La Principessa e la Volpe

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  1. Arashi Hime
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    KNOWLEDGE

    Real knowledge is to know the extent of one's ignorance.




    Era arrabbiata e delusa da se stessa, e le parole di Raizen non fecero che acuire il profondo disagio in cui sentiva di trovarsi, del resto non avrebbe detto una novità affermando che non si era mai considerata davvero un elemento valido.
    Cresciuta da uomini di potere sui più importanti palcoscenici del Paese del Fuoco, Shizuka aveva infatti ben presto capito che ci sarebbe sempre stato qualcuno più forte di lei, una considerazione che aveva preso con quella sorta di umiltà irritata tipica del bambino che desidera di poter migliorare per arrivare allo stesso passo di chi ammira, e accecata da quel pensiero fisso aveva disperatamente cercato il potere per poter divenire anche lei una parte di quegli scenari fantastici. Nel percorso che però aveva intrapreso per riuscirci aveva capito che il suo desiderio di divenire il supporto di Konoha e ora più che mai di Raizen –suo maestro, sua Volpe, suo Hokage– non nasceva solo dal capriccio offeso di una ragazzina senza sale in zucca, ma da un sentimento più forte che aveva scoperto forse per la prima volta. Come l'acqua del fiume, tumultuosa e poi sempre più quieta, non può non desiderare di sfociare nel mare aperto, allo stesso modo Shizuka non poteva discostarsi dal Fuoco, dal suo vibrante e soverchiante calore.
    Era rimasta attonita da quei pensieri, dal sentimento bruciante di amore e devozione che provava verso la luce che non aveva mai smesso di guardare, e aveva capito allora che era proprio quella la parte di lei che brillava ancora, benché immersa in una foresta di oscurità. Era quella, la sua purezza.
    Non aveva mai cercato gloria e ammirazione, non era stata educata al ruolo dell'eroe né come Principessa e neanche come Shinobi. Il suo volere affondava le radici in una consapevolezza più profonda di quella data da un titolo, quella per cui se il Sole era brillante e ben voluto, non vi poteva essere splendore più grande se non ci fosse stata una Luna da paragonarvi.
    E lei era la Luna, e avrebbe fatto l'impossibile per far brillare ciò che così tanto amava.

    «Concedimi il sapere, allora.»



    Disse improvvisamente Shizuka, alzando lo sguardo in quello di Raizen. Raggomitolata sulla sedia degli ospiti, con le ginocchia sotto il mento e le braccia a nascondere il viso, la kunoichi era rimasta a dondolarsi così come una bambina fino a quando non aveva sentito la mano dell'Hokage toccarle la testa. Non aveva idea da quando la Volpe fosse divenuta così “adulta”, ma aveva ben poca voglia di non rimanere al suo fianco. Era diventata piuttosto stufa di vederlo proseguire tre passi avanti ad ognuno compiuto da lei.
    «Dici che posso diventare potente a modo mio.» Riprese a dire la Principessa della Foglia, piantando i suoi grandi occhi in quelli dell'interlocutore. Tornati del loro splendido verde smeraldo, erano privi di qualsiasi traccia di fame. «Allora dammi l'accesso al sapere.» Continuò, seria. «Permettimi di continuare i miei studi senza i limiti che ci si aspetterebbe dal mio grado. Ho ottenuto tanto da quando sono stata promossa Chunin, ma non ho ancora la possibilità di avvicinarmi ad una determinata conoscenza.» Disse, cercando poi di smorzare quelle parole con un sorriso. «Tranquillo, non pretendo chissà quale cosa proibita, mi rendo conto da sola che il miglioramento richiede tempo e che potrò davvero ottenere la completezza dei miei studi solo quando sarò meritevole di essere Jonin, e forse neanche allora, ma mentre lavoro per questo obiettivo non voglio rimanere ferma. Vorrei una raccomandazione e l'accesso alle serre del villaggio, per poter ottenere una specializzazione come erborista, che mi sarebbe utile tanto per l'ospedale quanto per le missioni.» Chiarì la ragazza. «Voglio l'accesso agli archivi di Konoha. Alcune ale mi sono ancora proibite e non posso avere le chiavi per i tomi che mi interessano. Non ti angosciare, non voglio sovvertire nessun ordine, né accedere a saperi negati, ma voglio poter aprire la mia mente a quello che SO esserci in questo mondo, ma che per qualche ragione mi viene nascosto.» E così dicendo, facendo scivolare lentamente le gambe a terra, Shizuka si alzò dalla sedia, fronteggiando Raizen faccia a faccia. Il suo volto, illuminato dalla falce lunare della notte, brillava in un'espressione incrollabile. Ferma, risoluta e nobile, in quel momento non vi era traccia della maledetta degli Uchiha o della giovane Principessa dell'Airone, di fronte a Raizen vi era una donna adulta che parlava per se stessa e solo per se stessa, senza emblemi o reputazioni a sorreggerne le parole.
    «Lo so che sta succedendo qualcosa nel mondo, non bisogna avere un'intelligenza fuori dalla norma per capire che gli assetti di ciò che è stato faticosamente sistemato negli ultimi cento anni stanno cambiando.» Disse nuovamente Shizuka, guardando il Jonin negli occhi. «Ma non ho le conoscenze per capire COSA sta succedendo. Immagino ovviamente che se determinate circostanze sono tenute nascoste, i motivi sono validi, ma non riesco a rassegnarmi all'idea di non potermi preparare come si conviene. Non penso di essere un elemento valido né così potente da poter avere accesso a tanti di quei segreti che suppongo sia lecito solo un'alta carica come te possa avere, ma allo stesso modo ti chiedo di darmi la possibilità di avere almeno la cultura e il sapere leciti a poter essere un arma al tuo servizio, qualora sia necessario.» Continuò. «Voglio poter far parte del disegno che tu conosci e da cui fino ad ora mi hai lasciato fuori. Se per migliorarmi serve l'esperienza, fammi ottenere questa esperienza. Permettimi di seguirti, di starti accanto. Non devo proteggerti, ma supportarti? Permettimi di supportarti, allora. Non solo per te, ma anche per me.» E così dicendo scosse debolmente la testa, senza però allontanare i suoi occhi da quelli rubino della Volpe. «Dici di non potermi insegnare più nulla, ma non penso che sia così. Abbiamo scelto due strade diverse in ambito militare, ma è lontano il giorno in cui io possa smettere di apprendere da te. Forse non puoi più trasmettermi le basi, ma allora, a buon ragione, concedimi il sapere più alto.» E stringendo le mani a pugno, esitò un attimo. Abbassò il viso, che ondeggiò per lunghi secondi nel vuoto delle ombre e degli spicchi di luna dell'ufficio nel quale i due si trovavano, in quei giochi di luce che sembravano così simili alla bilancia di dare e ricevere che Shizuka e Raizen avevano sempre mantenuto in equilibrio in quegli anni, fino a quando i suoi occhi di smeraldo si riportarono di nuovo sul viso dell'Hokage, che inchiodò alla scrivania di fronte a cui si era appoggiato. «Mi hai dato fiducia quando non la meritavo, dammela ora che sento di poterla accogliere. Dammi il permesso di accedere al sapere superiore, a quello che si suppone sia giusto donare ad un bambino diventato ragazzo, e da ragazzo cresciuto in un adulto.» Disse, ferma. «Ciò che mi divora dall'interno non ha più preso il sopravvento come un tempo. Il mio equilibrio risulta compromesso, è vero, ma lo sarà sempre meno perché ora più che mai so cos'è giusto e cosa è sbagliato, so per cosa combatto, per cosa voglio migliorare e per cosa vivo con gioia ogni giorno. Permettimi di dimostrartelo. Concedimi il sapere, la possibilità di servirti ad un livello più profondo di quello dato solo dalle mere parole con le quali ostento un legame indistruttibile tra noi due. Non voglio che le tue mani si sporchino, né per una missione né per la valutazione di una traditrice, perché tu rappresenti il Villaggio di Konohagakure, adesso, e ciò per cui vivo e che servirò per sempre è il Fuoco e la fiamma più alte che sopra di esso arde.» Affermò, indistruttibile. «Concedimi di diventare adulta. Lo farò a modo mio, secondo la strada che ho scelto e che amo, certo, ma lo farò sempre senza dimenticarmi chi mi ha tenuta per mano fino a quando non sono stata in grado di camminare da sola, perché così ritengo giusto fare. "E non cercare di convincermi"...» Mormorò in un sorriso, ripetendo le parole dell'Hokage stesso. La sua memoria, come sempre, risultava senza paragoni. «"Le mie motivazioni penso siano sufficienti"

     
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