Sogni legati da un insolito destino

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    Il tempio della fiamma serena








    Si erano già incamminati verso la porta del villaggio quando dinnanzi a loro atterrò Oboro, come preferiva chiamarla tra se e se, fu in grado di riconoscerla dall’odore.

    Oh, D’Vorah, tutti possono parlare, sta a loro giudicare se sono o meno in grado di tenersi la testa attaccata al collo e se vogliono correre il rischio solamente per un pettegolezzo.

    Strizzò l’occhio, ma il suo sorriso era più che malizioso, forse un ghigno fin troppo pronunciato.

    Comunque, la stessa cosa vale per la missione, se vuoi rischiare non te lo impedisco, mi fido di te a sufficienza da lasciarti valutare in autonomia. Riguardo l’avvisarti non l’ho fatto semplicemente perché me ne stavo occupando io.
    Non pretenderai che stia ad ingrassare seduto in una poltrona.
    Konoha è grande e forte di questi tempi, ma non credo arriverà mai il giorno in cui il suo Kage avrà il tempo per star seduto.


    Fece cenno ad entrambi di seguirli con la testa prima di scattare in avanti verso le mura, verso l’esterno e verso la foresta di granito. In realtà il viaggio non fu troppo lungo, furono in vista della catena di granito poco dopo l’ora di pranzo, il resto del team li attendeva li.
    Per quanto la missione fosse rischiosa non si poteva che guardare con ammirazione quelle conformazioni rocciose, miracoli della natura e dell’erosione, non era difficile comprendere perché gli fosse stato dato quel nome. Gigantesche guglie di roccia costolonate si levavano dal terreno come degli abeti, congelati nel tempo come se la terra stessa volesse tramandare alle generazioni future l’imponenza di quelle forme di vita così magnifiche, le cui punte più alte si perdevano in una sottile nebbia, probabilmente il risultato dell’umidità della zona.

    È difficile dire quanto sono alte, anche perché una volta dentro tendono ad avvilupparti rendendo del tutto inutile i più basilari sistemi di riferimento.

    Furono necessari pochi passi per accorgersi che scoprire o memorizzare la strada era impossibile, tra le guglie di granito sorgevano svariati alberi rendendo quell’ambiente un contrasto di grigio e verde rigoglioso che allietava la vista, voltarsi per comprendere i passi intrapresi fino a quel momento era del tutto inutile.
    Il suolo era duro, di terra battuta quando si era fortunati ma di dura roccia per la maggiore, attorno a loro la roccia costruiva infinite strade, infiniti svincoli, sembrava quasi che non stessero seguendo una via ma solamente un folle che si aggirava nel più orribile dei labirinti, gli insetti stessi di Oboro non sarebbero stati in grado di fornire informazioni in quanto anch’essi contaminati dalle distanza percorse e dalle volte che avevano svoltato.

    Vi siete persi?

    La voce risuonava in un modo particolare le fini lame di pietra già a quella frequenza erano in grado di vibrare in maniera fastidiosa per quanto tenue, rimandando un eco fastidioso.
    Con una scarsa abitudine non sarebbe stato difficile provare nausea grazie alla rapidità a cui si erano mossi fino a quel momento tra un costolone e l’altro.

    Bene! È da ora che inizia il viaggio.

    A Raizen piaceva la foresta di granito, era quasi orgoglioso di quella fortezza senza porte, una difesa così elementare ed efficace era impossibile da costruire per qualsiasi essere umano, li dentro persino il tempo, se qualcuno avesse cercato di orientarsi mediante il Sole, era effimero, le ombre calavano in fretta e la penombra faceva ormai da padrona quanto quel sentiero visto solamente dall’Hokage iniziò a salire lentamente.
    Li avrebbe portati ad avvolgersi attorno a più di una cresta mentre salivano potendo notare che l’ambiente cambiava lentamente lasciando spazio a conformazioni via via più imponenti che si riprendevano il loro spazio facendo scomparire le chiazze di verde presenti più a valle.
    Dovette passare la notte perché il gruppo fosse in grado di raggiungere il successivo “ceckpoint”.

    Signori, credo sia giunto il momento della bende.
    Si, sono praticamente inutili, ma fanno anche un po’ di scena e sono d’obbligo.


    Chiamarle bene era riduttivo una volta indossate imponevano il chakra nullo ovattando il mondo e impedendo la visuale del mondo esterno. Avrebbero potuto giurare di averle indossate in mezzo al nulla, o quantomeno in un punto dove non era presente niente di singolare, eppure dopo circa cinque minuti gli fu dato il permesso di toglierle ritrovandosi esattamente davanti alla Cruna, o per meglio dire, davanti alla sottile striscia di terra che connetteva la cruna, picco lievemente isolato, e quello in cui stavano loro.

    Direi che ci siamo, quello è il tempio del fuoco.

    Nonostante la presentazione scarna il tempio era difficile da definire. Alla luce del mattino aveva lo stesso colore della foresta di granito ma qualcosa gli permetteva di riflettere tenuemente il suole, schiarendolo, probabilmente a causa del quarzo avrebbe potuto dire un esperto, o per una percepibile aura di purezza avrebbe potuto affermare un ninja.
    Poche ore prima erano stati preceduti dal clone dell'Hokage, che pur acquisendo l'informazione aveva tenuto per se al momento, dissolversi non sarebbe stata una buona idea in quanto non avrebbe potuto tenere d'occhio la situazione, lo fece per cui solamente all'arrivo dell'originale, che decise di tenere per se l'informazione, almeno per il momento.
    Sho ed Oboro avrebbero notato che mai nome fu più adatto per una località, il picco battezzato Cruna infatti metteva radici almeno sessanta metri più in basso, salendo in verticale ed aprendosi in due colonne su cui erano stati scolpiti i tipici tengu del tempio Shintoista del fuoco, due repliche perfette di quelle che vennero distrutte chissà quanti anni prima dell’ultima leggenda.
    Poco si poteva vedere del tempio in realtà, l’accesso allo stesso era infatti vietato a chiunque, veniva concesso all’Hokage od al Daimyo di trasgredire alla regola durante particolari occasioni, ma generalmente, essendo il tempio un luogo dedicato alla spiritualità ed alla ricerca della purezza più incontaminata entrambi non avevano interesse ad entrarci.
    Giunti quasi all’apertura della Cruna qualcosa si calò dal tempio, anche se forse era più corretto dire che si posò dopo una sinuosa caduta, acquisendo concretezza mano a mano che il gruppo si avvicinava, potevano dire che era reale, tuttavia la lieve evanescenza conservata gli permetteva di emettere un lieve bagliore di luce propria. Era una donna di rara bellezza le cui forme erano intuibili sotto quello che pareva essere un abito di seta, del medesimo colore della figura, un bianco pallido che quasi fondeva vesti e corpo permettendogli di non risultare volgare, ma solo eterea, leggera. Img. di riferimento
    Sho avrebbe forse notato delle similitudini tra il suo braccio e la donna.

    Juudaime, Shinobi della foglia.

    La musica udita dagli elementi del gruppo fino a quel giorno era improvvisamente diventata il prodotto più sgradevole che le loro orecchie avessero mai sentito, sembrava che tutto ciò di buono che la terra avesse passasse per il corpo di quella donna e ne uscisse modulato e lieve.
    Seppure i colori di quel corpo fossero falsati da qualche abilità in uso dalla donna si poteva notare che la pelle ed i capelli erano chiari, come gli occhi, mentre il viso e le labbra morbide non riuscivano a trasmettere maliziosità o la promessa di chissà quali piaceri carnali, ma esclusivamente amore.
    Le braccia morbide si incrociarono sul petto ponendo le mani sulle clavicole mentre si chinava lievemente.

    Benvenuti al tempio del fuoco.

    Cantò nuovamente.
    Quello era un luogo di pace e tranquillità, era così che Konoha proteggeva i suoi tesori.

    Non sono mai stato portato qui.

    Commentò il Kyuubi, sembrava annusasse l’aria.

    Credo che sia fatto appositamente per placare la nostra ira finchè siamo sigillati all’interno della reliquia, se Houkou non fosse malato probabilmente avrebbe potuto riposare bene quassù.

    Per quanto rasserenato dalla consapevolezza che esistesse un posto simile anche per i Biju il Kyuubi pareva fosse contaminato dal rimorso, a lui era toccata una caverna, dispersa in un nugolo di gallerie, nelle profondità di una periferia abbandonata a Konoha, un luogo come quello invece sarebbe addirittura riuscito a non far desiderare la liberta.
    Passando per la cruna avrebbero notato che il tempio era stato scolpito direttamente nella roccia, mimetizzato, quasi come se l’artifizio umano non avesse intaccato quel posto.

    Venite, credo di sapere perché siete qui.

    Attraversarono l’ingresso più con rispetto che con prudenza, l’aria che si inalava in quel luogo andava presa a piccole dosi, e solo una volta che si era divenuti parte di esso era possibile inoltrarsi in esso senza sentire quello spiacevole senso di inadeguatezza. Raizen quasi si vergognava della propria vita.

    Juudaime, non sia severo con se stesso, siamo uomini dopotutto.
    E cerchiamo di raggiungere i nostri obiettivi con ciò che abbiamo.


    La sacerdotessa camminava scalza, Raizen potè notarlo perché in quei momenti stava fissando il terreno, era delicata come un petalo che si posa sul suolo, niente al suo passaggio si scostava.
    Fu il sorriso più distruttivo che avesse avuto la fortuna o sfortuna di vedere, non seppe durante i primi secondi se piangere o chiedere scusa o esplodere per la gioia, per cui si limitò a sorridere di rimando.

    Grazie Nehan…

    Guarda che ti innamori, mezzasega.
    Non vorrei dire che è il suo lavoro, ma insomma, ci siamo quasi.
    Tienilo a mente, nessuno può essere istintivamente gentile con uno stronzo di due metri.


    Lo sai che la merda è ripiena di merda?
    Fai poco umorismo, che se io sono uno stronzo tu sei solo il nocciolo di una grossa cagata.


    Lasciarono il tempio e l’imponente arcata d’accesso alle spalle, percorrendo le poche decine di metri da cui era composto il Filo, una lingua di terra che si protendeva nel vuoto a cui era appesa la gabbia con la reliquia. “Filo” non era il nome più adatto, in quanto la roccia era abbastanza imponente, ma probabilmente il nome era stato dato per coerenza metaforica.
    Furono presto in grado di vedere la gabbia, sbarre pesanti e nere dentro alle quali era posta la reliquia, nera anch’essa, un nero malato verdognolo in alcuni punti. Dalla reliquia una densa e pesante nebbia ribolliva traboccando e scendendo in verticale per la vallata che avevano appena risalito, rivelando che quella che avevano visto all’ingresso della Foresta non era un evento meteorologico, ma qualcosa di più grande e pericoloso.

    Generalmente la reliquia è dorata e le sbarre bianche.

    Cantò Nehan.
    Il Colosso serrò i denti preoccupato.
    Nonostante la pace, nonostante la sacerdotessa, nonostante tutto ciò che quella vista privilegiata avesse potuto offrire qualcosa stava divorando il Gobi e tutt’ora non smetteva di farlo.

    Direi che dobbiamo agire rapidamente.

    La sacerdotessa annuì un'unica volta mentre chiudeva gli occhi, sembrava quasi sprofondasse in un sonno sereno e beato mentre passava attraverso la roccia e la gabbia, prendendo la reliquia come fosse un delicato bambino per poi porgerlo al gruppo, intatto.
    Il suo tocco era in grado di dissipare come fumo l’oscurità che avviluppava la reliquia, ma appena questa venne rilasciata il nero riprese il sopravvento.

    Il sigillo è inviolato, per cui la reliquia è ancora dotata della sua resistenza, ho potuto sottrarla alla gabbia solo grazie alle mie abilità, ma ci vorrà un po’ prima che io possa nuovamente toccarla senza correre il rischio di venir contaminata.

    E i loro stessi occhi potevano constatare che la figura aveva perso qualche goccia della purezza che la contraddistingueva.

    Cercheremo di risolvere il problema Nehan.
    Vai a riposare, ma tieni un occhio su di noi, temo ci sarà d’aiuto.


    Non restava che iniziare il rituale.


    Edited by F e n i x - 14/10/2015, 22:11
     
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