L'interrogatorio

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    Liberazione

    In un Luogo, dentro la Foglia







    Era passato più o meno un mesetto dall’attacco di Hayate a Konoha, e per tutto quel tempo, assorbito da un’incombenza o dall’altra Raizen si era tenuto alla larga dalla sua personalissima prigioniera, anche se non aveva mancato di far allestire per lei un ripostiglio tutto particolare, anche se in realtà occorreva ben poco, quattro anelli di metallo forgiati personalmente da lui e poi inchiodati al muro, due per caviglie, due per polsi e uno per la testa. Saldi a sufficienza da renderne la rottura o la sfilatura impossibile perfino a lui.
    La donna non aveva visto l’ombra di un essere umano per tutta la durata della sua permanenza in quella cella, solo tre volte al giorno gli veniva concesso di vedere una luce artificiale da uno spioncino ed una canna che gi veniva avvicinata al viso per nutrirla di una poltiglia sgradevole e nutriente quando bastava a non farla deperire.
    L’unica cosa certa in quelle giornate erano i passi del secondino che andava a visitarne le condizioni fisiche e la nutriva.
    Ma non quel giorno. Quel giorno, se la prigioniera avesse imparato a riconoscere i passi del suo silenzioso assistente avrebbe imparato che qualcuno dalla mole ben più imponente si stava avvicinando, quelli che battevano a terra non erano i soliti stivali, grandi e borchiati producevano in quello stretto corridoio un suono del tutto differente.
    Il primo suono da un mese a quella parte sarebbe stato il fracasso di una porta che si spalancava ed una luce, probabilmente artificiale data l’intensità abbagliante, che gli percuoteva i sensi al pari di una gran cassa.

    Buongiorno.

    Una voce pacata e tranquilla, seppur non distinguesse i contorni la donna poteva percepire che un torace ampio le produceva, non poteva essere altrimenti vista la profondità, oltre quello niente. Nessun odio, nessun astio vennero palesati, nessuna emozione a cui potersi appigliare per un tentativo di ripresa.
    Fu nuovamente buio, il mondo andava allontanandosi.

    T…o…n…o m..usc..o..lar…e rido….tt..o
    p…rob…abi…lmente la pr…i…gion…ia


    Si sarebbe svegliata nelle medesime condizioni, ma in una sala totalmente bianca, la luce artificiale non era troppo abbondante, ma averla puntata sul viso la rendeva accecante e non poteva liberarsene gli occhi.
    Prima ancora che il dolore ai bulbi oculari svanisse e questi prendessero ad abituarsi si sarebbe udito un sospiro per la stanza.
    Gli avrebbe dato il tempo per abituare gli occhi e constatare che era nuda, era difficile abbassare lo sguardo per via del collare, ma perfino lo sbuffo avrebbe attivato i suoi recettori sulla pelle di tutto il corpo facendoglielo avvertire.

    Pensare che all’inizio eri pure discreta, pallida, flaccida e decisamente mal messa, ed il candore dei tuoi capelli sembra non sia più quello originale, la prigionia ti ha messo qualche anno sulle spalle sistemandolo a colpi di maglio.
    Almeno le manette non ti hanno fatto venire le piaghe, fortunata.
    Ma le articolazioni? Per un mese in quella scomoda posizione, braccia e gambe divaricate, perfino il respiro deve essere fastidioso in quella particolare posizione.
    Pensa, ho avuto la cura di riposizionarli alla stessa maniera in questa stanza.


    Parlò cortesemente, quasi affabile, prima di inspirare e alzarsi dalla sedia.

    Sai cosa siamo venuti a fare qui?

    Il tono era nettamente cambiato, viscido, malizioso, cattivo con quel tremolio eccitato di sottofondo che rendeva quella domanda retorica e carica delle più tetre intenzioni.
     
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    [Una mente contorta]

    Strattonata, sedata, colpita a più riprese da qualcosa che nemmeno aveva compreso e poi un oblio tormentato dal continuo morso dell'acciaio sulle carni e del peso che si distribuiva irregolarmente, forzando le membra in posizioni che non lasciavano nemmeno un secondo di sollievo. Di tanto in tanto sopraggiungeva il sonno, ma era tutt'altro che ristoratore con le catene che si tendevano al cambiamento di peso e che strattonavano, impedendo un riposo completo ma solo pochi minuti inframezzati da continui incubi di mani che tiravano e di denti che mordevano le carni. Poca acqua, quasi nessun cibo ed un esaurimento quasi completo del chakra che toglieva ogni speranza di fuga.

    Alla prigioniera era stato levato tutto, eccetto la vita e le informazioni contenute nella sua mente. Niente speranza, niente futuro nè presente. Nessun conforto, nessun motivo per andare avanti, e quella riottosità che era presente all'inizio si era rapidamente esaurita, sfiorendo come il volto della donna, ora orribile al guardarsi, per non parlare dell'odore nauseabondo che emanavano le sue carni lasciate appese a marcire. Ogni tanto un carceriere la aveva bagnata con delle secchiate di acqua fredda, ma non c'era la solita umanità di Konoha in quella prigionia: lei era il nemico che aveva fatto quasi uccidere tutti gli abitanti. Lei aveva avuto dei nomi in passato, ma ora ne restava solo uno...e quando, dopo molto tempo, il suo catturatore si fece vivo, lei ignorò quasi tutte le sue parole, fissando il suolo, e limitandosi a rispondere alle sue domande con una sola frase, che conteneva tutto ciò che restava della prigioniera.

    Io sono Hayate. Potevo essere la sua Lussura, ma non sono degna. Non posso essere più che Hayate. Hayate non accetta Peccati, solo Virtù. Ora lo so. Ho sbagliato. Ho fallito e morirò per lui. Tra le labbra screpolate fece scivolare appena la lingua tremante, arida come una distesa di sabbia, prima di sollevare lo sguardo spento sul suo carceriere. Uccidimi. Hayate lo vorrebbe.

    Da ciò che restava dagli archivi era stato possibile ottenere solo informazioni sommarie sulla Yamanaka traditrice.
    Dossier Riservato
    Tsubaki Yamanaka

    Le informazioni qui presenti sono incomplete a causa della parziale distruzione degli archivi.



    Età: 32 (età attuale)
    Grado: Chunin (ottenuto all'età di 16 anni)
    Clan di Appartentenza: Yamanaka, usufruitrice della Hijutsu di clan
    Status: M.I.A. da 10 anni (Missione #00468/bis nel Paese del The) ritenuta Traditrice sulla base di avvistamenti ad Ame
    Specializzazioni: Avventuriero, Eliminatore di Cadaveri, Esperto di Genjutsu
    Sunto Biografico Nata nel clan Yamanaka, diviene Genin all'età di 12 anni e Chunin all'età di 16 anni. Si distingue come caposquadra nelle missioni, con ottimi risultati soprattutto nelle infiltrazioni grazie alla Hijutsu di clan. Particolarmente affiatata con Hirohiko Akimichi (K.I.A. nella Missione #00468/bis) e Ayame Akimichi (Ritiratasi per menomazione nella Missione #00468/bis, al momento residente nei quartieri del Clan), le era stata affidata una missione di infiltrazone nella tenuta di un ricco mercante nel Paese del The, sospettato di vendita di armi a gruppi di Nukenin di Ame. Nel corso della missione un gruppo di nukenin ha causato l'esplosione della villa nella quale un membro del team ha perso la vita, uno ha subito la perdita di una gamba, un braccio ed una sordità all'orecchio destro, ed infine Tsubaki, la caposquadra, è stata data per dispersa.
    Circa due mesi dopo è stata avvistata ad Ame alla guida di un gruppo di Nukenin, ma l'informazione non è stata confermata. Dunque è stato posto uno status di Traditrice senza prove effettive.
     
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    Inganni







    Una seconda figura entrò nella stanza porgendoli un fascicoletto striminzito riguardante la Kunoichi.
    Lo lesse nei pochi secondi necessari e poi lo mise da parte, traendo un sostanzioso sospiro.

    Mh! Pensare che eri pure una ninja che pareva avere delle discrete abilità.

    Alzò la mano, chiamando il secondino con un cesto della stessa per sussurragli appena fosse giunto.

    Portami qui questa Ayame, sii gentile con lei e non anticipargli nulla, è praticamente un eroina.

    Appena che l’uomo fu uscito dalla porta si alzò dalla sedia, il passo aveva perso molta della carica iniziale, vedendo l’animosità con la quale la donna combatteva aveva pensato che l’avrebbe ritrovata se non carica di energie quantomeno ben disposta alle torture, ed invece.
    Uno straccio. Buona a stento per tirare l’acqua dell’ultimo dei cessi pubblici, torture fisiche non l’avrebbero minimamente scalfita.

    Lussuria… di Hayate?

    Il Colosso parve concentrarsi, ripensando a quanto il piccolo otese gli aveva riferito alla festa accademica.

    È curioso, da quanto Hayate ha detto a me ci sono solamente virtù, non peccati.

    Mentiva con una naturalezza disarmante per chiunque conoscesse la verità, ma per un ignorante quelle parole erano più vere di quelle della bocca di un bambino.

    Conosciamo Hayate differenti?

    Il suo volto era strano, pareva nascondere un segreto, e l’avrebbe nascosto per un po’, almeno fino a vedere la reazione della donna.
     
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    [Brevi Risposte]

    Io sono Hayate. Tu non conosci Hayate. Disse con evidente sforzo, senza cambiare minimamente espressione. Io ho fallito. Uccidimi. Non possono esserci peccati. Solo Virtù. Ho lasciato..che i miei desideri guidassero le mie azioni, invece di farmi guidare dal suo desiderio. Ho ambito il potere, ho ambito di creare qualcosa di nuovo in Hayate, un rango di Peccati, ma non possono esserci Peccati. Hayate vive molto più in alto. Io sono solo Hayate, e nel fallimento devo essere uccisa. Grosso modo ripeteva quegli stessi concetti come un disco rotto, come una nenia via via più confusa e inintelleggibile, quasi fosse un suo mantra. Probabilmente lo stava ripetendo nella sua mente sin dall'inizio della prigionìa. Il tentativo di Raizen di scuoterla non era servito: la sua fede era troppo forte ed il Jonin non aveva forse abbastanza informazioni per coglierla in fallo, o forse si?
     
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    Inganni2







    Non era possibile che la donna fosse stata annullata, sentiva in quella sua cantilena un desiderio di fondo che non voleva abbandonare la forza che la contraddistingueva un tempo. La sentiva chiamarsi ancora Hayate.

    Tu sei UN Hayate. E lo sarai fino al tuo ultimo respiro.

    Il tono deciso, quello di un superiore.

    Quindi alza la faccia e guardami, prima che il secondino ritorni.

    Disse incalzando il ritmo della parlata.

    Hai un solo modo per redimerti e la Magnificenza mi ha detto di fare riferimento a te poiché abile infiltrata, la missione che devo svolgere mi permetterà di essere incluso tra le virtù e a te di essere ri-ammessa nel tuo rango.
    Devo arrivare a Kiri e rubare il cuore che appartiene ad Hayate.
    Ma questa è la prima parte, i posti nelle virtù sono tutti occupati, se la missione sarà compiuta una di loro sarà in eccesso, magnificenza esclusa ho bisogno di conoscere l’abilità e la posizione delle altre per scegliere di chi prendere il posto, poiché non poteva rivelarmele a causa della presenza di un secondo accademico non fedele alla causa.
    Riesci a leggere il disegno e il motivo del tuo fallimento?
    Tu eri il mio appoggio nella missione e tu mi aiuterai a dimostrare ad Hayate che valgo e io gli dimostrerò che vali altrettanto.


    La guardava fisso.

    Tu SEI Hayate. Come me.
    E per Hayate parlerai.


    Continuava a guardarla, quasi senza battere le ciglia.
     
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    [Brevi Risposte II]

    L'incalzante interrogatorio la scosse appena dalla sua apatia, tanto che sollevò gli occhi con l'ombra di un dubbio nel profondo di quelle pupille spente. Cosa? Appoggio? Sussurrò tra le labbra screpolate. Ci fu un nuovo lampo di vitalità al menzionare il Cuore. Ma nessun Hayate e nessun fedele può toccarlo senza essere ucciso... Protestò debolmente, ma in fondo potevano esserci stati degli sviluppi da quel punto di vista, no? La Magnificenza ti ha ingaggiato? Ma allora perchè...? E fu a questo punto che l'Hokage commise un errore. Bluff del genere devono essere dosati con cura, perchè più si parla e maggiore è il rischio di incappare in qualche errore dettato dall'ignoranza. Ignoranza che, a dispetto del noto detto, non è affatto una virtù, e rischia sempre di far crollare tutto come un castello di sabbia, senza alcuna possibilità di tornare indietro, a meno di convoluti giri di parole facili da identificare come menzogne.

    Scegliere? Conoscere le loro capacità? Ripetè, debole ma palesemente confusa, prima di proseguire con un tono appena più deciso, quasi accusatorio. Non sono le Virtù a scegliere di esserlo. Loro agiscono e lo diventano. Non si comparano tra loro. Non lottano per il potere o per la posizione, perchè il potere è di Hayate e loro sono le sue mani. Solo Fede, Speranza e Carità penserebbero a scegliere. Hayate parla ai nostri cuori, ma loro organizzano i nostri pensieri. Tu menti sapendo di mentire. Non sei Hayate, o queste cose le sapresti. C'era un accenno di trionfo nella sua voce stentata, quasi volesse gloriarsi di quella piccola vittoria pur vivendo nella sconfitta più assoluta. Abbozzò un mezzo sorriso. Io sono Hayate. Non tu. Io ho fallito. Uccidimi. Dovrai farlo comunque prima o poi.
     
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    Grazia






    Che il cervello del Colosso fosse su di giri era scontato, gli interrogatori a voce erano sempre uno scontro di cervelli. Un gioco a cui una Yamanaka era preparata per natura e, solitamente, dagli addestramenti del suo clan. Per questa ragione appena il tono della donna prese qualche decibel si mise subito all’erta facendola procedere fino a che non gli diede un informazione utile, quella che riguardava le virtù in grado di scegliere. Affermazione dopo la quale il suo pugno scattò sul tavolinetto, rimbombando per la stanza ed interrompendola.

    Non osare.
    Mai più.
    Fare.
    Più di quanto.
    Ti è richiesto.


    Parve riacquisire la calma.

    Dai alle parole il peso che gli attribuisce la grammatica e non la tua mente erosa da qualche giorno di prigionia.
    Non ho detto lottare. Non priverei Hayate di una virtù esclusivamente per sostituirmi ad essa. Non sarei degno di essere una virtù.
    Ma grazie al consiglio della Magnificenza, grazie a quel gesto...


    Pareva guardare oltre l'offuscato presente, pareva vedere oltre.

    ... Vorrei che la Giustizia, non gravasse più sulle spalle di chi merita essere solamente Grazia.

    Era arrivato a comprendere come quell'organizzazione di svitati funzionasse?
    Dopotutto la Speranza di poter riuscire in una missione impossibile non era un atto di Fede volto esclusivamente al Caritatevole intento di rendere ad Hayate ciò che di più prezioso aveva, rendendolo così Grazia?
    Non poteva che aspettare una reazione.
     
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    [Brevi Risposte III]

    La donna sobbalzò appena, con un minimo cigolìo di catene, quando il pugno sul tavolo rimbombò nella sua cella. L'improvvisa brutalità la aveva colta di sorpresa, ma un alito di desiderio passò fugacemente sul suo viso: se solo fosse riuscita ad irritare abbastanza il suo carceriere, forse lui la avrebbe picchiata fino ad ucciderla. Forse. Emise un gemito, che forse era una debole risata, ma nella sua posizione, con il fisico così defedato non era certo in grado di ridere normalmente: pareva più un rantolo di qualche animale. Mpf..Mpf mpf mfp....tu. Tu non sai niente. Non sei Hayate e parli a vanvera. Hayate è Grazia e Giustizia. Hayate è il più vicino all'Ascensione. Io, che sono Hayate, non posso che morire di fronte al mio fallimento. Un fallimento che non ha aiutato Hayate.

    Uccidimi.
     
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    Pareva che sapesse ancora troppo poco dell’organizzazione di Hayate per ricavare qualcosa di utile dalla donna. Era giusto riuscito a sapere che erano presenti tre virtù superiori, ma per il resto, niente più che aria fritta, non riusciva ad elaborare qualcosa di sufficientemente coerente.
    Cosa aveva a questo punto in mano?
    Sapeva che un cuore, significato metaforico o meno, appartenente ad Hayate stava a Kiri, ma oltre quello il nulla più totale e date le condizioni precarie della donna era probabile che non poteva reggere chissà quali stress da pesanti interrogazioni mentali.
    Sospirò.

    Io non sarò ancora Hayate, ma tu sei ben lontana dal comprenderlo.

    Si alzò senza aggiungere altro e le si avvicinò e con gesti tranquilli, quasi gentili iniziò ad ispezionargli la testa alla ricerca di sigilli visibili tra i capelli, non sarebbe stata un operazione da poco ma aveva tempo a sufficienza per fare un lavoro certosino. Se non avesse scoperto alcun sigillo, verificatane già in precedenza l’assenza nel suo corpo denudato, si sarebbe allontanato verso la porta richiudendosela alle spalle una volta uscito. Camminò per il corridoio allontanandosi fino ad incontrare un secondo ninja, visto che il precedente era ancora a convocare l’Akimichi.

    Vai a convocare Shizuka Kobayashi, di che l’Hokage chiede di lei.
    E portami anche i fascicoli inerenti questa missione.
    E sii veloce come se avessi il fuoco alle calcagna.


    Gli porse il codice indicato sulla scheda della Yamanaka prima di lasciarlo andare.
    Quando la sua allieva, come gli piaceva ancora definirla, gli venne portata davanti l’avrebbe salutata con un gesto della mano.

    Buongiorno a te Shizuka.
    Abbiamo una situazione abbastanza scomoda da trattare e… indovina un po’?
    È il tuo turno, ma abbiamo a che fare con una Yamanaka, roba tosta, per cui sii prudente.
    Vieni qui, stiamo aspettando la compagna che l’accompagnava in missione quando ha tradito.
    Prima di farti intervenire seriamente vorrei che gli cancellassi la memoria degli ultimi eventi, giusto perché non si ricordi che gli ho già fatto visita.
    Son riuscito a farmi spifferare qualcosa ma… pft, quasi inutile.
    Vorrei continuare a parlargli nel tentativo di spiccicargli qualcosa di bocca senza maltrattarla troppo.
    Sedala momentaneamente, poi fai ciò che devi.


    Shizuka avrebbe notato come parte della foga del Colosso si fosse spenta, seppur ligio al suo dovere era percepibile che lavorare con un individuo ridotto in quelle condizioni non era facile quanto farlo con qualcuno che gli rendeva pan per focaccia, la triste, depressa arrendevolezza della traditrice l’aveva lievemente infiacchito.
     
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    TASK

    The price of success is hard work, dedication to the job at hand, and the determination that whether we win or lose,
    we have applied the best of ourselves to the task at hand.




    «Non ha capito niente, Signorina Kobayashi.»
      «Ah?! Guarda meglio, Shorinku, non vedi com'è tutto più chiaro?!»
    «Shorinku-SAN


    Silenzio.

    «Posso gentilmente sapere com'è riuscita a ottenere questo sigillo, Signorina Kobayashi?»
      «Sei stato tu a dirmi di studiare la composizione dei Fuuinjutsu di livello uno, mi sembra. Ecco qua, allora. Questo l'ho inventato io.»
    «Caotico.»
      «Caotico?!»


    Uno sguardo allibito.
    Uno fisso, composto, privo di inflessione.

    «Ma certo, Signorina Kobayashi, non vede? Se io aggiungo questa linea, in questo modo, cosa legge? Non pensa che il risultato sia completamente diverso da quello che desiderava ottenere?»
      «Oh dai, Shorinku-san, è un Fuuinjutsu di cura medica superiore. E basta. Hai disegnato una nuova linea? Divertente, davvero, ma anche se irroro di chakra sono sicura che–...»


    Un dito avvolto di blu elettrico che si posa su un foglio rettangolare di carta.
    Un'improvviso bagliore.
    Un'esplosione senza precedenti.

    «Ecco, come dicevo, Signorina Kobayashi, questo è ciò che chiamo “disordine mentale”. Quando io voglio ottenere un Fuuinjutsu, traccio quel Fuuinjutsu. Anche se altre persone cercheranno di modificarlo, non ci riusciranno. Quello è il mio Fuuinjutsu. Mio e di nessun altro.»

    Un sorriso a grate rette fortemente divertito. Forse. Difficile dirlo con certezza.
    Qualcuno che tossiva con violenza.
    Fili di fumo che si sollevavano da una figura nera, sporca di fuliggine.

    «I suoi Fuuinjutsu, invece, sono dettati dal caso, dal sentimento. Solo quelli che mi ha già mostrato, frutto di reali intenzioni, sono davvero validi. Ha molte idee in testa, Signorina Kobayashi, ma se crede che la sua intelligenza possa aiutarla ad evitare un rigido studio e tanta dedizione, si sbaglia di grosso. L'Hokage-sama l'ha affidata a me, e non intendo crescere una kunoichi senza sostanza... quindi, la prego, da capo: capitolo uno, paragrafo zero punto uno.»
      «“Composizione alfanumerica dei Fuuinjutsu di livello uno”....»


    Quando il ninja mandato da Raizen Ikigami fosse arrivato al campo addestramento numero otto, quello che si sarebbe ritrovato davanti l'avrebbe lasciato vagamente incerto: Shizuka Kobayashi –la famosa e ricca Principessa del Fuoco– sedeva a terra in ginocchio, nera da capo a piedi, con i capelli arricciati ed elettrizzati e i vestiti in parte carbonizzati. Stava ripetendo ad alta voce, paragrafo per paragrafo, linea per linea, qualcosa di estremamente incomprensibile, mentre al suo fianco un alto uomo vestito in hakama, con lunghissimi capelli biondi e una frangetta retta, sorrideva compiaciuto, annuendo a braccia conserte. Di tanto in tanto il tipo si schiariva la voce grossolanamente e la ragazza, lanciandogli uno sguardo di astio furioso, ricominciava da capo.
    Benché la situazione sembrasse profondamente sbagliata sotto diversi punti di vista, i due sembravano essere un discreto abbinamento, tanto che quando il ninja appena arrivato enunciò la richiesta dell'Hokage, si sentì quasi fuori luogo. Proprio come se avesse interrotto qualcosa di cui non avrebbe mai potuto far parte.
    «Subito?» Avrebbe chiesto Shizuka, fissandosi in uno specchietto che tolse da una sacca a tracolla di cuoio. Rabbrividì per l'immagine che questo le rimandò mentre l'altro annuiva, concitato.
    «Per la prossima volta fino a capitolo tre. A memoria, ovviamente.» Disse allora lo Yamanaka, sorridendo in quello che sembrava un leggero congedo.
    «MA LA PROSSIMA VOLTA E' DOMANI!» Ruggì la Chunin, trasalendo allibita. «CHI DIAVOLO MEMORIZZA TRE CAPITOLI COME QUELLI IN COSI' POCO TEMPO?!»
    «La notte è lunga, Signorina Kobayashi. E sono certa che per lei lo sarà anche di più.»
    Così dicendo, accennando ad un inchino con la testa, il Jonin girò sui tacchi, prese con noncuranza il taccuino degli appunti dell'allieva, e se ne andò lasciando questa ferma alle sue spalle, sbigottita.
    Solo quando fu molto lontano da lì parve decidersi, e togliendo il taccuino sottratto da una delle maniche del suo Hakama, lo distrusse dopo averlo sfogliato ancora una volta, in silenzio. Non era la prima volta che lo faceva, anzi, era un'azione ripetuta la sua. Continuava a distruggere i registri di appunti di quella ragazzina dal giorno del loro primo incontro... avvenuto tre settimane prima.
    «Mi chiedo se esaurirà mai tutto questo flusso di creazione...» Mormorò lo Yamanaka, grattandosi la testa. Poi svoltò un altro angolo, e sparì.

    […]



    «Nessun commento, Raizen.» Bofonchiò Shizuka fissando di sottecchi il Jinchuuriki. Benché si fosse pulita la pelle, pettinata e truccata da capo (grazie al kit salva-immagine che ogni donna aveva nella propria borsa dalla capienza spazio-dimensionale), la Chunin si presentava indubbiamente più disordinata del solito. I suoi vestiti, almeno, erano ancora fuligginosi e pieni di buchi, come se le fosse esplosa una cartabomba tra le mani. «Un piccolo incidente durante la lezione con Frangetta.» Spiegò, secca, prima che l'altro potesse irritarla con qualche presa di giro. «Comunque... in cosa posso aiutarti?»

    “Abbiamo una situazione abbastanza scomoda da trattare e… indovina un po’?
    È il tuo turno, ma abbiamo a che fare con una Yamanaka, roba tosta, per cui sii prudente.”



    «Ah.» Mormorò la ragazza, fissando il compagno per un istante. Shorinku le aveva detto che cosa rischiava infilandosi nella mente di uno del suo Clan. Aveva migliorato le sue abilità, era vero, ma la possibilità di contrastare psiche su psiche qualcuno che, come lei e forse meglio di lei, riusciva a manipolare il “sè” era una situazione sempre spinosa. Essere prudente spesso non bastava. «Spiegami un po' la situazione, credo che avrò bisogno di quante più informazioni possibili per non inciampare da qualche parte.» E così dicendo avrebbe attentamente ascoltato.

    “Prima di farti intervenire seriamente vorrei che gli cancellassi la memoria degli ultimi eventi, giusto perché non si ricordi che gli ho già fatto visita.
    Son riuscito a farmi spifferare qualcosa ma… pft, quasi inutile.
    Vorrei continuare a parlargli nel tentativo di spiccicargli qualcosa di bocca senza maltrattarla troppo.
    Sedala momentaneamente, poi fai ciò che devi.”



    Non sapeva precisamente quando Raizen l'avesse “promossa” al grado di interrogatrice di Konoha, ma era indubbio che ormai la chiamava sempre quando aveva una situazione come quella tra le mani. Non era la prima volta, e sapeva che non sarebbe stata l'ultima.
    Nel suo lavoro aveva visto ogni genere di persona e indagato nella mente di sempre diversi individui. Era affogata in psicologie interne gravemente claustrofobiche e in altre solo confuse, smarrite, o spaventate e ingenue. Forte di quell'inesperienza tipica di chi ancora ha molto da imparare, la Principessa del Fuoco era dunque sicura di aver visto la gran parte delle sfumature della psiche umana...
    ...ma quando entrò nella stanza dell'edificio di periferia in cui la donna che sarebbe stata la sua prossima accudita giaceva, non poté che sentire le parole morirle in bocca: completamente nuda, incatenata al muro con anelli che le bloccavano collo, mani e piedi, la Yamanaka traditrice pendeva, muta e ferma nella semi-oscurità, con gli arti dondolanti dal ferro della sua prigionia. Sembrava morta. O forse desiderava esserlo. Quando la Chunin incrociò il suo sguardo, infatti, ella le apparve per qualche motivo perfettamente lucida e anzi, quasi speranzosa. Bramosa. Pareva che aspettasse qualcosa, dalla nuova arrivata... ma qualunque cosa fosse, non era ciò che un essere umano normale avrebbe dovuto pretendere.
    Suo malgrado Shizuka fu colta da un brivido gelido lungo la schiena e ferma sull'uscio della porta impiegò qualche secondo prima di avanzare. Quando però ciò accadde il suo volto era pulito, quieto e in perfetto equilibrio. Niente sostava nelle pieghe del suo silenzio, nulla turbava le praterie dei suoi occhi.
    Era salda e indistruttibile, come acqua che scorre, vento che danza e fuoco che arde. Controllata. Forte.
    Ma era apparenza, e lei lo sapeva.
    Era conscia che avere a che fare con una Yamanaka avrebbe dovuto costringerla ad essere così anche “dentro” e fu dunque per questo motivo che, dopo un educato cenno del capo in direzione della carcerata, la Chunin si avvicinò al tavolo presente nella stanza e iniziò a togliersi di dosso la bisaccia e la borsa a tracolla che aveva portato con sé, con grande calma, curando ogni suo gesto nel minimo dettaglio. Per guadagnare tempo, ovviamente.
    Non aveva mai avuto a che fare con qualche tipo di fanatica religiosa o gli Dei solo sapevano cosa. Si era già scontrata con psicolabili di quel calibro –come dimenticare il suo amico del cuore, Jeral il Lavello Immortale? ♥–, ma non era la stessa cosa, a quanto pareva.
    Quella donna era oltre. Oltre qualsiasi cosa avesse mai affrontato.
    Aveva conosciuto i volti del male, fronteggiato l'oscurità, certo. Ma mai aveva visto quel tipo di devozione cieca. Sorda. Muta.
    Quel genere di fedeltà che nasce dalla follia di ritenere se stessi e il proprio Verbo l'unico valevole al mondo. In nome del quale uccidere. In nome del quale uccidersi.
    Deglutì, chiudendo gli occhi.
    «Farò ciò che mi hai detto.» Disse la Principessa, avvicinandosi a Raizen perché solo lui udisse. «Ma qualunque cosa farò dopo, avrò bisogno di dettagli. Mi hai già spiegato cosa è successo, ma ho bisogno di essere “dentro” il prospetto degli eventi. Perché quando sarò dentro il suo prospetto, io non possa perdermi. Non so cosa aspettarmi dalla mente di una Yamanaka, ma ricordo cosa ho passato con Pochi, e suppongo che stavolta possa essere solo peggio.» Lo chiamava ancora teneramente così, con amore. Non era il momento di ragionare sul fatto che quella donna avesse qualche problema con gli Otesi, ma il ragionamento sarebbe stato abbastanza intuitivo. «Voglio sapere tutto per filo e per segno. Se poi ritieni che non possa tenere questo genere di informazioni, estrapolerò la mia memoria e la impianterò in te, perché tu possa constatare che ho rimosso tutto. Sarò pulita, per allora. Ma fino a quel momento, ho bisogno di sapere.»
    Avrebbe aspettato di finire di discutere con il Jonin prima di portarsi di fronte alla traditrice. Non la conosceva, ma l'idea che un tempo avrebbe potuto chiamarla “compagna” o addirittura “amica”, le fece venire la nausea.
    «Buonasera.» Disse Shizuka, gentilmente, accennando ad un cenno con la testa. «Con permesso.» Si scusò poi, prima di prendere la testa alla Yamanaka e iniziare a ispezionare, millimetro per millimetro, tutto il suo cuoio capelluto. Di tanto in tanto irrorava un dito di chakra e lo passava tra i bei capelli della kunoichi, poi si ritirava e ricominciava da capo. Sapeva che Raizen aveva probabilmente già fatto quel tipo di operazione, ma Shorinku le aveva insegnato chiaramente che ciò che distingue le proprie valutazioni da quelle altrui, è che delle prime ci si può sempre fidare e accusare liberamente, ma delle altre, no. Per questa ragione avrebbe ripetuto da capo l'ispezione. Al termine della stessa, indipendentemente da ciò che avrebbe trovato, avrebbe cominciato anche a controllare tutto il corpo della donna, persino nei posti che un qualsiasi uomo avrebbe potuto trovare sconvolgente toccare o guardare.
    Senza vergogna, minuziosa e attenta, con gli occhi alla ricerca di ciò che pretendeva, Shizuka Kobayashi non avrebbe esitato a continuare il suo controllo. Solo alla fine dello stesso –che comprendeva uno scrupolo poro per poro di ogni palmo del corpo della traditrice– e solo qualora non avesse trovato niente a impedirle il suo lavoro, la Principessa si sarebbe riportata in eretta postura e avrebbe premuto due dita unite, indice e medio della destra, sulla carotide della donna, il tempo che sarebbe stato necessario affinché questa svenisse. Solo a quel punto avrebbe apposto le mani sulle tempie di lei.
    Si sarebbe mossa con calma e attenzione, soppesando ogni suo gesto. Attivando il chakra sulle mani, si assicurò che niente scattasse –le era già capitato che la testa di un avversario le scoppiasse addosso, non aveva nessuna voglia di veder accadere qualcosa di simile proprio in quel momento–, e solo dopo un istante avrebbe chiuso gli occhi. E sarebbe entrata.
    La mente della Yamanaka le apparve simile ad una distesa di rocce calcaree ricche di fiori marini in piena fioritura. I massi erano affondati in due braccia di melma verde e rossa, che però si vedeva a malapena sotto il mare in tempesta che violentava quegli scogli, furioso ma vivo e forte di qualcosa che assomigliava alla sicurezza perfetta, a quel genere di sentimento che nulla può scalfire. Era evidente che ci fosse qualcosa che permetteva a quella donna di credere che tutto era giusto. Tutto era logico. Che ciò che faceva, aveva una ragione suprema.
    Non era pentita. Non lo era mai stata e probabilmente non lo sarebbe stata mai. L'avrebbe piuttosto definita fiera, felice. Onorata.
    Se avesse dovuto fare un paragone avrebbe detto che quella persona camminava su una strada sterrata che non poteva che continuare a salire verso l'alto e che lei era sicura le avrebbe permesso, un giorno, di conoscere il "tutto". Ma cosa fosse quel tutto, Shizuka ebbe la netta sensazione che nemmeno lei lo sapesse.
    Alzando lo sguardo verso il cielo color dell'ocra tempestato di fulmini bianchi e rossi, la Chunin della Foglia si girò intorno prima di scendere nel flusso dei ricordi. Li vide, ma non li ascoltò, non li registrò né rubò. Ferma nel suo obiettivo, la giovane Shinobi cercò solo il ricordo che le interessava, quello che Raizen le aveva detto di togliere. Quando lo trovò provò dunque ad afferrarlo, stando ben attenta a che la Yamanaka non opponesse resistenza o qualcosa non scattasse inconsciamente, e con grande cautela tentò di toglierlo
    Solo qualora ci fosse riuscita, avrebbe subito interrotto il contatto mentale, e ritirandosi dal corpo della donna si sarebbe sbrigata ad imprimere il filo di chakra su un rettangolo di carta che si era preventivamente infilata in bocca. E che poi avrebbe incendiato, non lasciandone traccia.
    Da lì in poi sarebbe stata tabula rasa.
     
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    Un Gioco Intrigante

    Il lavoro di Shizuka Kobayashi era stato estremamente scrupoloso ma non aveva rilevato alcun genere di sigillo o trappola sul corpo stanco e provato della donna, che pure continuava a fissare la nuova arrivata senza dire una parola, mostrando una lucida volontà oltre il velo della spossatezza, quasi uno sguardo di sfida. Non era da sottovalutare, come già più volte la Kobayashi si era ripetuta mentalmente. La sua ispezione era quasi terminata, quando una voce femminile risuonò nella stanza...non era una comunicazione mentale, ma un suono reale, che arrivava alle sue spalle. Hai un modo un pò esuberante di presentarti...non so nemmeno il tuo nome e già allunghi le mani toccando dappertutto. Se non fossi così esausta sarei stata lusingata e forse avrei anche reagito in maniera più divertente...ma pazienza. [Metà riserva disponibile] Che Shizuka si voltasse o meno, l'ambiente sarebbe cambiato radicalmente, con una fluidità che aveva un qualcosa di innaturale.

    victorian-dining-room-minerva1



    Niente prigioniera legata, niente stanza cupa da interrogatori, niente odore di feci e sudore nè sguardi velati dal torpore. Solo una stanza elegante, apparecchiata per cena ma con pareti, pavimento e soffitto bianco, che levavano ogni percezione della profondità. Non stare a perdere tempo a capire quando esattamente ti ho trascinata qui nel mio Mondo Interiore...è bastato uno dei tanti contatti che hai avuto con me. Rischioso, rischioso, e dire che pensavo ti avessero informata. Ancora la voce, maliziosa e profonda, mentre una donna entrava nel campo visivo. La prigioniera appariva ben vestita e curata, ma era evidente quella stessa lucida follia nel profondo dei suoi occhi. (immagine di riferimento) Benvenuta nel mio mondo interiore. Io sono Hayate, anche se, molto tempo fa, avevo un nome diverso che credo tu conosca. Sedette. Posso sapere con chi ho l'onore di iniziare questo intrigante Gioco mentale? [Mondo Interiore]
    Mondo Interiore
    Villaggio: Esp Genjutsu
    Posizioni Magiche: Tocco (0)
    L'illusione si attiva se l'utilizzatore tocca la vittima. Entrambi si troveranno in un mondo mentale a scelta dell'utilizzatore dove potranno comunicare od interagire liberamente. Ogni round nel mondo interiore dura un secondo nel mondo reale. I danni subiti non influenzano il mondo reale ma morire o perdere i sensi nel mondo interiore spezza l'illusione. Alterazioni mentali od ipnotiche si trasmettono al mondo reale. Il chakra speso nel Mondo Interiore non conta ai fini della riserva di chakra reale, ma se si esaurisce la riserva, l'illusione si spezza e l'interessato è Affaticato ed Intorpidito
    Tipo: Genjutsu
    (Livello: ? / Consumo: Medio )
    [Da chunin in su]
    - [Dominio Interiore]
    Manipolazione Interiore
    Villaggio: Esp Genjutsu
    Posizioni Magiche: Sconosciute (0)
    L'utilizzatore può far apparire e muovere fino a 20 unità di materia ogni round nel mondo interiore. Ogni unità ha potenza 5 e ha statistiche pari alla Concentrazione dell'Utilizzatore
    Ogni apparizione o manipolazione richiede slot azione.

    Tipo: Genjutsu
    (Livello: ? / Consumo: Medio )
    [Da chunin in su]


    Vorrei spiegarti alcune regole, se gradisci. Sorrise. Oh, se vuoi posso far comparire del cibo di qualità, ho ancora un pò di spazio di manovra per modificare questo mondo. Vedi...qui siamo nella mia mente, e ciò che accade qua dentro non influenza il mondo esterno...anche il tempo scorre alla velocità del pensiero. Anche se nel mondo esterno mi stai toccando, devi toccare questa mia manifestazione psichica per attivare tecniche da contatto, ma vale lo stesso per me. Questo è un mondo a parte.

    Però possiamo sempre cavarcela a parole. Cosa ne dici? Una domanda io e una domanda tu, promettendoci di essere amiche e di essere sincere?
    Si sarebbe sporta in avanti, puntellandosi sul tavolo coi gomiti e poggiando entrambe le mani sotto il mento, deliziata quasi fosse un gatto in procinto di giocare col suo pasto. Sai, è un gioco che faccio da tanti, tanti anni. Non potevo farlo con quel bestione perchè ha la Volpe dentro...e quella creerebbe fin troppi problemi. Sono stata fortunata che abbia invitato una ragazza così disinibita per giocare con me...chissà che io non riesca a convincerti che la via di Hayate è gloriosa...e che sono stata io a sbagliare, non certo la mia organizzazione.

    [...]

    Nel mondo esterno Raizen aveva semplicemente visto Shizuka toccare la testa della prigioniera e poi fermarsi. Non poteva sapere che in quei pochi secondi era in atto un vero e proprio duello mentale e che anche separare le due non sarebbe servito a niente. Solo la volontà di Hayate o la sconfitta di una delle contendenti avrebbe potuto spezzare quell'illusione ideata appositamente per somministrare ed al contempo resistere agli interrogatori. Ma non sarebbe certo rimasto con le mani in mano, perchè nel mentre Ayame Akimichi era arrivata sul posto, nella stanza vicina.

    Chiedo scusa...mi avete mandato a chiamare? Io... Era una ragazza sovrappeso, decisamente "magra" per gli standard aburame, con spessi occhiali da vista ed una protesi al posto della gamba sinistra. Il tono di voce era basso, timido e indicativo di una persona estremamente riservata. Sono Ayame Akimichi e... Alzò lo sguardo, trovandosi faccia a faccia col massiccio leader di Konoha. Ho..Hokage-sama! Sbiancò, arretrando di qualche passo. Hokage-sama... Era arrossita...arrossita? Con una mano al petto distolse lo sguardo rapidamente. Cosa...cosa posso fare per voi Hokage-sama? Io sono solo una kunoichi di basso rango, ormai ritirata dalla vita ninja...

    Cercate forse... Arrossì ancora di più. ...compagnia? Era come se stesse sbuffando vapore da ogni poro, tanto era il mix di imbarazzo ed eccitazione per quell'incontro.

    Edited by Febh - 7/12/2015, 20:00
     
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    Pomodori







    All’arrivo dell’Akimichi Raizen restò lievemente stupito dalle sue reazioni, tanto che il suo sguardo fu costretto a vagare qualche istante per l’ambiente in cerca di risposte che non arrivarono.

    Cosa? Eh?
    Compagna?!?

    Vide nella ragazza quel genere di ansia distratta propria delle persone con la testa persa tra le nuvole, decise quindi di agire con un po’ di polso.
    Regolazione al minimo, poco impatto per non spaventarla…

    Dimmi te, sto pomodoro azzoppato proprio a me doveva capitare.

    Ma che stai farfugliando, kunoichi?
    Da quando in qua la mia vita privata è argomento di discussione, o ancor peggio motivo per usare le risorse del villaggio?
    Chiedi perdono e non farti cogliere di nuovo a commettere simili leggerezze, soprattutto sul mio conto!


    Mantenne la rigidezza fino a che le sue richieste non vennero assecondate e perdendone un po’ quando fosse successo, lasciandosi intenerire il viso mentre ne rilassava i muscoli.

    È il tuo passato che mi interessa.
    E mi dispiace doverlo rivangare poiché non è piacevole.
    Tieni, prendi questa cartella, capirai di cosa sto parlando.


    Porse la cartella col resoconto della missione alla corpulenta ninja, aspettando qualche sua reazione per meglio gestirne la personalità che pareva essere fin troppo singolare.
    Aspettò a braccia conserte che il cervello ripescasse le informazioni ormai vecchie.
     
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    CHESSBOARD

    All I want to do, ever, is play chess.



    Shorinku Yamanaka era il suo nuovo maestro.
    Dal giorno in cui si era ripresentata a lui, non molto tempo prima, facendo irruzione nei locali della Divisione Sigillatori di Konoha con un sorriso entusiasta e sottobraccio un registro di annotazioni Fuuinjutsu da far impallidire il migliore dei compagni del Jonin biondo, Shizuka aveva imparato moltissimo.
    Affamata e ingorda, la piccola Chunin aveva seguito l’uomo del Clan della Psiche ovunque, imparando senza sosta gli insegnamenti che lui le lasciava cadere di continuo, come briciole lasciate sul cammino di un passerotto implume.
    Il primo di questi, un po' scontato in verità, recitava quanto segue: “Guardati dai tuoi opponenti, ma ancor più dai tuoi alleati. Un amico può essere la peggiore delle sfide con cui scendere a patti.”

    Immaginò di dover applicare quel principio anche ad un traditore del suo Villaggio.

    «Sono una persona che apprezza la sincerità al primo incontro, ecco il perché del mio comportamento.»
    Shizuka Kobayashi sorrise con educazione, in quel modo splendido che contraddistingueva il suo carattere sfaccettato e incomprensibile. Attorno a lei, intanto, la psiche della sua opponente mutava rapidamente, e come un pennello adagiato su di una tela bagnata, allargava la macchia del suo colore in modo inaspettato, ricreando realtà, conoscenze, e probabilmente anche priorità.

    “Non stare a perdere tempo a capire quando esattamente ti ho trascinata qui nel mio Mondo Interiore...è bastato uno dei tanti contatti che hai avuto con me. Rischioso, rischioso, e dire che pensavo ti avessero informata.”



    Nessuno avrebbe potuto informarla, e questo perché nessuno poteva aspettarsi una facoltà come quella.
    Per quanto folle potesse essere, il primo pensiero della Principessa della Foglia –mentre i suoi occhi verdi ammiravano, senza preoccuparsi di nasconderlo, lo spettacolo di quella ricostruzione mentale di gran lunga superiore a qualsiasi altra da lei mai fatta– fu: “strepitoso”. E lo era davvero.
    Quella non era una semplice manipolazione. Non era niente di simile a quello che lo stesso Shorinku le aveva inflitto, capovolgendo il suo spirito un numero tale di volte da farla vomitare persino il sangue che la sua bocca ancora peccava di tenere per sé.
    Niente di simile. Già. Ed era strepitoso per quello.

    Come ogni creatrice che si rispettasse, Shizuka Kobayashi aveva un enorme rispetto per doti pari o superiori alle sue. E come ogni Ombra che si temesse, non esitava a pretendere di avere di più.

    «Il mio nome è Hannya, benché molto tempo fa anche io abbia avuto un diverso nome. Ma non è uso di chi Crea e Distrugge avere reminescenze del passato, dico bene?» Rispose la Principessa, sorridendo.
    Hannya, la maschera della Gelosia femminile sotto forma di Demone. Si diceva in grado di manipolare il prossimo e infiltrarsi nella mente altrui per bisbigliare la follia.
    Sembrava che, nonostante la situazione, la Chunin dell’Airone non avesse ancora perduto la sua innata capacità di ironizzare sui piatti del destino. Scostando educatamente la sedia frontale e opposta rispetto a quella della sua nuova compagna di giochi, anche lei sedette. Ma solo dopo un altrettanto posato inchino.
    «Si dice che la mente sia il più cristallino specchio della vera essenza di una persona.» Cominciò a dire la ragazza, sorridendo nel reclinare leggermente la testa di lato. «Ma per chi come noi vede oltre quello specchio, immagino che giudicare dalle apparenze non sia sufficiente.» Hayate avrebbe presto capito che una cosa molto irritante della sua interlocutrice era la sua capacità di sembrar citare proverbi anche quando non lo faceva. Con tutte le conseguenze del caso. «Una trattativa è piacevole laddove la si intraprende con tranquillità. Mangiamo, Hayate-sama. Mi affido a voi sulla scelta del menù.» Anche perché aveva idea di non poter fare altrimenti.
    O forse no?
    Ferma al suo posto, Shizuka Kobayashi accavallò lentamente le gambe intrecciando con eleganza le dita delle mani, e a quel punto, ancora una volta, sorrise. I suoi profondi occhi verdi erano fermi in quelli folli della sua ben educata opponente, ma seguivano con garbo ogni mutamento ed evoluzione della faccenda con quell’eleganza tipica della serpe che pur scivolando su un terreno impervio preserva il coordinamento di ogni sua spira.
    Era uno scontro tra Regine, quello. Non c’era più spazio per nessuna Principessa, ormai.
    «Una domanda io e una voi, Hayate-sama.» Socchiuse gli occhi, e anche nei suoi qualcosa brillò. Ma non era follia, né cecità. Era fame. Una fame prepotente. E agghiacciante. «Sono certa che entrambe troveremo tutta questa faccenda “gloriosa” sotto molti aspetti.» E reclinando la testa di lato, aggiunse: «Vino rosso, spero bene.»

    Avevano appena iniziato a giocare.
    E pareva che lei preferisse, per qualche ragione, lasciare la prima mossa all'avversaria.

     
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    La Prima Mossa

    Il migliore vino del mondo. Quello delle cantine Budou, nel cuore del Paese dell'Erba. Disse mentre il pregiato calice compariva come per magia nelle sue mani e davanti a Shizuka. Il sapore, l'aroma ed ogni altro aspetto erano assolutamente identici alla controparte del mondo reale. Per il menù invece pensavo di ispirarmi ad un delizioso ristorante che ho provato vicino ad Iwagakure. A dispetto del nome inelegante...Buta no Shinzo, devo ammettere che il cibo era di prima classe. Spiegò mentre ogni ben di dio veniva dipinto dall'aria stessa su quella tavola apparecchiata. Hannya. Nome simbolico, immagino, ma mi chiedo se la gelosia, la vendetta e l'invidia ti caratterizzino fino al punto da scegliere un simile titolo. Non è la sensazione che mi trasmetti, se devo essere onesta. Bevve un piccolo sorso dal suo calice, assaporando quel vino quasi fossero le labbra di un suo amante. Eccellente. Come sempre.

    Passò quindi agli affari. In questo momento il mio aspetto nel mondo reale è decisamente sgradevole, sono assai dispiaciuta di offrire un simile spettacolo, ma non ho altra scelta, immagino. Posò il vino, mentre con un gesto appena abbozzato fece spostare un piccolo crostino dal vassoio al suo piatto. Mousse di cipolla rossa e pistacchi. Alimenti semplici, contadini, elevati all'apice dell'arte culinaria, tanto che il sapore non persiste nemmeno nella bocca, sporcandone il profumo. Spiegò prima di assaggiare, con un mugolìo di piacere. Naturalmente nulla di tutto ciò potrà mai riempire realmente lo stomaco, ma qui dentro si può essere sazi mentre il corpo deperisce. E qui veniamo alla mia richiesta. Io vorrei che tu mi uccidessi. Certo, l'apice del mio desiderio sarebbe farti comprendere la luce di Hayate in modo che tu possa aiutarmi a scappare, ma suppongo che questo sia oltre le tue intenzioni.

    Si diceva una domanda alla volta, no? Ottimo. Io ti ho rivelato cosa desidero di più in questo momento. Tu invece, che cosa desideri oltre ogni cosa? Hayate forse potrebbe offrirtelo. Sollevò un dito. Voglio premettere che Hayate non ha nulla contro Konoha o l'Accademia...l'attentato è stato un mio errore di valutazione, e nulla di più...non c'è contraddizione tra servire Hayate e l'Accademia, fintanto che questa non è di ostacolo. Quindi ripeto la mia domanda: cosa desideri? Sii pure sincera...sono abile a cogliere le menzogne, e comunque non hai nulla da guadagnare dal mentirmi. Sorrise, infida come un serpente. Dopotutto quella incatenata sono io, no?

    [...]



    Improvvisamente imporporata, ancor più di prima, Ayame Akimichi portò le mani alla bocca chinandosi per chiedere perdono. Ho-hokage-sama mi dispiace, non volevo offenderla, mi dispiace, mi dispiace... Iniziò a singhiozzare, sopraffatta dalla vergogna. Io non pensavo...le voci che girano...mi dispiace tantissimo sono solo una sciocca ignorante, mi dispiace, mi dispiace. Ci sarebbe voluto qualche minuto di lacrime e tremore prima che la ragazza paffuta fosse anche solo minimamente utile. Avete...sniff..un fazzoletto, Hokage-sama? Avrebbe chiesto per asciugare le lacrime ed il naso colante, per poi tenderlo a Raizen con la destra.

    Sniff..sniff...il mio passato? Io sono solo...un pesce piccolo. Ho fatto poche missioni ed in quasi tutte facevo da palo od avevo ruoli secondari, Hokage--sama. Sniff...non so in che modo potrei essere utile... Prese comunque la cartella, cominciando a leggere. L'attentato di qualche settimana fa? Chiese alzando gli occhi sul Kage neoeletto, prima di tornare a leggere. La sua espressione si faceva sempre più indignata man mano che andava avanti, spazzando via le lacrime e l'imbarazzo che aveva mostrato fino a quel momento. E'...E' VIVA? Sollevò lo sguardo, con occhi iniettati di sangue. E' solo colpa sua se ho perso una gamba e l'udito ad un orecchio. SOLO COLPA SUA SE NON MI SPOSERO MAI! Si guardò intorno. La avete presa? Dove si trova? Voglio sputarle in faccia a quella...quella STREGA!

    Se avesse chiesto della missione nel paese del The dove "Hayate" era scomparsa, la Kunoichi non avrebbe avuto problemi a spiegare tutto. Per tutta la missione non ha fatto altro che sottovalutare il pericolo anche se io e mio fratello Hirohiko le dicevamo di fare attenzione, ma lei diceva di avere tutti i nukenin sotto controllo co suo jutsu. Sotto controllo UN CORNO! Due di quelli hanno fatto non so quale jutsu e siamo tutti finiti in fiamme! L'intera villa è saltata per aria! Nessuno ha trovato il corpo ma ho sempre sperato che fosse morta. MORTA! Ma se è viva allora non è stata solo un'incompetente...era in combutta con loro! Battè la sinistra sul tavolo. La prego, voglio vederla!
     
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    Timidezza sovrappeso







    L’hokage sospirò a vedere le reazioni dell’Akimichi, inquadrandola come una di quelle persone eccessivamente emotive e ampliamente “spaccamaroni” che ogni tanto nella vita il karma gli accollava addosso.

    Voci che girano?
    E chi le farebbe girare?


    Chiese socchiudendo gli occhi, intenzionato, dopo aver saputo il suo nome a salire fino all’origine di quella voce e fare la pelle al chiacchierone, seppur in un momento più propizio. Si poteva vedere senza troppo impegno una venatura di rabbia nei suoi occhi.

    Già, proprio così, viva e vegeta.
    E si, potrai vederla anche se al momento è sola con l’interrogatrice.


    Avrebbe concesso a farla vedere all’Akimichi solamente se questa si fosse allarmata per qualche ragione, in caso contrario avrebbe continuato con delle domande.

    Sai dirmi qualcosa sulle sue abilità oltre le informazioni che posso trovare in quella cartella?
    Magari se è in qualche modo in grado di evitare di farsi interrogare mentalmente o evitare le domande.


    Attese la risposta a quella domanda prima di porne delle nuove.

    E spiegami un po’ meglio chi erano quei tizi, o se, non so, gli hanno detto qualcosa di fronte a voi per convincerla. Da ciò che ho compreso un tempo era comunque una ninja fedele al villaggio, come ha fatto a diventare ciò che è adesso?
    Non so da quanto non la vedi, ma al momento è un invasata fissata con un certo Hayate che venera come un dio.


    Fece una faccia sconcertata arretrando lievemente il capo.

    Ho dovuto quasi farla quasi secca per convincerla ad arrendersi, persino dopo che avevamo fatto la festa a tutti i suoi sottoposti.
    Insomma, dimmi di più su di lei, devo riuscire ad aprirgli il cranio ed estrarre quello che mi serve.


    Concluse attendendo risposte.
     
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