La Fatale Debolezza dell'Hokage

Otafuku - Zona Mercantile

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Boreanz
        Like  
     
    .
    Avatar

    « Let alone yourself. »

    Group
    Giocatori
    Posts
    8,742
    Reputation
    +471

    Status
    Anonymous
    Yato era un tipo tosto. Nonostante il mio entusiasmo e la mia favolosa offerta di andare insieme all'avventura, lo vidi continuare a camminare imperterrito verso la sua meta. Era del tutto evidente che per ignorare un'opportunità simile doveva aveva un autocontrollo ferreo ed un rigido senso del dovere, qualcosa che io non avevo mai avuto, anzi. A Suna ero piuttosto rinomato per aver completamente snobbato le lezioni dell'Accademia ed essermi guadagnato il coprifronte per pura fortuna: la prova pratica che avevano estratto per la mia sessione si era rivelata la caccia nel deserto. Praticamente avevo quasi battuto l'istruttore chunin stesso. Sta di fatto che Yato aveva il mio rispetto per quella qualità che io non avevo e che invece in lui risplendeva così forte.

    Poi accadde qualcosa.

    Lo vidi fermarsi in mezzo alla strada, un passo o due dopo che avevo terminato il mio invito, con le borse da consegnare a Babà la Zuccherosa ancora in mano. Mi sembrò di scorgere un tremito attraversagli la schiena e, dopo un istante, lo vidi girarsi verso di me con l'espressione più convinta del mondo. Diamine. A quanto pareva l'avevo convinto!

    « Ottimo! », dissi, lanciandogli una calorosa pacca sulla spalla. Forse troppo calorosa. Come ho già detto diverse volte, non sono tanto bravo a controllare la mia forza [FOR&VEL:Gialla+2]. Va bè, sperai che non se la prendesse come la guardia. Sembrava così convinto! Non avevo idea del percorso logico che aveva fatto per passare da un estremo all'altro - e in qualche parte dentro di me considerai l'eventualità che ci sentisse a scoppio ritardato -, ma di sicuro ero assai contento di averlo convinto. Sarebbe stato tutto più semplice con qualcuno del luogo a darmi una mano.

    « Oh. », iniziai, in risposta alle sue domande, mentre ci incamminavamo a terminare la sua commissione. « È una storia che mi hanno raccontato gli anziani del mio villaggio. Delle cariatidi, Yato, cariaditi! Ahahaha. », risi di gusto, recuperando solo dopo qualche secondo un contegno. « Però hanno una fervida immaginazione. O forse è solo che sono vissuti a lungo. Boh! In ogni caso sta di fatto che a quanto pare nei tempi antichi i saggi della Sabbia hanno raccolto e registrato diverse informazioni sui capovillaggio degli altri paesi e, per quanto riguarda l'Hokage, c'è sempre stata una costante, una debolezza di qualche tipo di cui si è persa la natura - e che noi dobbiamo scoprire -, ma che proprio per questa sua ricorrenza così unica è divenuta leggendaria. », dissi, ripercorrendo mentalmente la serata attorno al fuoco in cui avevo udito la storia per la prima volta ed avevo deciso di volerne scoprire di più.

    Quando Yato mi chiese se fossi venuto apposta da Suna per quello, feci spallucce. « Sono un cacciatore delle terre selvagge. Viaggiare ed esplorare fanno parte di quello che sono. », rivelai, tutto sommato senza alcuna remora. Certe volte sono davvero senza freni anche riguardo a verità personali. « E se ci pensi il Paese del Fuoco è uno dei più vicini al mio deserto. » Sorrisi, certo che le mie parole gli avessero anche chiarito che quello che mi spingeva era una mia personale curiosità e che la Sabbia non c'entrava nulla in quella storia.

    « Allora, la nostra destinazione è lontan- », l'ultima sillaba mi morì in gola, mentre leggevo una grossa scritta a lettere rosa al di sopra della porta di un edificio dall'aspetto discutibile. « -ah? Questa sarebbe la casa di Babà? », chiesi a Yato, dandogli una gomitata complice al fianco (questa volta riuscii a trattenere la mia forza ad un livello decente). Sapevo bene che posto era quello: i viandanti del deserto vivono una vita dura, e ogni sollazzo ad un lungo viaggio è il benvenuto nella loro vita. Questo non voleva dire che anche io fossi immischiato in quegli ambienti, ma almeno sapevo di cosa si stesse parlando. O almeno lo credevo. Quando la porta della casetta quadrangolare si aprì, rimasi impietrito.

    QMzvavV

    « Ciambell-?! », ripetei, inorridito, udendo le parole dell'uomo malamente travestito da donna che ci aveva aperto la porta. Presi febbrilmente Yato per un braccio, nel mentre pure provando a nascondermi un po' dietro di lui (per quanto io fossi notevolmente più grosso), e tentando di strattonarlo via. « Madovediavolocihaiportatiandiamoviadiquih, sussurrai, in preda al panico. Spettacoli come quello mi sconvolgono: non so come relazionarmi a ciò che ho davanti agli occhi. Un cobra è semplice: se si alza e spiega le squame, vuole spaventarti perché è spaventato. Se si avvicina e basta, vuole ucciderti. Semplice. Ma un uomo vestito da donna che propone dolci dai nomi fraintendibili... è terribile.

    « Yato? Quello Yato? Che zucchero sei. », cinguettò il travestito in un'orribile parodia di una signora deliziata.« Ma certo, quegli sciocchini dell'Accademia mi hanno fatto scegliere da un intero campionario di Yato quando ho fatto l'ordine. Sapete, era il mio nome prima dell'operazione e ci sono affezionata. » A quelle parole, potrei giurarvelo, il mio cuore perse un colpo. Il donno prese la busta che Yato gli/le porgeva, restituendogli una ricevuta su cui stampò a mo' di firma un sonoro bacio che lasciò una gocciolante impronta di labbra rosse. « Yatoperl'amordituttociòcheèvivoneldesertofiliamocelah, mi ripetei, sussurrando più forte e iniziando a tirare con più forza.

    Aalla domanda di Yato, il donno assunse un'espressione pensierosa per qualche istante e poi sembrò ricordare qualcosa. Ci sorrise - o così volli sperare, pregando che non stesse sorridendo a me -, mostrando una barba vecchia di un paio di giorni al di sotto del mento, e sbottò. « Ma ceeeeeeeerto! Ho sentito di questa storia, una volta. Da.. come si chiamava... Yami, credo. O forse Iari? Magari era Shu. Non ricordo bene il suo vero nome, tesorini, ma qua lo chiamavo Uggiolo. » Il sorriso di denti macchiati dal tabacco si allargò, assumendo una tonalità maliziosa. « Sapete, gli piaceva farsi calpestare. E ululava così tanto, che stella. Ma è sempre tornato al lavoro nella biblioteca cittadina rilassato e sorridente. Ah, gli uomini! Chi li capisce! », esclamò, alzando gli occhi con fare sognante, e con mio sommo sollievo ci sbatté la porta in faccia.

    « Uh. », dissi, ancora abbastanza incredulo per l'accaduto. Non l'avrei mai detto, ma forse avevamo una traccia da seguire. « Yato. », dissi, rilasciando la mia presa e aspettando che si girasse per guardarmi nei miei occhioni blu. « Giurami che non torneremo mai più qui. », dissi, e senza aspettare una risposta iniziai ad incamminarmi verso la biblioteca cittadina, anche se in quel momento di shock non avevo ancora realizzato di non avere idea di dove questa si trovasse.
     
    .
19 replies since 7/12/2015, 16:51   415 views
  Share  
.