La Foglia e la Serpe

[Corso Base per Hiro Abe]

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  1. Mberu?
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    Una gitarella

    Tra le serpi




    C’erano poche cose che lo tranquillizzavano nel profondo.
    Una di queste era il ritmo dei passi della madre mentre saliva le scale per giungere in camera sua, seguita dal bacio del “buongiorno” e dal qualche dolce parola per iniziare al meglio la giornata.
    Ma quella non era una giornata come le altre, contraddistinta dalla solita routine che il giovane Hiro portava avanti tutti i giorni.
    Pur essendosi coricato tardi la sera, all’alba era già sveglio, con i crampi allo stomaco e mille domande in testa.
    In questi casi le medicine sono poche, a quasi nulla serve la razionalità, a tanto serve l’affetto materno.

    <<buongiorno tesoro>>

    Bacio in fronte seguito da mugolii di chi si è appena svegliato.
    Ormai era diventato bravo a fingere di dormire, i mugolii erano pressoché identici, così come era identico il respiro pesante. Non come quando era bambino, che si fingeva dormiente per farsi trasportare dalla zona giorno alla sua stanzetta.
    Lo scopo di far finta di dormire? No la madre gli avrebbe dato il buongiorno ugualmente.
    Semplicemente non voleva farla preoccupare. Onodera, questo era il nome della madre di Hiro, lavorava nell’onsen del villaggio. Un lavoro faticoso, lungo e non retribuito benissimo. Ma era il meglio che fosse stata in grado di trovare dopo l’incidente. Così facendo si era ritrovata sempre indaffarata fra lavoro e gestione della casa. Hiro certo non voleva essere un peso in più, anche per questo mirava a diventare un abile shinobi in grado di riscuotere le taglie dei più pericolosi mukenin.

    <<oggi è proprio una splendida giornata per compiere una gitarella a Oto. Sono sicuro che andrà tutto benissimo. Inoltre quando tornerai, troverai il sukiyaki ad aspettarti!>>

    Mentre cercava di incoraggiare il giovane studente, Onodera aprì le finestre per far cambiare l’aria che aveva ristagnato dentro la camera per tutta la nottata.
    Le parole della madre, per quanto banali potessero sembrare avevano avuto un buon effetto su Hiro, il quale dopo aver sentito della pietanza che l’avrebbe aspettato al suo ritorno si era messo seduto sul letto.

    <<beh allora se è così farò finta di andare ad Oto per poi tornare il più presto possibile qui!>>

    <<se ti piace così tanto posso impegnarmi a cucinartelo tutti i giorni, così finirai per per essere uguale al tuo compagno del clan Akimichi>>

    Dopo quello scambio di battute entrambi scoppiarono a ridere. Onodoera si sedette sul letto per baciare nuovamente il figlio, infine, uscì dalla stanza.

    <<ci vediamo presto Hiro>>

    Ora che la madre se n’era andata le preoccupazioni erano tornate e neanche il pensiero del sukyaki non gli riusciva a stimolare l’appetito. Il mettersi in moto spesso però lo aiutava nel non focalizzarsi troppo sulle cose negative e andare avanti con la propria tabella di marcia.
    Motivo per cui inizio a prepararsi.
    Dopo aver compiuto tutto il necessario scese al piano inferiore dell’abitazione, per trovare la nonna in cucina, con la sua felpa viola preferita fra le mani, intenta a cucirci sopra lo stemma della loro famiglia. Una goccia stilizzata con un pallino al centro.

    <<buongiorno Hiro, nottata difficile eh? Immagino sia inutile chiederti di mangiare qualcosa per colazione>>

    Disse l’anziana signora, staccando lo sguardo dal lavoro e rivolgendolo al nipote.

    <<eheheh, ancora non capisco perché voi vecchietti fate a dormire così poco! Comunque no nonna, grazie ma preferisco conservare più spazio possibile per il sukiyaki!>>

    <<beh almeno prendi il bento che ti ho preparato per il viaggio. Se proprio non lo vuoi puoi cercare di distrarre qualche bestia selvatica che ti attaccherà durante il viaggio>>

    La nonnina non aveva un’espressività che coinvolgeva molto il corpo, anche se non sentiva la necessità di dormire si affaticava facilmente, motivo per cui non gesticolava più tanto per come faceva da più giovane. In compenso aveva guadagnato un sorriso ancora più bello da quando la pelle aveva iniziato ad essere meno tesa e piena di rughe.
    Anche Hiro rise, non tanto per l’effettiva validità della battuta quanto per il fatto di vedere la nonna capace di gioire in quel modo nonostante la sua lunga e spesso non felice vita.
    Quindi prese il bento e la felpa appena arricchita dal nuovo particolare, salutò la vecchina ed uscì.
    A Konoha il tempo era mite, sferzato solamente da un leggero venticello.
    Gli piaceva proprio quel villaggio, era un peccato dover andare a terminare i suoi studi altrove, per di più ad Oto, del quale sapeva poco e nulla. Tutti più o meno sapevano che il paese delle risaie era ricco di verde e che il suo principale villaggio era stato costruito da alcuni criminali. Motivo per cui nella sua testa lo immaginava come un posto rurale, poco organizzato e provinciale.
    Inizialmente non trovo molti lati positivi in quello che stava per compiere, ma sforzandosi un poco si era convinto che per uno shinobi era buono avere conoscenze in altri villaggi, a maggior ragione a seguito delle recenti politiche riguardanti l’accademia.
    In più Hiro non era mai uscito dalla nazione del fuoco, vedere nuovi stili di vita lo avrebbe sicuramente influenzato positivamente e magari avrebbe scoperto nuove piacevoli cose di cui prima ignorava l’esistenza.
    Tutte queste ragioni, insieme ad altre, si ripetevano nella sua testa nella speranza i tenere lontani i timori.
    Fallire, del resto, era una cosa fattibilissima, ancor di più se non si conoscevano i modi e metodi delle persone con cui si aveva a che fare.
    Il viaggio però gli piacque, anche se venne colto da un leggero acquazzone, vide moltissime cose che attirarono la sua attenzione. Le tipologie di albero erano diverse, anche alcuni tipi di pesci che nuotavano fra le acque limpide dei ruscelli gli erano sconosciuti. Spesso attraverso distese infinite dei campi, in cui trovò dei contadini che, talvolta scorbutici, talvolta amichevoli, gli indicarono la strada.
    L’ansia però torno quando vide per la prima volta la collina, sulla quale si ergevano delle alte mura, con una sola entrata a dare il benvenuto.
    Con passi sempre più pesanti raggiunse l’entrata sud di Oto e dopo essersi qualificato come uno studente atteso all’accademia venne scortato dentro da una guardia.
    Durante il tragitto verso l’accademia ebbe modo di osservare il villaggio cardine del paese delle risaie, rendendosi conto che era completamente diverso da com’era se l’era aspettato.
    Oto, infatti, non aveva nulla di rurale o male organizzato, anzi. Tutto era molto in ordine, le strade era ben organizzate e più si addentrava nel cuore della città più Hiro ebbe l’impressione di passare in zone di maggiore importanza.
    Tutto ciò fece impensierire nuovamente l’aspirante shinobi. Il rigido rispetto delle regole e dei canoni sembrava ben impiantato nello stile di vita della popolazione di quel villaggio e questo abbassava le probabilità di avere un sensei umano e comprensivo.
    Finalmente venne lasciato dalla guardia all’entrata dell’accademia, la quale risultava brulicante di di ragazzi e ragazze di ogni età che se le davano di santa ragione o che assistevano, diligenti, a delle lezioni teoriche.
    Seguendo le indicazioni fornitegli, salì lungo degli scalini e si diresse verso la parte più interna dell’edificio.
    Hiro arrivò quindi in uno spazio tutto attorniato dal colonnato rosso vermiglio che caratterizzava l’intera struttura. Appoggiata su quelle colonne vi era l’unica altra persona oltre ad Hiro, una ragazza il cui aspetto, fra vestiti e chioma, era caratterizzato dal colore nero. Nero però non era il suo sorriso, che rivolse ad Hiro una volta accortasi della sua presenza. Era sicuramente la sua sensei.
    Lo studente quindi rivolse a sua volta un sorriso con le labbra e inclinò leggermente la testa verso il basso in senso di saluto.
    Entrambi quindi si avvicinarono l’un l’altro. Una volta vicini Hiro si accorse che era molto più alta di lui, era ben sviluppata e all’apparenza, abbastanza sicura di se. In definitiva, per il ragazzo di Konoha, la sua sensei avrebbe potuto avere intorno ai vent’anni di età.
    Da superiore, fu lei a prendere l’iniziativa, porgendogli la mano. Hiro quindi allungando leggermente il passo finì di percorrere il tratto che li divideva e le strinse la mano, cercando di imprimere nella stretta una sicurezza che in fondo non aveva.
    Lei prese subito la parola e si presentò come Nakora. Accompagnandosi con frequenti cambi di posizione e con un alito dall’odore in solito, la sensei del villaggio del suono spiego grosso modo quali sarebbero stati i suoi doveri da genin, aggiungendo altre frasi della tipica retorica da accademia e del mondo degli shinobi in generale. Pur non essendo nuovo a questo tipo di discorsi Hiro prestò attenzione come se gli stesse venendo rivelato il segreto per vivere una vita felice, non mollando mai lo sguardo di Nakora.
    La ragazza dai capelli corvini passò quindi la parola allo studente, chiedendogli di presentarsi brevemente.
    Trovandosi a parlare, il ragazzo si irrigidì leggermente, pur mantenendo lo sguardo e le braccia lungo il busto con fare quasi militare.

    <<il mio nome, come sicuramente saprà è Hiro Abe. Come ha ben detto sono uno studente del villaggio della foglia. Spero di essere il primo shinobi della mia famiglia. Ho fatto questa scelta di vita non comune alle mie tradizioni poiché sono sempre stato educato dalla mia famiglia a lavorare per la famiglia e per la società. Motivo per cui credo che la carriera da shinobi sia la scelta migliore per chi vuole proteggere la propria famiglia e al contempo i propri concittadini.>>

    Finito il suo breve discorso si rese conto che, pur avendo parlato a velocità normale o così almeno gli parve, non aveva quasi del tutto respirato. Non volendo farsi vedere boccheggiare controllò il respiro attraverso il naso, espirando ed inspirando più profondamente del solito se pur non in maniera evidente.



     
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