Shi-e-En

[Free GdR aperta a tutti: Nuovo Anno]

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  1. -Max
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Shi-e-en

    Questioni di famiglia



    E niente Ayame, pensavo, andiamo allo Shi-e-en e poi tornate a Kiri. Ero nel Palazzo dei Tengu, ed era notte fonde. Tutto era immerso in un incredibile silenzio, quasi surreale. Le notti in quel luogo erano tutte così, incredibilmente silenziose. Per quel motivo quando io non c'ero Jukyu e Nana dormivano nel grande letto che Sojobo aveva fatto allestire per lei. Si sentiva incredibilmente sola in quelle notti.
    Tornare a Kiri? Pensi che adesso si possa? mi domandò lei, e non potei non scorgere una certa luce di speranza nei suoi occhi.
    Sono diverso ora... Sussurrai, passando le mie braccia attorno al suo corpo caldo per stringerlo al mio, baciandole le labbra con estrema dolcezza. Lei ricambiò quel bacio con trasporto, dimostrandomi quanto fosse felice della cosa. E sei stata tu ad insegnarmi che devo fidarmi dei miei shinobi. Asmodai sembra davvero fedele, ho promosso a chunin Akira e Meika ed insomma... adesso sarà molto più difficile per chiunque. Non serve tenervi ancora qui, non posso chiedere a te ed alle bambine di sacrificare la vostra libertà per Kiri un altro giorno di più. Un bel discorso, che però Ayame guardò con sospetto.
    Mh... ti manchiamo, eh? Altro che preoccuparti per noi. Sentenziò. Alzai un sopracciglio, con fare fintamente dubbioso.
    Mancarmi? Dovrebbe mancarmi la moglie che mi gela l'acqua addosso quando si arrabbia, la figlia che trova i modi più insperati di farsi del male e far del male alla sua povera e dolcissima sorella? Rimasi serio per un secondo, passando una mano con calma lungo il suo corpo nudo, sfiorandole appena il ventre.
    Certo che mi mancate, che domanda idiota... feci risalire la mano verso l'alto, notando come il ventre di lei iniziasse appena a crescere. Mi perdoni per questo tempo che non sono stato presente? Le mie labbra andarono sul suo collo. Lei rise, divertita, abbracciandomi.
    Non so... dovrai impegnarti di più... Se proprio devo...




    Jukyu e Nana stavano facendo colazione. Ayame era seduta al tavolo ma spiluccava distrattamente dei biscotti, non sentendosi in forma. La mattina era un momento appena critico. Ero preoccupato perché in tutte quelle settimane non era mai stata visitata da un medico e sebbene lei insistesse che era perfettamente normale tutto quel concerto di sintomi, non ero felicissimo di lasciarla priva di controllo medico durante la gravidanza.
    Quando torniamo a casa ti farai visitare, vero? Per tutti i Kami Itai, ho sposato lo spirito dell'ansietà per caso? Certo che mi faccio visitare, ma smettila di pensare che abbia qualcosa. Disse lei, dopo aver roteato gli occhi al cielo.
    Jukyu posò la sua tazza di latte sul tavolo e si pulì col dorso della mano le labbra. Ma mamma hai qualcosa, no? Nii-tan nella pancia! Sì amore, ma non è una malattia avere nii-tan nella pancia, ma questo tuo padre non lo capisce... comunque...
    Ehi guarda che lo benissimo!
    Comunque, signorina, non ti ho insegnato a comportarti così a tavola. Jukyu comprese immediatamente il suo errore e prese il tovagliolo, quasi con timore. Ecco, brava.
    Ma che cambia... borbottò lei, appallottolando poi il suo tovagliolo.
    Che cambia? Dissi, indeciso se ridere o meno. Jukyu si stava dimostrando di una testardaggine in pieno sviluppo che entro i dodici anni avrebbe raggiunto certamente livelli a dir poco epici. Nana, che cambia, glie lo dici tu a tua sorella?
    Uhm... bé, così non sembriamo maleducate... Disse Nana dubbiosa, sempre in certa come al suo solito.
    Brava Nana. O per essere più precise, non sembrate due scaricatrici di porto, cosa che tua sorella sembra essere del tutto intenzionata a diventare. Puntualizzò Ayame, guardando la figlia di sbieco che, in tutta risposta aveva incrociato le braccia al petto assumendo un broncio alquanto serio che, sulla faccia di una bambina di cinque anni e mezzo non poteva non apparire assai comico.
    Perché mamma? Cosa fanno le scaricatrici di porto? Domandò Nana, appena confusa.
    Si divertono un sacco, ecco cosa fanno. Borbottò Jukyu. Dovetti mordermi la lingua a sangue per non ridere. Ayame fulminò la figlia con lo sguardo, ma era evidente che sotto i baffi stesse cercando di trattenersi anche lei. Lo stridore tra il comportamento di Jukyu e la sua età erano troppo evidenti. Era una brava bambina, ma aveva un'energia tremenda ed era fin troppo sveglia per la sua età.
    Nana, è un modo di dire, significa maleducati, sboccati e senza buone maniere. Spiegò Ayame. Nana annuì finendo anche lei il suo latte calde, pulendosi la bocca col tavogliolo per poi ripiegarlo in maniera impeccabile.
    Nana era la figlia che qualsiasi padre voleva avere. Obbediente, dolce, educata e tranquilla.
    Jukyu era la figlia che qualsiasi padre temeva di avere. Un tornado con la lingua tagliente.
    In media però potevo dire di avere due figlie normali, no?




    Avevamo deciso di alloggiare presso il Sonno del Ginken e vi eravamo giunti giusto alcuni giorni prima dell'ultimo dell'anno. Jukyu e Nana erano rimaste a dir poco affascinate dalle terme, posto in cui non erano mai state.
    Anche Ayame trovava tutto splendido. Il Sonno del Ginken, era un posto davvero stupendo e l'atmosfera era perfetta.
    Poi mi devi spiegare perché devo pagare una stanza anche per te.
    Quelle parole erano riferite a Yogan. La dragonessa, nella sua esuberante forme di una ragazzina di tredici anni incredibilmente attiva ed irritante mi tirò un pizzico tremendamente forte sul braccio.
    Perché hai problemi? disse, con la voce di un bullo. Forse vivere con suo padre, da che si era risvegliato nella pietra, la stava davvero trasformando. O forse la forma umana la influenzava in un certo modo... ma puntavo più sull'influenza malefica di Hibachi.
    Ahi! E comunque no, ma non fai che lamentarti che fa freddo qui! C'è un così piacevole tepore, Yogan. Bah, rispetto al Faro sembra una landa ghiacciata. Perché il faro È IN UN VULCANO! A me fa piacere se Yogan-nee-san sta qui con noi. Anche a me eh, ma si lamenta del freddo.
    Ayame rise della scena di gusto, passando un braccio attorno al mio corpo per stringersi appena a me. Feci altrettanto, mentre Yogan mi lanciava una linguaccia con tanto di palpebra inferiore abbassata a forza. Jukyu rise, quasi di gusto, a vedere quella faccia.
    Ho sentito che ci sono giochini davvero interessanti alla festa...
    Amore...
    Siiii? l'evidente tono falsamente angelico riuscì a colpire persino Jukyu.

    jpg



    Nana, la mamma adesso secondo me si mette di nuovo a giocare... Come alla festa l'altra volta? Oh sì... MAMMA MAMMA!
    Dimmi Jukyu. Il sorriso di Ayame era infervorato dal sacro spirito dell'azzardo. Lo conoscevo fin troppo bene.
    Se vinci mi compri un gioco? Anche a me! Dai mamma!
    Non incoraggiatela voi due!
    Ah ma se me lo chiedono le mie bambine non posso mica dire di no...
    Fregato.


    Dannate donne.



    Ayame aveva tirato fuori per me un kimono invernale bianco con un motivo di onde azzurre che avevo sempre amato molto e che – a detta sua – mi stava fin troppo bene addosso. Mi fidavo ciecamente del suo giudizio in certi ambiti, giacché il mio era del tutto incompetente... ed irrilevante, anche qualora fosse stato minimamente competente.
    Lei invece decise di indossarne uno rosso con una trama di fiori bianchi ed alla vita un obi rosso come il kimono. Per le bambine Ayame aveva scelto due yukata simili ma di colori totalmente diversi. Jukyu azzurro chiaro mentre Nana rosso-arancio molto delicato. Yogan, che non se ne importava nulla di vestiti, era riuscita a procurarsi (non osavo sapere in che modo) uno yukata rosso fiammante corto sopra il ginocchio. Quando la vidi uscire dalla sua stanza insieme ad Ayame conciata in quel modo non potei accigliarmi per un istante.
    Sul serio? Ma non avevi freddo? domandai.
    Eh? Lo provo, mica lo soffro. Sono un Drago dell'Ovest, la mia pelle è ad una temperatura che voi considerereste mortale. Di fatti se qualcuno avesse toccato la fronte di Yogan avrebbe potuto chiedersi come, una così piccola ragazzina, potesse essere allegra con la febbre oltre i quaranta gradi.
    Lo sapevo. Ma perché te ne lamenti. Perché mi va. Hai intenzione di anticipare di dieci anni ciò che passerò con loro due? Indicai Jukyu e Nana. Ayame mi tirò una sberla sulla testa.
    Perché, cosa succederà tra dieci anni? Domandò allora Jukyu, curiosa, tirando la manica al mio kimono.
    Ecco, spiegagliela tu l'adolescenza ora che hanno cinque anni, baka! Prese una mano di Nana nella sua ed iniziò ad incamminarsi verso l'esterno, lasciandomi solo con Jukyu che tirava con insistenza la manica, incredibilmente curiosa.
    Infatti, perché lo dici spesso? Guardai Yogan per qualche istante, sbattei le palpebre confuso e mi resi conti che lei non aveva mai saputo anche solo definire il concetto di adolescenza umana.
    Mi inginocchiai davanti a Jukyu e le accarezzai appena i capelli.
    Uhm... come te lo dico. Vedi amore, ora sei piccola e giochi, ti diverti, stai imparando a leggere e scrivere. Tra qualche anno però inizierai a crescere e diventare come la mamma.
    Cioè, tutta fissata con le buone maniere? Soffocai una risata, stringendo appena la bambina a me.
    No no, ne dubito proprio tesoro. Ma ti piaceranno cose diverse e capiterà che tu vorrai fare delle cose ed io, che ti voglio troppo bene, non vorrò fartele fare perché mi sembrano pericolose.
    ... Lo fai anche ora papà. Jukyu mi saltò addosso ed io la presi in braccio, seguendo Ayame che si era fermata a guardarci.
    Davvero? ”Non toccare la spada”, “non spingere tua sorella”, “non camminare sul muretto su un piede”, “non girare le manopole del gas”... recitò lei, imitando la mia voce.
    Ecco sì, ma saranno cose diverse. Tipo? Lo vedrai... Non era MINIMAMENTE il momento di farle capire il discorso “caverò gli occhi dal cranio e l'anima dal petto a qualsiasi ragazzo che oserà toccarti”. Però vedrai, se ora mi ascolti, inizierai a pensare che sono proprio stupido.
    Ma io non penso che tu sia stupido.
    Per ora. E le diedi un lungo, rumoroso e scherzoso bacio sulla guancia.


    Era una peste, ma era mia figlia. E l'amavo, più di qualsiasi altra cosa al mondo.


    In men che non si dica ci ritrovammo a seguire gli ordini di Ayame che aveva intenzione di “far fruttare il gentile regalo fatto”. I “petali del nuovo giorno”. Consumò i suoi ad una rapidità incredibile e quando uscì dalla stanza in cui si giocava a Shiten era decisamente seccata.
    I dadi oggi non ne volevano sapere. Il banco vince sempre amore... vuoi i miei? Sul serio, non so che farmene. Magari le carte di porteranno fortuna. Ayame mi guardò, improvvisamente molto più innamorata di me.
    Non amavo nutrire quel suo vizio (anche se, ad onor del vero, non aveva mai creato problemi se non qualche biglietto di troppo alla Lotteria del Festival Invernale a Kiri) ma se avesse perso tutte le mie monete saremmo potuti uscir di lì. Così glie ne diedi e lei me ne lasciò poco meno di mille in mano.
    Badi tu a loro? disse, riferendosi a Jukyu e Nana che stavano tormentando Yogan. Annuii, lasciandole un leggero bacio sulle labbra, scappando verso la sala della Kokuun no Tou.
    Jukyu, Nana, lasciate in pace Yogan! Nah, tranquillo la dragonessa le sollevò, come se fossero senza peso e si librò in volo, iniziando a volare in circolo sopra di me.
    Yogan, scendi maledizione se Ayame ti vede ci strozza entrambi! Jukyu e Nana ridevano, fortissimo, e sembravano estremamente felici. E poi hai uno yukata, per di può corto!
    Eh? si fermò, proprio sopra di me, incurante. Non capisco.
    Ero divenuto rosso, spazientito, e misi una mano in faccia. Yogan non capiva. Certo che non capiva, fino ad un anno prima non aveva mai pensato di indossare vestiti. Per lei non servivano a nulla, i draghi non avevano lo stesso senso del pudore degli umani!


    Ad un tratto vidi due persone di mia conoscenza e la cosa mi sorprese. Non mi sarei mai aspettato di vederli assieme e non mi sarei mai aspettato di vederli vestiti uguali. Già, perché entrambi indossavano un accappatoio.
    Ma trattandosi di Hoshi non è che mi sorprendesse poi molto. Quel benedetto ragazzo aveva l'insana ed innata capacità di fare la cosa più divertente in un determinato contesto.
    Hoshi? Nakora? Cos... cioè... perché siete in accappatoio? domandai allora. Mentre Yogan riprendeva a girare in volo tenendo ben salde le bambine. Sapevo benissimo che lei non le avrebbe mai fatte cadere... la sola a preoccuparsi, in effetti, era Ayame.

     
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