La Principessa e la Volpe

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    WAY OF...

    Know who you are, and be it.
    Know what you want, and go out and get it!




    Era felice come se le avessero appena regalato un possedimento terriero e due cavalli, ed era pertanto sicura che niente e nessuno sarebbe stato capace di rovinare quel momento di gaudio inaudito... come spesso capitava, però, si sbagliava. E questo, la bella Principessa di Konohagakure, lo capì quando sentì un bavaglio passarle sulla bocca e azzittirla proprio nel momento più delicato dell'operazione di trapianto in vaso del suo piccolo germoglio, circostanza che le impedì di alzare le mani per fermare quella dannata Volpe dispettosa. Alzando i suoi occhi aggrottati in quelli stupiti di Amiko, l'Erede dell'Airone cominciò allora ad alzare e abbassare le sopracciglia sperando che l'altra capisse il suo messaggio e facesse qualcosa.
    Per qualche inspiegabile ragione l'erborista risultò effettivamente capace di capire il mutismo della sua compagna, ma per qualche altro più irragionevole motivo, decise di non intervenire.
    «E' l'Hokage!» Si giustificò l'occhialuta, imbarazzata dall'insistenza con cui la sua muta interlocutore cercava di farsi togliere la benda. «Non posso farci nulla!»
    Alzando gli occhi al cielo Shizuka imprecò in modo talmente sentito che nemmeno la sua condizione impedì ai presenti di comprendere gli improperi, così, dopo aver finito di trapiantare il suo germoglio, si alzò da sola e girandosi verso Raizen sorrise mentre, alzando le mani, si puliva alla sua divisa la terra fresca. Poi, mentre alle sue spalle Amiko diventava pallida come un bucaneve e dava cenni di svenire da un attimo all'altro, la kunoichi caricò un calcio e prendendo in modo ostentato la mira, tentò di impattare la punta dello stivale direttamente nella caviglia del Colosso, per poi togliersi il bavaglio.
    «Capra.» Ringhiò, offesa. «Non è divertente.» Nell'udire quelle parole, coprendosi gli occhi, l'erborista con il viso lentigginoso cominciò a scuotere la testa a destra e a sinistra, rapidamente. “Non ha davvero fatto questo all'Hokage” ripeteva, piagnucolando. “Oh Dei!” Aggiungeva puntualmente. «Ecco guarda cosa hai fatto.» Tuonò allora prontamente Shizuka, indicando Amiko. «E' diventata più strana di prima per colpa tua! Quante volte ti devo dire di valutare le persone con cui ti trovi?! Grezzo!» Protestò, mettendosi a braccia conserte. Per tutta risposta, però, le arrivò solo una risata cristallina e gioviale.
    A pochi passi di distanza dal mal assortito trio, un vecchio rugoso e piegato stava avanzando verso di loro con passo claudicante, sorridendo gentilmente a quell'allegro scambio di battute come potrebbe fare un anziano nell'osservare con premura dei bambini.
    «Era da tempo che questa serra non si riempiva delle risate dei giovani.» Osservò l'omino, girandosi in direzione di Shizuka e Raizen. «E' un piacere poter ospitare la Principessa della Foglia.»
    Non ci voleva un'arca di scienze per capire che quel patriarca antico come una quercia secolare non era un semplice erborista, e la Chunin dunque si sbrigò a ritornare composta e ad inchinarsi profondamente.
    «E' un onore per me poter essere qui.» Rispose Shizuka con educazione. «Da molto tempo desideravo essere introdotta al vostro sapere. Sono ancora inesperta, ma spero che la vostra pazienza potrà aiutarmi nel diventare una stimabile esperta.» Concluse seguendo la più rigida delle etichette, come del resto ci si poteva aspettare da una donna del suo rango.
    Ridendo, il vecchietto annuì, intrecciando le mani dietro la schiena curva. «Non pensavo che la Principessa fosse interessata all'erboristeria, ma è un piacere trovare un medico intenzionato ad arricchire il proprio sapere con questa antica arte.» Disse sinceramente, guardando poi Raizen. «Avete cresciuto una buona allieva, Hokage-sama.»
    Visto che aveva troppa paura che il Jinchuuriki testa di legno iniziasse ad elencare al gestore della serra i vari motivi per cui invece quell'affermazione era profondamente sbagliata, magari partendo da come lei risultava brava a farlo sempre incazzare per qualsiasi cosa, Shizuka si sbrigò a scattare di nuovo in eretta postura e ad offrire il migliore dei suoi sorrisi a tutti i presenti.
    «Oh, Raizen ha sempre coltivato la mia grande curiosità!» Tuonò subito la ragazza. «E' solo grazie a lui se ho così tanto desiderio di ampliare il mio sapere!» E così dicendo sperò di aver dato un taglio ad ogni possibile replica di quell'antipatico. Visto però che non ne era molto convinta, si sbrigò allora a dare un altro diversivo alla faccenda e sorridendo amabile all'anziano, pose la domanda che le aveva suggerito la stessa Volpe la quale, per quanto testarda e diseducata fosse, non era ancora così gretta dall'interrompere un vecchio. Lanciando al Jonin uno sguardo trionfante, Shizuka ritornò allora a braccia conserte. Il suo viso parlava chiaro su cosa stesse pensando: “te l'ho fatta, mio caro.”
    ...peccato che per quanto quel messaggio sarebbe stato evidente a Raizen, risultò esserlo anche per tutti gli altri presenti, e se Amiko si batté le mani sul viso, stupefatta, il vecchio Toru si mise a ridere. Aprendo un poco gli occhi socchiusi, e guardando prima Shizuka e poi Raizen annuì con pacatezza.
    «Sarà un piacere per me spiegarvi.» Rispose, piegando maggiormente la schiena in una posizione che probabilmente trovò più confortevole per se stesso. A quel punto, schiarendosi la voce con un colpo di tosse ben impostato, iniziò a parlare. «Dovete sapere, miei cari, che le piante sono vive. Esse nascono, vivono e infine, come qualsiasi altra creatura di questo mondo, muoiono. Questo è ciò che viene chiamato il volere degli Dei.
    Benché il loro aspetto sia differente dal nostro, le piante di qualsiasi genere provano, al pari di noi, sentimenti: avvertono cioè l'affetto con cui vengono curate, soffrono il dolore di una morte indotta da cause indipendenti dal loro prestabilito ciclo di vita e quando si sentono ricche di felicità, sbocciano esattamente come noi ridiamo. Si potrebbe dunque dire che le piante e gli esseri umani sono simili... ma commetteremmo forse un errore a pronunciarci in tal modo.
    Il mondo, sapete
    –continuò, guardando Amiko che si accomodava a gambe intrecciate al suolo e Daiki che si avvicinava di soppiatto e si appostava dietro un acero giapponese per ascoltare meglio– vive dell'energia di molte presenze. Tutto fa parte del Disegno dei grandi Cieli Celesti. Anche una roccia è indispensabile allo scopo più alto della vita.
    Normalmente comprendere questo messaggio sarebbe per i più un'impresa ardua, ma noi esseri umani abbiamo un privilegio raro che ci permette di vedere l'essenzialità del tutto, ed è il nostro Chakra.»
    A quel punto si fermò per un battito di ciglia, per avere appena il tempo di vedere Shizuka che lo fissava con gli occhi sgranati, così simile ad una bambina in quel momento, e Raizen al fianco di lei, interessato ma distante com'era il suo carattere solito. Annuì, sorridendo ancora una volta. «Il Chakra è vita e si trova in qualsiasi cosa e qualsiasi luogo. Dovete immaginarlo come un grande fiume che scorre lungo il mondo e con la sua energia fa brillare tutto ciò che esiste... E noi uomini abbiamo la benedizione di preservare all'interno del nostro corpo parte di questo Chakra.
    Che questo sia molto o poco, debole o potente, non è realmente importante. Ciò che veramente lo è
    –continuò a spiegare, sapiente– è come questo piccolo miracolo che ognuno di noi ha dentro di sé può aiutarci a scoprire l'essenza seduta dietro il mondo e, in particolare, come l'energia di questo riesca a comunicare con l'energia di tutti che, nel suo essere unica, è sempre diversa.
    E' solo influenzandoci a vicenda, dando cioè una parte di noi agli altri, arricchendo così il grande Disegno, che possiamo davvero contribuire a forgiare il mondo che conosciamo.
    Questa è la vita.»

    Detto questo si passò l'indice e il pollice della mano destra ai lati della bocca, girandosi poi lentamente verso la grande eredità del Primo Hokage, che guardò per un lungo attimo, in silenzio rispettoso, prima di riprendere a parlare.
    «Questo è quello che è successo in quel caso.
    Non si può vivere senza comprendere che è l'amore che forgia l'essere. E' tramite il toccarsi a vicenda che cresciamo, miglioriamo e "vediamo" davvero.
    Proprio come una pianta può sbocciare solo quando è pronta a farlo, al culmine della sua felicità di vivere, noi possiamo influenzare realmente il flusso delle cose solo quando siamo pronti a donare qualcosa di noi a ciò che ci circonda, solo quando dunque siamo capaci di amare il tutto quanto o più di noi stessi.»
    Così dicendo si voltò lentamente verso Raizen. Tacque per un istante mentre lo osservava, dai suoi occhi socchiuso, sapiente e profondo, dritto nelle sue iridi color rubino. «...Non potevamo aspettarci niente di meno dal nuovo Hokage. Colui che ha aperto le sue braccia per cingere a sé tutti noi. Solo chi può accettare come la propria famiglia, il proprio grande amore, una realtà così incredibile, può davvero essere capace di influenzare il grande Signore degli Alberi.»

    Cadde a quel punto un profondo silenzio.
    Ferma al suo posto, immobile con gli occhi fissi sul bellissimo albero arrossito per l'ultimo tocco ricevuto, Shizuka non poté fare a meno di rimanere senza parole.
    Si sentiva colpita in una parte profonda del suo essere, ammirata, piena di domande, stordita addirittura. E tutti quei sentimenti insieme, roteando vorticosamente nelle sue orecchie, indussero le stesse a farsi rosse mentre lei si girava di scatto verso il vecchio Toru e con tutto il coraggio che riuscì a trovare, chiedeva sbottando: «Posso provarci anche io?!»
    La domanda fu talmente inaspettata e probabilmente anche assurda, che il gestore della serra non riuscì a far altro che spalancare i suoi affilati occhietti, fissando la giovane Principessa come se non credesse a ciò che avesse appena sentito.
    «Non dire scemenze, quello è il Signore degli Alberi!» Ringhiò Daiki, facendo sbucare la testa da una folta fronda di acero. «Se ne occupa Toru-sama in persona, figurati se puoi–...» Ma non ebbe il tempo di finire la frase, il povero erborista, che Shizuka era già scattata verso l'albero, che raggiunse con un balzello mentre Daiki impallidiva e sentiva tutti i suoi capelli drizzarsi sulla testa. Non fu però dato nemmeno lui il tempo di settare la sua mente su una serie adeguata di insulti, che la Principessa del Fuoco aveva già alzato e poi adagiato le sue mani sul tronco dell'albero.
    Come se quel solo gesto fosse bastato a congelare tutti i presenti, cadde allora un silenzio fermo e tutto, per un attimo, parve esitare...
    ...eppure, niente accadde.
    Il Signore degli Alberi rimase semplicemente lì, maestoso e imponente come sempre. Le sue fronde, nodosi rami intrecciati in dita color della terra da cui nasceva e alla quale sempre guardava, si limitarono a muoversi un poco a causa di un leggero sussurro di vento che filtrò dalla porta della serra lasciata incautamente socchiusa... per il resto però null'altro si mosse.
    Delusa e rammaricata, Shizuka provò con tutta se stessa a concentrarsi, a permettere all'albero di sentire la sua presenza, i suoi sentimenti e il suo grande sogno. “Sono qui” diceva “un giorno, che non sarà domani e forse neanche il domani ancora successivo, potrai vedere il mio grande miglioramento. Quando sarò in grado di proteggere questo Villaggio e guardare le spalle di Raizen che lo cinge tra le sue braccia, tornerò qui. Un giorno, forse tra molto tempo, quando riuscirò ad essere la vera Luna, tornerò.” ...ma per quanto forti i suoi sentimenti fossero, ancora niente successe.
    Guardando l'albero, Shizuka si rassegnò a indietreggiare, togliendo le rami dal tronco.
    «Ben ti sta, testa di sughero.» La rimbrottò Daiki, sarcastico. «Pensavi di poterti mettere allo stesso livello dell'Hokage e di Toru-sama?! Impara il tuo posto.» Ordinò, mettendosi poi le mani sui fianchi e ridendo di gusto.
    Lo stesso Toru, dopo un attimo di profonda osservazione della scena, chiuse gli occhi, avvicinandosi poi alla Principessa, sulla cui schiena pose una piccola mano storta.
    «Tempo, pazienza e dedizione.» Disse, annuendo. «Forse non sei ancora pronta a quello che vorresti. Forse non è ancora giunto il momento adatto. Forse, devi ancora crescere...» Suggerì, accennando poi ad un sorriso sdentato. «Tempo, pazienza e dedizione, Principessa. Non serve altro alle piante per sbocciare. E agli uomini per crescere.» Mormorò, e null'altro disse neanche quando i due Shinobi annunciarono la propria dipartita, uno dei due tranquillo e imperturbabile, anche se forse vagamente irritato, e l'altra abbattuta e con molte domande senza risposta.
    Non disse niente né a loro né ai suoi sottoposti... limitandosi a guardare, in profondo silenzio e unica solitudine, un piccolo bocciolo ancora di un forte verde scuro che, posto nel ramo più basso e piegato, più dinoccolato e storto, del grande Signore degli Alberi, stava disperatamente lottando per emergere dal legno e di affermarsi con coraggio alla vista.
    Di affermarsi in un albero che, fino a quel momento, non aveva mai avuto nessun fiore.

    «Ma ci vorrà tempo, lunga premura e ancora tanto impegno perché questo succeda. Sei ancora troppo immaturo, non lo vedi forse da solo?» Domandò Toru-sama al piccolo bocciolo scuro. Poi sorrise piano. «Le piante, del resto...» Sussurrò tra sé il vecchio, intrecciando di nuovo le mani dietro la sua schiena e allontanandosi lentamente. «...sono come le persone: c'è chi stravolge il colore del mondo con la propria presenza...e chi fa sbocciare la roccia più arida.»
     
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