Karyuuken

[Dojo Atasuke Uchiha]

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  1. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    火竜剣
    L'apprendista 三

    ~Filosofia~


    Atasuke ascoltò con estrema attenzione sia la decisione del giovane, prima, sia la sua risposta alla domanda sulla differenza tra il combattimento disarmato ed a mani nude.
    Ascoltò ogni dettaglio, ogni minimo segno della sua teoria, che, ovviamente, era considerabilmente giusta per chiunque non conoscesse la via della spada o almeno non quella della Karyuuken.

    «Sembra che abbiamo trovato il primo errore da correggere»


    Disse in tono greve squadrando minacciosamente il nuovo allievo, quasi a volergli incutere timore per il “grave errore” compiuto nel dare una risposta tanto sbagliata.
    Mantenne lo sguardo serioso a lungo, anche se in effetti un osservatore esterno avrebbe forse contato 2 o al massimo 3 secondi, tuttavia in quella tensione crescente era noto che il tempo tendesse a dilatarsi a dismisura.
    Poi un sorriso, che divenne un ghigno che divenne una sana e gentile risata, mentre lo sguardo torvo mutava in uno sguardo lieto e amichevole.

    «Scusa lo scherzo, ma mi diverto seriamente troppo con i nuovi allievi, al punto che non posso evitare di ripeterlo ogni volta...»


    Disse, sogghignando divertito, mentre con una mano faceva cenno all'allievo di sedersi o inginocchiarsi al suo fianco.
    Solo quando egli si fu sistemato, Atasuke riprese il suo discorso e di fatto la prima lezione.

    «Prima di tutto... Che cos'è un'arma? È un qualsiasi oggetto atto ad offendere o a ferire qualcuno. Dunque io mi chiedo: Qual'è la differenza tra il combattere con un'arma o combattere senza un'arma? La risposta è: nessuna. Un combattente, usa il suo stesso corpo come arma. Le mani diventano pinze, leve, catene e corpi contundenti. Le mani diventano armi. E cosa cambia se anziché usare la mano come arma uso un oggetto, sia questo nato già con lo scopo di essere un'arma o un qualsiasi oggetto di uso comune? Tutto ciò che cambia è la distanza...»


    Fece una piccola pausa, osservando prima l'allievo e poi il sakura in fiore davanti a loro.

    «Ciò che hai detto in merito all'essere pronti ed all'avere un vantaggio impugnando un'arma è certamente giusto, da un punto di vista “numerico”. Ma... se scindiamo un'arma dalla mano che la impugna o ne cerchiamo delle differenze, non facciamo altro che tarpare le nostre stesse ali. Certo è apparentemente più minaccioso un colpo armato, piuttosto che un colpo disarmato, ma alla fine dei conti che cosa realmente cambia? In entrambi i casi cercheremo di bloccarlo, deviarlo o schivarlo, qualunque sia l'arma con cui questo viene portato»


    Levò una mano, notando un fiore che già stava cadendo sotto l'effetto del lieve vento, cogliendolo nel palmo della mano con delicatezza.

    «Gli uomini ed i sakura sono uguali. Il loro spirito è forte e retto, proprio come il tronco dell'albero. Ma il corpo è debole ed effimero come il fiore. Basta un alito di vento e questo può cadere... e questo vale sia che si tratti di un pugno o di una lama nel petto»


    Lasciò il tempo al giovane allievo di meditare su quanto aveva detto, dato che nella semplicità di quelle parole vi era un grande contenuto dal valore profondo ed intenso.

    «L'uomo e la sua arma, sono come il fiore del il ciliegio... Da soli sono solo un fiore che appassisce nel nulla ed un ciocco di legno. Uniti sono formidabili e perfetti. Ma quando il fiore appassisce e l'arma ci sfugge dalla mano, l'uomo deve ricordare che la sua arma era un mezzo, non il fine, come il fiore, che lascia spazio al frutto. Non dimenticare mai l'arma che celi nel tuo animo. Quella che porti al fianco non è che un mezzo, un fiore bellissimo che serve allo scopo, un prolungamento del tuo braccio, ma è una cosa effimera che può essere spezzata. È nella tua anima che devi preservare la tua arma, per rimanere retto, portare il frutto all'estate, resistere all'autunno ed al gelido inverno ed in primavera fiorire di nuovo.»


    Con quell'ultima frase, riportò il suo sguardo sull'allievo, per osservarne le emozioni, analizzandone i pensieri, per quanto possibile, ed aspettando una sua risposta.
    Se prima era sotto esame per poter essere accettato, ora era sotto esame la sua persona e forse a breve sarebbero state testate anche le sue abilità...

     
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