Giusto prima di partire

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  1. -Meika
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    Giusto prima di partire

    La solitaria lacrima di felicità



    Alla fine, fece ciò che Akira Hozuki avrebbe fatto: fregandosene del pericolo (evidente) dei compiti (pressanti) e del capo, mi disse che sarebbe venuto con me a Taki. E non solo, decise anche la data di partenza. Lo fissai per un istante, poi uno spontaneo ed un po' triste sorriso nacque sulle mie labbra. In che guaio si era cacciato, conoscendomi.
    Come ero certo sarebbe successo, non fui in grado di replicare e rifiutare. Quel viaggio riguardava solo me, e nessun altro, eppure con l'irruenza di un rinoceronte infuriato si era messo in mezzo decidendo che doveva venire con me. Ed io, spaventata com'ero di affrontare il viaggio da sola, non potevo rifiutare.
    Non erano i nemici che mi spaventavano. Quella paura era parte del mio lavoro, e nemici potevano o non potevano esserci non importava. Era la paura di scoprire ciò che era successo davvero a mia madre a rendermi quasi paralizzata al pensiero di dover affrontare quel viaggio. Perché le possibilità che mi venivano in mente erano giusto due: la prima, che ritenevo più probabile è che mia madre fosse bella che morta. La seconda invece era che fosse viva e che per qualche motivo a me ignoto avesse deciso di non tornare più a casa da suo marito, a crescere sua figlia.
    Da qualsiasi lato la si vedessi alla fine di quel viaggio avrei sofferto: sia che mia madre fosse morta davvero, perché mi ero illusa che fosse viva. Sia perché poteva non essere più la donna che ricordavo.
    Grazie. Dissi solo, in un sussurro. Una lacrima, nata dalle emozioni che sentivo tumultuose al pensiero dell'imminente futuro scivolò sulla mia guancia destra. La pulii con un rapidissimo movimento. Feci un profondo respiro, inalando l'umida e famigliare aria kiriana. Con questo siamo pari. Non ho mica dimenticato l'acqua nel deserto, che credi. Gli lanciai un'occhiata divertita. Non avevo mai considerato quello un vero credito, ma non riuscivo a non mascherare i miei sentimenti dietro battute. Ero io in debito con lui: un po' di acqua nel deserto non valeva un viaggio al centro del caos mondiale alla ricerca di un genitore scomparso. Allora, a tra due giorni.
    Dissi. Feci un cenno con la mano di saluto, poi mi voltai, lasciandolo ai suoi doveri. Trovai Hikari dove l'avevo lasciata, ossia vicino al cancello.
    Hikari-san, quando sarà di nuovo di turno Akira? domandai. Hikari, ci pensò un attimo. Domani, dopo pranzo fino al tramonto. Grazie mille!
    Tornai filata a casa, dove ad accogliermi c'era mio padre.




    Era passata da poco l'ora di cena. Ero rimasta in cucina, stavo lavando i piatti mentre mio padre seduto su una sedia leggeva distrattamente un libro. In realtà cercava di capire come mai per quasi tutta la sera avevo cercato di evitare il suo sguardo.
    Meika, sei silenziosa. Disse alla fine, voltando una pagina del libro. È successo qualcosa?
    No papà dissi, mascherando la verità con la voce, evitando accuratamente di voltarmi a guardarlo. Se l'avessi fatto, lui avrebbe certamente capito che stavo mentendo.
    Mh mugugnò, per niente convinto.
    Sono stanca. Sono stati giorni davvero faticosi. Risposi. Quello era vero, ma alla stanchezza in genere rispondevo con un profondo letargo più che col malumore.
    Va a riposarti, finisco io qui. No, papà, ormai ho finito.
    Cadde un lungo silenzio e potevo sentire lo sguardo di mio padre scavarmi dentro. Aveva ormai dimenticato il libro. Devo partire di nuovo.
    Di già? Sei appena tornata.
    Tra due giorni. Precisai. Prima non sarei riuscita ad andar via di casa. Ho un'altra missione da fare a Taki. Devo... trovare informazioni su una Nukenin. Niente di pericoloso.
    Taki? Mandare dei Genin lì? Il Mizukage è impazzito? si alzò di scatto, nonostante la protesi alla gamba. Era visibilmente arrabbiato. Mi morsi l'interno della guancia e mi voltai, asciugandomi le mani per poi posarle sulle sue spalle. Tranquillo, ti ho detto che non è pericolosa papà.
    L'uomo sospirò ed annuì. Lo abbracciai appena, per poi dargli un bacio sulla guancia. Meika, ascolta. Mi disse. Sì? Sciolsi l'abbraccio, guardandolo in viso. Sembrava appena preoccupato.
    Hai per caso manifestato qualcosa del clan di tua madre? Mi morsi l'interno della guancia con così tanta forza da lasciare il segno. Era sempre lì, onnipresente. Anche nei geni.
    No, niente. Sinceramente, vorrei che non succedesse. Dissi a bassa voce, guardando il pavimento. Io sono Meika Akuma. I Terumi non hanno fatto altro che rimbottare da quando sono nata riguardo al fatto che i loro preziosi geni potessero finire nelle mani di un altro clan. Perché me lo chiedi papà? Quella domanda appariva strana, in un certo modo. Sei cresciuta parecchio. E devi scegliere che strada seguire, Meika. Sei un'Akuma, ma il tuo sangue potrebbe condurti altrove. Cosa si risveglierà prima in te? I tuoi occhi oppure il tuo sangue. Non possiamo saperlo, ma i nostri occhi non sono il nostro segreto Meika, lo sai bene.
    Gli occhi di mio padre cambiarono. Divennero rossi e le iridi si fecero nere. Solo per un istante, dopodiché tornò tutto normale. Lui era uno Shinobi, sebbene ritirato. Non aveva certamente dimenticato le arti del suo clan.
    Lo so. Qualcuno dovrebbe insegnarmelo. Credo che il momento sia giunto Meika. Seguimi, devo darti una cosa.
    Aggrottai le sopracciglia e lo seguii, rimanendo dietro la sua andatura claudicante. In cantina.


    In cantina, dietro un pannello, c'era una cassaforte. Non avevo idea che fosse lì, non avevo mai pensato che mio padre potesse nascondermi qualcosa. Lui inserì una chiave nella stretta serratura, girò ed aprì. Dentro c'era soltanto un rotolo polveroso, dall'aspetto abbastanza vecchio. Me lo porse dopo aver soffiato via la polvere, che si sparse nell'aria con uno sbuffo irritante.
    Presi il rotolo e lo aprii, per poi leggere le prime parole. Spalancai gli occhi, esterrefatta.
    Questo... Questo è il segreto del clan, Meika. Il segreto dei nostri occhi. In condizioni normali dopo averlo letto ti addestrerei io per spingerti ad attivare i tuoi occhi ed imparare ad usarli, ma dovrai partire presto. Ho paura, Meika. Ho paura che se per caso dovessi dimostrare i tuoi poteri come Terumi prima che i tuoi occhi siano pronti, loro possano volere che tu ti unisca a loro. Ma l'hai detto tu, sei una Akuma. Sorrisi e senza dire una parola, abbracciai mio padre. Comprendevo che se l'aveva fatto, era per paura di perdermi a favore della famiglia di mia madre. Ma ancora di più, l'aveva fatto per paura. Non l'avrebbe ammesso dinanzi a me, orgoglioso com'era di poter dire che sua figlia poteva cavarsela benissimo senza il suo aiuto, ma aveva voluto darmi un'arma in più prima di partire in un luogo pericoloso quale Taki.




    Il giorno dopo passai gran parte della mattinata a leggere quel rotolo, che spiegava filo e per segno le caratteristiche della tecnica e come fare per riuscire ad attivarla. Una frase continuava a rimbalzarmi in testa: se il nemico non è in grado di distinguere il vero dal falso, allora il falso può diventare vero e viceversa. La verità allora perde di importanza ed il nemico agirà in maniera imprevedibile persino per se stesso. Lì l'occhio deve arrivare: al confondere il vero con l'illusorio, poiché non c'è nulla di più pericoloso di una vera illusione incorruttibile.
    Pranzai con mio padre rapidamente, tornai il pomeriggio a leggere il rotolo, terminandolo. Lo chiusi attentamente, dunque lo nascosi in camera (non riuscivo a fidarmi a lasciarlo incustodito per troppo tempo) dopodiché mi diressi in cucina.

    Tra i fornelli non ero un disastro. Anzi, il doversi arrangiare per molto tempo aveva fatto di me e mio padre due cuochi provetti: non ci bastava sopravvivere mangiando surgelati, almeno, questo non bastava a mio padre. Così aveva imparato a cucinare meglio che poteva, insegnandomi tutto ciò che apprendeva ed io - che in cucina ero più talentuosa di lui - alla fine l'avevo anche superato. Preparai due imagawayaki, due pastelle fritte e le farcii con del cioccolato. Ne preparai anche un terzo, lasciandolo in un piattino sul tavolo, per mio padre. Incartagli gli altri due ed uscii di casa, diretta verso le mura.

    Ritrovai Akira lì, come al solito ad annoiarsi visto che la cosa più eccitante che accadeva in quel posto doveva essere la rottura della ruota di un carro che proveniva dal porto. Sorpresa. Dissi, nascondendo dietro la schiena il dolce incartato. Immaginavo che ti stessi annoiando e così pure io. Dici che è contro qualche strano protocollo che avete qui mangiare qualcosa in servizio? Così mostrai uno dei due imagawayaki incartanti, prendendone uno per me.
    Sono ancora freschi, tutto sommato. Il tempo di venire qui alle mura senza correre come un'ossessa. Il mio era ancora caldo.

    Devo raccontarti una cosa. Dissi attentando il mio dolce, seduta sul bordo delle mura (ben attenta a non cadere molti metri più in basso a seguito di una perdita repentina dell'equilibrio). Ieri sera mio padre ha deciso che sono abbastanza grande da imparare i segreti del mio clan. Mi ha dato un rotolo, l'ho letto, tutto e non sono stata capace di far nulla ovviamente. Però questa cosa mi rende felice. Difatti, quella notizia aveva completamente assorbito il mio umore tremendo del giorno prima. Mia madre è... o era, non lo so, una Terumi. Dunque c'è la possibilità abbastanza concreta che prima o poi io risvegli quell'interessantissimo lato di me capace di sputare magma e acido. Non credo di volerlo, sono molto affezionata al mio clan ed i Terumi non hanno fatto che borbottare il loro disappunto riguardo il rischio che le loro arti finissero in un altro clan da quando sono nata. Addentai il dolce ancora una volta, masticando, attenta al cioccolato ancora caldo che rischiava di cadere ovunque. Comunque, se riuscissi a risvegliare i miei occhi prima dei miei geni non dovrei essere costretta a cambiare il mio nome in Meika Terumi. Forse il viaggio potrebbe essere l'occasione giusta per provarci. Gli lanciai una fugace occhiata. Una parte di me non voleva affatto cambiasse idea, temeva quell'eventualità. Un'altra parte di me invece avrebbe preferito saperlo al sicuro sulle mura di Kiri piuttosto che in un viaggio senza reale meta. Sei ancora sicuro per domani? Ti metti in un sacco di guai, il Mizukage potrebbe arrabbiarsi e stiamo andando in un posto dove è meglio non mettere piede. Questa è una cosa che riguarda solo me e... feci un sospiro Sono felice che tu voglia accompagnarmi, ma se stanotte sei rinsavito, bé lo capisco.
    Dopotutto quel viaggio era una follia vera e propria.
     
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