L'airone dalle ali rosse

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    FATHER AND DAUGHTER

    Behind every great daughter is a truly amazing dad.




    "Grazie, alcuni mi dicono che stavo meglio prima, devo ancora farci il callo, è un cambiamento parecchio grosso ed onestamente non mi ci vedo benissimo.
    Ma se non altro risaltano gli occhi.

    Ma se non altro risaltano gli occhi.

    Ma se non altro risaltano gli occhi...."




    «...Esaltano cosa


    Quando Toshiro Kobayashi aveva detto che Shizuka era identica a sua moglie, non aveva sbagliato e se ne accorse come non mai in quel preciso istante.
    Quando infatti l'Hokage rispose al complimento fattogli, fu evidente che si tradì in una frase che non avrebbe probabilmente dovuto dire e Shizuka, sollevando dapprima le sopracciglia in un apparente stupore e poi affilando gli occhi in un'espressione goduta, non sembrò essere capace di esimersi dal mettersi a braccia conserte e ghignare con sarcasmo. Reclinando leggermente la testa indietro e squadrando Raizen dalla testa ai piedi, la Principessa si mise difatti a ridere, e commentò impietosa su quella frase che “avrebbe certamente ricordato in futuro”...
    ...ed era così dannatamente simile alla Heiko del passato, ventiduenne dalla lingua tagliente e lo sguardo infiammante di chi è capace di togliere l'irritazione da sotto le mani del più paziente degli uomini del creato, che Toshiro, aggrottando la fronte, non poté che girarsi a guardare il Jonin in silenzio per un lungo istante.
    Poverino –pensò il Capoclan, lanciando uno sguardo impietosito al suo apprezzato interlocutore, verso il quale sollevò il pollice della destra in un apparente segno di comprensione–, lui non sembrava saperlo, ma quel carattere non sarebbe mai migliorato. Non importava quando ci avrebbe lavorato, proprio come lui non era mai stato in grado di domare Heiko, difficilmente qualsiasi altro uomo sarebbe stato capace di domare Shizuka. E dunque, neppure Raizen.
    Portandosi una mano alla fronte il Signore dell'Airone esitò: erano così dannatamente identiche... persino il modo di sorridere con scherno era il medesimo... com'era possibile che gli Dei lo avessero punito a quel modo?
    Alzando il taglio della mano con fare minaccioso, Toshiro colpì la figlia dietro le ginocchia con un gesto fulmineo. Si accorse dell'errore che aveva fatto solo quando Shizuka gli infiocchettò le dita.
    […] Beh, era stato fortunato, se non altro non gliele aveva rotte.
    Heiko non si sarebbe trattenuta.
    «Sapete, Raizen Ikigami...» Osservò ad un certo punto Toshiro Kobayashi, guardando l'Hokage. L'incontro era nel pieno del suo fulcro, ma sembrava che l'ultima affermazione di quest'ultimo –per cui ciò che Shizuka provava nei suoi confronti non era amore ma chissà cos'altro– avesse messo in seria difficoltà la Principessa, la quale, alzandosi, aveva dunque cominciato a battersi l'indice della mano destra sulla fronte, cercando di riflettere mentre perimetrava ad ampie falcate tutta la stanza. Era raro vederla così in crisi. A quanto pareva esisteva un tipo di infiltrazione che persino lei trovava complicato fare. «...temo che Shizuka non sia molto sveglia.» Confessò il Capoclan. Guardò il Jonin, verso il quale si protese un poco, poi annuì gravemente, come se stesse rivelando una verità inconfutabile. «Ho paura che la somiglianza con sua madre non si limiti al carattere, ma anche al modo in cui percepisce le cose semplici e quotidiane.» Quella constatazione sembrò gettarlo in un abisso di disperazione, come se il rendersi conto di quell'incubo lo costringesse a rivivere trascorsi tutt'altro che allegri. «...E se pensate che per far capire a mia moglie che ero innamorato di lei ho dovuto praticamente portarla via dall'altare del suo matrimonio combinato, dando vita ad una faida durata ventiquattro anni, capirete benissimo che la linea di sangue Uchiha che ha sposato il mio Clan può senza dubbio essere potente in combattimento, ma nel resto della vita non brilla certo di una sensibilità spiccata.» Detto questo sembrò riflettere, e lo fece mettendosi a braccia conserte, alzando poi l'indice della sinistra a picchiettarsi la fronte. A quanto pareva le somiglianze non venivano mai sole. «A questo punto ritengo di dovervi mettere in guardia, Raizen Ikigami.» Riprese a dire con solennità complottista. «Shizuka è...» Mormorò a bassa voce... poi sorrise con brillante dolcezza. «...la cosa più irritante che probabilmente esiste a questo mondo. Credo che siano poche le donne capaci, come lei e sua madre ancora prima, di far arrabbiare un uomo in modo tanto plateale.» E così dicendo alzò le mani congiunte verso l'alto, aprendo poi le braccia, sorridendo. Non si capiva se era felice o vagamente innervosito. «E' abituata a comandare, dominerà un impero commerciale e quindi la parola “no” le risulta ostica da sentire e da accettare, il suo carattere non migliorerà con l'età, anzi probabilmente diventerà addirittura più ingestibile. Testarda, irritante e con il preoccupante vizio di avere sempre ragione, credo che potrebbe essere annoverata tra una delle grandi disgrazie preannunciate dai sutra del Tempio Shintoista del Fuoco. Avere a che fare con Shizuka è la cosa più difficile che gli Dei infliggeranno a chi le starà al fianco, e posso garantirvi che saranno svariate le volte in cui desidererete di strangolarla.» Gemette cupamente, passandosi una mano sul viso. «Capitemi, Raizen Ikigami... è mia figlia e io la amo sopra ogni altra cosa, ma non biasimerei né voi né nessuno altro se voleste legarla a testa in giù dal più alto dei rami di una sequoia secolare e lasciarla lì per qualche giorno.» A quel punto pensò ancora un po' e infine sospirò, sconsolato. «Ma senza dubbio è una donna fedele e forte, mi sembra evidente. E sincera, spero. Una brava ragazza... credo Non sembrava molto convinto di quelle ultime due battute, come fu evidente mentre riportava i suoi occhi sul povero Raizen. «Beh, insomma, questo è tutto.» E così dicendo batté una mano sulla spalla dell'Hokage, annuendo solennemente.
    [...] Qualunque cosa avesse detto, sembrava essersi tolto un gran peso dalla coscienza.

    Quando Shizuka trovò finalmente pace e si sedette di nuovo accanto ai due uomini, il suo viso interrogativo parlava chiaro su quanto era stata brava a complicarsi ulteriormente le idee, cosa in cui era certamente un genio.
    Era sicura di non aver ancora ben capito cosa significasse amare un uomo, ma aveva anche raggiunto la conclusione che facendo stime e statistiche non ci sarebbe riuscita meglio. Si era arresa all'evidenza che almeno quella volta era necessario studiare meno e provarci di più.
    «Devo semplicemente innamorarmi di Masaki Kurogane.» Tagliò corto, guardando Raizen. Non era ben chiaro come fosse arrivata a quella conclusione, ma sembrava convinta che fosse quella migliore. «Cioè, almeno farmelo piacere abbastanza da avere quelle cose tipiche delle ragazze innamorate, sai, no, il batticuore e tutto il resto.» Borbottò imbarazzata. Tornò a guardare la foto e inarcò un sopracciglio: beh, se non altro partiva avvantaggiata. Era indubbio che lui fosse davvero bello, e questo almeno non era male come inizio. «Vediamo se questo basterà a salvarmi la pelle.» Aggiunse in un soffio, esitando. Nonostante le parole di Raizen avessero voluto tranquillizzarla sulla certezza che sarebbe tornata a casa sana e salva, lei non sembrava ancora esserne certa.
    Aveva fatto diverse missioni da quando era diventata Shinobi, ma non era difficile imprimere su quella una lettera ben più alta di qualsiasi altra avesse mai affrontato prima. E sarebbe stata sola, se ben capiva.
    Suo malgrado non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé, scuotendo la testa.
    Sapeva di non essere una brava ninja. I bravi ninja erano quelli che stavano in prima fila durante un combattimento, che picchiavano duro e facevano cose incredibili come si leggeva negli archivi storici del Villaggio... lei, invece, a malapena era capace di fare ciò che faceva.
    Era consapevole che il mondo in cui si muoveva cautamente era popolato da persone ben più potenti e incredibili di lei. Lo aveva capito da molto tempo, ormai. Era per questo che aveva scelto di perfezionarsi in un'arte difficile e rara, in cui pochi spiccavano ed avevano spiccato anche in passato. Non era stato il desiderio di distinguersi da tutti gli altri che l'aveva indotta a capire la sua strada... ma la necessità.
    Voleva potersi rendere utile. Voleva poter proteggere ciò che amava.
    Voleva davvero essere una risorsa per Raizen e Konoha.
    Chiuse gli occhi e come al solito si domandò se ce l'avrebbe fatta: sarebbe andata bene? Ci sarebbe riuscita? Avrebbe potuto proteggere il suo Clan? Precisamente quali erano le percentuali di–...

    «E dunque puoi cancellare i ricordi della mente umana, eh?»



    La voce di Toshiro Kobayashi si fece largo nel silenzio irreale che si era imposto sulla stanza poco prima che questo venisse rotto dalla disperazione della Principessa, e lei, alzando il suo sguardo, si girò verso il padre con stupore. Lui, però, stava sorridendo.
    «Si possono fare cose del genere, nel mondo Shinobi?» Domandò ancora e adesso sembrò davvero incredulo. «Neanche il ramo Uchiha della nostra famiglia sa fare una cosa del genere, mi risulta.» Osservò, grattandosi il mento irsuto con tre dita della mano sinistra. Sollevò gli occhi al soffitto, pensieroso. «Deve essere complicato, credo...»
    «Beh, non è che propriamente li cancello, cioè, li altero, li estraggo, sai... cioè manipolo, ecco...»
    Borbottò Shizuka in modo più imbarazzato di quanto avrebbe voluto.
    «E chi ti ha insegnato? Quel tale, Norio, da cui sei stata allieva per diventare medico?» Chiese Toshiro, ritornando a guardare la figlia.
    «No... l'ho inventata io...» Mormorò lei, guardando il pavimento. «La tecnica, dico...»
    Era probabile che Raizen non capisse precisamente perché quei due sembrassero così ruvidi nel discutere di quell'argomento. La verità era che Shizuka non aveva davvero mai rivelato niente di sé e delle sue capacità alla sua famiglia... e per Toshiro Kobayashi, dunque, quella era la prima volta, e certamente l'ultima, in cui poteva godere dei racconti della figlia su quella vita che intraprendeva e da cui lo aveva così prepotentemente tagliato fuori; potendosi così riscoprire incredulo e orgoglioso allo stesso tempo.
    Dopotutto, presto, non avrebbe più ricordato niente di tutta quella conversazione...
    «E cos'altro sai fare?» Chiese ancora il Capoclan, concitato. «Ah! Sei capace in quel getto di fuoco che esce dalla bocca che sa fare tua madre. Sai, quello enorme!» Allargò le braccia in modo impressionato. «Masamune mi ha detto che è la tecnica con cui gli Uchiha decretano che un giovane ninja è ormai “adulto”.» Ed era trepidante di sentire la risposta.
    «Certo che lo so fare, e già da quando ero Genin!» Tuonò Shizuka, offesa, guardando male il padre. «Vero, Raizen?» Chiese a quel punto la ragazza, girandosi verso la Volpe. «Vero che so usare il Gōkakyū no Jutsu?» Ma domandare quella cosa sembrò imbarazzarla se possibile di più, e avvampò dunque fino alla punta delle orecchie. Si sentiva una bambina che stava cercando l'approvazione del maestro di scuola e del padre.
    «Oh!» Esclamò per tutta risposta il Capoclan dell'Airone, e sorrise a Raizen con allegria. «A quanto pare non è male se sa fare cose talmente incredibili!» Osservò con quel tipico stupore civile che contraddistingueva chi non poteva neanche lontanamente immaginare che, nel mondo shinobi, quella tecnica era una delle meno potenti. Esisteva altro, molto altro. Erano state create leggende e fiabe illustrate su ciò che quella persona non poteva supporre. «E poi? Cos'altro sai fare?» Chiese ancora l'uomo, sorridendo con calore.
    «So fare Genjutsu ed imposizioni mentali...» Borbottò dopo un attimo di esitazione Shizuka. «...con lo Sharingan.» Il padre annuì, orgoglioso. «Lavoro come infiltrata e interrogatrice. Sono esperta in medicina e in sigilli, e di solito mi occupo di quello che... sai, quello che insomma non è bene che si sappia in giro.» Non sapeva come metterla, anche perché probabilmente non sapeva nemmeno lei cosa faceva. Lanciò un'occhiata di sbieco a Raizen. «Di solito lui mi chiama per queste faccende e io lo aiuto.» Aggiunse, indicandolo con un indice tremolante.
    «Oh! Ma allora se aiuti persino l'Hokage non sei stupida come credevo!» Gioì Toshiro, applaudendo. Per tutta risposta gli arrivò un pugno sul muscolo di una delle gambe e lui, mordendosi un labbro, si accartocciò su se stesso. «Stavo scherzando, Shizuka, stavo scherzando ovviamente... oh dannazione, perché tu e tua madre non siete capaci di trattenere la forza...» Gemette il poveraccio, tirando su con il naso. A quel punto guardò Raizen e girò i palmi delle mani verso l'alto, come se stesse dicendo “Visto? Lo dicevo io!”.
    ...Anche se non se ne capì il motivo, quel gesto gli valse un altro pugno.
    «Prima che tu mi renda invalido, stupida e violenta figlia mia, c'è altro che vuoi farmi sapere?» Chiese il Signore dell'Airone, lanciando un'occhiata alla figlia. Quando lei scosse la testa in silenzio, il padre si limitò ad annuire, poi sorrise con sincerità. «Molto bene!» Disse, riportandosi in eretta postura e aggiustando la propria seduta. «Allora possiamo procedere.» Annunciò con gentilezza. «Puoi cancellare i miei ricordi, Shizuka.» Aggiunse, e quelle parole sembrarono colpire la Principessa come un pugno ben assestato in piena faccia. «Devo fare qualcosa di particolare?»
    «Oh... oh, no, Otou-sama. Devi solo rilassarti, ecco, cioè, ci penso io.»
    Rispose la Chunin, tradendo una voce leggermente rotta. «La sensazione adesso credo di averla resa abbastanza gradevole... sarà come essere immerso in un fiume, su per giù, in ogni caso quando avrò finito non ricorderai niente.» Continuò, mettendosi lentamente in piedi. Aveva le mani strette a pugno e queste, con suo sommo stupore, tremavano. «Eliminerò tutto ciò che riguarda i Kurogane dalla tua mente, tutti i ricordi su quanto sai in merito ai coinvolgimenti con l'Hokage e a quello che ti potrebbe mettere in pericolo in futuro. Impianterò poi in te il ricordo per cui sei d'accordo a questo matrimonio: io e Masaki Kurogane ci siamo notati in questi ultimi mesi tra sguardi rubati e battiti di cuore. Le coincidenze con cui ci trovavamo erano talmente puntuali che alla fine abbiamo deciso di renderle incontri voluti, e così abbiamo iniziato a frequentarci. Speriamo di poter continuare a farlo e convolare così a nozze entro l'autunno.» Guardò Raizen, e qualora egli avesse approvato, lei si sarebbe limitata a creare il ricordo, sottoforma di sigillo, imponendolo sul taccuino bianco che aveva portato nella stanza assieme al grosso libro di narrativa che leggeva prima di essere convocata.
    «Quindi non devo fare niente? Niente di niente?» Chiese per tutta risposta Toshiro Kobayashi. Sembrò quasi abbattuto dalla notizia, ma quel sentimento sparì velocemente quando Shizuka cominciò a tracciare il Fuuinjutsu su una delle pagine libere del suo taccuino: le sue dita, irrorate di chakra blu elettrico, guizzavano sul foglio bianco lasciando dietro di sé una tracciatura shodo di un maestoso e brillante blu notte.
    Non c'era in verità nessuna necessità di fare quel passaggio, sarebbe bastato imprimere il sigillo del ricordo direttamente nella mente del Kobayashi perché questo sortisse il suo effetto, ma Shizuka non sembrò curarsene e lo fece comunque, sorridendo nel notare lo sguardo incredulo del padre, e arrossendo di fronte alla sua successiva e infinita serie di domande.
    «Questo è il tuo ricordo.» Spiegò la Principessa con dolcezza. «Lo impianterò nella tua mente, tu lo assorbirai come tuo, e non noterai più alcuna differenza. La recita mia e di Raizen che seguirà al tuo "risveglio" farà il resto.» A quel punto, però, seppe che non c'era nient'altro che poteva mostrare lui e così, molto lentamente, si portò alle spalle del padre, prendendo un profondo respiro.
    Trattenne l'aria nei polmoni abbastanza tempo da infondersi sicurezza e tranquillità, poi riaprì lentamente gli occhi che aveva chiuso, ed espirò piano. Ripeté l'operazione per essere certa di essere davvero calma, e a quel punto portò le mani alle tempie del padre.
    «Shizuka?» Chiamò improvvisamente lui, gongolando allegramente. Fece l'occhiolino a Raizen, prima di annuire. «Non male. Non male davvero.» Ammise di punto in bianco. «Non che io ci capisca molto, ma credo che tu sappia fare cose davvero interessanti. Sei brava, continua a impegnarti.» Osservò, prima di chiudere gli occhi. «Grazie per avermele fatte conoscere.» Aggiunse infine gentilmente, prima di guardare l'Hokage. A lui non disse nulla, limitandosi solo ad osservarlo in silenzio, ma quello sguardo era più loquace di qualsiasi lunghissimo discorso.
    "La affido a voi." Diceva. "Siate accorto."


    Quando Toshiro Kobayashi sbatté gli occhi, sembrò inizialmente abbastanza spaesato: girandosi, si accorse di avere seduta accanto a sé Shizuka, che sembrava più in ansia e nervosa di quanto l'avesse forse mai vista, mentre di fronte a sé c'era Raizen.
    Per quale motivo, lui–... ah, ma certo, il matrimonio –ragionò il Capoclan, sospirando. Povero lui, stava davvero invecchiando.
    ...Che poi, ora che ci pensava, matrimonio un cavolo!! Chi diavolo era questo screanzato che si voleva portare via sua figlia così a babbo morto?! Ma il mondo stava impazzendo, oppure cosa?!
    Matrimonio!
    Al limite potevano uscire insieme, POI lui si sarebbe presentato formalmente alla Magione, loro due avrebbero fatto una lunga, lunghissima chiaccherata sul mondo e sulla vita, e solo a quel punto FORSE si poteva parlare di matrimonio.
    MATRIMONIO!! Con SUA figlia!
    La sua unica figlia!
    Screanzato bifolco e ladro di figlie, avrebbe dovuto passare sul suo cadavere per portare via la sua bambina! Lo avrebbe fatto legare (da Mamoru) e gettare in pasto alle carpe Koi dei suoi laghetti (da Ritsuko) e qualora le carpe Koi mangiassero effettivamente gli uomini anziché girare loro intorno boccheggiando, lui avrebbe goduto dello spettacolo! Ecco come stavano le cose!
    […] Sorridendo educatamente, Toshiro Kobayashi si limitò ad annuire con elegante fascino senza dire una sola parola di tutti quei ragionamenti.
    «Non conosco quest'uomo, Masaki Kurogane.» Sapeva che i Kurogane erano un Clan molto potente e ricco, a Konoha, ma non aveva mai avuto l'onore né il piacere di intrattenersi con loro più del tempo necessario ad una semplice trattativa commerciale circa una partita di vestiti di pregio. Sospirò, scuotendo la testa: se non altro era un Erede e un rampollo di tutto rispetto, forse Heiko avrebbe approvato senza rompere lui l'osso del collo per aver dato il suo permesso. «...Tuttavia mi fido del giudizio di mia figlia. E se lei ne è così profondamente innamorata, e l'Hokage in persona è venuto qui per assicurarmi che è una persona d'onore, non vedo perché dovrei oppormi a che vi frequentiate.» Avrebbe voluto sorridere, ma si rese conto di quanto quella situazione, in verità, lo commovesse. E irritasse. In effetti era felice e arrabbiato allo stesso tempo. Si chiese se si sentivano così i padri che si preparavano a lasciar andare la propria figlia ad un estraneo. «Ora che finalmente il periodo di valutazione interna che vedeva coinvolto il nostro Clan, e che si è risolto con nient'altro che un grande abbaglio, è finito, posso addirittura sperare di incontrarlo fuori!» Esclamò ancora il Capoclan, scoppiando a ridere. Poi guardò male Shizuka. «Perché me lo farai incontrare, spero bene...»
    «Forse.»
    Replicò lei, in modo più piatto di quello che sperava.
    «“Forse”!» Gli fece eco il Signore dell'Airone, alzando gli occhi e le mani al cielo. «Ti permetto di incontrare quest'uomo per tutta l'estate, e tu cosa fai? Mi tratti in questo modo!» Gemette, fingendo di piangere. «Non so davvero cosa passi per mente a questa ragazza, Raizen Ikigami, ve lo posso garantire.»
    E avrebbe continuato ancora e ancora a dire quel genere di cose, tra l'imbarazzo e l'irritazione sempre crescente di Shizuka e le osservazioni dell'Hokage, mentre in lui il ricordo impiantato metteva radici, si allarga e cresceva rigoglioso...

    E dunque, sua figlia voleva sposarsi con Masaki Kurogane.
    …Strano, avrebbe scommesso tutti i suoi averi che alla fin fine avrebbe scelto quell'altro uomo. Era certo di non sbagliare, in effetti.
    Aggrottando la fronte, il Capoclan fece spallucce: peccato, davvero un gran peccato. Evidentemente quando si aveva a che fare con il cuore, era tutto molto imprevedibile.
    All'amore, dopotutto, non si comanda.
    Questa era una verità assodata nella mente di tutti.
     
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