Master and Commander

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  1. Creel
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    L'uomo mi condusse lontano dai miei compagni, fuori dal capannone nel quale avevano discusso fin'ora. Torreggiante sopra di me, taciturno, non aveva proprio l'atteggiamento che mi aspettavo da un marinaio; mi aspettavo qualche consiglio, qualche dritta, nulla arrivò in mio aiuto. Mi porse semplicemente dei fogli sui quali avrei dovuto far firmare gli uomini.
    Ero solo, il Mikawa mi riteneva in grado di svolgere il compito affidatomi, ma non aveva idea di quanto si sbagliasse; io, piccola pedina in questo enorme piano, potevo essere quel minuscolo mattoncino alla base che avrebbe fatto crollare tutto, potevo solo immaginare quale sarebbe stato il mio destino.
    Camminammo per qualche minuto nel piccolo villaggio. Forse l'aria salmastra, o forse il vociare delle persone mi aiutarono a calmarmi leggermente, no ero più un uomo coinvolto in un complotto, ero un minuscolo essere in un mondo immenso, a niente e nessuno importava di me, ero una persona in mezzo alle persone. Trassi un lungo sospiro e chiusi gli occhi per qualche secondo, per assaporare la situazione, farmi pervadere il più possibile dalla tranquillità di quel posto, come cercando di trattenerla per quando ne avessi avuto bisogno.
    Il mio accompagnatore mi lanciò un'occhiata, forse preoccupato dal mio comportamento, ma evitò commenti.
    Giunti davanti alla locanda tutta la tranquillità che ritenevo aver stipato dentro di me scomparve, come evaporata dai pori della mia pelle. Il semplice vociare proveniente dall'interno mi fece rabbrividire, l'idea che da qui a poco sarei stato al centro dell'attenzione rischiava seriamente di uccidermi.
    Senza perdere tempo l'uomo spinse la porta e mi accompagnò dentro, facendomi sedere dietro un banchetto, probabilmente preparato per l'occasione.
    Davanti a me era già raggruppato un ingente numero di persone, più o meno ubriache, ma tutte dall'aspetto di uomini vissuti. Il Kyari richiamò rapidamente la loro attenzione, quindi il primo della fila si avvicinò di qualche passo.

    Kamura. Cuoco.

    Questo era facile. L'uomo sembrava sapere il fatto suo, indossava addirittura un grembiule macchiato di cibo.
    Nonostante fossi un fascio di nervi, il cuore che batteva all'impazzata, fui in grado di fare un semplice cenno di assenso con la testa e indicai il foglio e la penna. L'uomo firmò senza porre alcuna domanda su paga o che tipo di lavoro fosse.
    E uno era andato.

    Io leggo il vento. Mi occupo di tutto ciò che riguarda le vele, dalle corde usate per ammainarle alla previsione di temporali.

    Stessa prassi, un lieve cenno del campo e due firme erano già sul foglio.

    Io ho fatto il mozzo su alcune navi, non sono molto pratico con vele e timoni, ma se c'è un ponte da lavare, sono l'uomo che fa per voi.

    Sembrava effettivamente aver trascorso molto tempo a lavorare sotto il sole e le sue braccia muscolose erano una garanzia. Nessuna domanda, nessun dubbio, e tre firme erano sul foglio.

    Buuonass...svego da...piccolo...Nebbia. So ..lav..are pavime...nti

    Quando tutto sembrava andare per il meglio, ecco il primo problema. Davanti a me apparve un uomo piuttosto malandato, coperto più da stracci che da veri vestiti. I suoi denti si potevano contare sulle dita di una mano e il fetore del suo alito mi raggiunse a un metro di distanza. Mi feci forza e provai a rispondergli.

    Ehm... Mi dispiace ma... Mmm... Non, non abbiamo bisogno di... Eh... Dei suoi... Di lei...

    La mia frase sembrò rompere quella sorta di velo che aveva avvolto tutto. Le voci di tutti i presenti mi sembrarono più forti di prima, mi accorsi che molti dei loro sguardi erano rivolti verso d me. Poter accettare tutti passivamente mi aveva permesso di estraniarmi dal mio compito, di comportarmi quasi come un automa, come se fossi solo uno spettatore. Adesso ero entrato anche io in gioco. L'uomo mi fissò qualche secondo, come se non avesse capito bene la mia frase, quindi coprì lentamente la breve distanza che ci separava. Nel frattempo la mia faccia era molto impegnata ad assumere tutte le tonalità di rosso possibili.

    Ashcoltami bene bambino... Io... Tu... Chi sei tu per dirmi che non posso salire sulla nave EH!

    Sbattè entrambi i pugni sul tavolo e portò la sua faccia a pochi centimetri dalla mia. Potevo vedere i suoi occhi lucidi a causa dell'alcol e sentire il suo respiro sulla mia faccia. Mi allontanai di qualche centimetro e mi guardai intorno, in cerca di aiuto. L'uomo che mi aveva accompagnato sembrava avermi abbandonato.

    Ehm... Io... Non so cosa dirle... Mi dispiace...

    TI DISPIACE? Adesso ti do qualcosa di cui dispiacerti

    L'uomo alzò entrambe le braccia dal banchetto e provò a sferrarmi un pugno in piena faccia con il braccio destro. Parlare non era il mio forte, ma questo era tutt'altra cosa. Spostai leggermente la faccia a sinistra e lasciai che il pugno mi sfiorasse lo zigomo, mi alzai quindi di scatto dalla sedia e, approfittando dello sbilanciamento causato dal pugno, afferrai i suoi capelli con la mano destra e schiantai la sua testa sul banchetto che cedette sfasciandosi sotto di lui.
    Per qualche secondo tutto sembrò fermarsi, gli occhi di decine di uomini erano puntati su di me, stupiti. Solo adesso mi rendevo conto di quanto potesse essere strano per degli uomini vissuti essere giudicati da qualcuno che sembrava un bambino. Era pazzesco che i primi tre uomini non si fossero fatti alcun problema.
    Spostai lo sguardo dalla folla all'uomo svenuto, la piccola dose di adrenalina che rapidamente lasciava il mio corpo, lasciando solamente spazio alla vergogna. Nessuno sembrava venire in mio aiuto. Non mi ero fatto prendere dal panico fin'ora, non avrei certo ceduto adesso. Decisamente non in grado di gestire una situazione del genere, mi limitai semplicemente ad ignorare l'accaduto. Notai una cassapanca rovesciata a lato della stanza.

    Ehm... Possiamo... Possiamo spostarci li...

    Non ero sicuro di aver parlato molto forte e con convinzione, ma almeno ci avevo provato.
    Raccolsi i fogli e la penna in mezzo a quello che rimaneva del povero banchetto, quindi mi feci strada tra gli uomini e mi posizionai dietro la cassapanca. Dopo pochi secondi si avvicinò un uomo con una scimmietta sulla spalla.

    Lui è Koko, la mia scimmietta. Facciamo qualunque cosa... so anche suonare.

    Una semplice occhiata era sufficiente a intuire che non avesse mai lavorato un giorno della sua vita, la sua pelle, seppur sporca, sembrava non aver mai vissuto delle intemperie e la mano con cui accarezzava la scimmietta sembrava non aver mai afferrato uno strumento da lavoro.

    Ehm... Scusi ma... Non stiamo cercando questo tipo di abilità...

    Lo sguardo dell'uomo si inasprì leggermente e aprì la bocca, come per controbattere, i suoi occhi però lo tradirono, scattando per una frazione di secondo verso l'ubriacone che in questo momento stava venendo portato via a braccia da due uomini. Chiuse nuovamente le labbra, quindi senza nessun cenno si allontanò.

    Ehm... Possiamo continuare...
     
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16 replies since 24/9/2015, 22:51   252 views
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