Karyuuken, L'Inaugurazione

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  1. -Max
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Karyuuken: L'inaugurazione

    Strane lettere




    Di rado parlavo con mio padre. Che per lui provassi scarso amore non era un mistero: circa tutti alla Magione di Ferro sapevano che l'Erede odiava il Capoclan così visceralmente da desiderarne la morte. E più di tutto, il Capoclan lo sapeva. Ma il Capoclan credeva che l'Erede non avesse nemmen lontanamente il coraggio necessario a fare ciò che desiderava fare, giacché il Capoclan era potente. Ed era vero anche il contrario: il Capoclan nutriva scarso affetto per il figlio che sin dalla tenera età aveva dimostrato un terribile carattere ribelle ed insofferente a quello che era il suo destino. Eppure quel giorno parlavamo: io, l'Erede e mio padre, il Capoclan. Eravamo in una grande Salone dall'aria tetra, come qualsiasi altra cosa presso quell'enorme e triste palazzo. Il Capoclan sedeva su un comodo trono sul quale sedeva con la sua solita rigidità. Aveva i capelli bianchi, come quelli del figlio, e due occhi di un castano così particolare da sembrare quasi di un leggero color ciliegia. Il viso era in penombra, giacché la luce non gli piaceva.
    Dunque quelle voci che avevo sentito erano vere. Tu, tra tutte le donne... Jinsuke gonfiò un attimo il petto, quasi in preda ad una composta eccitazione. Lui, più di tutti, comprendeva cosa voleva dire per i Kurogane l'unione con i Kobayashi. Ma non gli diedi la soddisfazione di farla sembrare una sua scelta: se l'avessi fatto probabilmente mio padre avrebbe sospettato qualcosa. Lui, un uomo in grado di sentire il puzzo di tradimento come un segugio addestrato, non lasciava spazio ad alcun errore... e diventare improvvisamente il figlio che aveva sempre desiderato era il più grossolano che potessi commettere.
    Non eccitarti troppo. Dissi con il mio solito tono strafottente. Capisco benissimo che in questo momento senti l'assoluta voglia di abbracciarmi, ma non l'ho fatto per te. È stato un caso. Mi alzai, stanco della sua presenza. Ero stato lì solo cinque minuti e non reggevo già il suo sguardo ulteriormente. Mi sono innamorato di Shizuka, ammetto che sulle prime non avevo nemmeno capito chi fosse. Goditi questa fortuita vittoria, Otou-sama. Ed uscii dalla stanza con passo lento e deciso, senza riuscire a non sorridere quando nessuno poteva vedermi.


    Tornato nelle mie stanze mi rilassai sul mio ampio futon per una decina di minuti, senza far nulla, limitandomi a pensare. Pensavo spesso in quei giorni: pensavo molto al piano, pensavo al pericolo che correvo e che stavo facendo correre a Shizuka. Pensavo molto anche a lei. Lei era uno Kunoichi tutt'altro che indifesa, ne ero certo, ma allo stesso tempo nessuno - a parte me - conosceva la vastità del potere militare della mia famiglia. Motivo per cui temevo comunque per la sua incolumità più di quanto sarebbe stato saggio dato il nostro rapporto. Non potevo farci nulla però. Col passare dei mesi, fermo restando che sapevo benissimo che quella era una recita (da parte di lei) era per me divenuto sempre più difficile distinguere i momenti in cui ero me stesso ed in cui recitavo. Quel flusso di pensieri fu bruscamente interrotto da un bussare leggero alla mia porta. Masaki-sama, sono Baiko. Baiko era il mio più fedele servitore. Non amavo definirlo tale, ma qualsiasi mio tentativo di comare quella distanza che ci separava e trasformare quel rapporto di subordinazione in un'amicizia era stato prontamente respinto da Baiko stesso. Per questo motivo, in quel momento, non potevo fidarmi di lui. Per questo motivo, quando il momento della verità sarebbe giunto, avrei sperato che la fedeltà di Baiko fosse maggiormente rivolta a me piuttosto che al Clan. Entra pure.
    Mi tirai su, sedendomi a gambe incrociate sul Fuuton. Baiko era un ragazzo sulla ventina, dal fisico alto e slanciato. I capelli lunghi, neri e lisci incorniciavano un viso inespressivo sul quale erano dipinti due occhi neri, grandi e del tutto inespressivi. Baiko era assolutamente devoto, spaventoso ed incredibilmente forte.


    In mano stringeva una busta ed un foglio attentamente ripiegati. Masaki-sama, questa è giunta alcuni giorni fa dalla magione dei Kobayashi, ve la sto consegnando ora che siete tornato dai vostri incarichi. E proprio poco fa è giunta anche questa. Annuii. Ero stato fuori per conto del Clan, e mi ero assentato per circa quattro giorni. Il primo pacchetto era piuttosto pesante per essere fatto da soli pochi fogli, mentre l'altra era sicuramente una lettera. Non era la prima volta che Shizuka mi scriveva. L'aprii rapidamente e la lessi seduta stante. Dovetti rileggere alcuni passaggi più e più volte per comprendere bene tutta la storia, ed alla fine ripiegai con cura la lettera. Baiko si era avvicinato, silenzioso come un'ombra. Vi pulsa una vena sulla tempia. Siete arrabbiato, Masaki-sama? Già, lo ero? Che motivo ne avevo del resto. Ma lo ero comunque. No, non è niente. Baiko, dovrò presenziare ad una cerimonia tra qualche giorno, insieme a Shizuka. Baiko annuì con inespressiva gentilezza. Sarà tutto pronto. Che occasione? L'inaugurazione di un dojo. Devo fare un'ottima figura, ci dovrebbero essere anche i suoi genitori. Baiko si inchinò e si voltò, lasciandomi solo. Incuriosito dal secondo pacco lo aprii e vidi che conteneva... delle foto. Iniziai a vederle, una ad una, e ad ogni foto il sorriso sulle mie labbra si allargava ed alla fine non riuscii a non scoppiare in una genuina risata. Il mittente era Toshiro Kobayashi, e quelle foto erano di Shizuka da bambina vestita da koneko. Che aveva in testa quell'uomo?




    Mio padre non sarebbe mai e poi mai venuto ad una cerimonia così triviale. Poco importava se erano invitati i Kobayashi e persino l'Hokage stesso. Meglio così, pensai. Meno stava vicino a Shizuka, più tranquillo sarei stato. Baiko scelse per me un raffinato kimono completamente nero (colore della mia casata). Sulla schiena, ricamato con fili d'oro, c'era il simbolo della mia orgogliosa casata. Era semplice, ma estremamente elegante. Per fortuna che ci sei tu che ricordi il mio guardaroba, Baiko. L'uomo accennò ad un sorriso, che svanì rapidamente dal suo viso cadaverico. È un vestito dei Kobayashi, Masaki-sama. Sono senza dubbio i migliori del continente. Annuii, non avendo mai avuto dubbi. Non era la prima volta che provavo qualcosa di quella fattura. Fui obbligato a dare una forma meno confusa ai miei capelli, che ricadevano quasi ordinati nel loro disordine ai sulla mia testa. Li avevo fatti crescere un po', per cui anziché drizzarsi verso l'alto ricadevano in basso dolcemente. Infine legai alla cinta la mia katana nel suo miglior fodero cerimoniale. Nero, con intarsi di oro e rubini. Era un'arma letale, sopratutto in mano di chi era in grado di utilizzarla, ma in quell'occasione era mia intenzione portarla con me solo come una katana cerimoniale legata con precisione all'obi bianco che legai alla vita. Indossai i geta, non troppo alti, e dunque fui pronto per uscire di casa.


    Decisi di portare con me Baiko, che camminava alle mie spalle con apparente indifferenza. Il viaggio era terribilmente lento. Se avessi voluto sarei potuto essere lì in un istante ma la mia "arte" doveva rimanere assolutamente segreta. Era un'arma in più da utilizzare al momento decisivo, svelarla prima non avrebbe fatto altro che aiutare mio padre a prendere ulteriori contromisure nei miei confronti. Una bellissima giornata autunnale, non trovi Baiko? I viali della Foglia erano ricoperti da un manto di foglie del caldo colore autunnale: gialle, marroni e rosse fuse in una morbida tonalità arcana che ricordava l'inizio dell'inverno. Giunti dinanzi al Dojo Karyuuken notai immediatamente Shizuka e tutta la sua famiglia. Ritsuko compresa. Quella ragazza mi inquietava tremendamente. Riuscii a sentire solo un "e poi morirà" nel mentre che mi avvicinavo. Spero di non essere io quello che deve morire, Ritsuko-san. Dissi con tono gentile e composto, rivolgendomi poi a Shizuka. Shizuka, konnichiwa Feci un leggero inchino. Mi sei mancata. Dissi, sinceramente. I suoi genitori erano più avanti e non mi avevano ancora notato. Baiko era al mio fianco, inquietante come sempre. Shizuka, Ritsuko-san, lui è Baiko, mio fedelissimo servitore e guardia. Baiko fece un profondissimo inchino in segno di assoluto rispetto. Sono solo un umile servitore. Disse, quasi a scusarsi della sua presenza, facendo un passo indietro per essere meno invadente. Offrii il mio braccio a Shizuka. Scusami se ho tardato, non sono molto a mio agio sui geta. Dissi, a mo' di scusa, anche se in effetti avevo fatto solo una manciata di secondi di ritardo. Andiamo? Domandai, con voce calma. Non accennai minimamente alla lettera, ovviamente lei sapeva che l'avevo letta e ricevuta (altrimenti non sei stato lì). Non volevo caricarla con preoccupazioni inutili: ero assolutamente certo che quel giorno sarebbe andato tutto per il meglio.


    Intervengo con questo PNG legato alla Quest "Akai Kekkaishi". Le azioni di questa giocata possono avere effetti anche sulla quest, in bene o in male :guru:


    Edited by -Max - 22/11/2015, 15:26
     
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