Un Bagno di Sangue

Nami no Kuni

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  1. Ade Geist
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Legami di Sangue
    Capitolo Secondo


    Atto VI - Epilogo
    Potere per Potere
    Nonostante i miei metodi poco ortodossi, inizialmente l'uomo non si fece sentire neanche in un flebile grugnito. Pativa in silenzio, nella più totale apatia verso la situazione in cui si trovava. Ma io sapevo, sapevo con certezza che l'essersi ritrovato a nuotare nei resti dei suoi compagni, di aver saggiato parti di loro, non poteva averlo lasciato indifferente. Quell'uomo, dentro di sé era già morto. Alla prima domanda, però, l'uomo sembrò voler aggirare la questione, dandomi addirittura, tra le righe, dello stolto. « T-tu... pronunci il suo nome così, ma non comprendi ciò di cui parli. » disse, mentre il suo volto iniziava a mostrare qualche segno di cedimento. Ma non era quello che gli avevo domandato, quindi, era giusto che capisse chi aveva dinnanzi. Lentamente appoggiai la gamba sui suoi testicoli ed iniziai a premere con costanza fino a quando non lo sentii urlare dal dolore, subito dopo aver percepito un lieve crack sotto la suola della mia scarpa. « NO! No! Parlerò. N-non.. non fatemi più nulla. Vi prego. » disse, pregandomi, prima di sputare un rivolo dal colore mesto, probabilmente un miscuglio di sangue e "qualcosa che non andava" del suo corpo. L'ironia del caso volle che l'ambiguità con cui ci eravamo incontrati qualche minuto prima pervadesse anche i suoi ultimi minuti di vita. « Q-questo luogo è un simbolo per l'Onda: rappresenta il terrore che hanno dovuto subire e che sono riusciti a sconfiggere costruendo il grande ponte che porta il nome di un Hokage del passato. Per questo lo difendono c-così bene. I soldati, il forte, serve tutto a questo. Per rendere meno evidente a Foglia e Nebbia che l'Onda è solo una briciola pronta ad essere divorata. Ma per noi è diverso. E-egli è stato il primo. Zabuza Momochi. L'assassino silenzioso, il sovversivo di Kiri, il portatore della leggendaria Tagliateste. Ma, soprattutto, il Demone. » La lingua dell'uomo si era sciolta tutta insieme, andando non solo a parlare dell'Onda, paese del quale io, purtroppo, sapevo ben poco, ma anche parlando del motivo per cui ero giunto fino a quel punto: il Demone della Nebbia. Mentre parlava potevo percepire l'orgoglio che quell'uomo sentiva, la speranza che quell'idea nutriva nel suo animo, la luce tornò nei suoi piccoli occhi, illuminandoli di una grazia propria solo di chi sa in cuor suo di agire per una idea. Per un momento mi rispecchiai in quell'uomo: la mia fervida ricerca delle mie radici, la voglia di riportare ai fasti di un tempo il mio clan, l'intenzione di creare una società di ottimati che potesse indicare la via del futuro in un mondo grigio e schiavo della mediocrità; avevo dinnanzi un lussurioso, certo, ma un lussurioso che credeva in qualcosa. Non sapevo se era accostabile a questa categoria di individui anche il mio comandante del momento, di lui non sapevo niente nel modo più assoluto. Solo in questo caso, però, sarei stato contento di sottostare ai suoi ordini: finché, almeno, non avrei potuto farne a meno, come in quella situazione. Quando poi gli chiesi la domanda regina, ciò che davvero mi avrebbe portato ad una nuova conoscenza, ebbi soltanto una risposta tronca: « I-il potere del Demone? Tu desideri un simil- » riuscì a dire, prima che l'uomo venisse colpito dietro la nuca da due spiedi magistralmente lanciati. D'istinto portai la mano al fianco, cercando Saruhyondo, così da mettermi in guardia in quella ipotetica situazione di pericolo. Non avevo nessuna arma a cui attingere, però. Digrignai i denti in un ennesimo gesto di rabbia, per poi riportarmi immediatamente alla realtà. Mi girai verso la direzione in cui avevo percepito gli spiedi arrivare e vidi una sagoma entrare nella capanna da dove ero riuscito a tirare fuori il comandante. Prima però che potessi prendere una qualsiasi iniziativa, il sinistro figuro si rivolse a me, incamminandosi verso il fortino. « Seguimi. » disse, mentre mostrava una calma marziale in quella situazione. Qualcuno ci aveva appena impedito di conoscere l'informazione per la quale, credo, anche l'uomo si trovava qui e lui si comportava come se nessun pericolo fosse all'orizzonte: nonostante tutto, non potevo far altro che seguirlo. Il dolore al petto si fece leggermente più intenso e l'adrenalina del combattimento precedente stava lentamente scomparendo, sostituendo ad essa i numerosi acciacchi portatimi dalla circostanza. L'uomo incappucciato mi stava davanti, dandomi la schiena, conscio, ormai della sua incredibile superiorità; entrò per primo nella stanza nella quale, vicino al trono del comandante, giacente su di un lato, dentro la tenda ormai distrutta, vi era una figura longilinea dai fluenti capelli d'oro, indossante un abito decisamente caratteristico seppur sozzo. Probabilmente era anche quello un segno di riconoscimento, un po' come il cappotto che avevo io stesso indosso. « Chi sei? » chiese il mio compagno con voce atona. Subito rispose un'altra voce tutt'altro che naturale, dandomi, tra le altre cose, indizi sull'identità del mio compagno: « Flagello Immortale. Abbiamo sentito molto dei tuoi massacri. Potresti essere tu, ma sentiamo che è ancora presto per dirlo. Noi sappiamo aspettare. Con quella sete di sangue, anche la goccia cremisi in cui ti sei imbattuto potrebbe esserlo. Una notte singolare, questa. » Flagello Immortale? Che fossi accanto al nemico pubblico numero uno, colui sul quale l'accademia stessa aveva messo una enorme taglia? Avevo sentito più volte parlare di lui, sul momento mi venne in mente del massacro nel Paese del Ferro e di colui che si riteneva essere il responsabile. Cercai di trattenermi il più possibile, di non far capire a nessuno che avevo ricollegato la sua figura a qualcuno, che, in sostanza, avessi inteso con chi avevo a che fare. Le dimensioni della devastazione che avevo intorno, probabilmente, avrebbero dovuto suggerirmelo. Mi soffermai poi sulla seconda parte del discorso, dove pareva che fossi stato citato anche io: Goccia Cremisi era l'epiteto che mi fu affibbiato. Si parlava di "essere qualcosa": ormai ero abituato a vedere come il mio destino fosse scritto da altri e non dal sottoscritto, prima coi Guerrieri del Sangue, poi con le vicende del Bosco dell'Upupa e della Negromante. Ma ero fermamente convinto che tutto ciò fosse solo il contorno e non il mio vero mondo, che fossero strumenti per la mia costruzione e non paletti insormontabili di delimitazione. « Ridicolo. » disse il Flagello, avanzando di un solo passo. Stava mettendo in dubbio la mia validità relativa a ciò cui insinuava quello strano essere che pareva asessuato dinnanzi a noi. « Non annoiatemi. » aggiunse poi, come se avesse inteso più affondo ciò che prima aveva quasi negato fortemente. La risposta fu lapidaria: « Non accadrà. Presto la Campana suonerà di nuovo. Egli finalmente ritornerà. E per te, Flagello, qualsiasi lato della scacchiera andrà bene. » disse il nostro interlocutore, prima di muovere il suo braccio da sotto il mantello, mostrandoci una inquietante maschera. « Noi siamo Namida. Non abbiamo credo. Non abbiamo identità. Non abbiamo pietà. Noi serviamo il Demone. » si pronunciò ancora, prima di far cadere a terra qualcosa, in mezzo ai suoi piedi: la stanza fu subito pervasa dal fumo e la maschera, debolmente illuminata dalle lanterne della stanza, si illuminò per un istante, mentre le ultime parole dell'asessuato riecheggiavano in ogni angolo di quel forte: « Ci rivedremo, in un modo o nell'altro. Noi non cessiamo mai di osservare. » Quando la cortina fumogena si diradò, nella stanza non vi era più nessuno oltre me e l'Immortale. Quest'ultimo immediatamente si portò verso il trono sovvertito in pietra dove avevamo visto la misteriosa figura appena entrati nella capanna: vi era un collegamento con una stanza interrata e dalla nostra posizione si intravedeva benissimo un forziere in legno, aperto, con una piccola chiave a forma di goccia dentro la serratura. Dentro questo scrigno vi era soltanto quella che pareva una seta color porpora, segno che oramai era già stato trafugato. A giudicare dalla forma della suddetta seta, probabilmente la maschera che avevamo visto era il tesoro di quel forziere. Il Comandante del forte conosceva dunque Namida? Sembrava esserne un membro, se ne custodiva dei segreti. Ebbi un istante, in quel momento, per riflettere sulle parole della figura ammantata: disse che per il Flagello qualsiasi lato della scacchiera, parafrasando una situazione di conflitto, sarebbe andata bene. Che quindi l'Immortale non fosse un uomo d'idea ma di fatti, magari di fatti egoistici e meri? Avrei dovuto attendere del tempo prima di avere una risposta a questa domanda. In ogni caso sembrava che anche io fossi un pezzo di quella partita, magari una semplice pedina, magari no. Anzi, certamente no. « Ho visto fin troppi mortali aspirare ad usurpare poteri al di fuori dell'orizzonte loro concesso. La sete di sangue che ti domina, spadaccino, sarà al contempo causa della tua rovina e la pietra su cui fonderai la tua forza. Mi chiedo in che ordine. » disse il Flagello, rivolto al sottoscritto, mentre si incamminava verso l'uscita. « Hai eseguito i miei ordini per riavere ciò che ti è caro. Ma non sei che all'inizio. » aggiunse poi sadicamente. Non potevo perdere però le staffe in quel momento, sicuramente sarei stato spazzato via con l'ennesima facilità che prima aveva caratterizzato la sua offensiva solo che adesso ero molto, molto più malconcio e non avrei avuto nel modo più assoluto, modo di controbattere. Dovevo nuovamente ricomportarmi da bravo soldato. « Recati all'East Gate di Oto. Quando saprai, sarai pronto a comprendere la scelta che aneli di compiere. Hai due settimane. Poi spezzerò la lama e la getterò nell'oceano. Presentati al mio cospetto prima di allora. » concluse continuando per la sua strada, senza darmi più attenzione. Si gettò poi con un lunghissimo salto, nel cuore della notte, scomparendo alla mia vista.
    Caddi sulle ginocchia, sull'uscio di quella porta, straziato, sfinito, distrutto. Avevo ceduto un potere per un potere. Alzai la testa al cielo e con le ultime forze che mi erano rimaste in corpo gridai più forte che potei.

    Saruhyondo!

    Crollai a terra sfinito; soltanto dopo qualche ora, prima che chiunque potesse giungere su quel luogo di sconforto, riuscii a svegliarmi ed a rimettermi in cammino verso Kiri ed il palazzo Kenkichi.




    StatisticheStatusBusto: 7 Leggere e ½, costola rotta.
    Braccio Sx: 2 Leggere.
    Mano Dx: Ferita Lieve.
    Mano Sx: Ferita Lieve.
    Forza: 600
    Velocità: 500
    Riflessi: 500
    Resistenza: 475

    Agilità: 500
    Precisione: 500
    Concentrazione: 500
    Intuito: 500

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa I]


    [Slot Azione I]
    [Slot Azione II]
    [Slot Azione III]


    [Slot Tecnica]


    [Slot Gratuito]




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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