volto sui palmi delle mani aperte, la ragazza reclinò leggermente la testa di lato mentre affilava lo sguardo nell'osservare il suo interlocutore. La sua espressione, ora, si era fatta estremamente più interessata.
    «E hai bisogno di un corredo, lo sai che non puoi più girare vestito come un cialtrone e sudicio come un animale, vero?» Fece osservare, alzando il dito indice della mano destra a picchiettare su delle chiazze di polvere e terra sulla divisa totalmente nera dell'Hokage. «Ormai il tuo volto rappresenta Konoha, non vivi più solo per te stesso, ci vuole un po' di accortezza anche per l'aspetto dunque... senza contare il mantello, poi... dubito proprio che quelli dei precedenti Kage ti possano stare.» Sospirò la ragazza, grattandosi la testa nell'osservare la mole dello Shinobi. Adesso sembrava dubbiosa. «E ci vorrà un corredo di vestiti per gli eventi diplomatici, uno per quelli mondani a cui sarai costretto a partecipare come rappresentante, e poi...» Esitò un attimo, riabbassando subito gli occhi vibranti in quelli scarlatti di Raizen. «E no, non puoi mandare nessuno al posto tuo. Non potrai fotterti di nessuna di queste incombenze che ho elencato, dalla prima all'ultima. Fattene una ragione.» Disse subito, puntigliosa, anticipando qualsiasi battuta del Colosso, che conosceva abbastanza da saperlo pronto a dire che “non importava dove abitava, con chi si accompagna e cosa indossava per essere un buon Hokage”. «Essere a capo di una responsabilità come questa non affida solo incombenze militari. Hai già avuto molto tempo per dimostrare di essere il migliore sul campo di battaglia, adesso è giunto il momento di coltivare altre incombenze, e quelle sociali e diplomatiche sono le prime che dovrai imparare a gestire.» Disse, seria. I suoi profondi occhi verde smeraldo erano attenti e concentrati. «Gestire un grande “Impero” prevede educazione, rigore, cultura. Curare il tuo aspetto non minerà il tuo nome, ma sarà essenziale davanti ad un tavolo di trattative.» Esitò, dubbiosa. «In verità non saprei come spiegarti le responsabilità di chi gestisce un onore del genere, le cose da dire sarebbero milioni...» E aveva come la netta sensazione che Raizen le avrebbe dimenticate una dopo l'altra via via che venivano elencate, concludendo che avrebbe “trovato un modo di cavarsela in ogni caso”. Pensando ai banchi di trattativa diplomatico-politici che era abituata a osservare sin da piccola, sorrise cupamente: no, non ce l'avrebbe fatta così agilmente come sperava. «Sarò al tuo fianco...» Disse infine, sospirando. «...se vorrai, come ti ho promesso tanti anni fa, sarò il tuo supporto e la tua compagna. Potrai contare di me, ti aiuterò al meglio delle mie possibilità.» E così dicendo, abbassando la testa, la kunoichi si inginocchiò, ponendo il pugno destro al suolo in quel gesto che ormai il Randagio avrebbe dovuto conoscere bene. «Non ti tradirò, né ti deluderò. Sarò pronta a morire, per te, ora più di prima. Avrai la mia mente e il mio cuore. La mia intelligenza e la mia totale devozione. Da questo momento...» E così dicendo, sorrise. «...fino a quando non diventeremo vecchi e scemi, sarò con te.»

    Era una strana sensazione, quella.
    Per un istante si chiese se Ritsuko avesse provato la stessa cosa quando, a sei anni, prima che lei partisse per il primo viaggio diplomatico e non mercantile con suo padre e l'Aoki tornasse dove il suo Clan sorgeva, ovunque questo posto fosse, le aveva fatto un discorso molto simile.
    “Io che sono nata per voi” Aveva detto la bambina di allora. “morirò per voi. Non ci sarà niente oltre voi nel mio cuore e nella mia mente. La vostra voce guiderà i miei passi, la vostra figura rassicurerà il mio spirito. I vostri desideri saranno il mio dovere, le vostre paure i miei opponenti, le vostre speranze le mie prede. Perciò, Ojou-sama, partite tranquilla, perché...”

    «...Perché non c'è assolutamente possibilità che io mi allontani da te, Raizen.
    Ora e per sempre, sarò al tuo fianco, se mi vorrai.»



    Durante la notte e il giorno che avevano preceduto quel momento aveva lungamente pensato a cosa potesse cambiare tra lei e Raizen, ora che i loro nomi sarebbero divenuti l'emblema di qualcosa di così grande come era Konoha.
    Raizen non era mai stato amato in modo particolare, era un tipo burbero e scorbutico con cui la maggior parte delle persone scendeva a patti con quel tipo di rassegnazione irritata con cui si trattava un amico di famiglia un po' pedante. Al contrario di altri Shinobi del Villaggio, venerati come Dei, rispettati e amati in quel modo imbarazzante che caratterizzava l'ammirazione irragionevole, Raizen non godeva di nessun posto speciale se non quello che aveva nel cuore di Shizuka.
    Per lei, lui era molto più di un maestro. Era una parte del suo essere senza la quale era sicura avrebbe potuto perdersi e non trovarsi mai più, era l'ago di una bilancia che prendeva il nome del suo spirito, e non c'era niente che potesse far crollare la convinzione che a dispetto del titolo con cui lo Shinobi sarebbe stato chiamato, lei gli sarebbe stata accanto. Randagio? Hokage?
    Non aveva importanza.

    Eppure per un momento aveva esitato.
    E se...?

    Se lui, troppo preso dalle sue incombenze, si fosse dimenticato di lei?
    Se l'avesse lasciata indietro?
    Circondato di ninja valorosi, talentuosi e sicuramente più potenti di lei, avesse smesso di cercarla? Di affidarsi a lei? Di credere nelle sue capacità?
    E se i loro attuali ruoli li avrebbero allontanati più di quanto il loro spirito indomito e voglioso di libertà non faceva già...?

    Già. Per un momento aveva esitato.

    Chiudendo gli occhi e sorridendo nel reclinare leggermente la testa di lato, la kunoichi medico sorrise tra sé e sé.
    Aveva passato una vita a domandarsi se le persone che le stavano accanto e che amava si sarebbero presto discostate da lei, lasciandola indietro. Adesso era arrivato il momento di valutare che, qualora questo fosse mai accaduto, non doveva far altro che aumentare il passo e portarsi di nuovo nel raggio del loro sguardo. Tutto qua.

    Alzando gli occhi in quelli del suo interlocutore, perché lui la vedesse bene e senza ombre, la Principessa Tempesta del Villaggio della Foglia sorrise increspando il lato destro della bocca.
    E quindi, quello era un nuovo inizio...


     
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