La Principessa e la Volpe

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    Il Dono di Hashirama








    Sospirò pesantemente mentre Shizuka correva da una parte all’altra della serra perdendo qualche dettaglio nel suo percorso, di cui lui però non si preoccupava minimamente, lasciandola libera di zampettare da sola per la serra mentre lui rimase ad osservare quasi ammaliato un albero del chakra dalle dimensioni considerevoli, non era estremamente grande, non come i selvaggi alberi secolari fuori dalle mura, ma la sua storia era lunga e scritta in ogni singola potatura che l’aveva trasformato in un opera d’arte.
    Non si faceva fatica ad immaginare che fosse intrecciato alle radici stesse del mondo.

    Si dice, l’abbia fatto germogliare il primo Hokage in persona.

    Si voltò ad osservare un vecchietto attempato il cui volto era percorso da una ragnatela di rughe che il sole si era preoccupato di cuocere lentamente.

    Non capisco troppo di questa materia, ma sapere che un pezzetto del primo veglia ancora su Konoha fa piacere.

    L’omino non risparmiò un sorriso, a cui pareva mancare qualche dente.

    Si, la nuda pietra in cui hanno scolpito il suo volto non è in grado di dare le stesse emozioni.
    I senju stessi si occupano di lui, quelle che può sembrare frutto di una potatura infatti altro non è che il risultato della loro manipolazione, non so se è al corrente del fatto che sovente le piante diano vita a rami che usano solo per immagazzinare energia, rami che andranno incontro alla morte per volontà stessa della pianta, i Senju si occupano di velocizzare o selezionare rami a cui applicare tale meccanismo, in modo che la pianta non debba mai subire lo stress della potatura.
    Facciamo seguire loro diverse piante ma non tutte beneficiano di questo trattamento continuativo, su alcune adoperiamo anche una potatura più classica, seppur le nostre tecniche permettano una cicatrizzazione ed uno stress minimo.


    Seguì con morbosa attenzione le parole del vecchietto che identificò essere il responsabile della serra, tese la mano verso di lui per presentarsi, leggerezza comportamentale da cui ancora non aveva imparato a sottrarsi.
    Strinse una mano nodosa e callosa, deformata probabilmente da un inizio di artrite.

    È un piacere conoscere un maestro, Toru-san.

    È un piacere conoscere la nuova fiamma del villaggio.

    Rilasciò la mano con un lieve inchino di cortesia per ringraziare di quell’aggettivo mentre si avvicinava all’albero.

    Lo utilizziamo spesso anche per innesti, è singolare, ma la sua forza può essere donata, se così possiamo dire, più di un albero ne ha beneficiato.

    Ascoltò distrattamente Toru mentre tendeva la mano verso il tronco, il solido appoggio dell’albero che lo vinceva in stazza di almeno 5 volte. Il contatto fu… piacevole, anche se non era sicuro di essere lui a provare quella sensazione.
    Fin troppo rapidamente per una pianta una porzione della chioma si tinse dello stesso rosso degli aceri, dando una pennellata del tutto inattesa alla chioma fino a quel momento verde, accendendola quasi come se la bruciasse ma lui aveva fatto ben poco, era stata la pianta a pretenderlo, a volerlo, ad esigere da lui quel pegno, quell’assaggio della sua essenza.
    Toru spalancò la bocca, aveva nel volto un misto di gioia e stupore che i suoi occhi non riuscirono a contenere.

    Pare che dopotutto abbiate ereditato di più del semplice fuoco, Hokage-sama.

    La felicità di un vecchio era cosa rara, vedere le lacrime spargersi tra gli occhi sformati dal tempo prima di rigargli il volto percorrendo i solchi delle rughe fece comprendere al Colosso che essere Hokage era ben più di una passeggiata per la via centrale o del dare la morte all’ultimo nemico del villaggio.

    Eh?

    Non riuscì a rispondere in maniera diversa, preso alla sprovvista da quella affermazione e dal cambio di colorazione delle foglie.

    Non è cosa facile farsi accettare dal passato, Raizen-sama.

    Vi prego, va bene anche solo Raizen.

    Gli venne imposto il silenzio con un piccolo gesto delle mani mentre il vecchietto continuava a parlare.

    L’albero non cambia mai, se dovesse farlo ad ogni contatto con un estraneo la sua chioma brucerebbe, oppure finirebbe tagliata, proprio come i celebri foglietti, ha un proprio sistema di difesa, abbiamo sempre creduto che quando accettasse qualcuno lo comunicasse in qualche modo, io stesso, suo malgrado feci cambiare il taglio di alcuni ciuffi di foglie a nord ovest, ma col cambio di stagione e il ricambio sono cadute.
    Questa tinta invece… credo abbiate modificato fin troppo infondo il Dono di Hashirama-sama.
    Ma è un bene, l’ha voluto lui dopotutto.


    Sorrise nuovamente mentre guardava Raizen.

    La ringrazio Toru-san.
    Anche per il lavoro all’interno delle serre, non avrei mai pensato di poter girare il mondo stando all’interno di un solo edificio.


    Si accomiatò dal responsabile per avvicinarsi a Shizuka con una benda in mano, per tutto il tempo l’aveva sentita squittire da una parte all’altra della serra neanche fosse un bambino deperito in un negozio di caramelle.
    Arrivò davanti a lei con un sorriso cordiale, interessato perfino guardando il seme con un pizzico di interesse.

    Beh, a questo punto piantalo no?

    E mentre lei si sarebbe distratta ad eseguire il consigli che sicuramente gli avrebbe dato gioia seguire il Colosso gli avrebbe fatto rapidamente passare il bavaglio sulla bocca, per poi assicurarlo con un nodo alla nuca.

    Bene, direi che possiamo continuare il giro adesso.
    E ora che ci sei fati spiegare com’è stato possibile quello.


    Indicò la pennellata rossa sulla chioma del Dono di Hashirama, lievemente orgoglioso di quel simbolo permanente che vi aveva impresso.
     
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