La Principessa e la Volpe

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    STREAM

    The man who is swimming against the stream knows the strength of it.




    «Ah, perché vorresti mettermi un anello al dito?»



    La domanda arrivò di rimando al Jonin mentre l'interlocutrice di lui affilava lo sguardo e sorrideva ironica. I profondi occhi verdi brillarono di divertimento mentre si portavano in quelli scarlatti di chi le sostava di fronte.
    «Devi sapere che al Villaggio c'è chi aspetta questo lieto evento da anni, ormai... e dunque le voci che correvano erano vere? Sei innamorato di me...» Sospirando nello scostarsi con fare teatrale una ciocca di capelli dal collo, la donna scosse la testa. «Non lo so, Raizen...» Mormorò, abbassando lo sguardo. «...senza dubbio provo qualcosa di forte per te. Sarei pronta a morire per saperti salvo. Sei tutto ciò a cui ho guardato in questi anni, ma...» E alzando gli occhi da cerbiatta in quelli dell'Hokage, sbatté le ciglia un paio di volte. «...non so se è amore. E il matrimonio poi mi sembra ancora un traguardo lontano per noi due... forse dovremmo prima uscire qualche volta.» Gemette, rammaricata. Poi, improvvisamente e in modo del tutto inaspettato, riuscì persino ad arrossire. «Lasciami pensare, ti prego...» Concluse, imbarazzata, unendo le mani che cominciò a torturarsi timidamente mentre muoveva le spalle in modo nervoso...
    ...questo prima di alzare nuovamente lo sguardo in quello del Jonin e ghignare, divertita.
    In una frazione aveva cambiato espressione e comportamento senza attingere all'otre delle sue abilità in merito. Guardandola non sarebbe dunque stato difficile capire che le sue capacità continuavano a migliorare via via che il tempo andava avanti. Era diventata un'attrice perfetta, ormai. La migliore, con ogni probabilità.
    «Cucirò io il tuo corredo.» Disse a quel punto la Principessa, sedendosi su una scatola di legno dal coperchio in parte sollevato per la troppa roba che vi era stata stipata dentro. «Appena ti sarai sistemato presso la tua nuova abitazione e avremo finito di rimettere in pari la burocrazia lasciata in sospeso dall'amministrazione precedente...» Continuò. Non aveva sbagliato a mettere il plurale a quell'ultima frase, ovviamente. «...verrai presso la Magione della mia famiglia.» Non sembrava preoccupata delle pretese del Jonin, alle quali invece sorrise. «Ho già in mente che tipo di sete e abbinamenti di colori fare. Punteremo su pezzi classici ed eleganti che non seguono le mode ma il buon gusto, non sei proprio il tipo da rinnovare il corredo ad ogni cambio di tendenza, assicuriamoci perciò un'autonomia di qualche anno... prima che le sete cadano a brandelli per il tuo muovertici dentro come un bambino con il primo pannolino.» Lo derise, socchiudendo gli occhi. Si riferiva con ogni probabilità al modo in cui Raizen si era mostrato dal Daimyo. Per quanto avesse dovuto ammettere con se stessa che il suo essere vestito bene (e soprattutto essersi pulito e pettinato, che per quanto il diretto interessato ammettesse il contrario era un miracolo che lei non vedeva da tempi immemori) lo avesse reso non bello, ma quantomeno elegante e dignitoso, non aveva potuto fare a meno di ridere sotto i baffi per il disagio con cui il Colosso si era mosso, ovvio forse solo a lei, e per questo ancora più divertente. Portandosi una mano di fronte alla bocca la ragazza rise tra sé e sé.

    “Riguardo lo stare al mio fianco ti ho appena detto che non ti metterò alcun tipo di anello al dito.
    Almeno non fin quando avrai quella cicatrice.”



    Stupita, Shizuka alzò le sopracciglia, fingendosi di nuovo incredula.
    «Ancora? Accidenti ma allora sei proprio serio a riguardo! Ti ho detto che ci devo pensare, non essere insistente!» Esclamò, alzando poi una mano a fermare il tentativo del Jonin di sollevare tre scatole di legno impilate. Scosse la testa, inarcando un sopracciglio. «Sei grande e grosso, non essere anche stupido confermando gli stereotipi.» Osservò, perplessa. «Ti vuoi rompere la schiena il primo giorno dopo l'elezione? Hai un curioso senso del premiarsi, non c'è che dire.» Ironizzò, fermando il Colosso nell'alzare di fronte a lui la mano destra e portandosi contemporaneamente la sinistra al fianco.

    “Ma comunque, perché sei qui?
    Immagino tu non sia solo venuta a procurare qualche prestigioso contratto con l’Hokage per la tua famiglia, o sbaglio?”



    Annuì, accennando ad un altro sorriso. In confronto a quelli che li avevano preceduti questo era, però, più freddo.
    «Infatti no. Sono qui per parlarti.» E posando sulle scatole di legno la mano che aveva fino a quel momento tenuto tesa di fronte al viso del Jonin, Shizuka annuì. «Queste aspetteranno.» Disse mentre il suo volto scemava lentamente in un'espressione più seria. I profondi occhi verdi di lei vennero alzati in quelli scarlatti del Jinchuuriki, su cui sostarono abbastanza tempo da indurre in egli la convinzione che ciò che stava per dire la sua interlocutrice fosse qualcosa più di uno dei suoi soliti scherzi.
    Accerchiando la pila di tre casse di legno poste l'una sopra l'altra, la ragazza si portò di fronte a Raizen, salendo poi con un salto a sedere sulla piramide.
    «Sono qui per parlarti dei disordini che si stanno accendendo fuori i confini dell'alleanza accademica.» Annunciò a quel punto la Principessa del Fuoco, intrecciando le gambe. «Come sai, il ruolo che ricopro nella scacchiera che serve Konoha è quella dell'infiltrata... e come sai, svolgere questo ruolo offre un certo tipo di possibilità non comuni ad altre cariche. Ovviamente capirai che di queste, non tutte è conveniente riferirle nei rapporti ufficiali...» Disse, lanciando il discorso in sospeso per qualche attimo, osservando le increspature del volto del suo interlocutore. «Diciamo che in talune circostanze, rivendere un certo tipo di informazioni mi dà accesso ad altre più ghiotte... e diciamo anche che questo tipo di trattative mi piace svolgerle personalmente. Non certo affidandomi alle cure di un'amministrazione che non ritengo pulita.» E facendo spallucce, allargando le braccia di fronte a sé, aggiunse: «E certo non chiedendo supporto all'accademia, soprattutto se l'ambiente in cui cacci è considerato inaccessibile.» Tacque per un istante, dondolando le gambe di fronte a sé come una bambina. «Sarebbe come se un cane si confondesse tra i lupi per carpire i segreti di questi... il puzzo che si tirerebbe addosso non lo renderebbe più meritevole di fiducia agli occhi degli altri membri del suo branco, poco importa se in nome di questi la bestia si è mossa fino a quel momento. E' per questa ragione che l'animale deve agire senza che nessuno capisca o sospetti.» Sorrise allegramente, grattandosi una guancia. «Beh il paragone non è dei migliori, ma ecco il punto è che...» E affilando lo sguardo, reclinò la testa di lato. «...un certo tipo di informazioni lo ottieni solo se raschi nel fango.» Chiuse gli occhi, rimanendo a quel punto di nuovo in silenzio.
    Seduta sulla piramide di casse, la kunoichi poteva vantarsi di essere quasi alla stessa altezza del Colosso, un vantaggio di cui approfittò per guardarlo direttamente negli occhi, prima di alzare il dito indice e medio della mano destra, uniti, accanto alla tempia corrispondente.
    «Tutto ciò che faccio è per Konoha, Raizen. Quando dico che non c'è niente che io non possa compiere, nessuno con cui io non possa essere in grado di scendere a patti, quello che intendo è su per giù questo.» Disse, mentre un alone blu elettrico avvolgeva le due dita. «Per lungo tempo ho conservato informazioni che non mi fidavo di riferire a nessuno. Le ho scelte tra le tutte e le ho sigillate fuori dalla mia mente, perché nessuno oltre me potesse sapere.» Affermò, portandosi le dita brillanti di chakra alla tempia. «Come avevo già deciso di fare da tempo, ora posso finalmente affidare queste informazioni a te, Raizen, a maggior ragione adesso che sei il Decimo Hokage di Konohagakure no Sato, il Villaggio che servirò fino alla morte. Questa è una mia tecnica di estrapolazione: assorbirai i miei pensieri. Vedrai e vivrai ciò che ho visto e vissuto io. Ti sarà possibile effettuare le connessioni mentali che ho fatto in prima persona, ma senza estraniare le tue conoscenze. Sono sicura che tu sappia più di quanto io possa conoscere e quel poco che dunque ho avuto la possibilità di ottenere, ti potrà essere utile per completare un quadro più ampio.» Spiegò, mentre le dita si illuminavano maggiormente e il braccio della Principessa si allontanava dalla tempia... facendo scivolare dietro di sè un filo blu elettrico che si compattò subito in un bagliore coeso e opaco. «Questo ricordo attiene in particolare all'ultima missione che ho svolto per conto del Villaggio presso Kusagakure. Sfrutta queste informazioni come meglio ritieni opportuno, Raizen.» E così dicendo Shizuka allungò un braccio, sporgendosi in direzione del Jonin, sulla cui tempia avrebbe adagiato le sue due dita quando lui si fosse dimostrato pronto a riceverne il tocco.

    ...E a quel punto, improvviso e repentino, Raizen Ikigami avrebbe avvertito come un torrente in piena che si riversava rapidamente dentro la sua mente, come un corso d'acqua le cui sponde abbiano ceduto lasciando che i propri flutti inondassero il panorama, travolgendolo con un ruggito profondo come il mondo.
    Una sequenza di immagini in rapidissimo divenire, volti, paesaggi, gesti, si imposero nella sua mente assieme a sensazioni, sentimenti, connessioni logiche, ragionamenti...
    ...e così, in una frazione di secondo lunga anni, Raizen affrontò una scatola sigillata da Fuuinjutsu vecchi e logori. Un'incisione su una pietra. Kurotempi. Karasu Uchiha. Sentì la sensazione dilaniante del proprio corpo aprirsi in due e del proprio sangue rigurgitare a terra. Assorbì il volto, le informazioni e i segreti di quell'attentato.
    Un uomo ad un chiosco mal ridotto. La bocca di lui che si muoveva lentamente, che parlava di associazioni e pretese. Di qualcuno che voleva la supremazia di un villaggio sugli altri. Kumo, Taki e...? E' troppo tardi, ne avete idea?
    Persone che si susseguivano rapidamente una dopo l'altra, un caleidoscopio incontrollabile di parole, dialoghi, chiacchere serie e sciocche. Otafuku. Kiri. Suna.
    E poi Kusa. Gli alberi alti, la vegetazione insopportabile che faceva prudere la sua carnagione chiara e delicata. E ruderi. Macerie. Scritte lasciate con il sangue di vittime abbandonate al marciume: “Cerco Hayate”. Il terrore di un Paese braccato.
    Il fuoco. Le urla. Un uomo incappucciato. La valutazione delle sue capacità. La visualizzazione dell'abilità innata di lui e delle dinamiche approssimative che la muovevano. La rielaborazione dei suoi lineamenti. Del volto scorto sotto al cappuccio con una serie di giochi ad incastro dati da illusioni e cloni.
    L'allarme ai confini. La chiusura degli stessi. Il costruttore...
    ...la voce di lui che parlava. La situazione di Kusa. Iwa.

    Rapido come un torrente e furioso come vento che soffia in una crepa della terra il cono di ricordi, sensazioni e informazioni di Shizuka Kobayashi fluirono dentro Raizen Ikigami, sparendo nella sua tempia sinistra.
    Un attimo dopo, il silenzio.

    «Questo è quanto. Direi che abbiamo fatto più veloce in questo modo, no?» Sorridendo, la Principessa si allontanò dal viso dell'Hokage, guardandolo allegramente. Aveva appena dato lui ciò che aveva di più importante: una parte della sua memoria.

     
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