Vecchio Covo della Radice

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  1. Jotaro Jaku
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    Vecchio Covo della Radice



    Un tempo, prima della fondazione dell'Accademia ninja, il grande albero della foglia era tenuto in piedi da una forte e sicura radice; sia nell'immaginario collettivo, sia di fatto, all'interno del villaggio stesso. Questa organizzazione garantiva la protezione del villaggio, sia dalle minacce interne, che da quelle esterne. A seguito di eventi sconosciuti a molti, questa organizzazione andò rapidamente in rovina a causa della scomparsa dei capi, e del grave danneggiamento del villaggio della foglia. Questi eventi, uniti alla divulgazione di alcuni metodi poco ortodossi del gruppo verso i prigionieri e i condannati, portarono i ninja delle nuove generazioni ad allontanarsi dal concetto di squadra come inteso dalla Radice, e negli anni, anche i pochi rimasti appartenenti al gruppo scomparvero, o ne abbandonarono le vestigia. Ad oggi, 25 anni dopo la fondazione dell'Accademia, quello che era un tempo il quartier generale dove i membri tenevano i loro incontri, risulta abbandonato, o almeno così pare. Un tempo luogo di culto della religione shintoista, il palazzo della radice si trova inglobato nella zona semiperiferica della città, ma sempre dentro le mura. E' situato tra negozi, uffici amministrativi, e magazzini. La porta, raggiungibile unicamente da una sorta di passerella situata dietro dei capannoni e non visibile dalla strada, è in realtà una sorta di piccolo corridoio per non dare nell'occhio; in mezzo ai passaggi tra le varie botteghe artigiane della foglia, si trova una sorta di costruzione verticale, comprensiva di cellette per i membri che si riposavano tra un incarico e l'altro, stanze adibite all'immagazzinamento coatto, e, scendendo nel sottosuolo, si snodano alcune sale utilizzate al tempo, per la tortura, gli incontri segreti, e l'estrazione di materiale dai corpi delle vittime del gruppo, ritenuto interessante e di pregio per il villaggio.
    La zona vuota in mezzo al "pozzo" della sorta di grattacielo, presentava alcune colonne, collegate da svariate passerelle sulle quali si accumulava l'acqua nei giorni di pioggia. La struttura non presenta tetto, la pioggia cade fino ai livelli più bassi, questa forma fu scelta per permettere ai membri di entrare in azione il più velocemente possibile, una volta fuori dalla camera/celletta, il ninja con un paio di balzi si trovava già fuori, nella direzione interessata, per agire nel villaggio dove fosse necessario, nel minor tempo possibile.

    Entrando dalla porta/corridoio, è possibile salire tra le cellette, tramite una scala che circoscrive il confine del palazzo in maniera circolare, oppure scendere verso il basso, anche se l'incuria e l'abbandono, unito al vandalismo, e alla volontà degli ultimi membri di tenere sigillato quel luogo, hanno causato dei crolli, rendendo quasi impossibile l'accesso alle aree interrate a qualunque sprovveduto della zona in cerca di un tetto contro le intemperie.
    A seguito dell'abbandono della struttura, gli ultimi membri del gruppo si sono assicurati di far sparire ogni prova, bruciare ogni documento, e saccheggiare ogni piccolo oggetto potesse essere finito in mani sconsiderate. Al momento restano solo il ferro, il cemento, e un'eco di ricordi lontani, dimenticati dal tempo.
    Proprio davanti all'entrata di quel luogo, dopo decenni dal suo ultimo utilizzo ufficiale, o ufficioso, si stagliava una donna incappucciata, molto in tono con l'edificio dove si trovava.
    Donna che non aveva la minima idea del perchè si trovasse lì; semplicemente un messaggio in codice proveniente direttamente dall'ufficio del Decimo che le ordinava di recarsi immediatamente in quella zona del villaggio, equipaggiata di tutto.
    Quando Oboro venne al mondo, la Radice era sparita ormai da un decennio, o forse due, chi può dirlo, e lei non aveva sentito che storie sulla questione, relativamente poche oltretutto; non aveva quindi la minima idea, di cosa ci facesse in quel posto, e come mai fosse così importante per il decimo, da trascinarla lì sottraendola ai suoi studi.
    Attese, infagottata nel suo mantello, dietro alla sua maschera ocra, in mezzo ad un'incrocio che l'avrebbe riportata nel villaggio, o dentro quelle strutture.


     
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