[Gioco] S.O.M.AGrado C

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  1. Casìn
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    S.O.M.A
    Crisi di acque

    Prese la lettera del Mizukage, riponendola con furia in una tasca senza curarsi di aprirla e leggerne il contenuto. Rispose al kiriano annuendo freneticamente «Sisi, ottimo.» La sua mente era chiaramente rivolta ad altro, e, come si poteva facilmente immaginare, quel qualcosa era l'alcool. I marinai aveva bellamente ignorato la sua richiesta, lasciandolo che il dubbio e la crisi di astinenza lo divorassero. Konoha si era affidata a lui e Torke per quella missione e, giudicando l'invio di solo due genin, non la riteneva di fondamentale importanza ma fallire avrebbe portato un suo nuovo rientro nel dimenticatoio del villaggio. A dire il vero finora non gli era mai dispiaciuto, ma ultimamente la vita del reietto aveva cominciato a stargli un po' stretta. Oppure erano effetti dell'alcool anche quelli.
    L'ubriacone si riunì ai suoi compagni giusto in tempo per sentire il piano di Torke. Ormai il suo viso era diventanto vistosamente pallido e la sua fronte si era arricchita di vene, probabilmente dovute al nervosismo. Rimase quindi in silenzio, lasciando il suo compagno di villaggio finire e udendo anche il logorroico discorso di Keiji. Forse nel suo stato non riusciva a sopportare due parole messe di fila, ma il kiriano sembrò raccontare l'intera storia della sua vita che, bendaggi a parte, sembrava molto più lunga di quella del giovane shinobi. Storse leggermente la bocca, se pur rimanendo in silenzio, sentendo come la possibilità di far esplodere l'entrata. Il vero obiettivo della missione era situato, almeno da quanto riportato, ad un paio di chilometri sotto il fondale e l'invasione delle acqua nella cabina, escludendo la possibile presenza di speciali meccanismi, avrebbe sicuramente compromesso la loro discesa portando al fallimento della missione oppure all'annegamento. Rimase quindi nel suo silenzio, per poi dirigersi verso una delle due imbarcazioni. Iniziava già a sentire la tensione che attanagliava gli altri membri dell'equipaggio, anche se non sarebbero stati loro ad immergersi.

    [ ... ]



    Gli vennero fornite delle avanzate mute, i marinai garantirono loro un'efficacia fino ai cento metri di profondità, mostrando come nel casco fossero integrati dei microfoni per permettere la comunicazione con gli altri soggetti sommersi. Indossarla non fu un problema, ma, forse a causa dell'ansia, Ryo trovò un po' di difficoltà ad adattare i suoi movimenti al nuovo indumento protettivo. Non era terrorizzato dalle profondità del mare, non era terrorizzato dalla possibilità di fallire, i suoi pensieri erano rivolti alla crisi che lo stava investendo. Non gli era mai capitato di rimanere così tanto tempo senza una bevuta ed ora non aveva la minima idea di cosa potesse accadergli. Anche il mal di mare, durante il breve viaggio, rimase in secondo piano, sconfitto dalla preoccupazione. Una volta giunti al punto di sgancio, il giovane non attese nessun segnale da parte dei compagni, buttandosi nelle acque. Non vedeva l'ora di arrivare a capo di quella situazione, cercando di velocizzare il tutto.
    Nelle acque sentì solamente l'ovattato rumore delle sue bracciate, il suo respiro affannoso e il fragore dei tuffi degli altri suoi compagni. Poté chiaramente distinguere il rumore del tuffo di Torke da quello di Keiji, dato l'enorme massa del suo compagno della Foglia. Attese i suoi compagni, per poi dirigersi insieme a loro verso l'oscurità del fondale.

    In lontananza fu possibile distinguere una leggera anomalia. Infatti l'oscurità si interrompeva, o meglio affievoliva, in un determinato confine che, se pur la luce rasentava l'assenza, indicava il ritrovamento della carcassa metallica. Il giovane si avvicinò fino a cinque metri di distanza, notando le alghe e il calcare troneggiavano sull'ascensore. Definire da quanto tempo si trovasse lì quell'apparecchiatura fu a lui completamente ignoto ma, giudicando il suo stato, non sembrava molto recente. In quell'oscurità, il container sembrava sospeso, anche se ancorato al fondale.
    Lasciò quindi la fase di esplorazione a Keiji, ascoltando il suo rapporto sullo stato del meccanismo di apertura. La sua idea sembrò molto valida, d'altronde erano tre shinobi, di cui uno poteva vantare una notevole massa muscolare, e non forzare la serratura sarebbe sembrata un'ingenuità. «Bene.» Si limitò ad esprimere. Avrebbe aiutato a forzare l'apertura nel caso ce ne fosse stato bisogno e, nel caso di successo, sarebbe entrato per primo aiutando dall'interno l'ingresso dei soi compagni.

    Nel caso in cui la forzatura della porta non avresse portato nessun risulato avrebbe espresso la sua opinione, cercando di fermare il posizionamento delle cartebomba da parte dei suoi compagni. «Fermi.» La sua voce si fece più decisa, anche se era possibile udire un sottile strato di sofferenza. «Se facciamo saltare la porta, chi ci garantisce che la struttura rimanga intatta anche per la risalita? » Effettivamente aveva esposto ciò che poteva essere balzato in mente anche agli altri membri. Non possedeva altre valide alternativa, ma voleva fare in modo che anche questa possibilità prevedesse un piano per un corretto e prudente ritorno.

    La muta non riuscì a separarlo dal freddo delle profondità, i brividi lo tormentavano di tanto in tanto. Deglutì nervoso, ormai era arrivato lontanto e anche se fosse ritornato in superfice non avrebbe ottenuto nessun tipo di liquore da nessuno. Tanto valeva osservare quanto sarebbe resistito senza il potente "afrodisiaco". Spostò lo sguardo sulla sua mano destra, vedendola freneticamente tremare.
     
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