Nuove conoscenze

[giocata Free con Nevi]

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  1. Caled Murkar
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    8 luglio. Due e ventitré del pomeriggio. Qualche ora prima del corso

    Un ragazzo incappucciato camminava per Otogakure. Portava delle vesti neri, con uno scorpione rosso cucito sul petto. Sulle mani, indossava dei semplici guanti di cuoio, unica protezione che aveva. Due borsellini erano presenti rispettivamente alla vita (contententi dei tonici), sia alla coscia destra (contenente, per ora, un semplice Kunai). Legato alla schiena, portava un bastone di 90 cm di lunghezza. Mentre camminava, non faceva altro che mormorare dei numeri. La sua direzione era l'Accademia del villaggio, dove avrebbe dovuto addestrarsi insieme a una ragazza. Con i suoi occhi grigi non guardavano mai davanti a sé, ma anzi teneva lo sguardo verso il terreno. Eppure, riusciva a "evitare" di andare a sbattere contro altre persone. Come se fosse un tic, alternava i numeri che contava facendo fuoriuscire una piccola lama di 20 cm circa dal centro del palmo della mano, per poi farla ritornare dentro la carne. Ogni volta che rinfoderava, tratteneva un gemito di dolore.

    mille… novecentonovantatre… novecentoottantasei… novecentosettantanove… novecentosettantadue… novecentosessantacinque… novecentocinquantotto… novecentocinquantuno… novecentoquarantaquattro… novecentotrentasette… novecentotrenta.

    parlato
    sussurrato
    urlato
    tecniche usate.

    theme per la role.
     
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  2. Nevi
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    Parlato da Altri

    Parlato Nakora



    Naaakoooora! Svegliati! Che cavolo, vedi cosa succede a passare le serate con nostra madre? Nakora! Svegliati!
    Era ironico vedere la sua gemella, Yushino, tentare di svegliarla quando solitamente era il contrario e per di più quando doveva essere lei a tenere conto dell'organizzazione in casa, in assenza della madre.
    Quella volta però le cose erano andate un tantino diversamente, capitava a volte che la sera lei si univa a Yunata - la madre - nelle sue uscite serali e bene o male finiva sempre per fare tardi, e non sempre in uno stato ottimale, per così dire.
    La sera precedente era stata una di quelle, tuttavia non avevano esagerato particolarmente per tanto dopo una breve resistenza, contornata da qualche mugugno ecco che iniziò ad aprire le palpebre.
    I raggi del sole filtrarono tra le tende, ferendole la vista e spingendola così a tornare in quel mondo d'ombra.
    Però non poteva e sapeva bene il perchè: quel giorno avrebbe avuto una sessione d'allenamento.
    Sbattè un paio di volte le palpebre, guardando prima il soffitto e poi il viso della gemella che la guardava con aria torva.
    Sorrise debolmente, vederla con quella faccia aveva un che di buffo.
    Sono sveglia... Sono sveglia, tranquilla. Potresti prepararmi qualcosa? Grazie
    L'altra si portò appena una mano alla testa tornando in posizione eretta e scuotendo lievemente il capo, prima di voltarsi e uscire dalla stanza così da esaudire la sua richiesta.
    Doveva ringraziare la vita in un certo senso per quella serenità che aveva conquistato la loro famiglia, ad Oto vi erano molte persone che non avevano avuto la loro stessa fortuna, alcune, vere e proprie tragedie.
    Certo anche loro avevano avuto il loro momento no, tuttavia era passato, erano state veloci a metterci una pietra sopra e a guardare avanti.
    Secondo lei d'altronde quello che era l'unico atteggiamento giusto da prendere davanti a momenti difficili, non che fosse sempre possibile riuscirci, lei per prima l'aveva notato però... Non c'era poi molta altra scelta.
    Rotolò su un fianco, poggiando una mano a terra e mettendosi seduta, un rapido sguardo alla sua camera.
    No non sembrava esserci nulla in disordine, probabilmente doveva essere tornata in uno stato migliore di quanto credeva, bene così.
    Spostò il peso in avanti e si alzò in piedi, per poi dirigersi verso la finestra e aprirla così da guardare fuori.
    Il tempo sembrava promettere bene, era appena mattina, vero, però per il momento non sembravano esserci nuvole all'orizzonte.
    Con un po' di fortuna avrebbe continuato così per tutto il giorno.
    Si tirò indietro alzando appena le braccia sopra la testa e congiungendo le mani, stiracchiandosi in punta di piedi per poi girarsi e dirigersi verso la cucina.
    Svoltato l'angolo trovò Yushino che stava rimettendo a posto gli ingredienti, sul tavolo vi era la colazione.
    Con tranquillità spostò lo sguardo da quest'ultima alla gemella mentre faceva per sedersi.
    Grazie Yushino, una colazione fatta da te mi aiuterà decisamente.
    Affermò con tono tranquillo e sincero mentre iniziava a mangiare.
    L'altra la guardò appena con un sorriso mesto, prima di voltarsi nuovamente così da sistemare le ultime cose.
    Sì sì certo, vedi di non esagerare oggi però che mi tocca rattapparti a me quando torni. Mamma non tornerà fino a domani, è stata mandata fuori per una qualche questione, vallo a sapere.
    Nakora annuì debolmente mugugnando appena mentre continuava a mangiare, non la preoccupava troppo la cosa dopotutto vi erano entrambe abituate.
    Col lavoro che faceva non era poi così raro che doveva stare fuori casa per più di un giorno, fin da quando erano piccole era sempre stato così.
    Non c'era motivo di preoccuparsi.
    Per quanto riguardava la parte riferita a lei invece... Beh, diciamo che le venne da ridere, tuttavia cercò di trattenersi.
    Sapeva bene che quando diceva certe cose Yushino era seria, di conseguenza reagire in quel modo l'avrebbe fatta solo arrabiare e non aveva di certo intenzione di iniziare la giornata in quel modo.
    Concluso il pasto si alzò senza nemmeno curarsi di mettere via il resto, non aveva il tempo dovendosi ancora preparare e la gemella di certo non ne avrebbe fatto una questione di stato.
    Si fermò appena sulla soglia della cucina e il corridoio, guardando verso di lei.
    Vado a prepararmi ed esco, ci vediamo dopo!
    Impegnata com'era l'altra alzò appena una mano in sua direzione per farle segno che aveva capito, e per salutarla.
    Tranquilla tornò in camera sua e rapidamente fece per vestirsi, prendendo quello di cui aveva bisogno per poi con una camminata veloce andare verso l'uscita e così andare in strada.
    Era nettamente in anticipo tuttavia poco importava, almeno avrebbe avuto il tempo per fare due passi e farsi qualche giro in santa pace, non c'era fretta.
    Abbassò appena lo sguardo, sistemandosi l'ultima benda sull'avambraccio per poi rialzarlo e iniziare a incamminarsi.
    La veste nera e i suoi rimasugli venivano appena tirati dal vento con fare dispettoso, il quale soffiava di tanto in tanto.
    Arrivò un po' di tempo dopo a destinazione tuttavia era ancora decisamente troppo presto, per tanto si gettò su una delle panchine li davanti.
    Testa reclinata all'indietro, il viso perso nel cielo plumbeo mentre gonfiava appena le guance con l'aria, sbuffando.
    Ora che ci pensava... In teoria le avevano già accennato qualcosa sull'altra persona, un ragazzo.
    Oh beh, di sicuro avrebbe avuto modo di riconoscerlo se fosse arrivato anche lui un po' prima.
    Neanche a farlo apposta che alcuni minuti dopo iniziò a sentire dei passi avvicinarsi.
    Abbassò il capo cercando con lo sguardo chi era a provocarli e senza stare troppo a cercare, eccolo li, un ragazzo che pareva avere la sua stessa meta.
    Si soffermò appena sul simbolo che portava e le vesti, non le sembrava d'averle viste prima.
    Sorrise debolmente alzando appena una mano in cenno di saluto. C'era sempre la possibilità che si stesse sbagliando e che avrebbe fatto una figura orribile, però a rigor di logica c'erano molte più probabilità che non fosse così.
    Ehi, sei il ragazzo di oggi?
     
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  3. Caled Murkar
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    La conta del ragazzo fu interrotta da una voce. Alzò lo sguardo verso la ragazza che aveva parlato e la osservò attentamente.
    Indossava una veste nera, con delle fasce protettive su un'avambraccio. Takeda non vide se lei portava con sé armi o altro. Si fermò davanti a lei e la guardò dritta negli occhi.

    dipende… se tu devi farti addestrare, immagino di sì. Chi saresti, comunque? Io…

    Prima di dirle il suo nome, Takeda pensò a cosa dirle. Nel suo "clan", esisteva questa legge: nulla è come sembra. Il suo clan si ispirava a una parabola, quella dello Scorpione e della rana. Ma, a differenza della classica parabola, in cui lo scorpione (dopo aver punto la rana mentr'essa lo trasportava dall'altra parte di un ruscello) diceva che era nella sua natura pungere… la versione del clan era in tre ultime parole: io so nuotare. Gli scorpioni agivano segretamente, infiltrandosi come spie, sabotatori e assassini in tutti i villaggi. Ora, Takeda non sapeva se dire alla ragazza il suo nome, o farsi chiamare con un soprannome. Infine scelse la seconda alternativa. Sarebbe stata sicuramente la più facile da seguire.

    Io mi chiamo Oto no Sasori. Puoi chiamarmi così. Scorpione del suono.

    sorrise da sotto il cappuccio, ma come la sua voce era fredda come la lama di una katana, così era il suo sorriso. Un finto sorriso d'amicizia, un sorriso senza sentimenti, fatto per dare una parvenza di gentilezza alla propria natura.
     
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  4. Nevi
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    Vedendo i suoi modi di fare e sentendo quello che le disse, le venne da inarcare leggermente un sopracciglio, incerta.
    Aveva un modo di fare strano quel ragazzo, un qualcosa che non riusciva bene a spiegarsi nemmeno lei.
    Tuttavia non ci si soffermò troppo, anzi si può dire che come le fu detto il nome andò avanti lasciandosi gli altri pensieri indietro.
    Si alzò in piedi annuendo appena come finì di dirglielo e in effetti, sarebbe stata buona cosa dire anche il suo visto che tra un po' di tempo in quel giorno si sarebbero fatti compagnia a vicenda.
    Ricambiando così il suo sguardo con tranquillità, si portò entrambe le mani sui fianchi per poi prendere parola.
    Il tono pacato, abbastanza lineare ma comunque cordiale.
    Capisco, piacere mio dunque. Io sono Nakora e sì, immagini bene.
    Detto questo si voltò in parte verso l'area alle loro spalle, dove sarebbero dovuti recarsi in un futuro ormai non poi così lontano.
    Era inutile andarci adesso, tanto valeva farsi due passi.
    Così si voltò nuovamente verso Sasori, facendo qualche passo mentre gli rivolgeva la parola.
    Che ne dici di fare due passi nel mentre? Giusto per scambiare qualche parola. E' troppo presto tanto.
    Attese giusto un attimo che l'altro la raggiungesse, così poi da avviarsi.
    In realtà non sapeva neanche lei dove stava andando, non aveva una vera e propria meta, semplicemente voleva camminare andando dove capitava senza troppi problemi.
    D'altronde per com'era fatta non sarebbe mai riuscita a stare ferma per tutto quel tempo, in attesa che le ore fossero trascorse.
    Decisamente no, doveva muoversi, parlare, bere, mangiare, fare qualsiasi cosa che non fosse stare immobile per più di dieci minuti nello stesso identico posto.
    Mentre camminavano ogni tanto il suo sguardo passava dai bambini che giocavano per le strade, ai piccoli negozi che cospargevano alcuni vicoli minori fino ad altri Ninja impegnati nelle loro mansioni giornaliere. Di certo non sperava di vederci la madre tra questi in quel giorno, era impossibile che tornasse con tanto anticipo. Al massimo sarebbe potuta tornare invece che la sera del giorno dopo, la mattina stessa ma anche quella rimaneva un'eventualità.
    Comunque sia, dopo aver lanciato una breve occhiata a Sasori prese parola.
    Allora come mai te hai deciso di prendere questa strada? Voglio dire, sappiamo entrambi che ci sono altri lavori che si possono fare. Più semplici e dove rischi meno la vita, dunque... Come mai proprio il Ninja? Presumo te abbia una motivazione che ti spinge come molti.
    Sapeva bene che tutti quelli che sceglievano la loro stessa strada di certo non lo facevano tanto per divertimento, certo da bambini poteva essere affascinante l'idea di fare il Ninja e forse, poteva anche essere vista in una maniera un po' romantica per così dire, tuttavia crescendo si imparava che non era così.
    Quelli erano sogni di bambini e tali dovevano rimanere.
    Anche lei aveva la sua motivazione più o meno, certo non poteva sembrare poi così forte come le altre ma per lei era sufficiente.
    Non le interessava avere chissà quale storia da raccontare, dopotutto se mai ci fossero state sarebbero arrivare nel futuro.
    Ora che ci pensava... Quella domanda che aveva appena rivolto a Sasori, non l'aveva mai rivolta a sua madre, Yunata.
    Non sapeva dire il perchè ma non ne aveva mai sentito il bisogno, l'aveva sempre vista convinta, così sicura di sè stessa che non le era mai sorto neanche un dubbio in merito, eppure, forse non era un'idea poi così cattiva chiederglielo.
    Sì, avrebbe risolto una volta che fosse tornata, era curiosa di saperlo.
    Ancora più curiosa la rendeva il fatto che l'uomo che amava era via da tempo ormai, eppure la cosa non sembrava toccarla di conseguenza non poteva essere di certo lui la sua fonte "d'ispirazione" per così dire.
    Anzi a quel pensiero le venne quasi da ridere, tant'è che le sue labbra si spezzarono in un sorriso divertito, mentre passava una mano tra i capelli portandosi così una ciocca dietro l'orecchio, rivelando così poco di più quella cinerea.
    Ormai non ci faceva più caso anche perchè non le dava importanza, detto sinceramente.
    Si voltò leggermente verso l'altro in attesa di una risposta, osservandolo.
     
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  5. Caled Murkar
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    come vuoi, Nakora…

    facendo "scomparire" il sorriso dal viso, lo shinobi che si era fatto chiamare Oto no Sasori seguì la ragazza. Teneva le mani dietro la schiena e osservava con disinteresse ciò che accadeva attorno a lui. Si voltò verso la ragazza, quando lei gli chiese la motivazione per essere diventato, o almeno voler diventare un ninja… la vide sorridere e scosse la testa, chiedendosi cosa avesse pensato di così divertente la ragazza. Che dirle? Era vero che voleva diventare uno shinobi essendo quella "professione" tramandata nel clan… ma era anche vero che gli era stato insegnato a dire la verità su di sé il meno possibile. Dire che era perché lo attirava lo avrebbe messo in una situazione scomoda… avrebbe rischiato di venir bollato come un ragazzo che non sapeva niente del pericolo della vita dei ninja. Poteva dire che era il lavoro che veniva tramandato nella sua famiglia, dicendo sì la verità, ma rivelando poche cose su di sé.

    I miei genitori… e i loro genitori prima di loro, erano degli Shinobi… essere Shinobi è un lavoro che vien tramandato di padre in figlio. Così come mio padre diede la vita per Otogakure… così io la darò per il villaggio. Te invece? Cosa ti ha condotto a voler diventare una kunoichi?

    Aveva appena finito di parlare, che si chiese se aveva fatto bene a dire così tanto su di sé. Provò a fidarsi, anche se ciò sarebbe potuto essere deleterio per lui.
     
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  6. Nevi
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    Ascoltò in silenzio le parole dell'altro mentre continuavano ad avanzare tra i vicoletti, il tempo che veniva scandito dai loro passi sul selciato.
    In un certo senso le ricordava la propria questione familiare, seppur le similitudini si fermavano dove solo sua madre aveva scelto a sua volta quella strada.
    In ogni caso non si meravigliò più di tanto, era normale che qualche volta chi abitava ad Oto riscontrasse delle similitudini con altre persone.
    D'altronde le possibilità di scelta alla fine erano quelle: lavorare come mercante o come militare.
    Lei aveva già visto suo padre dare per quanto riguardava la parte del mercante, di conseguenza non ne aveva mai avuto il benchè minimo pensiero nè voglia di fare una cosa del genere.
    Il fatto di voler diventare una Kunoichi le permetteva di stare molto più in movimento, senza stare mai per troppo tempo ferma senza fare qualcosa ed era per questo che le piaceva.
    Anzi sarebbe stato meglio dire: uno fra tanti motivi per cui le piaceva.
    Comunque sia, presto come c'era da aspettarsi ecco che la domanda fu rivolta anche a lei.
    Le sembrava giusto, d'altronde un minimo su di sè l'aveva raccontato il ragazzo, non sarebbe stato giusto non rispondere.
    Non era una domanda facile, ogni volta che le era stato chiesto aveva finito per pensarci qualche istante prima di dire qualcosa.
    Per tanto anche quella volta finì per fare così.
    Lentamente si portò le mani dietro la testa, congiungendole e alzando lo sguardo verso il cielo plumbeo.
    Lo sguardo leggermente accigliato, visibilmente pensierosa quasi stesse cercando la risposta in quell'azzurro infinito.
    Qualche istante dopo, parve come averla trovata e per tanto fece per rispondere.
    Direi che è complicato da spiegare a parole, però posso dirti in tutta tranquillità e sicurezza che non l'ho fatto per seguire una tradizione o simili. Mia madre lavora nella guardia e fin da quando sono piccola sono stata incuriosita dal suo lavoro. Nel corso degli anni poi, mi ha iniziato a piacere nel vero senso della parola e così ho scelto.
    Parlò tranquillamente mentre verso le ultime parole faceva per alzarsi leggermente sulle punte dei piedi, portando più in alto le braccia e stiracchiandosi, sospirando soddisfatta.
    Subito dopo tornò nella posizione originaria, riportando le braccia lungo i fianchi mentre faceva per andare verso un muretto, accostandosi ad esso per poi appoggiarvisi contro.
    Inoltre in famiglia lavoriamo tutti, compresa la mia gemella, di conseguenza c'è abbastanza libertà di scelta su cosa fare. L'importante è non stare con le mani in mano.
    Verso quelle ultime parole fece come spallucce, alzando appena i palmi verso il cielo per poi abbassarli nuovamente e portare una mano dietro la schiena.
    Trafficò per un attimo con un borsellino per poi tirare fuori una fiascetta di metallo.
    Se la portò alle labbra, bevendone appena due sorsi per poi allontanarla e sorridere soddisfatta. Il viso leggermente alzato verso l'altro.
    Sapeva bene che non doveva bere sul lavoro, però visto che erano ancora nell'ora libera, tanto valeva approfittarne.
    Poco dopo riportò lo sguardo sull'altro, buttando un'occhiata dalla sua fiaschetta all'altro col viso che si era andato leggermente piegando.
    Ne vuoi un goccio? L'avrai smaltito in tempo per l'ora richiesta se ne berrai appena un sorso come me, non ti preoccupare.
    Da come aveva parlato era chiaro che si trattava di un alcolico, tuttavia lei non se ne preoccupò di non darlo a vedere.
    Quello era un lato che aveva preso tutto da sua madre e di sicuro non lo rimpiangeva, quella donna sapeva come godersi la vita!
     
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  7. Caled Murkar
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    la osservò senza alcun espressione (o se l'aveva, essa era coperta dal cappuccio). Ascoltò le parole della ragazza, per poi sorridere leggermente.

    tutti devono avere un compito… tu, io, i tuoi parenti… coloro che vivono nell'ozio sono sciocche persone, senza arte né parte, che non servono ad altro.

    sogghignò, per poi osservarla bere qualcosa da una fiaschetta metallica. Scosse la testa, mentre distoglieva lo sguardo. Era astemio per scelta. Per quanto poco, l'Alcool poteva alienare i riflessi e le reazioni. E una persona con riflessi e reazioni rallentate dagli alcolici era un possibile cadavere. L'addestramento ricevuto da piccolo lo aveva reso quasi un automa. Certo, rideva e provava i sentimenti, ma tendeva a nasconderli, poiché il detto del clan era "Nulla è come sembra".

    non bevo alcool. Per quanto una persona sia in grado di reggere l'alcool, esso aliena sempre i riflessi e le reazioni.

    fece un cenno di diniego, prima di tornare a sussurrare i numeri, sottraendo sempre sette, dopo essere arrivato a novecentotrenta.
     
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  8. Nevi
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    Oh, questo sì che è un peccato!
    Fece appena per un attimo una faccia dispiaciuta, mentre le spalle si alzavano lievemente e riponeva da parte il suo piccolo tesoro.
    Il tono stesso della voce si era fatto scherzoso, sebbene quello che disse in seguito non era chiaro se fosse realmente uno scherzo o meno.
    Anzi in un certo senso parve quasi una minaccia.
    Un giorno di questi passerai una serata con me e mia madre, allora vedrai come i giorni in cui non bevevi ti sembreranno solo un brutto ricordo!
    Sorrise convinta annuendo appena più a sè stessa che all'altro.
    A dirla tutta sembrava già aver deciso di suo che sarebbe stato così, e non era chiaro se contrariarla o meno sarebbe stata una buona idea in quel momento per quanto la situazione era tutto fuorchè seria.
    Comunque sia, dopo qualche istante tornò seria portandosi entrambe le mani sui fianchi e riprendendo la strada che avevano percorso fino a quel momento, questa volta, all'indietro.
    La sua mente accarezzò giusto per un attimo le parole di Sasori riguardo gli effetti negativi di quel tipo di bevande. Sì era vero, lo sapeva anche lei.
    Tuttavia credeva fermamente che la vita non poteva essere solo condotta dall'ordine e dalla legge, un minimo bisognava comunque lasciarsi andare e godere la vita.
    Sì è vero, però pensaci: nulla può essere retto unicamente dall'ordine e via discorrendo. Oto stessa lo ha compreso, dando così vita al Quartiere dei Piaceri.
    Volse leggermente lo sguardo verso di lui senza accorgersi però che stava sussurrando, quel cappuccio le impediva di accorgersi di dettagli più piccoli come quello.
    Poco dopo riportò nuovamente lo sguardo davanti a lei, seria. Il tono che si era fatto leggermente più duro.
    Non che lo apprezzi particolarmente quel posto, chiariamo. Non vorrei che fraintendessi. Tuttavia trovo sia un elemento necessario affinchè il sistema funzioni, non credi?
    Dopotutto era un discorso abbastanza naturale che seguiva le leggi stessi secondo cui il mondo andava avanti.
    Anche gli animali erano costretti a seguirlo, seppur inconsciamente.
    Non ci pensò nemmeno al fatto che lentamente stava portando il discorso su piano filosofico.
    Lo stesso mondo animale ne è soggetto. Prendi un cane ad esempio. Non potrà mai essere realizzato totalmente se tenuto unicamente dentro casa. Anche solo una volta al giorno, vuole che gli lanci la pallina. E' l'unica cosa che gli impedisce di impazzire. Noi non siamo poi tanto diversi, in questo senso.
    Proprio così. Anche loro avevano bisogno di togliersi qualche sfizio di tanto in tanto, così da sfogarsi e avere la mente libera, rilassata.
    Ad un certo punto del loro cammino fece per svoltare in un angolino a destra, finendo così per spuntare in un piccolo giardinetto.
    Presto fu chiaro di che luogo si trattava, un cimitero.
    Non era particolarmente grande, anzi, vi erano poche lapidi che spuntavano e lei avanzò sino a fermarsi davanti ad una in particolare.
    Era decisamente più piccola rispetto alle altre e inoltre non aveva nulla di segnato, nessun nome, nessun frase o parola. Niente.
    Si abbassò inghinocchiandosi mentre portava una mano avanti a sfiorarla. Fu un gesto privo di affetto ma allo stesso tempo non pareva contenere rabbia o disprezzo, quasi stesse salutando un conoscente.
    Il tono con cui parlò parve come essersi fatto leggermente più greve rispetto a prima.
    Te che mi dici, hai perso qualcuno?
    Per il momento non parve aggiungere altro in merita a quella lapide.
     
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7 replies since 8/7/2015, 13:40   105 views
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