Karyuuken, L'Inaugurazione

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    KOBAYASHI

    togetherness is a very important ingredient to family life.




    “Spero di non essere io quello che deve morire, Ritsuko-san.”



    Ritsuko Aoki era una Kumori concepita e messa al mondo con il solo fine di servire l'Erede dell'Airone.
    Ligia al suo dovere, ombra perfetta, era stata addestrata per proteggere e supplire ad ogni esigenza della sua unica Padrona. Non era dato lei di avere intenzioni che si discostassero da quelle della donna per cui aveva l'onore e il dovere di respirare, e nessuno, all'interno del suo Clan vassallo, avrebbe permesso lei alcuna libertà all'infuori di quella di decidere la propria morte per proteggere la Signora...
    Dal canto suo, però, Shizuka non aveva mai voluto niente di tutto questo. L'aveva sempre trattata con dolcezza, al pari della sorella che non aveva mai avuto, e l'aveva amata in modo forte e incessante, pregandola di vivere la sua vita con la libertà che desiderava. Ella voleva la sua felicità tanto quanto la sua serva voleva quella di lei. Per queste e molte altre “circostanze”, Ritsuko Aoki era diventata protettiva verso la sua Principessa. Molto protettiva.
    Un po' troppo protettiva, forse.
    Era risaputo infatti che nessuno riuscisse ad avvicinarsi all'Erede dell'Airone se la tua attendente non lo considerasse degno o necessario, e visto il lavoro certosino che aveva fatto con taluni uomini del Villaggio, i quali non si azzardavano neanche più ad avvicinarsi alla Zona Verde di Konoha, non era difficile credere a quelle voci...
    ...e forse avrebbe pensato proprio a quelle, Masaki Kurogane, quando gli occhi blu oltremare della donna si affilarono in un sorriso sardonico e rabbioso in un modo che ricordava molto l'invidia per qualcosa. O qualcuno.
    «Hara maa, voi mi offendete con una simile insinuazione.» Disse la Kumori, inchinandosi profondamente in direzione del Rampollo del Ferro. Era talmente sarcastica che qualcuno, ad udirla, avrebbe potuto sperimentare la triste esperienza del sanguinamento delle orecchie. «Ben arrivato MIO SIGNORE.» Affermò di nuovo la rossa, stavolta con due none di voce in più. Improvvisamente qualcuno, in lontananza, si fermò di scatto, drizzando la testa come un animale che ha percepito qualcosa. «Spero che il nobile MASAKI KUROGANE-SAMA abbia fatto un buon viaggio fino a qui. E' un onore conoscere di persona il FIDANZATO della mia nobile Padrona.» Aggiunse conducendo il braccio destro al petto con solennità. I corti capelli a caschetto mascherarono appena il ghigno che le tirò i lineamenti... il quale, però, cessò immediatamente quando una figura al suo fianco scattò in avanti, protendendo le braccia.

    «Masaki!»



    Shizuka Kobayashi non era mai stata una ragazza alta. Appena un metro e sessantacinque centimetri era infatti ben lontana dall'altezza dell'Erede del Ferro, di diverse spanne più imponente, ragion per cui quando gettò le sue braccia attorno al collo di lui, a malapena arrivò al suo volto, costringendosi dunque a mettersi in punta di piedi. Ma lei, contro ogni previsione, rise di quella mancanza.
    «Sembra che non sia capace neanche di abbracciarti!» Osservò, ridendo per poi stringere a sé il ragazzo senza vergogna o falsità. E lui lo avrebbe capito, e lo avrebbe capito molto bene: non stava recitando.
    ...Indipendentemente da cosa avessero dovuto imitare durante i loro incontri al fine della buona riuscita della loro missione, Shizuka non aveva avuto alcuna difficoltà ad affezionarsi a Masaki.
    Lui era buono. Buono in un modo che lei non avrebbe mai potuto raggiungere.
    Eppure era forte. Forte abbastanza da programmare la distruzione del suo Clan per il bene del suo Villaggio. E anche questo era qualcosa che lei non avrebbe mai potuto raggiungere.
    Masaki era, per molte cose, quello che lei non avrebbe mai potuto essere. Al contempo, però, non era così distante da lei da impedirle di sentirlo. Di percepirlo. Di capire che, dopotutto, le era accanto... in quel modo un po' timido e un po' impacciato, un po' dubbioso e incerto, che caratterizzava –almeno così le sembrava– quasi ogni cosa facesse.
    «Sono felice di vederti!» Disse, ed era sincera. Almeno quanto Ritsuko che, ferma alle sue spalle, sembrava essere diventata di pietra. Anche lei sembrava sinceramente sul punto di disfarsi in mille pezzi lì e in quel momento.
    «Mi dispiace per l'ultima volta quando...»
    «Ah.»
    «...sono dovuta andare via in quel modo, certo non potevo immaginare che...»
    «Aaah.»
    «...Chichinatsu avesse fatto tutta quella confusione con i turni all'ospedale, sai...»
    «Aaaaaaaaah.»
    «...non so proprio cosa fare con lei.»
    «AAAAAAAAAAAAAAAAH.»


    Nessuno lo aveva mai visto correre.
    Tranne Mihoko Kobayashi, sua madre, quando lo aveva rincorso per tutta la Via Principale di Konohagakure nel venire a sapere che aveva appena rovinato il matrimonio combinato di una delle più potenti Jonin degli Uchiha, di fronte alla cui famiglia aveva annunciato, e persino con un gran ghigno, che avrebbe sposato lui la loro erede. Lui e nessun altro.
    E quella volta il randello gli aveva spaccato la testa per un totale di quattro punti.

    Eppure, stava correndo.
    Toshiro Kobayashi, il Capoclan dell'Airone...stava correndo.

    «FERMI TUTTI!» Tuonò a voce alta l'uomo, fermandosi di botto di fronte alla coppia con le braccia tese e levate al cielo. Senza pensarci un attimo abbassò entrambe le mani su quelle della figlia, la quale, colta alla sprovvista, si distanziò con stupore dal fidanzato. «COS'E' QUESTO COMPORTAMENTO IN MEZZO DI STRADA, EH?!» Ruggì, furibondo.
    Piuttosto distante da lì, una bellissima donna si portò una mano alla faccia, tremando. Di rabbia.
    «Otou-sama.» Gemette Shizuka, avvampando immotivatamente. «Non stavamo facendo niente...» Si giustificò, balbettando. Per un attimo l'abbraccio che aveva concesso a Masaki le sembrò profondamente compromettente e lei se ne vergognò così tanto da desiderare la morte. Immediata.
    «MA QUALE NIENTE E NIENTE! CHE TI SALTA IN MENTE DI ABBRACCIARE GENTE IN MEZZO DI STRADA?!!» Abbaiò di rimando il Capoclan, e così dicendo si girò di scatto verso Masaki, che fulminò con occhi lampeggianti. «CHI DIAVOLO E' QUESTO, POI?!»

    Silenzio.

    «Come chi è?» Disse Shizuka, socchiudendo gli occhi in una maschera di sconvolgimento. La stessa che lo spirito della morte che si voltò in quella direzione, iniziando ad incamminarsi, sembrava condividere pienamente. «E' Masaki Kurogane.» Presentò la Principessa, arrossendo. «Il mio fidanzato.» Aggiunse, a scanso di equivoci, abbassando poi lo sguardo sulle sue mani. Dirlo ad alta voce, di fronte a suo padre, fu più imbarazzante di quello che si era immaginata.
    «Mpf.» Ironizzò questo, scostandosi una ciocca di ispidi capelli castani nel sorridere divertito. «Non credo proprio.» Ruggì, furioso, lanciando un altro sguardo assassino a Masaki. Per tutta risposta Shizuka, sospirando sonoramente, estrasse con mano tremante qualcosa dalla sua borsetta di broccato e con aria rassegnata la mise sotto la faccia del padre.
    Inutile dire che quando fu evidente che si trattasse di una foto di Masaki stesso, scattata con ogni probabilità di nascosto, la Principessa arrossì se possibile ancora di più. I suoi occhi, ormai, erano talmente lucidi che minacciavano di riempirsi di lacrime da un attimo all'altro.
    «Certo che è lui, vedi? Te l'avevo già fatta vedere.» Balbettò la ragazza, evitando con tutte le forze di guardare il Chunin della Foglia. Non che importasse. Se era di attenzioni che questi era desideroso, Toshiro Kobayashi gliene avrebbe infatti date quante voleva, poiché quando i suoi occhi verdi –così simili a quelli della figlia nel taglio aperto e profondo e nello splendido color smeraldo– si posarono sulla foto, non poterono che spostarsi poi sulla figura in carne ed ossa. E poi di nuovo sulla foto. E così per altre tre volte.
    png
    […] No, no, no... fermi, che diavolo succedeva...?
    Era quello, Masaki Kurogane...?
    Mh, beh, in effetti aveva lontane rimembranze di aver visto quella foto...
    ...ma come poteva essere? COME?
    Da quando era diventato così affascinante? E così alto, poi?
    E quel fisico prestante, da dove lo aveva tirato fuori?!
    Che fine avevano fatto le corna ricurve in avanti che era stato pronto a giurare di avergli visto la prima volta?! E la lingua di fuoco?! E il naso ad aquilino pieno di nei?!
    Qualcosa non tornava: da quando il fidanzato di sua figlia sembrava così bello e di buon cuore?!
    Trasalendo e portandosi con sconcerto una mano al volto, il Capoclan gemette sommessamente senza distogliere lo sguardo da Masaki: oh no, stando così le cose il suo piano era saltato!
    SALTATO!
    «Mamoru.» Bisbigliò Toshiro Kobayashi, aprendo di scatto il suo laccato ventaglio verde di fronte al volto. Si piegò vistosamente indietro, giusto per non essere visto, quasi portandosi con la schiena a contatto con il torace del suo Kumori che, com'era uso, sostava alle sue spalle. Attento. «Piano B, ribadisco, Piano B... abbiamo fallito il primo tentativo. Butta tutto via senza farti vedere.»
    Per tutta risposta Mamoru Aoki, con lo sguardo inespressivo e vagamente stanco che lo contraddistingueva ormai da diversi anni, estrasse dalla manica del suo kimono nero una maschera da oni sulla cui fronte qualcuno aveva scritto a grandezza cubitale “BRUTTO CEFFO. E PURE CATTIVO.” e lo gettò in mezzo di strada, alle sue spalle. Anche lui giusto per non essere visto.
    «Dacci un taglio, Otou-sama.» Replicò immediatamente Shizuka, avvampando fino alle lacrime. La possibilità che esplodesse di lì a pochi secondi non era alta... era altissima. «Mi sembra esagerato il tuo comportamento!» Disse, mettendosi a braccia conserte e sbuffando. Di fronte a lei, però, suo padre iniziò a rovistare caoticamente all'interno di un piccolo scrigno di bamboo che Mamoru sembrava esser stato costretto a portarsi dietro. Per la sua felicità, si sarebbe detto vedendone la faccia contratta. «Non vorrai davvero farmi sfigurare con l'Erede dei Kurogane, spero bene!» Esclamò ancora, mentre il padre trasaliva, evidentemente trovando quello che cercava. «Comportiamoci da persone adulte e vediamo di–...»
    «AAAAAAAAH UNO SCORPIONE!»
    Strillò Toshiro Kobayashi, lanciando letteralmente addosso a Masaki uno scorpioncino di gomma che rimbalzò sul petto di lui, cadendo poi a terra.

    Silenzio.

    «E anche un serpente...» Aggiunse il Capoclan, stavolta in modo più incerto, tirando addosso al Kurogane una serpe di plastica qualora non avesse trovato la reazione della sua vittima “abbastanza terrorizzata”. Anche quella però cadde a terra, stavolta emettendo solo un leggero fischietto. Era di quelle con trombetta.
    «Il tuo altarino mortuario sarà splendido nei nostri giardini.» Disse improvvisamente una voce, e prima che chiunque potesse dire o fare qualsiasi cosa, una mano dalle dita lunghe e snelle si chiuse attorno al collo del Capoclan. «Lo farò costruire d'oro e d'argento. Sarà un'opera maestosa, come mai se ne sono viste, a Konoha. Stavolta nessuno mi fermerà.»
    «Madre.»
    Gemette Shizuka in un fischio, impallidendo. Di rimando si girò di scatto verso Masaki, sudando. Sembrava aver appena visto un demone pronto a divorarli tutti.
    «Heiko.» Sussurrò con voce strozzata il Signore dell'Airone, girandosi lentamente verso la moglie. Sudava quanto la figlia. No, forse di più. «Quando sei arrivata, mio solo e unico amore?»
    «Tra la foto e il serpente di gomma.»
    Rispose con dolcezza Heiko Kobayashi, socchiudendo i suoi splendidi e seducenti occhi neri in un sorriso più bello del primo sole d'inverno. Un secondo dopo aveva rigirato un ceffone al marito tale da farlo roteare due volte su se stesso prima di farlo cadere carponi in terra. «Dunque, dicevamo... Masaki Kurogane, nevvero?»
    Heiko era una donna bella. Anzi, bellissima. Raramente si aveva il piacere di guardare un'opera di tale perfezione come lo era la Mononoke della Foglia, incantevole in modi molto lontani da quelli esprimibili a parole da qualsiasi poeta o narratore... il suo carattere, però, era... era...
    ...era così tremendamente simile a quello di Shizuka da dare i brividi.
    E pareva che nessuna delle due se ne fosse ancora resa conto.
    «Okaa-sama, sì, questo è Masaki, il mio fidanzato.» Spiegò la Principessa, rossa in volto, indicando rispettosamente il ragazzo.
    «L'onorifico.» Le intimidì la madre con occhi dardeggianti e un secondo dopo Shizuka aggiungeva “-sama” al nome del Kurogane. «E' un piacere conoscervi, Kurogane-sama. Mia figlia parla insistentemente di voi, alla Magione, ma era così spaventata a presentarvi a noi che temevo di non avere mai l'onore di incontrarvi. Mi chiedo perché.» Chiese la donna, portandosi una mano al volto.
    Accanto a lei, con la testa piantata nel terreno, Toshiro Kobayashi gemeva; Mamoru Aoki sembrava riderne, e Ritsuko aveva le mani alle tempie, dava la schiena al gruppo, e continuava insistentemente a ripetere a se stessa “Come può essere? Quando è successo? Cosa? Eh?” con voce tanto bassa da esser probabilmente sentita solo da se stessa. Il che era forse peggio.
    «Già. Mi chiedo perché anche io.» Gemette strozzata Shizuka, sorridendo verso Masaki con sguardo avvilito.

    Ed eccolo lì: il famoso Clan Kobayashi.
    ...Forse un po' diverso da quello che chiunque poteva fantasticare, guardandolo da lontano, attraverso quel filtro di ammirazione che non si può fare a meno di rivolgere a gente di quel rango, in special modo a chi si è sempre dimostrata buona e generosa; i membri di Prima Linea dell'Airone erano un caotico gruppo di gente. Disordinata. Confusionaria.
    Ma unita. Salda. Affezionata.
    E questo era evidente.

    «Piacere di conoscervi Baiko-sama.» Disse con calore la Principessa, tendendo senza alcuna esitazione una mano verso l'uomo, quando questo le fu presentato. «Spero che potremmo diventare amici!» Esclamò ancora, sorridendo in modo genuino. Poi si girò, e tirò una pedata a Ritsuko che, voltandosi lentamente, fissò l'uomo con sguardo assente.
    «E' un onore, sono Ritsuko Aoki. Dozou Yoroshiku Oneigaishimasu.» Mormorò a voce bassa e in modo stretto. Sembrava più un mantra, o una maledizione, che una presentazione. A quella vennero comunque fatte anche le successive, e quando tutti seppero i nomi degli altri, ci fu modo di proseguire.
    «Vorrei tanto spiegarti che di solito non sono così disagiati, Masaki...» Disse Shizuka, sorridendo al fidanzato di cui prese con dolcezza il braccio. Mentiva, ma non poteva fare altro mentre ad un passo di distanza da loro Heiko afferrava il marito e lo scuoteva minacciandolo di torture inaudite se non si fosse messo subito in piedi e avesse fatto la bella figura che ci si aspettava facesse, suscitando però in Toshiro, piagnucoloso e moccicante, un accesso di lacrime che sfociò nell'atto finale di soffiarsi il naso sul kimono della moglie, gemendo che “la sua bambina era diventata adulta e lo stava tradendo.”
    Il suono dei ceffoni che gli furono dati echeggiò in tutto il Villaggio.

    “Benvenuti alla Karyuuken. Uchiha-sensei manda i suoi più rispettosi saluti ed è lieto del fatto che abbiate accettato il suo invito... Io sono Sougo Okita e sarò il vostro accompagnatore, prego seguitemi”



    Di tutte le persone sgradevoli che potevano accoglierli, fu proprio Sougo Okita a farlo.
    Arricciando un labbro Shizuka si trattenne dal tirare una ginocchia nei denti al ninja. Visto quante volte avevano entrambi cercato di ammazzarsi a vicenda, dopotutto, non era una novità che i due si odiassero...ecco perché la gentilezza dell'Okita puzzò alla Principessa quanto la testa di un pesce putrido. Probabilmente per questa ragione quando egli si girò e iniziò a condurli all'interno dei giardini del Dojo, fermandosi poi di scatto, Shizuka si preparò al peggio.
    Parve però che nemmeno quello bastò ad attutire il colpo di ciò che accadde.

    “Spero vogliate perdonarmi, ma Uchiha-sensei non aveva previsto così tanti visitatori dalla nobile casa dei Kobayashi... Temo non vi siano abbastanza posti sulla tribuna d'onore allestita per i visitatori di alto rango... quindi temo che quei due servi dovranno sedersi assieme alla gente comune”



    Ferma nel punto che le apparteneva, ancora a braccio intrecciato con Masaki, la Principessa della Foglia tacque. Di fronte a lei la figura snella e sarcastica di Sougo rimaneva profondamente inchinata... dandole per un istante un forte senso di nausea.
    Era così che intendeva comportarsi?
    Atasuke. Sciocco, sciocco ragazzino.
    Sorridendo con un'espressione indecifrabile Shizuka non si mosse. Fredda. Disgustata.
    E dunque era così che voleva replicare alla notizia delle sue presunte nozze? Aveva deciso di usare proprio quella carta, quella della vendetta abietta e vergognosa attraverso i propri sottoposti, mirata all'umiliazione di ciò che c'era di importante?
    Con lei...? Proprio con lei?
    Chiudendo gli occhi, Shizuka sorrise cupamente, abbassando un poco il volto verso il basso. La sua mano, scivolata all'obi del suo kimono, estrasse elegantemente un lungo ventaglio smaltato. L'altra, però, cercò di raggiungere quella di Masaki che avrebbe stretto. Con rabbia.

    Oh, Atasuke...
    ...Perché ancora non lo capisci?
    Sei sicuro di volerti comportare così... con me?

    Ben sapendo quanto questi atteggiamenti mi facciano perdere completamente il controllo?

    «Hai molto coraggio ad offendere gli Eredi del Ferro e dell'Airone, Okita.»
    Il ventaglio fu posato sulla testa ancora prona del ninja. Non vi era violenza in quel tocco, quanto piuttosto una schifata e sarcastica incredulità. Shizuka non stava apponendo nessun tipo di forza e Sougo, se non era stupido come sembrava, avrebbe fatto bene a non sfidare quella quiete. Qualora questo fosse successo, difatti, la Chunin avrebbe fatto scattare velocemente il ventaglio dal basso verso l'alto, intercettando qualsiasi movimento del ragazzo per poi colpirlo in mezzo agli occhi con una violenza che era certa sarebbe bastata a farlo finire in ginocchio.
    «Quest'uomo è Masaki Kurogane, Erede del Clan da cui trae il nome e mio fidanzato.» Disse con flemma la donna, a voce abbastanza alta perché tutti potessero sentirla. Sorrise con dolcezza pia e misericordiosa, poi puntualizzò: «Il mio futuro sposo.» E così dicendo sospirò, sconsolata. Per un attimo apparve davvero afflitta... in un modo, però, che dava i brividi. «Chi offende questo Signore, offende anche me, e dunque tutta la mia famiglia. Sono certa che la tua intenzione non fosse questa, Okita. Chi nasce rettile, dopotutto, ha difficoltà a guardare il volo del falco.» Mormorò gentilmente la Chunin. A quel punto, però, si calò lentamente in avanti, abbastanza perché le sue carnose labbra scarlatte fossero condotte vicine alle orecchie del ragazzo a cui venne offerto un caloroso sorriso. «Offendi di nuovo la mia famiglia o quella del mio fidanzato, e farò in modo che tu, tutti i tuoi parenti e conoscenti, come anche la tua progenie futura, vestiate di stracci, mangiate scarafaggi e viviate in una capanna di fango e letame. Proprio quello che mi aspetto da un animale sudicio e sgraziato quale sei.» Sussurrò con una voce diversa. Grottesca. Bassa come l'eco del mondo. Spaventosa come quella dei peggiori demoni.
    Quando si riportò in eretta postura, però, non vi era più traccia di tutto quello e Shizuka apparve ai presenti elegante e splendida come sempre.
    Come sempre.

    “Heiko-sama, Toshiro-sama, Shizuka-sama... Perdonate l'insolenza del mio allievo. Non volevamo di certo arrecarvi offese o mancare di rispetto al nobile Kurogane, fidanzato di vostra figlia”



    «Questo canile è dove addestrerai le tue bestie all'arte di riportare il bastone?» Replicò immediatamente Shizuka e per un istante l'arrivo di Atasuke sembrò suscitarle di nuovo l'espressione velenosa di poc'anzi. Non poteva fare a meno di credere che fosse stato lui a instillare un'idea come quella nella mente di quel povero pazzo, del resto chi altri avrebbe voluto ferirla così mortalmente? La sua lingua scattò veloce come una frusta. «Fallo alla svelta, Atasuke, o non posso garantirti che qualcuno non tagli loro le zampe.» Disse infatti con gentilezza ostentata, ricambiando l'inchino.

    “Sono lieto del fatto che abbiate accettato il mio invito e non preoccupatevi, farò aggiungere due posti per il nobile Kurogane ed il suo attendente. Spero che questo piccolo inconveniente non rovini questa giornata di festa”



    Socchiudendo gli occhi, la Principessa della Foglia sorrise ironica.
    «Se è così un problema trovare delle sedie penso che io e Masaki potremo benissimo sederci “tra le persone comuni”. Riserba pure ai miei genitori il posto d'onore. Pare che ce ne sarà molto bisogno, in questo posto.» Aggiunse elegantemente. La sua voce era seta su una lama affilata. «Dunque...vogliamo andare?»

    Comunque fossero andati gli eventi, l'unica cosa che Shizuka non avrebbe smesso di fare sarebbe stato stringere la mano di Masaki. Con forza.
    Quel genere di situazione la irritava, indipendentemente da chi ne era vittima. Soprattutto se lo era una persona a cui teneva.
    «Non sei solo.» Gli disse infatti lei, girandosi con determinazione. «Finché stiamo insieme, siamo in due.» Mormorò, guardando il Kurogane negli occhi. «E' per questo che le persone stringono legami d'amore e di amicizia. Perché insieme si è forti, ma da soli si è deboli.» E così dicendo, sorrise. «E noi due insieme, siamo abbastanza forti per finire ovunque. Anche tra la famigerata “gente comune”.» Disse, portando una mano al volto del ragazzo prima di annuire, convinta.

    E no, non stava recitando. Non stava mentendo.
    Era possibile che Shizuka Kobayashi, infiltrata ai diretti ordini del Decimo Hokage di Konohagakure no Sato, non fosse realmente innamorata di Masaki Kurogane, l'uomo che aveva l'ordine di rendere orfano di qualsiasi legame...
    ...ma mai, da quando lo aveva conosciuto, aveva mentito.
    Le sue parole erano sempre state credute vere. Sempre.
     
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