Crocevia al Confine

Taki - Confine Sud-Occidentale

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  1. lNearl
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    Sentire nuovamente la voce dell'incappucciato mentre mi allontanavo correndo mi provocò un'ulteriore lungo e doloroso brivido nella schiena. Difficile a credersi, ma ne ero uscito vivo, male, ma vivo.


    . . .
    Nella baracca



    Vaffanculo cazzo che male!

    Il risveglio non poteva certo essere sereno come al solito. Ero abituato a risvegliarmi con un libro a coprirmi gli occhi dal sole, classica prova delle innumerevoli volte in cui mi addormentavo leggendo. Questa volta invece mi ritrovavo attaccato al suolo, con il braccio rotto che pulsava tremendamente, lasciando che il dolore si propagasse per l'intero corpo, generando forti fitte persino alla testa. Testa che anch'essa aveva i suoi problemi. La ferita sulla fronte era stata solamente fasciata e priva di medicazione alcuna mi preoccupava terribilmente. Avrei voluto poter dormire ancora, e svegliarmi solo quando tutto questo schifo sarebbe passato, ma poi mi resi conto di quanto poco avessi da lamentarmi. Ero vivo, e me l'ero cavata anche con poco. Difficilmente mi sarebbe potuto andare meglio l'incontro con quella bestia di satana che avevo incontrato. Questo sarebbe stato un'importante insegnamento per il mio futuro. La curiosità è importante, ma un morto generalmente non può essere curioso. Avrei imparato ad adottare strategia di trasporto ben pi sicure.

    Con dolore e fatica mi alzai, il braccio dondolava quasi inerte lungo il corpo, e il movimento brusco fatto per tirarmi in avanti mi provocò un forte giramento di testa.


    Devo aver perso molto sangue.

    Aprì la porta della baracca, lasciando penetrare nell'ambiente oscuro i forti raggi del sole. Impiegai qualche attimo ad abituarmi alla luce del giorno, poi, appena constatai di riuscire a camminare senza troppi problemi mi incamminai lungo la strada seguita il giorno prima. Era troppo tempo che non incontravo alcun genere di zona abitata, e prima o dopo avrei dovuto finirci dentro. Inoltre una baracca nel nulla non sarebbe servita a nessuno, doveva per forza esserci qualche genere di zona abitata nei dintorni. Non pretendevo un centro medico, ma qualche vecchia mi avrebbe saputo aiutare. Una madre è abituata a curare le ferite dei figli, e le ferite che portavo non necessitavano di cure particolari.
    Impiegai diverse ore di cammino prima di trovare finalmente una zona abitata. Non si poteva nemmeno chiamare paese, saranno state sette case l'una vicina all'altra, tutte attorno ad un pozzo d'acqua. Probabilmente era l'unica cosa che legava gli abitanti di quelle case. Mi avvicinai piano, supplicando nella mia mente che nessuno di quegli uomini avrebbe avuto la voglia di cacciarmi per paura fossi un invasore.
    Invece, il mio desidero più segreto si avverò, da una di quella case uscì una donna abbastanza giovane con un camice bianco e dei guanti. Mi guardò per un attimo. Tenevo ancora il braccio rotto con la mancina, e le vesti zuppe di sangue indicavano la brutta giornata che avevo passato.


    Immagino che anche lei abbia avuto problemi con l'orso nella foresta questa notte. Voi avventori siete degli imbecilli, vi avventurate nella foresta senza conoscerne i pericoli. E pieno di orsi che vi maciullano, e voi siete tutti così imbecilli da cascarci ogni volta. Mi segua, imbecille numero 31.

    Guardai la donna con un'aria perplessa inizialmente, poi scoppiai in una risata. Mentre parlava si erano affacciati diversi uomini dalle finestre della case, in ognuno era facile vedere una benda. Chi su un occhio, altri sulle braccia. Non avrei avuto bisogno di un alibi con loro per giustificare le ferite. DIscorso diverso per la dottoressa. Mi fece accomodare in una sorta di ambulatorio improvvisato al piano terra, e subito sostituì la fasciatura del braccio rotto. Mi lanciò uno strano sguardo mentre mi bendava.


    Non ho mai visto orsi rompere le braccia in maniera così precisa.

    Il mio alibi sarebbe crollato immediatamente nei suoi confronti. Non sapevo cosa diavolo avessi in fronte, ma sicuramente un medico avrebbe capito che a farlo non era stato un orso. Avevo vissuto quei momenti con angoscia, e non immaginavo il simbolo inciso sulle mie carni, ma ero certo fosse qualcosa di netto, e non dei semplici tagli casuali. Appena mi tolse le bende rimase basita, e vidi che tratteneva con decisione un conato di vomito.

    Abbassai lo sguardo con grande tristezza, d'ora in avanti sarebbe stata quella la reazione di coloro che mi avrebbero visto ? Non disse nulla riguardo l'alibi. Il suo mestiere comportava la riservatezza, e sapeva bene che anche se avesse fatto domande io non avrei risposto con sincerità. Quando ebbe finito di pulire la ferita sulla fronte dal sangue incrostato e applicato le prime dolorosissime medicazioni decise di rendermi partecipe dello scempio. Aveva chiaramente capito che nemmeno io sapevo di cosa ero stato vittima. Prese uno specchio e me lo porse, dopodichè uscì dalla stanza, lasciandomi solo con me stesso.


    Il grande passo.

    Pensai mentre cercavo la forza di osservare la mia fronte. Da una parte non ne ero molto invogliato, dall'altra era necessario sapere. Mi feci forza e sollevai lo specchietto, mettendo ben in mostra la mia fronte. Rimasi a bocca aperta, riconoscendo immediatamente il simbolo Hyuga.


    Ecco cosa centrava l'orgoglio.

    Le storie sul significato di quel simbolo si sprecano. Ben le conoscevo, ero un abitante di Konoha, e sicuramente un ex abitante di konoha, ora traditore mi aveva impresso questa fantastico regalo. Non era tanto la perdita della bellezza a costarmi caro, era effettivamente parte del mio orgoglio ad essersene andato con la poca pelle che quell'uomo mi aveva privato, lasciando quei dannati fossati nella mia fronte. Ebbi il tempo di piangere le mie lacrime, poi la donna rientrò, e con molta discrezionalità mi fece una nuova fasciatura.


    Lasci le bende li per dieci giorni... Poi, faccia lei.

    Uscì dalla stanza per sempre questa volta. Era chiaro che per me non c'era posto assieme agli altri ospiti di questa sorta di ospedale da campo. D'altra parte, d'oggi in avanti non sarebbero stati gli orsi ad abitare i miei incubi.
     
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