Rapporti di Sangue

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  1. Ade Geist
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Capitolo Secondo
    Sulla scia di sangue




    Atto III
    "Entra nella tana del cremisi coniglio" †

    Mi meraviglia dell'intensità mai calante del sangue che stavo seguendo: i segni in terra erano sempre chiari, mai tracce sparse, quasi mai interruzioni nette. Il sangue perso, dunque era tantissimo; chiunque si trovasse in quella situazione, di certo, non stava passando un bel momento. Fu proprio mentre pensavo a questi dettagli che mi risuonarono in testa come fulmini le parole del sogno della notte precedente. « Sveglia fratelli di sangue », iniziai a bisbigliare. « Il bosco dell'Upupa vi chiama all'appello. La strada vi sarà indicata. » Non avevo fatto caso a quelle parole fino a quel momento. « La strada per questo bosco mi è stata indicata dalla mappa, adesso questa scia di sangue mi sta indicando ancora una via. » in quell'istante, però realizzai un'altra importante informazione: « il messaggio parla al plurale! Fratelli di Sangue. Che chi sto seguendo, magari il proprietario di questo sangue oppure colui che lo porta in spalla come una preda, sia un Kenkichi come il sottoscritto? » lo sfondo dei miei pensieri rivelatori erano arbusti strappati, alberi policromatici in eterna attesa e radici sovvertite; la confusione dell'armonia di quel paesaggio rispecchiava esattamente quel che avevo in testa: le certezze secolari della mia tacita Saruhyondo si facevano sempre meno certezze. Possibile che fossi sulle tracce di un sapere più antico, oppure la mia lama, vincolo immortale dei miei poteri, non mi riteneva ancora degno di tutto il suo sapere? Non sapevo se la scia di sangue che stavo seguendo mi avrebbe portato dinnanzi alle risposte che aspettavo ma in cuor mio lo speravo, lo speravo con tutto me stesso.
    D'improvviso, l'infinita tonalità del bosco, la gioia innata della vegetazione si rifletteva davanti a me in un grande specchio d'acqua, un lago. Estrassi la mappa, cercando di capire dove fossi arrivato; le tracce di sangue finivano sulla costa. « Uhm, questo dannato foglio impregnato di chakra. » pensai, notando che la mappa fosse totalmente cambiata, meravigliandomi una seconda volta; l'unica cosa che mi mostrava, adesso, era il lago dove mi trovavo, il nome dei monti circostanti e una grande, grossa macchia di sangue al centro. Sotto, le seguenti parole: "entra nella tana del cremisi coniglio". Stava probabilmente sbeffeggiando una storia per bambini vecchia di secoli, ma ancora non capivo cosa volesse dire.
    Tutto intorno al lago vi erano degli altissimi bambù, ad occhio avrei detto più o meno dieci metri, ed esattamente dall'altra parte rispetto a dove mi trovassi, una armoniosa e perfetta serie di cascate che portavano l'acqua dei monti circostanti nel lago. Avrei dato qualsiasi cosa per poter godere di quello spettacolo ogni volta che avessi voluto.

    Mi voltai a destra ed a sinistra, cercando la continuazione della scia di sangue che precedentemente mi aveva portato fino a quel luogo; non vidi niente, mi spostai di qualche passo sia da un lato che dall'altro per cercare meglio ma non trovai nessun proseguimento; possibile che il ferito avesse smesso di sanguinare proprio in quel punto? No, data l'intensità e la mole di sangue che aveva perso fino a quel momento. La scia si troncava bruscamente; tuttavia volli provare a confutare in modo definitivo anche quella ipotesi che già di per sé sembrava confutarsi. Cercai, a passo di corsa, una qualche apertura, una spelonca, un varco, nelle immediate vicinanze del lago, prima nel lato destro, poi, una volta arrivato alla cascata, tornai indietro per cercare anche nel lato sinistro. Niente. C'erano poche altre soluzioni: « i due colossi si sono immersi nel lago, nascondendo così le loro tracce. Non credo volutamente, dato che chi porta la persona ferita non ha cercato di occultarsi fino ad ora. Non vedo altre opzioni. » O probabilmente - e forse a ragione - non ero in grado di vederle.
    Sapevo poco su quel posto, quindi mi curai di non lasciare niente al caso: non potevo togliermi i vestiti per nuotare meglio mentre guardavo se quel lago avesse potuto portarmi effettivamente da qualche parte o meno, quindi decisi di immergermi così come mi trovavo, totalmente vestito ed armato. Le mie bende si sarebbero bagnate, forse, addirittura, avrebbero perso la loro stretta fasciatura sul mio corpo ed avrei dovuto toglierle, cosa che non mi avrebbe permesso di nascondere l'identità della mia persona. In quel momento però, era l'ultima cosa importante.
    Feci un passo nell'acqua, poi un'altro: non era affatto fredda, anzi, piuttosto di una dolce frescura quasi primaverile se mi passate il termine: la sua trasparenza mi permise subito di scorgere la vivida vegetazione subacquea, tutta con tonalità fredde, a differenza della vegetazione esterna, per via della presenza dell'acqua, e tutta l'energetica fauna di pesci e pesciolini che si dimenavano intorno ai miei piedi; questi ultimi emanavano una flebile luce intermittente, come quella delle lucciole ma meno intensa e parevano usarla per comunicare tra loro in una danza di piccole fiammelle.
    Feci un altro passo, poi un altro ancora: l'acqua mi arrivava al bacino, le cascate davanti a me erano ancora distanti. Era il momento di immergere la testa ed iniziare a nuotare in cerca di qualcosa.
    Lo feci.

    Silenzio.

    Quasi finto, quasi innaturale. Non si sentiva più niente: la vita esterna non trapassava il velo d'acqua, la vita interna non suonava sotto di questo. Quando iniziai a nuotare, essa pareva non emettere suoni, cioè non sentivo neanche degli spostamenti di liquido accanto a me. Innaturale silenzio.
    Un po' come in quelle piscine moderne, di quelle che i potenti ed i ricchi costruiscono nelle mura delle proprie case, il lago andava da una pendenza praticamente assente alla costa fino ad una discreta profondità sotto la cascata, segno anche dell'erosione delle rocce da parte dell'acqua durata millenni. Cercai in lungo e largo nella parte intermedia, la prima cioè a necessitare di un corpo immerso affinché si potesse distinguere con certezza ciò che si vedeva oltre l'acqua. Niente. Saruhyondo pareva non voler collaborare, se ne stava zitta, senza neanche provare a suggerirmi qualcosa. Proseguii con la parte più profonda, riemergendo ovviamente di tanto in tanto per riprendere fiato e vedere dove fossi all'interno del mini eco-sistema del lago, ma trovai, ancora una volta, un semplice lago abitato da simpatici pesci luminosi. Toccò anche alla parte finale del lago, quella negli immediati pressi dell'ultima cascata proveniente dai monti limitrofi: l'acqua in quel punto era più torbida, come ci si poteva immaginare, quindi bisognava prestare più attenzione ai luoghi che si sarebbero scelti per immergersi e riemergere. M'immersi: scesi due metri, l'acqua si faceva meno mossa e la forza tutt'intorno meno presente. Potei immediatamente distinguere una specie di passaggio, letteralmente un buco sul fondo del lago, largo circa 4-5 metri, sotto la cascata. Tuttavia, i metri che mi separavano da quella apertura erano circa una quindicina, e non sapendo per quanto questa si sarebbe potuta prolungare sott'acqua, non potevo certo rischiare di morire annegato. Dovevo trovare un modo per respirare sott'acqua, oppure per limitare il più possibile il tempo che avrei speso senza fiato. Riemersi, spingendomi velocissimamente verso l'alto in quel tremendo silenzio.
    « Ed ora come diavolo faccio? Accidenti a me e quando non penso a delle improvvisate pesche subacquee. » pensai ironicamente; non sono mai stato capace di pescare, a dir la verità. Tornai a riva di gran carriera, nonostante tutto non ero certo dimentico del fatto che il mio fratello di sangue del sogno potesse essere il tizio ferito e che non se la stesse passando troppo bene mentre io ero lì a farmi una nuotata. Mi fermai in piedi, osservando il panorama: ero un ninja abile nell'arte della spada, per il resto, non sapevo fare molto altro. Persa Saruhyondo avrei perso, quasi immediatamente dopo, anche la mia vita. Come poteva venirmi incontro questa mia abilità ancora una volta? Poteva, la mia arte Kenkichi, aiutarmi in questa situazione? Estrassi Saruhyondo dal mio fianco e la puntai verso la cascata: chiusi un occhio e percorsi la lama per tutta la sua lunghezza con lo sguardo, come se questo mi aiutasse a pensare. Stavo puntando a ciò che si trovava all'estremità di essa, al mio fine: la cascata. Cosa avrei dovuto fare per raggiungerla? Cosa c'era, in quell'immaginario percorso affilato lungo la mia spada, nel mezzo? Guardai ancora Saruhyondo e notai il riflesso sulla sua lama: « Ma certo, i bambù! » esclamai nella mia testa, entusiasta. Il riflesso della lama mi mostrava quelle lunghissime canne cave che costeggiavano tutt'intorno il lago. Corsi rapidamente a verso una di loro, e con un deciso colpo ne recisi il tronco a pochi centimetri da terra. Me ne sarebbe bastato uno solo? Dovevo farmelo bastare perché non sarei stato in grado di tenere in equilibrio quasi venti metri di bambù. Già una decina di metri erano abbastanza lungi per un boccaglio. « Ma se avessi come controllare la punta? » pensai. Effettivamente sarebbe stato tutto ben diverso perché se avessi avuto modo di controllarla, anche solo ribilanciandola in avanti o indietro, avrei potuto gestire meglio la situazione.
    Presi dunque un sasso di medie dimensioni, pesante forse tre chili, ed estrassi dal mio - bagnato - cappotto i venti metri di nylon che mi portavo sempre dietro; il sasso sarebbe stato il contrappeso necessario per controllare la punta mentre con le mani ed il nylon avrei ribilanciato il peso tirando verso di me o lasciando che il sasso tirasse verso il basso. A quel punto praticai un foro che attraversasse il bambù all'estremità, circa cinque centimetri al di sotto di essa. tagliai una cinquantina di centimetri di filo - che avrei usato per legare il sasso, e poi lo passai dentro al buco sopracitato facendolo uscire per l'estremità naturale in alto, lo passai anche attorno al sasso, facendoci qualche giro sia in lungo che i largo per fissarlo saldamente, e poi legai il fino all'altra estremità. Avevo il mio contrappeso. Presi i restanti diciannove metri e cinquanta di nylon e li legai alla medesima estremità del sasso, dal buco creato dalla parte opposta, facendolo passare nel medesimo modo e ricongiungendolo, con un nodo ben stretto, all'altra estremità, avvolticciolando i metri in eccesso alla mia mano sinistra. Presi il bambù in mano e mi preparai ad immergermi in acqua. Arrivato più o meno con l'acqua all'altezza del petto, con un rapido movimento portai il bambù sopra la mia bocca, tenendo la testa leggermente piegata all'indietro cosicché potessi fin da subito bilanciare la canna con il nylon nelle mie mani. Proseguii la mia camminata col mio boccaglio, muovendomi sul fondo; avanzato qualche metro, vidi sopra di me il torbido dell'acqua della cascata: era arrivato il momento di immergermi un altro poco, visto che ero a pochi metri dall'ingresso di quel cunicolo nascosto. Mancavano pochi centimetri alla mia canna di bambù perché non fosse completamente ricoperta d'acqua, quindi decisi che era il momento di staccarsi e proseguire in apnea; avevo fatto un bel guadagno, circa una decina di metri, la stessa lunghezza della canna, potevo quindi ritenermi soddisfatto: presi un ultimo, profondissimo respiro dal bambù, mi staccai e scesi ancora di qualche centimetro. A questo punto successe qualcosa che mai mi sarei aspettato: improvvisamente Saruhyondo iniziò a brillare di un rosso intenso, cosa che mai era accaduta prima, ed iniziò a spingere con una incredibile forza verso il basso. Non potevo farci molto, ero sott'acqua, dovevo per forza assecondare quel movimento. Rapidamente scesi fino al letto del lago, mentre la spada continuava a spingere verso il basso. Non sarei mai riuscito a toglierla dalla mia fodera, quindi rimanevano poche soluzioni: nella mano sinistra avevo ancora il nylon che reggeva il bambù il quale, avendo il sasso attaccato all'estremità, una volta entrato in acqua, era sceso sul letto con me. Potevo volgere a mio vantaggio questa situazione. Con il braccio destro impugnai Saruhyondo e la spinsi in avanti con tutta la forza che avessi in corpo: l'importante era riuscire a far toccare alla lama il passante della mia cintura porta-spada in modo tale da tagliarlo e liberarmi da quella presa della morte. Mai come in quel momento apprezzai il fatto che Saruhyondo non volesse stare chiusa in un fodero; dopotutto chi avrebbe voluto vivere in una stretta prigione oscura come il fodero poteva essere per lei? Ogni muscolo del mio braccio era proteso in avanti, anzi, più precisamente con traiettoria obliqua, al basso verso l'alto. Avevo però bisogno anche della mano sinistra: velocemente passai il nylon nel palmo della mano e lo girai intorno ad essa, in modo tale da non perdere il bambù, e la poggiai su Saruhyondo. Lo sforzo muscolare mi richiese tantissimo ossigeno, cosa che in quel momento non potevo permettere di dargli, non potevo certo morire come un idiota qualunque: solo i campi di battaglia avrebbero potuto vedere il mio corpo sofferente! Con questa idea ferma in testa spinsi fortissimamente la mia spada con entrambe le mani, fino a tagliare quella dannatissima cintura. Subito la spada Kenkichi cadde a terra in un muto tonfo. In quella situazione di crisi, alzai subito lo sguardo verso la grottache avevo davanti: mi separavano circa una decina di metri da quello che sembrava esserne il fondo. Tirai subito il bambù verso di me, con un po' di forza: ne afferrai una estremità e la utilizzai come fodero per Saruhyondo, infilandoci la lama della spada che, grazie all'elsa, era leggermente alzata da terra. A quel punto, avendo ancora circa dieci metri di spago arrotolati nella mano sinistra, mi lanciai nuotando velocissimo verso la spelonca. Il fiato iniziava a mancarmi e mi sentivo allo stremo delle forze, ma quei dieci metri libero da impedimenti erano decisamente alla mia portata. Li percorsi in un istante, così come in realtà si era svolta in un istante tutta questa situazione. Sopra di me c'era l'uscita: poggiai le gambe sul fondo e con un forte colpo di reni mi spinsi in alto, uscendo praticamente subito.

    Aria, ossigeno.

    Uscendo, il mio corpo preso un innaturale respiro, profondissimo, rumoroso, quasi. Non avevo tempo da perdere però, non potevo fermarmi a ristorarmi, avevo bisogno di recuperare Saruhyondo. Posi le mani sul bordo di quella che adesso sembrava una piccola pozza, larga circa quattro metri, e mi tirai su. Avevo snocciolato circa 14 metri di filo, quindi nella mia mano restavano saldi ancora cinque metri. Iniziai a tirare, nuovamente facendo appello ad ogni singola fibra bianca dei miei muscoli. Sentivo il bambù che strusciava sul letto del lago. Continuai a tirare, il mio volto iniziò ad assumere una strana espressione di sforzo, quasi quella di un sorriso nervoso. Saruhyondo era sempre più vicina. « Un ultimo sforzo, Keiji! » pensai stremato. Avevo bisogno di smettere di tirare ma non potevo; fui premiato però per la perseveranza. Vidi la Spada di Clan ed il bambù riaffiorare sotto i miei occhi, erano quindi all'estremità della grotta. Smisi di tirare, adesso potevo facilmente - si fa per dire, avrei comunque dovuto sollevare la lama per tre metri - recuperare il vincolo del mio potere. « Dovrò tenerti in mano come una balia, adesso. » dissi a Saruhyondo, ma non era abbastanza vicina per poter sentire quello che avevo da dire, le nostre anime non erano in contatto. Raccolsi un secondo le energie, tirai un profondo sospiro: era arrivato il momento di rituffarsi.

    Silenzio.

    Di nuovo quella immonda sensazione: « Fanculo, DEVO SALVARE SARUHYONDO! » pensai. Sapevo che senza di lei io non ero niente ma allo stesso tempo lei senza di me. Eravamo l'unico battaglione rimasto, gli unici membri delle nostre fila a mantenere alta la bandiera della nostra armata. Eravamo gli ultimi Kenkichi e la nostra storia non si sarebbe certo interrotta per un po' d'acqua. Appena raggiunsi il fondo, cercai l'appoggio più saldo possibile con i piedi, poi mi piegai sulle ginocchia, rannicchiandomi su Saruhyondo: con entrambe le mani afferrai la lama per l'elsa da una parte e sul manico dall'altra, stringendo forte; mi tagliai ma il dolore fu niente in quel momento. Ancora una volta, ponendo tutta la forza necessaria, tutta la forza che il mio corpo era in grado di produrre, mi spinsi fortissimamente verso l'alto. Riuscii a sollevarla dal letto del lago ed a tirarla verso l'alto; non appena la spada si era staccata da terra, la magica forza che la attirava verso il basso e quel sinistro e bellissimo bagliore cremisi iniziarono gradualmente a scomparire, dandomi la possibilità di tirare un piccolo sospiro di sollievo.

    Mi hai fatto prendere un bello spavento.
    Non ci riprovare mai più.

    La lama non mi rispose. Forse era il luogo dove mi trovavo, ma sembrava che essa non fosse più in grado di comunicare con me. La cosa mi indispettiva non poco, non ero più abituato a stare solo.

    Non potevo più legarla in vita, dovevo tenerla stretta saldamente nelle mie mani. Avevo la sensazione che non sarebbe stata la prima volta che qualcuno o qualcosa avrebbe cercato di separarmi dal mio vincolo di potere. Dovevo stare in guardia. Proprio a fronte di questa necessità decisi di attingere al potere della mia spada prima ancora di poter incontrare qualche minaccia: sarei stato più silenzioso, più scaltro, più attento, se avessi attivato l'hijutsu.
    Era il momento di recuperare il mio nylon: proprio come si fa col rocchetto di una canna da pesca, usai la mia mano per avvolgere il filo fino a che non vidi riemergere l'estremità della canna; tagliai il nylon all'altezza del nodo fatto per assicurarlo alla canna, lo staccai dalla mia mano e lo riposi nella tasca zuppa del mio cappotto.

    Appena mi voltai però, il panorama un po' ripagò l'enorme sforzo fatto: dinnanzi a me si stagliava a tutti gli effetti una città, e in special modo, una fortezza raggiungibile attraverso un lunghissimo ponte lungo una trentina di metri, sorretto da degli enormi pilastri di cui non vedevo l'inizio per via della fitta nebbia che giaceva sotto tale fortezza. A prima vista sembrava un luogo piuttosto antico, ma non ero capace di datarlo, neanche per sommi capi. « Il Bosco dell'Upupa è un posto meraviglioso. » ripetei ancora nella mia testa. Piano piano iniziai a percorrere quel lunghissimo ponte finché non potei vedere distintamente un ennesimo energumeno che sembrava fare da guardia all'accesso della fortezza. Non pareva affatto avere buone intenzioni, la sua gigantesca ascia e il suo vestiario erano decisamente datati ma pur sempre temibili ma, ancora una volta, non vedevo alternative se non quella di avvicinarmi per cercare informazioni.

    « Pessima scelta. »
    Fu il mio unico pensiero non appena, quando ci separavano circa quattro metri e mezzo, quel gigante mi corse incontro con fare tutt'altro che gentile. Saruhyondo non voleva rispondermi ma sembrava darmi tutto ciò che mi era necessario per poterlo fronteggiare. Il suo primo attacco fu una specie di affondo, un colpo di punta tirato con quella sua gigantesca ascia, diretto niente meno che al mio basso ventre; tsk, mossa tipica da elemento scorretto! Era veloce, nonostante le sue dimensioni, ma non più veloce di me: con un piccolissimo aiuto in chakra nelle mie gambe, feci un piccolo balzo all'indietro, circa un metro, evitando la punta della spada. La sua offensiva però non era certo finita lì: caricò subito l'ascia tirandola verso destra e poi si esibì in un fendente semicircolare all'altezza del mio collo. Ancora un colpo veloce, ma non certo così veloce: avevo imparato dal primo, non avevo bisogno di ripetere ancora per capire quando spostarmi; rapidamente, non mi mossi dalla mia posizione ma portai indietro il collo e la schiena di qualche centimetro, facendomi passare la lama esattamente davanti agli occhi. « Un po' di sana adrenalina è quello che ci vuole! » Il colpo però non aveva finito la sua corsa: il selvaggio - era questo ciò che pareva l'avversario che mi trovavo di fronte - abbassò leggermente lascia per tornare indietro con lo stesso movimento ma mirando stavolta alle mie ginocchia. Non ero nella posizione più comoda per evitare un colpo di quel tipo, ma trovai comunque come trarne profitto: riportai immediatamente il busto in avanti e allo stesso tempo spostai la gamba sinistra indietro, col piede rivolto perpendicolarmente rispetto al corpo, portando su di lei tutto il peso. Immediatamente la gamba destra si distese in modo completo, seguendo il movimento dell'altra. Questo non mi evitò una piccola ferita, lieve, leggermente sanguinante ma solo superficialmente. « Dannazione! » pensai, prima di realizzare che, in quel momento, l'offensiva era passata a me. Gli attacchi che avevo subito non sembravano andarci per le leggere, io non mi sarei certo fatto trovare impreparato. Per prima cosa, avrei ripagato il bastardo con la sua stessa moneta: rispostando il peso sulla gamba sinistra avrei cercato un affondo diretto immediatamente al cuore, attingendo al potere di Saruhyondo affinché colpisse sia con più brutalità sia con più inclemenza, coadiuvando il tutto con un buon impasto di chakra per migliorare la velocità del mio colpo.

    Sia che questo attacco fosse andato a buon fine, sia che questo non avesse colpito il bersaglio, il mio secondo attacco sarebbe stato un fendente ascendente, dall'anca a sinistra alla sua spalla destra. Sarebbe stato anche questo aiutato da Saruhyondo.
    Se questo attacco non fosse andato a segno, alla stessa maniera avrei portato un colpo discendente, da destra verso sinistra, senza però osare troppo, questa volta.
    Se questo colpo fosse invece andato a segno, avrei impugnato la spada con due mani una volta completato il tragitto ed avrei cercato di tagliare la gola al mio avversario con un attacco rivolto ancora da destra verso sinistra.

    Era finito il tempo dei giochi. Qualcuno mi voleva in quel posto ed io dovevo scoprire il perché. Avrei impugnato la spada saldamente con due mani, mettendomi in guardia per eventuali attacchi avversari.




    StatisticheStatusLieve mano sx (sanguinamento leggero)
    Lieve coscia sx
    Forza: 500
    Velocità: 400
    Riflessi: 400
    Resistenza: 375

    Agilità: 400
    Precisione: 400
    Concentrazione: 400
    Intuito: 400

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa I] Balzo all'indietro
    [Slot Difesa II] Spostamento baricentro
    [Slot Difesa III] Spostamento del peso


    [Slot Azione I] Affondo
    [Slot Difesa II] Fendente ascendente
    [Slot Difesa III] Fendente discendente
    If
    [Slot Difesa III] Fendente orizzontale alla gola


    [Slot Tecnica] Attivazione Hijutsu


    ///



    Narrato.
    « Parlato. »
    « Pensato. »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.




    OT/ Evvai, una quest alla morte! D: Devo sistemare la "visibilità" del Chakra e delle ferite in tabella ... moddo domani perché ora non mi ricordo come si fa. X°D /OT
     
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32 replies since 1/10/2015, 16:28   833 views
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