Kurohai: Shinjitsu

[Free GdR Itai & Raizen]

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    Polvere






    La furia della Volpe era grande tanto quanto lo era la sua voglia di libertà, il primo pesante colpo venne schivato da Kutsu, evidente segno che neanche lui poteva subire qualcosa di quella portata, tuttavia il secondo, quel singolo pugno probabilmente in grado di distruggere un intera palazzina da solo, venne totalmente incassato, neanche fosse una carezza.
    La Volpe parve gonfiarsi di quell’odio tipico di chi è stato ferito nell’orgoglio, ma ben prima che si potesse vendicare nei peggiori metodi che solo una millenaria esperienza poteva ideare il colossale drago contrattaccò, avvolgendosi di…

    Fiamme nere?

    Il Colosso si protese verso l’esterno, domandandosi se la volpe non dovesse fare lo stesso quando interessata a qualcosa, acuì lo sguardo ma divenne presto inutile. Quel cupo bagliore riuscì a passare la pelle del demone che era riuscito a creare col chakra dello stesso.
    Ben prima di subirla si rese conto di ciò che era.
    Sentimenti di quella portata, potevano avere ben pochi colori, potevano essere il tutto o il niente: la furia di Kutsu era il TUTTO concentrato in qualcosa che non bruciava, che non poteva definirsi nero, qualcosa che si ritagliava il proprio spazio nella realtà, senza sovrapporsi, senza nascondere nulla, un buco frastagliato profondo chilometri.
    Era furia, erano ricordi, i più oscuri che Raizen potesse osservare.
    Ed erano suoi.
    Non ricordava però quanto nero covasse all’interno, non ricordava di quante voci aveva messo a tacere, e tantomeno ricordava quanto per tutto quel tempo avesse usato un unico combustibile.
    Nulla riusciva a farlo progredire, a farlo crescere quanto le fiamme della furia, che fosse orgoglio, che fosse vendetta era sempre un fuoco presente, pronto a bruciare con sufficiente intensità da squagliare perfino il metallo.
    Ora però quel fuco era diventato un viscoso bitume, una massa indefinita e gigantesca troppo grande per poter essere contenuto, un putridume che premeva dal suo interno, che pretendeva un maggiore spazio per esplodere, per detonare e liberare la violenza di una rabbia repressa ed ammaestrata con la forza.
    Ribolliva ed esplodeva al suo interno di continuo, scuotendolo così come un semplice singhiozzo scuote un neonato, e nel suo bozzolo di rabbia cieca e sorda irruppe la Volpe.
    Si sedette dinnanzi a lui, guardandolo con scherno, lo stesso di chi osservava un bambino scottato da un gioco pericoloso come il fuoco.

    La senti? Questa è la tua oscurità. Io riesco a percepirla, Raizen.
    È grande. Enorme.



    Ma per il Colosso era una voce in lontananza, un tuono cristallino in un cielo viscido e gibboso che con un ritmo incalzante si protendeva verso di lui accendendogli in corpo quella rabbia primordiale che non sentiva da così tanto tempo che non avrebbe faticato a definirlo “una vita”
    Si rivide ragazzo, aveva di fronte due lupi, grossi entrambi almeno la metà di lui, armati di pericolose zanne e dalla fame, mentre lui, già grande per quell’età gli stava davanti, perennemente denutrito nelle innevate lande di Kumo, armato solamente di mani serrate in durissimi pugni.
    E la rabbia. La rabbia per chi gli aveva negato perfino un pagliericcio in mezzo alle bestie.
    Il ricordo parve bruciare in un cratere, come se fosse parte integrante di quell’apocalisse emotiva.
    Mentre la sua vita scorreva autoalimentandosi fino a divenire un pianeta pulsante di incontrollabile furia la volpe rideva, sguaiata e onnipotente, del tutto insensibile all’attacco del drago.
    Qualche strato di subconscio più superficiale vedeva il Colosso rannicchiato in un turbinio di fiamme nere che continuavano ad ingrandirsi mentre un urlo sempre più gutturale, sempre più simile a quello di una bestia le gonfiava ulteriormente, ingrandendole ad ogni ripresa.

    Sei così impaurito da ciò che potresti essere sfruttando la tua rabbia che ti sei ridotto a leccare il pavimento!



    La vera cattiveria della volpe Raizen non aveva mai potuto tastarla, da sempre era stato abituato a conoscere un demone manipolatore, furibondo, ma non cattivo.
    Non aveva mai apprezzato una delle doti che più spiccavano in quell’essere millenario.
    Gli si avvicinò, languida come un gatto, silenziosa nonostante la mole, come se fosse di vapore, il suo muso stava a meno di un metro da Raizen, incredibilmente vicino per le dimensioni dell’essere che lo annusò più di una volta, inalando le fiamme come se non fossero niente più che mero profumo.

    Puzzi, umano!
    Puzzi di perdente!



    Questa volta la risata non fu tonante, ma un sussulto sommesso, gli ronzava attorno, come un avvoltoio attorno ad un animale morente.
    Poteva sentire i denti serrati in un ghigno sproporzionato, il fiato ardente, avrebbe potuto divorarlo in qualsiasi istante.

    Hai l’odore dei perdenti che controllano la rabbia perché non sanno gestirla… siihhh tu la soffochi, la metti in un cassetto blindato e tutto felice ne estrai un angolino e lo usi per infervorarti come l’ultimo lombrico della catena alimentare.
    Patetico!



    I denti del demone stridettero come gli ormeggi di un veliero.
    Le immagini intanto scorrevano ancora veloci nella mente del Colosso, mentre quel nero lo macchiava con lo stesso colore del sangue secco, le dita contratte intorno ad un collo inesistente cercavano di afferrare un altro furente ricordo, un uomo o un ninja, poco importava, doveva annullarlo, annichilirlo.
    Si stava perdendo dentro la sua stessa rabbia, presto o tardi quando quelle emozioni fossero arrivate al loro apice l’avrebbero inghiottito e lui non sarebbe diventato che una misera, infinitesima parte di ciò che il Kyuubi era sempre stato.
    Lui, una Piccola Parte dell’odio di un’altra creatura.
    Un singolo occhio brillò tra le fiamme nere, bianco e incandescente.

    Khhhhhh…

    L’ennesimo grido gli si soffocò in gola, mischiandosi ad un rantolo ed un rivolo di bava che colava dalle mascelle che cercavano di schiudersi per far permeare un soffio di voce.

    Kh-hhhhhh-hhhh
    KUHHHHH-HHHHH
    KURAMAAAAAAA!!!


    Battè i pugni sul terreno più di una volta quasi in un personalissimo mantra, agitando quella dimensione come se fosse un lenzuolo al vento.
    Sua era la furia.
    Sua era la vita.
    E niente gli avrebbe sottratto la sua identità.
    Quando diede l’ennesima prigione alla volpe si era giustificato spergiurando che era un atto d’amore verso il villaggio, che mai avrebbe lasciato al demone la possibilità di distruggerlo, che avrebbe combattuto l’odio con l’orgoglio ed il patriottismo.
    Mentiva, quel viscidume che ora gli stava dinnanzi erano le sue menzogne, gonfie della volontà di Kutsu di schiacciarlo sotto il peso di ciò che lui stesso aveva prodotto.
    Lui non voleva proteggere niente, lui voleva il potere del più potente dei demoni per schiacciare chiunque gli si fosse parato dinnanzi, la fortuna volle che la volpe gli fosse affine nel carattere per quanto detestasse ammetterlo.
    Aveva imparato ad aiutare per accontentarsi degli elogi, semplice gratitudine che chiunque poteva fingere mentre lo malediceva per quell’infimo dettaglio non risolto a dovere. Quando pretese un tozzo di pane di fronte ad un intero granaio gli venne resa aria e gratitudine per riempire il suo stomaco.
    Gli venne reso il nulla in cambio della vita.
    Gli venne resa soltanto la rabbia, la sua rabbia, la sua identità.
    Stava ancora chino a terra con la fronte e lo zigomo grottescamente attaccati al terreno, come se una forza troppo grande li tenesse li, soltanto quell’occhio sembrava in grado di muoversi rischiarando le tenebre con la forza di una volontà che nemmeno l’astuzia della volpe aveva piegato. Lentamente il pozzo di sofferenza che gli affogava il visto si seccò scomparendo tra le rughe di una furia vera, cosciente.

    NON RESTERA’ CHE POLVERE!
    SOLTANDO POLVERE!
    POLVERE E NIENT’ALTRO DI TE!


    Il volto era ancora accovacciato ma le mani battevano il ritmo di un animo indomabile che montava dal profondo del Colosso.

    POLVERE!POLVERE!POLVERE!

    Quanto poteva essere grande la furia che kutsu alimentava? Quanto poteva essere grande la furia nata dalla voglia di poter affermare se stesso in un mondo che cercava di affogarlo?
    Quanto poteva essere grande quella furia se paragonata alla collera di poter perdere se stesso proprio ora che un intera nazione l’aveva reso suo protettore?
    Molto poco.
    Le labbra si contrassero in un moto di disgusto mentre i pugni si serravano così stretti da segnare i palmi.
    Era in grado di Vedere adesso, era in grado di comprendere che qualsiasi cosa il Sangue di Jigoku avesse risvegliato non era che un infinitesima parte di se stesso.
    Avrebbe potuto soffiare in eterno le sue fiamme nere, avrebbe potuto comprimere all’infinito la rabbia del Colosso, il suo Ego non avrebbe ceduto

    MAI.

    Annunciò con voce glaciale.
    Era qui, quel giorno, in quel preciso istante per un'unica ragione: Ego aveva sempre vinto.
    Ed avrebbe vinto anche contro se stesso.
    Il suo Odio, lo copriva come un mantello d’oscurità, la forma più distorta e cruenta di Ego era nata da quelle fiamme, nutrendosi di essa attraverso il cordone ombelicale che lo connetteva a Raizen.
    Ego non era un essenza antica, era ciò che Raizen chiamava se stesso, la sua capacità di reagire alle contaminazioni esterne, aveva reagito alla sua follia con Ego, l’aveva fatto con la volpe e ora grazie a Kutsu era cresciuto, consapevole della sua identità ed indole più profonde, inglobando qualsiasi cosa differente da se stesso, unificando il tutto in una sola, nera, anima.
    Si voltò dalla volpe, consapevole del fatto che aveva udito un'unica voce mentre l’oscurità gli divorava l’animo, potente come il vagito del mondo stesso l’aveva guidato attraverso il nero delle fiamme.
    Ma probabilmente non avrebbe mai ringraziato, era ancora in grado di farlo, dopotutto?
    O quantomeno questo sarebbe accaduto se Raizen non fosse stato preparato da un intera vita a sopportare quel genere di detonazioni emotive.

    Quanto pensi sia necessario prolungare questa farsa perché l’allocco squamato ci creda?

    Uno stivale borchiato calò con una forza inesorabile sul nugolo di fiamme nere, avvitandosi lievemente sui resti inceneriti di un identità ormai spenta.
    Raizen si fece avanti tra le fiamme, nero del sangue della sua stessa purezza, raggrumato e carbonizzato su tutto il suo corpo. Sotto la suola del suo stivale crepitava un sacrificio, l’innocenza, la purezza erano state arse vive.
    Negli occhi gli ardeva la luce di chi vedeva chiaramente la strada dinnanzi a se.
    Si voltò lentamente verso il Kyuubi, poteva guardarlo negli occhi ora, poteva sorreggerne lo sguardo senza che la stazza potesse essere un problema.

    Kurama.

    Interloquì freddo, usando senza timore il nome del demone che fino a quel momento gli era stato proibito di usare.

    Quanto è grande il tuo odio?

    Chiese pacificamente mentre mostrando il palmo della sua mano mostrò come l’odio e la rabbia che l’avevano reso grande potessero sparire in essa, diventando niente più che un accessorio per confrontarsi con la volpe a “sentimenti” pari.
    Che la Montagna avesse rimesso in equilibrio la bilancia?






    La pioggia Nera



    All’esterno Kutsu guardava i due divertito, ogni suo movimento ricordava Jigoku.

    Cosa vi lega, giovani, piccole fiammelle?



    Acuì gli occhi serpentini come se cercasse qualcosa che legasse i due. Snudò un interminabile ghigno di denti affilati come rasoi, non gli serviva cercare di apparire minaccioso, la paura di fronte a Kutsu era una sensazione dovuta.

    È forse il tenue calore di questo umano?



    Era possibile che il drago distinguesse il chakra di Itai all’interno di Yogan?
    La bocca di Kutsu si schiuse, dal suo interno le scure fiamme parevano avere una massa propria, così pesante da farle scivolare verso il basso, ondeggiando in morbide volute.

    E se ti separassi da lui?



    La sensazione provata poco prima da Yogan questa volta si ripercosse anche su Itai, al drago bastava respirare per annichilire due piccoli fuocherelli come quelli ma era soltanto l'inizio[entrambi perdono un medio di chakra], dopo quel respiro una nuova forza parve esplodere nel petto del drago.

    Cosa succederebbe se recidessi questo legame?



    Soffiò con l’intensità di un uragano verso la coppia che con così tanto ardore gli si stagliava davanti, non erano fiamme, erano troppo veloci per esserlo! Forse Itai aveva qualche possibilità contro quell' attacco[cono d’ombra 45 metri alla base per 40 di lunghezza] ma Yogan ne sarebbe stata investita quasi nella sua interezza. Definire quell’attacco non era semplice, non faceva male, non alla pelle quantomeno, non al corpo, la Giovane Fiamma poteva però sentirlo nella mente, come un fine pungolo gli si insinuava nel cervello, per quanto fosse pura, dentro di lei aveva sicuramente una macchia d’ombra, magari l’eventuale delusione scaturita da un abbandono o dalla morte di Itai?
    C’era sempre un po’ di nero, ovunque.

    Piccolo tizzone dorato.



    La schernì.

    Il freddo ti sta annerendo… forse?



    Sorrise malvagio, conscio del fatto che il suo attacco, seppur momentaneamente, aveva cambiato Yogan a sufficienza da rendere quello scambio impossibile.
    Intanto il cielo iniziò a sanguinare.
    Qualsiasi cosa fosse Kutsu la aspettava da tanto visto come il suo corpo fremette sotto quella viscosa pioggia. Si portò dietro un odore forte, sgradevole (benzina).

    Le profondità della terra nascondono cose che nemmeno immaginate.



    Si buttò addosso ad Itai cercando letteralmente di investirlo con la sua massa, anche se lo scontro non sarebbe stato così devastante come sarebbe dovuto essere[Manto d’ombra- l’utilizzatore crea un suo clone illusorio in grado di attaccare riducendo esclusivamente il chakra avversario, durante l’attacco la sua reale presenza sarà occultata da qualsiasi elemento naturale di colore nero, causa Intorpidimento] bensì ne sarebbe stato estremamente fiaccato, come se il contatto l’avesse privato del suo stesso chakra[perde un alto in caso di contatto]

    Sei Piccolo essere umano, insignificante.



    E quello era il grosso svantaggio di Itai, il drago era una fortezza colossale dotato di una velocità che persino Itai faticava a raggiungere.

    Posso stringerti e nel mentre che le Giovane Fiamma si riprende esaurirti come un fiocco di neve al sole.



    E tentò di farlo, circondandolo con le sue spire ad una velocità incredibile[cerca di avvolgerti col suo corpo ad una velocità pari a 950] venir chiusi tra quelle spire significava morte certa.
     
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15 replies since 22/10/2015, 15:51   433 views
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