La Baracca dello Sciamano nella PaludeCasa di Sanjuro

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    La baracca nella Palude





    Nella zona nord del villaggio della Nebbia, "sorge" un piccolo avvallamento, situato leggermente più in basso del resto della città, sul livello del mare. Negli anni, questo ha causato una risacca naturale d'acqua, la quale, non riuscendo a tornare al mare, ha ristagnato, dando origine a una piccola ma accogliente foresta, di poche piante, le quali, grazie al clima e all'umidità, hanno prosperato, e sono cresciute; ma col tempo, hanno anche trovato la morte.
    Nel giro di decenni, in quella zona, sempre all'interno del confine murario della città, è nata una vera e propria palude; la vegetazione non è lussureggiante, nè copiosa, ma estremamente fitta, e la luce del sole, per quanto poco ce ne sia a Kiri, filtra a fatica fin sulle acque marce di quel piccolo ritaglio di putridume, che poche creature amano chiamare casa.
    Tutta la palude misura circa duecento metri di diametro, rendendola estremamente compatta, e praticamente impossibile da considerare un problema per la vita nella città; in questo luogo, Sanjuro aveva edificato la propria casetta, prima di essere bandito dalla città.
    Quindici anni prima, sorgeva all'inizio della palude, una dimora piuttosto modesta, per un solo uomo, costruita da quest'ultimo su delle palafitte, con un piccolo pontile di una decina di metri, che portava le persone dalla fine del terreno solido fino alla casa, ma con il tempo e l'abbandono, la dimora era marcita e praticamente quasi del tutto affondata nella melma, lasciando ben poco sopra di essa, ma risparmiando il pontile.
    Dal suo ritorno a Kiri, lo sciamano aveva apportato ben poche ristrutturazioni, anzi, quasi nessuna, trasferendosi direttamente nella parte ancora non sommersa della casa: una catapecchia di due stanze di forma quadrata, estremamente piccola.
    Per fortuna di Sanjuro, il tetto era l'unica cosa rimasta bene o male sana, quindi le precipitazioni potevano essere limitate a solo qualche secchio da posizionare in camera per raccogliere la pioggia che filtrava dal tetto. E aveva aggiunto illuminazione, oh si, era stato molto attento a creare delle lanterne lungo il pontile, che aveva riempito con delle strane lampadine, o candele, difficile dirlo, di colore verdastro; difficile dire anche dove le avesse rimediate. Questo creava uno strano effetto nella zona, praticamente da fuori la palude non si vedeva nulla, ma appena messi i piedi nel territorio palustre, era possibile scorgere a pochi metri, una catapecchia immersa in uno strano alone misto giallo e verde.
    E per far sì che nessuno potesse sbagliarsi, aveva piantato all'ingresso della palude, un cartello con scritto "SANJURO" e una freccia disegnata nel cartello, anzi, incisa; che indicava l'abitazione dello strano ninja.


     
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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto I
    Fetido anfratto

    Continua da qui.
    Di ritorno dall'amministrazione trovai il Palazzo Kenkichi esattamente come l'avevo lasciato: vuoto e polveroso. Le anime di Kotetsu bara erano ancora in viaggio e non avrei potuto contare sul loro sostegno in quella mia ancestrale missione. Avrei dovuto, nuovamente, ripercorrere i passi dei Capoclan, seguire la storia fin dalle sue prima origini, rincorrere il gomitolo del tempo come un felino divertito. Non mi sarei certo chiamato fuori da una situazione così interessante e pericolosa; avrei dovuto però intraprendere quella strada da solo, senza Saruhyondo, senza la mia Lama Insanguinata. L'essere un Guerriero del Sangue non sarebbe stato così utile senza la mia spada, le mie conoscenze genetiche ed il peso della peculiarità delle mie oscure radici sarebbero state un contorno sfumato finché non avrei ritrovato colei che da anni ormai era parte fondante della mia persona.
    Passai il pronao del palazzo, spalancai l'enorme portone d'ebano ed accesi la luce nell'ingresso. Il silenzio regnava sovrano e, per una volta, ne ero davvero contento. Mi voltai verso sinistra e mi incamminai verso quella che era la sala da pranzo, uno stanzone magistrale e regale di cui io soltanto godevo da numerosi anni. Apparecchiai il mio solito posto a capotavola, presi una bottiglia di buon vino rosso ed accesi il fuoco. Nel frattempo, in cucina, avevo messo a cuocere un saporito brodo di carne, accompagnato da qualche verdura di stagione. Mentre aspettavo che il cibo fosse pronto, tornai nell'atrio e salii la scalinata che avevo dirimpetto, andando senza esitazione al piano superiore, verso le mie stanze, dove era necessario che mi mettessi comodo: mi levai con la solita ritualità le bende che posi nella loro miscela d'acqua e sali per far sì che non perdessero la loro duttilità, posai i vestiti nell'armadio e il cappotto cerimoniale sul suo busto. Estrassi una vestaglia porpora dall'armadio e la portai con me nella bagno adiacente alla mia stanza. Una doccia calda era tutto ciò che ci voleva prima di un buon pasto ristoratore e di una sana dormita.
    Quel che seguì fu la pace dei sensi e la solitudine beata di un'uomo che era concentrato solamente nel raggiungere la mattina seguente.

    [...]

    La mattina seguente mi svegliai così presto che quando il sole giusto si intravedeva dietro le montagne in lontananza, io ero già in viaggio verso le paludi nel Nord della città. La testa era sgombra di pensieri, il corpo rifocillato e le gambe leggere: niente avrebbe potuto fermarmi, mi sentivo potente come non mai! Anche il clima era piacevole, il vento era leggero e tagliente, come solo a Kiri sapeva soffiare, ed il sole che iniziava a filtrare tra le nuvole vigoroso e caldo. D'un tratto, sul mio cammino, trovai una carrozza che veniva in direzione opposta, a tutta velocità, con un nocchiero decisamente impaurito e bianco in volto, vestito di stracci e con una camicia a quadri decisamente usurata ed intinta nel sudicio di anni. Quando mi vide scese immediatamente dal suo mezzo, mi corse contro e prendendomi per le spalle - cosa che gli lasciai certamente fare, pareva un innocuo villico - mi disse: « E' tornato! Lo Sciamano è tornato, quella palude è maledetta! » continuando poi la sua corsa forsennata a piedi, lasciando lì davanti a me la carrozza. Rimasi fermo qualche istante, interdetto, con un enorme punto interrogativo sulla testa. Quando poi ebbi la certezza che l'uomo se ne fosse andato feci spallucce e saltai sulla carrozza che mi era stata lasciata lì accanto: avevo trovato un mezzo con cui dimezzare i tempi di percorrenza, perché mai avrei dovuto gettare alle ortiche una possibilità di quel tipo?
    Mi ci volle qualche manciata di minuti per ritrovarmi nella più fitta vegetazione, così fitta che neanche il forte sole ormai sorto di quella bella giornata riusciva a penetrare. Rallentai il passo del cavallo che trainava la carrozza, e lentamente mi addentrai all'intero di quel viscidume maleodorante. Intravidi una forte luce verdastra provenire da dietro alla folta vegetazione, quindi proseguii in quella direzione. Scostata la pianta più grande distinsi nettamente una casa quasi del tutto inabissata ed un piccolo sentiero in legno che vi portava. In quell'istante però, senza accorgermene, la ruota del carro montò su una sorta di banchina, quella che appunto portava all'ingresso della casa, facendo destabilizzare la carrozza che proseguì qualche metro su due ruote finché non cadde su di un fianco, liberando il cavallo e arenandosi nella fanghiglia. Io ero riuscito a saltare prontamente giù dal mezzo grazie ai miei buoni riflessi e ad atterrare, sicuro, sul pontile ma non potei fare niente per salvare il carro e trattenere l'animale. Il Carro subito sprofondò per tre quarti nel tetro liquame di quella palude. Davanti a me, un cartello in legno molto spartano che, con una grande freccia su di esso incisa, recitava semplicemente "SANJURO". Seguii la modesta indicazione ed arrivai alla porta obliquamente disposta di quella casa, mezza inabissata nella palude. Diedi due forti bussate prima di cercare anche con la voce l'uomo: « Sciamano, mi manda il Mizukage! » avrei detto, prima di bussare una secca, terza, ultima volta.




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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    La Via della Spada




    Alla terza bussata, una testa apparve da sopra il tetto malconcio della casupola. Lo sciamano guardò in basso e si rivolse all'uomo bendato che era fermo davanti alla sua dimora. Lo fissò per qualche attimo e poi gli tirò in testa una lattina di fagioli vuota, sparendo di nuovo.
    Pochi istanti dopo, Sanjuro aprì la porta di casa ed uscì, facendo spostare il visitatore e chiudendosi la porta alle spalle.
    Agghindato con il suo solito gonnellino da sciamano, ciabatte infradito e una maschera di legno con dei rametti attaccati, l'uomo, tramite dei segni casuali con la mano, indicò al Kenkichi di seguirlo; quindi con Gassan in mano, il suo fido compagno bastone, si allontanò verso il retro della casupola.
    Se Keiji lo avesse seguito, avrebbe sentito l'uomo parlargli del più e del meno, senza rispondere direttamente a una sua eventuale domanda.

    - Forza forza ragazzo, vieni, abbiamo un lavoro da fare e a te serve una spada, so tutto, andiamo. -

    Avrebbe detto lo sciamano, sparendo lentamente nel fitto della palude dietro alla casa, lungo il pontile di legno. I due avrebbero proseguito per una ventina di minuti, con la sola compagnia delle rane, dell'aria che fischiava tra le fronde marce, della puzza e del suono dell'acqua calda che gorgogliava nel putridume. La passeggiata ebbe termine in un piccolo spiazzo del pontile, una piazzetta di un paio di metri di lato, nel mezzo della palude, così fitta da non vedere le luci della città, quasi sotto le mura del villaggio. In quel luogo, era presente un oggetto particolare, formato da due colonne di pietra piuttosto sottili, alte circa un metro e 60. In mezzo ad esse era presente una intercapedine nella quale poteva essere collocata una tavola di legno di grandezza variabile.




    Sanjuro si sarebbe quindi appollaiato sopra alle due colonne, dopo aver inserito una tavola di legno dentro all'intercapedine, legno che aveva opportunamente preparato prima dell'arrivo del Kiriano. Quindi, usando il suo bastone, avrebbe fatto cenno all'uomo di avvicinarsi al marchingegno di allenamento, e avrebbe spiegato la situazione.


    - Il Mizukage spiegato già mi ha la tua situazione. La spada hai smarrito. Io ti insegnerò a fare in modo che nessuna spada ti sia mai portata via, vieni ragazzo vieni, vedi questo legno? Poni la tua mano appoggiata su di esso, toccandolo con la punta delle dita, quindi colpiscilo. Niente chakra, solo il tuo pugno. Appena sarai riuscito a bucare la tavola, ti porterò in un luogo, dove potrai trovare un'antica spada, dimenticata da molti, con la quale eseguire il compito che assegnato ti è stato. -

    Probabilmente Keiji non aveva il minimo bisogno di allenarsi a rompere legno con le mani, ma gli sciamani si sa, hanno un metodo tutto loro per fare le cose, e secondo questo sciamano, rompere quella tavola era un requisito fondamentale per raggiungere il cuore della palude e recuperare questa fantomatica spada. Se Keiji avesse avuto la pazienza e la dedizione per applicarsi, sarebbe stato in poco tempo, il proprietario di un'arma assai potente, con la quale avventurarsi nel luogo che custodiva una vera spada Kenkichi, con la quale recuperare un giorno la sua. Nella visione mistica di Sanjuro, Keiji aveva smarrito la sua spada poichè egli non ne era ancora del tutto degno. Si era abituato alla potenza del suo clan e della sua arma, ed era entrato in comunione con lo spirito della spada, ma non con l'oggetto in sè. Al temine della loro gita, Keiji avrebbe potuto impugnare una lama e colpire un filo d'erba senza tagliarlo, e tagliare una pietra con un filo d'erba.

    - La spada ragazzo, dentro di te si trova. -

    Ovviamente Sanjuro lo avrebbe colpito sulla testa con il bastone ogni volta che lui si fosse fermato a riposare, o se avesse esitato, per il bruciore della mano che prima poi avrebbe iniziato a spellarsi e a fare sangue. Quello che Sanjuro non aveva volutamente detto a Keiji, era che quel legno non era semplice legno, ma un tipo particolare molto reattivo al chakra; così reattivo, che se fosse entrato in contatto con esso, sarebbe istantaneamente marcito, diventando burro e cadendo a terra a pezzi. Se quindi Keiji avesse imbrogliato, tentando di usare poco chakra, abbastanza da non farsi notare per rompere prima il suo ostacolo, sarebbe stato punito con la rivelazione del suo inganno. Se il kiriano avesse scelto la via facile, la via veloce, lo sciamano lo avrebbe salutato, e sarebbe tornato a casa sua, negandogli il suo aiuto. Per sempre.


    [Il legno è resistente alla tua energia, la sua resistenza ti rende come un umano normale che cerca di spaccare a pugni una tavola spessa 4 cm. Spellati e sanguina <3]
     
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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto II
    Terrificanti congruenze

    Alla mia terza bussata, uno strana testa apparve da sopra il tetto di quella casupola semi-sommersa, testa che, con occhi straniti, mi fissava senza proferire parola. Stetti anche io in silenzio, ricambiando lo sguardo fisso: quella figura era estremamente bizzarra ma se poco prima del mio arrivo in amministrazione anch'egli era dinnanzi al Kage di Kiri e se poi quest'ultimo, per risolvere i miei insormontabili problemi, me ne aveva consigliato il coinvolgimento, voleva necessariamente dire che la sua figura ricopriva un ruolo di spicco all'interno della politica kiriana.
    Eppure, mentre facevo tutte queste mie elucubrazioni mentali, quell'essere mi lanciò una scatoletta di qualcosa dalla posizione in cui si trovava. D'istinto mi spostai piegando leggerissimamente il corpo ed il busto, col mio solito atteggiamento volto a minimizzare le forze in fase difensiva, e la lattina mi sorpassò il volto senza colpirmi. « Adesso ho la certezza che questo tizio non ci stia tutto con la testa. » pensai, mentre un sinistro scricchiolare di legno marcio preannunciava l'uscita dell'uomo dalla sua dimora: una maschera ambigua come il comportamento di quell'uomo si affacciò prima del restante corpo. Sotto di essa si intravedevano dei capelli argentei e degli occhi glaciali. La corporatura dell'uomo era minuta ed il fisico asciutto lasciava molto a desiderare: eravamo una stranissima coppia, uno accanto all'altro, chi copriva la maggior parte del suo volto con bende e chi invece molto meno attraverso un bizzarro calco facciale.
    Senza dilungarsi in inutili parole, l'uomo tirò dritto dall'uscio della sua abitazione - il che mi costrinse a spostarmi - e con strani gesti delle proprie mani nel cielo parve volermi comunicare qualcosa. Non capii ma decisi di seguirlo, visto che non pareva volersi fermare. « Sciamano, posso almeno chiederle dove stiamo andando? » dissi, mentre giravamo intorno alla casa, portandoci sul suo retro. L'uomo alla fine aprì bocca ma fu soltanto per esprimere un parere sul tepore del tempo del giorno corrente. Guardai verso il cielo, facendo spallucce, un po' scioccato da quella situazione: non potevo tuttavia andarmene e lasciare quel pazzo nella sua palude, un atteggiamento del genere avrebbe sicuramente indispettito Itai e non mi sarei mai potuto permettere un altro errore. Continuando a parlare della sua giornata tipo, lo sciamano, entrando in una zona paludosa più coperta dalla vegetazione, si rivolse per la prima volta coerentemente al sottoscritto. « Forza forza ragazzo, vieni, abbiamo un lavoro da fare e a te serve una spada, so tutto, andiamo. » disse, ritornando poi a parlare dei suoi affari. Che il Kage lo avesse già informato? Tanto meglio, meno fiato da sprecare. Infilandomi in quella vegetazione putrida e puzzolente, schivando zone putrescenti e disgustose con i piedi, la mancanza di Saruhyondo si fece ancora più intensa, non avendo niente a disposizione per tagliare le fronde che continuamente lo sciamano, spostandole, lasciava che frustassero il mio volto.
    Dopo una ventina di minuti circa di cammino ci trovammo in una sorta di piazza molto piccola, immersa nella palude. Potevo scorgere le mura del villaggio a pochi metri dalla nostra posizione, ma nonostante questo la luce filtrava a fatica tra le piante, lasciando a quel luogo una illuminazione quasi surreale. Nella piazza vi erano due colonnine di pietra abbastanza sottili, alte poco meno dello sciamano. Quest'ultimo si chinò andando a prendere una tavola di legno che aveva nascosto sotto un paio di foglie e la inserì dentro delle intercapedini - che ad una prima occhiata non avevo notato - tra i due paletti in pietra. Lo sciamano salì poi su questa strana costruzione, proferendo nuovamente parole sensate. « Il Mizukage spiegato già mi ha la tua situazione. La spada hai smarrito. Io ti insegnerò a fare in modo che nessuna spada ti sia mai portata via, vieni ragazzo vieni, vedi questo legno? Poni la tua mano appoggiata su di esso, toccandolo con la punta delle dita, quindi colpiscilo. Niente chakra, solo il tuo pugno. Appena sarai riuscito a bucare la tavola, ti porterò in un luogo, dove potrai trovare un'antica spada, dimenticata da molti, con la quale eseguire il compito che assegnato ti è stato. » Un dolceamaro sorriso, coperto dalle mie bende ma pur sempre visibile sotto di esse, si stampò sul mio volto: come tutto ebbe inizio, così iniziava tutto quel che avrebbe portato alla fine - o almeno lo speravo. Il Flagello mi costrinse ad abbattere a mani nude la porta che mi avrebbe poi messo alla mercé del Comandante del forte: adesso dovevo abbattere una mole molto minore, tuttavia senza utilizzare chakra. Bhè, non che potessi, considerando i risvolti negativi che di solito ottenevo quando volevo potenziare la forza del mio pugno. Chinai la testa, a quel punto, senza dilungarmi, neanche io, in inutili discorsi, iniziando a riscaldare le dita aprendo e chiudendo nevroticamente le mani. La gamba destra si portò circa mezzo metro indietro, distesa, col piede che guardava comunque avanti, lasciando che sulla sinistra, adesso leggermente flessa, gravasse tutto il peso. Il braccio destro si portò prima sul fianco mentre il sinistro stava alto, più o meno all'altezza della spalla, in guardia, poi si allungò leggermente verso la tavola dove appoggiò le dita per preparare il breve percorso necessario al colpo. I miei occhi nuovamente si aprirono e le dita si chiusero sul palmo, correndo assieme alla mano, poi, sulla tavola di legno: il primo cazzotto fu sferrato. Il suono sordo del legno che ne scaturì dimostrava la sua robustezza e presagiva dolore per le mie nocche ma questo era il comando che avevo ricevuto e niente mi avrebbe deconcentrato dal mio obiettivo. Aprii nuovamente le dita le ricaricai il secondo pugno: la spalla seguì il braccio nel minuscolo tragitto, aumentando la potenza del colpo ma sporcandone l'esecuzione. « La spada ragazzo, dentro di te si trova. » disse lo sciamano, mentre mi esibivo nell'esercizio impostomi. Da quando si era seduto su quella tavolette aveva iniziato a parlare in modo strano ...
    Il terzo pugno tinse di rosso la tavoletta ed una piccola smorfia di dolore comparve sotto le bende. Mi guardai la mano, cercando di capire quale nocca si fosse sbucciata, come correggere il colpo prima di continuare sulla ferita; una bastonata mi colpì alla sprovvista sulla testa, rintronandomi non poco. « Maledetto pazzo! » pensai, capendo il messaggio che lo sciamano mi stava trasmettendo: niente distrazioni, costanza. Ripresi quindi la posizione e continua a colpire ripetutamente la tavoletta. Il respiro seguiva i movimenti, il diaframma si gonfiava a dismisura, riempiendo il petto d'aria fetida ma necessaria, le pupille erano sempre più piccole, immobili su quel fisso punto della tavoletta. La mano prima semplicemente sbucciata ad ogni colpo veniva dilaniata da quel legno incantato ed il sangue dapprima solo superficiale diventò stilla, goccia e poi pelle della mia mano ad ogni punto. Al quindicesimo colpo un sinistro <i>"crack" mi suggerì che stessi percorrendo la strada giusta. Feci l'errore di compiacermene e lo sciamano mi bacchettò una seconda volta. I suoi colpi non erano né forti né veloci, era palese che fossero soltanto rivolti a rimettermi in riga e non a ferirmi ulteriormente. A dir la verità, forse, erano troppo poco forti e troppo poco veloci.
    Il sedicesimo pugno mi procurò estremo dolore, ma non fu l'ultimo né aveva l'intenzione di esserlo: la pelle abrasa, il le ossa doloranti, i tendini ed i muscoli sfiniti della mia mano non si sarebbero arresi. Il rumore del legno che cedeva si fece più forte. Il diciassettesimo pugno suonò meno sordo, il diciottesimo, infine spezzò definitivamente la tavola al centro con una lunga spaccatura frastagliata che divideva in due il pezzo di legno. Lo strano personaggio, forse, non si rese conto per tempo della situazione - ed a dir la verità forse il suo peso aiutò il fattore "tempo" dell'esercizio - ma la tavoletta si spezzò sotto il suo sedere facendolo, rocambolescamente cadere a terra.
    Scossi un po' la mano dolorante al vento, facendo schizzar via gocce di sangue, macchiandomi un po' le vesti. La stessa cremisi mano poi, la allungai verso l'uomo ed il suo bastone, come a volergli dare una mano ad alzarsi. « In tutto questo trambusto non ci siamo ancora presentati. Io sono Keiji Kagome ma suppongo che il Mizukage le abbia detto anche questo. »




    Legenda


    Narrato
    « <i>Citato!
    »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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    La prova, fare o non fare



    Mentre il non più giovane Kiriano colpiva la tavoletta, Sanjuro poteva sentire l'impegno che impiegava, e le brutte emozioni abbandonare il suo corpo. Lo sciamano annuiva soddisfatto, poichè tramite quell'esercizio, Keiji stava tornando alla base dei suoi addestramenti, per ricordarsi l'umiltà di essere un combattente, e soprattutto dava il ritmo a Sanjuro che si esercitava mentalmente col sudoku. Sull'ultimo pugno, la tavoletta si ruppe, e lo sciamano, preso dai suoi numeri, cadde a terra capitombolando e annodandosi nella sua stessa gonnella, permettendo al ninja di vedere chiaramente il suo clamoroso perineo durante la caduta. Una scena che si sarebbe impressa per sempre nella mente del Kagome, peggio di un fuinjutsu. Una volta di nuovo in piedi, e con Gassan usato per sorreggersi, nonostante non ne avesse alcun bisogno, Sanjuro rispose alla domanda del ninja.

    - Sanjuro io sono, lo sciamano che trovare dovevi. Comunque, Mizukage? Quale Mizukage? -

    E riprese a camminare dondolando e muovendo i piedi come se stesse evitando di pestare delle uova. Voltandosi di tanto in tanto per fare cenno al ninja, che forse era più vecchio di lui, di seguirlo. La coppia avrebbe ripreso a camminare sulle passerelle di legno marcio per un'altra decina di minuti, infilandosi sempre di più nel centro della palude, arrivando ad una zona dove erano presenti alcuni alberi piuttosto alti, composti da liane.
    Le piante formavano una sorta di cerchio con al centro un laghetto palustre, pieno di guano, acqua marcia, ninfee ormai stantie e fango. Tanto fango.
    Sanjuro arrivò sul bordo del laghetto palustre, indicando le liane a Keiji.

    - Vedi quelle? Per il tuo obiettivo, quelle sono. Scala le liane fino in cima. Un forziere troverai, lì si trova dall'alba dei tempi. Questi alberi rigettano il chakra, dovrai scalare, o lo spirito della spada non ti riterrà degno. Una volta in cima, trova il forziere sulla cima degli alberi palustri, e fallo cadere in acqua. La palude lo sbloccherà dalla sua antica magia, e potrai recuperare la spada. Essa è nascosta nel forziere, ma niente può aprirlo, solo il fondale della palude riuscirà a sbloccare il sigillo. Falla cadere, si, cadere, e una volta sul fondo, recuperalo. -

    Ti farò trovare un asciugamano e un pasto caldo, per quando avrai finito.

    Niente di più facile quindi, la rivincita di Keiji era a portata di liana. Non doveva fare altro che scalare le piante palustri, trovare un mistico forziere, volarlo in acqua, farlo arrivare sul fondo, e poi recuperarlo per aprirlo. Niente di più facile. Le piante erano umide, appiccicose, e alte circa 6-7 metri. L'acqua era limacciosa, piena di schifezze, limpida come l'acqua di fogna, e fonda circa 5 metri. Quando avesse portato il forziere sul piccolo molo di legno, avrebbe finalmente avuto la sua spada.


     
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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto III
    La spada nella roccia nelle liane

    Volevo con tutto me stesso rompere quella dannata tavoletta, lo volevo così tanto che non passò molto prima che ci riuscissi. Saruhyondo era la priorità e se avessi dovuto spellarmi le mani fino a mostrare le ossa vive, fino a strapparmi ogni singolo tendine, fino a strappare ogni singolo muscolo l'avrei fatto. Ma la punizione fu molto, molto più denigrante. La tavoletta si frantumò e lo sciamano - che aveva palesemente la testa da un'altra parte - cadde a terra rovinosamente, facendo sollevare il suo gonnellino. Purtroppo per me l'uomo non portava nessun tipo di intimo. Le sue zone intime presero una potente boccata d'aria, mostrandosi in tutto il loro lerciume paludoso. Un conato di vomito salì prima che riuscissi a porgere la mano e quando mi girai l'uomo era già in piedi col suo fido bastone. Mi ricomposi mentre rispondeva alla mia presentazione. « Sanjuro io sono, lo sciamano che trovare dovevi. Comunque, Mizukage? Quale Mizukage? » Terminata la frase si girò subito, incamminandosi ancora più in profondità della palude, a gambe larghe, quasi come se stesse evitando di pestare qualcosa. Nell'insicurezza e nella ignoranza di quel luogo imitai il suo movimento, portandomi le mani sul passante dei pantaloni al fine di sollevarli mostrando le caviglie, cercando di non sporcarli.
    Ogni tanto l'uomo si voltava, come se stesse controllando se fossi ancora lì o meno - forse non era neanche lui tanto sicuro di ciò che stavamo facendo - mentre percorrevamo quelle passerelle di legno marcio e piene di muschio, senza però proferir parola, continuando a gesticolare come un pazzo furioso. Chissà perché il Kage mi aveva mandato proprio da lui. Dopo qualche minuto di camminata ci trovammo in una specie di laghetto palustre che emanava un fetore ai limiti della sopportazione umana, sopra il quale una fittissima vegetazione di alberi e liane sembrava creare una terrazza soprelevata. Sanjuro indicò quest'ultima e mi rivolse, ancora una volta parlando in modo decisamente peculiare, queste parole: « Vedi quelle? Per il tuo obiettivo, quelle sono. Scala le liane fino in cima. Un forziere troverai, lì si trova dall'alba dei tempi. Questi alberi rigettano il chakra, dovrai scalare, o lo spirito della spada non ti riterrà degno. Una volta in cima, trova il forziere sulla cima degli alberi palustri, e fallo cadere in acqua. La palude lo sbloccherà dalla sua antica magia, e potrai recuperare la spada. Essa è nascosta nel forziere, ma niente può aprirlo, solo il fondale della palude riuscirà a sbloccare il sigillo. Falla cadere, si, cadere, e una volta sul fondo, recuperalo. Ti farò trovare un asciugamano e un pasto caldo, per quando avrai finito. » In quel momento non sapevo se avessi più il terrore di finire in quella melma mangiacarogne di cui era composto il lago oppure di gustarmi, una volta finito lo sforzo, un pasto caldo cucinato da Sanjuro ... dovevo però concentrarmi sul mio obiettivo e lasciare i brutti pensieri alle mie spalle. D'istinto, scattai verso un albero lì presente, esibendomi in un fantastico gesto atletico, cercando di usarlo per saltare più in alto possibile ed agganciare le liane ad una altezza decente per poter dimezzare le fatiche: un ninja è anche intento, oltre che mera forza fisica! Con prepotente forza mi poggiai alla pianta e saltai: l'eccessiva forza fece scricchiolare l'albero che si incrinò e mi fece perdere l'equilibrio. Riuscii ad afferrare al volo una liana ma la grande spinta dovuta allo slancio la spostò con foga eccessiva ed essa si spezzò, facendomi precipitare immediatamente in quella schifosa fanghiglia. « Meglio rimanere coi piedi per terra. No, aspetta, non posso farlo ... » pensai mentre, con un paio di bracciate in quell'acqua limacciosa tornai alla banchina. Non volli guardare Sanjuro per evitare di constatare quale fosse stata la sua reazione dopo la mia magra figura, subito infatti mi tirai su e afferrai, senza saltare né provare strane acrobazia aerobiche, una liana che mi pendeva davanti al muso ora sporco e puzzolente. Il candore delle mie bende da battaglia era perso, doveva rimanere intatto però quello dell'intento: lentamente, cercando di muovermi il meno possibile su quella liana, una bracciata alla volta, mi allungai verso l'alto. Ancora salii su quella stessa liana di qualche metro per poi trovarmi invischiato in mezzo a dei rami di un albero adiacente. Lentamente ondulai un poco e mi spostai saltando su una liana lì accanto. Sembravo Son Goku. Alzai la testa verso l'alto e notai subito la strada libera che mi si parava davanti. Con un piccolo sorrisetto e con non poco sforzo, cercando sempre di far muovere il meno possibile quel filo vegetale, arrivai fino alla cima.
    « Ed adesso come salgo? » Riuscii a stento a far passare la testa dentro quegli arbusti, intravedendo un piccolo scrigno a circa sei metri di distanza. Scesi di nuovo con la testa e nel buco appena creato infilai il braccio cercando di aggrapparmi a qualcosa di più solido. Trovai una liana più dura, quasi avente corteccia e potei poi cercane un'altra con l'altro braccio libero. A quel punto, un po' di sforzo sui deltoidi e sul dorso e mi tirai su, poggiando le ginocchia su quella nuvoletta di arbusti. Con passo leggero cercai di raggiungere lo scrigno, stando attento a dove mettevo i piedi e cercando di evitare di cadere di sotto e ricominciare tutto da capo nuovamente. Con mio estremo stupore andò tutto liscio. Appena presi il forziere, però, le liane sotto di me cederono e caddi rovinosamente, ancora, nella melma putrida. Mi ricordai le parole dello sciamano, quindi cercai semplicemente di stendermi il più possibile, cadendo "a candela", di modo da scendere immediatamente nel fondale del lago. Lo scrigno era a pochi passi davanti a me, però sarebbe sceso molto più lentamente del sottoscritto, dati i corpi estranei presenti nell'acqua.
    L'impatto fu terribile: non tanto per il volo, anzi, quello fu decisamente il meno, quanto per l'idea di riuscire a puzzare ancor più di quanto non puzzassi già prima, per l'idea di dover poi lavare il cappotto cerimoniale. Appena sentii il terreno sotto i miei piedi mi piegai, cerando di rimanervici il più attaccato possibile. Allungai le mani, sperando che lo scrignetto cadesse lì vicino. Furono i secondi più interminabili della mia vita: il silenzio di quell'acqua, il fatto che non vedessi niente e che fossi disarmato, poi, mi mettevano il terrore di poter fronteggiare qualche animale anfibio strano - dati gli abitanti di quella palude non ci si dovrebbe sorprendere di niente, in questo senso. Infine il baule mi sfiorò le dita, io lasciai che cadesse e che toccasse il fondo, così da permettere a quella palude di sbloccare la sua serratura protetta dal sigillo. Infine lo presi e con un forte sforzo, cercai di nuotare ancora verso la superficie. Uscii a prendere fiato appena in tempo. « Argh, ecco qua. » dissi, ponendo il sacro oggetto sul pontile. Per la seconda volta mi tirai su da quell'acqua ma adesso con l'ansia di sapere quale mai spada potesse contenere quel prezioso contenitore di legno: stavo morendo dalla curiosità di sapere quale oggetto mi avrebbe riavvicinato alla riconquista di Saruhyondo. « Allora, Sanjuro, apriamo questo forziere? A te l'onore. »




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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    La rivelazione del ramoscello



    Il guerriero si impegnò anima e corpo nel compito richiesto dallo sciamano. Ovviamente lo scrigno non aveva il minimo bisogno di essere volato nello stagno, ma Sanjuro si era convinto del contrario. Fu lui infatti, molto tempo prima, quando si era stabilito nella palude, ad apporre il contenitore di metallo e legno sulla sommità delle piante palustri, nascondendo dentro di esso un manufatto dall'incredibile potere, che aveva rinvenuto quando era tornato a Kiri. Dopo alcuni tentativi, e più di uno splendido tuffo, Keiji tornò a riva trascinandosi dietro lo scrigno; era riuscito nell'intento, e aveva con sè molto più di un semplice contenitore, ma anche una grande quantità di liquami, fango, e zanzare che gli giravano attorno. Immediatamente Sanjuro gli allungò una scatoletta di zuppa di fagioli molto calda, con dentro una forchetta di legno; impossibile dire da dove l'avesse tirata fuori e come l'avesse riscaldata senza mai allontanarsi da quel posto, ma il contenuto era assolutamente edibile e persino di ottimo sapore; certo, una volta tirato fuori quello zanzarone che doveva essere caduto nella zuppa per poi morirci dentro. Una volta che lo spadaccino avesse preso la scatoletta di cibo dalle mani dello sciamano, questo si sarebbe sfilato la gonnella con un rapido movimento, tirandola a colombella addosso al ninja, restando completamente nudo, tranne che per la maschera, e le ciabatte.

    - Ecco a te ragazzo, asciugati da tutto quel fango. -

    Quindi senza pensarci due volte, si avvicinò con passo sgangherato verso il baule, e iniziò a chinarsi sulle ginocchia per imprimere più forza del movimento e aprire il baule. La posizione, oltre che terrificante per via della nudità dell'uomo, causava un serio avvicinamento del suo "sacchetto" alle assi del pavimento, causando una sorta di effetto "campana dondolante" che stava per strusciare a terra.
    Finalmente, con un tonfo sordo, il contenitore si aprì, e Keiji avrebbe potuto vedere lo sciamano recuperare qualcosa dal suo interno, senza però rendersi conto immediatamente di cosa si trattasse, dato che l'uomo, sebbene fosse gobbo ma non certo di corporatura esile, gli stava coprendo la visuale. Sanjuro inspirò profondamente, come a testimonianza dell'incredibile manufatto che aveva appena recuperato e che ora giaceva tra le sue mani.

    - Ahhh ecco qui. Spero tu sia in grado di carpirne il potere giovanotto, non si scherza con un'arma del genere. -

    Quindi si voltò verso il kiriano, mostrando un lungo ramoscello tra le sue mani, grande circa come una wakizashi. Non un bastone, non era lavorato; ma proprio un ramoscello, come se fosse stato strappato da un albero qualche giorno prima, tanto che in alcuni punti era ancora presente la corteccia, e alcune ricrescite arboree erano presenti sotto forma di minuscoli rametti più piccoli, con persino delle foglioline sporgenti. Insomma, un ramo.
    Prevedendo lo scetticismo del ninja che aveva davanti, Sanjuro aveva già preparato una scappatoia. Dopotutto non tutti gli uomini sono in grado di comprendere il grande disegno del misticismo, ed è normale che quello che a lui sembrava un'arma micidiale, agli occhi di un uomo comune, poteva sembrare un semplice rametto. Quindi per evitare di dilungarsi in discussioni che il Kagome comunque non avrebbe compreso, si limitò a dimostrare al ninja la potenza incommensurabile dell'arma che aveva tra le mani, usandola per colpire assai delicatamente un masso presente lì accanto, che subito si sarebbe separato quasi perfettamente a metà.
    Ovviamente il masso era già stato preparato precedentemente.

    - Il tuo vero addestramento solo ora comincia, sarai in grado di cogliere la vera essenza della Via della Spada? Se pensi di essere pronto a questa ultima sfida, devi disimparare ciò che hai imparato, prendi quest'arma, e nella caverna oscura incamminati. Ricorda, qualunque cosa tu troverai, non separarti dal motivo per il quale sei venuto qui. -

    Il significato di quelle oscure parole? E chi lo sa. Sanjuro restò immobile, nudo, indicando in una direzione particolare, verso un grosso albero cavo, nel quale era possibile scorgere chiaramente l'ingresso di una qualche oscura caverna che a giudicare dalla topografia, si snodava esattamente sotto un tratto di mura.
    Dentro la caverna, Keiji avrebbe trovato la sua più grande paura, e avrebbe dovuto combatterla, e sconfiggerla.

    [...]

    Quello che Sanjuro non aveva detto al Kagome, era che la pozza dove si era tuffato, era il posto dove lo sciamano stoccava e sperimentava in prima persona i suoi intrugli sciamanici. Nel giro di pochi minuti, Keiji si sarebbe sentito come un ragazzino che aveva appena finito di leccare i rospi dopo aver passato un'ora in una serra piena di incensi allucinogeni, modificando le sue sensazioni, il suo giudizio, e persino dandogli strane allucinazioni sensoriali. Giusto in tempo di entrare nella grotta, e il Kagome, praticamente dondolando e inciampando, senza però rendersene conto, avrebbe trovato una strana figura a bloccargli la strada. Ovviamente era Sanjuro, che aveva sgattaiolato tra le piante mentre il poveretto veniva colto sempre di più dagli effetti allucinogeni, e si era ritrovato nella grotta da un'altra entrata, bloccando il passaggio al Kagome.
    Keiji avrebbe visto lo sciamano come una strana versione dell'uomo che gli aveva portato via la sua spada, ma con una grossa maschera nera, ovviamente con un paio di occhi che emettevano fiamme, e con del fumo che usciva dalla bocca.
    Secondo le allucinazioni, il bastone di Sanjuro era ora una strana spada luminosa, anch'essa rossa, e se voleva tornare ad essere forte, avrebbe dovuto sconfiggere il nemico. [Le tue stat sono pari a una bianca, sei drogato, hai allucinazioni, e dondoli.]







    Edited by Jotaro Jaku - 25/2/2016, 12:43
     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Episodio IV
    Una nuova speranza †

    Nell'esatto momento in cui mi tirai su dal lago, dopo aver chiesto allo sciamano di aprire il baule, la testa iniziò a girarmi significativamente. Mi sentivo tutto sballottato, vedevo la vegetazione intorno a me muoversi vorticosamente come se il mondo intorno a me avesse iniziato una frenetica danza in cerchio. Sanjuro mi porse qualcosa, un barattolo che non riconobbi ma che quando afferrai, immediatamente lasciai cadere a terra. « Dannazione, vecchio, mi hai passato una pietra rovente o cosa? » dissi, smascellando vistosamente. Nell'istante in cui terminai la frase qualcosa mi toccò il viso. Avevo ancora lo sguardo per terra, mentre cercavo di distinguere cosa fosse ciò che lo sciamano vi aveva passato. Sentivo il volto riscaldato da un drappo tiepido ed umidiccio, forse uno straccio umido passato da Sanjuro come mi aveva promesso per togliermi i liquami e le nefandezze che quella palude mi aveva lasciate attaccate al corpo. Mi ci pulii bene il viso, passandomelo anche nei capelli, dietro le orecchie, sul collo ed infine, come si fa con una salvietta umidificato od un fazzoletto usato, lo gettai alle mie spalle, non curante del fatto che l'oggetto non mi appartenesse e, soprattutto, dell'acquitrinio. Sentivo il busto che spingeva all'indietro, come se stessi per cadere di schiena: le mie grandissime doti ninja mi permettevano, tuttavia, di rimanere saldamente in piedi - in realtà non avevo la benché minima idea di cosa stesse succedendo, mi sentivo un timido ubriaco. Davanti a me vedevo una piccola ma robusta macchia che si chinava e si muoveva in alto ed in basso sopra il forziere che avevo appena portato a riva. Poi le parole del prigioniero di genosha risuonarono nelle mie orecchie tanto importanti e maestose che la vista si rifocalizzò, il mondo rallentò il suo vorticare inarrestabile e tutto, come in un sogno, si cristallizzò in quell'istante, come in secolare ambra. La formidabile spada che attendevo per recuperare Saruhyondo era davanti a me: un vigorosissimo ramoscello strappato di netto da un albero, neanche rifinito, molto fine, duttile, del tutto inadatto anche semplicemente a reggere un sasso era il potentissimo oggetto per il quale Sanjuro mi aveva addestrato per interi giorni - non ricordo quanto durò effettivamente quel teatrino, anzi, lo so, durò troppo. Mentre digrignavo i denti come un cane in preda alla rabbia e stringevo le mani nevroticamente tanto da avere le vene sul dorsi di queste gonfissime e dure come nervi bovini, lo sciamano parlava - ed anche le sue parole suonavano astratte e piene di riverbero nella mia mente: « Ahhh ecco qui. Spero tu sia in grado di carpirne il potere giovanotto, non si scherza con un'arma del genere. »
    Un vulcano eruttò dal profondo della mia anima, un odio infinito ed incommensurabile filtrò sotto ogni centimetro quadrato della mia pelle, tutti i pori si dilatarono, come storditi e bastonati, da quella presa di giro cosmica. Ma poi accadde l'impossibile: Sanjuro si voltò e con estrema leggiadria e delicatezza, spaccò in due parti una roccia gigantesca accanto a noi semplicemente toccandola col ramoscello. Le braccia mi caddero lungo i fianchi, la bocca si spalancò finché non sentii distintamente la mandibola iperestendersi nell'articolazione con la mascella, quasi lussandosi. Gli occhi si spalancarono come quelli di una civetta in volo su di una preda: era davvero l'arma più potente che avevo mai visto. Mi buttai a terra in ginocchio, pregando con le braccia tese quell'arma, dicendo a gran voce: « SI PUO' FAAAAAAREEEEEE! » mi parve anche di sentire un tuono in lontananza. Subito dopo lo sciamano mi rivolse parola, nudo e soddisfatto: « Il tuo vero addestramento solo ora comincia, sarai in grado di cogliere la vera essenza della Via della Spada? Se pensi di essere pronto a questa ultima sfida, devi disimparare ciò che hai imparato, prendi quest'arma, e nella caverna oscura incamminati. Ricorda, qualunque cosa tu troverai, non separarti dal motivo per il quale sei venuto qui. » Mi alzai di scatto, barcollando nuovamente ed afferrando con un rapidissimo gestogiphy della mano destra la segretissima arma. Fu in quell'istante che, similmente a quanto accadde la prima volta che impugnai Saruhyondo, una voce mi penetrò nelle orecchie.

    Devi mangiare saette e cacare fulmini! Ti dovranno fermare coi lacrimogeni!



    Soddisfatto guardai la mia spada arborea e le sorrisi. Erano parole forti che avrebbero motivato chiunque, anche i più deboli. Ma stavo fraintendendo tutto.

    Dove cazzo stai guardando, imbecille? Sono qui!


    Ed era infatti così, ce l'avevo davanti: un arzillo vecchietto un po' rattrappito con tanto di coppola in testa ed apparecchio acustico mi stava davanti con un ghigno sul viso. Non avevo bisogno che si presentasse, sapevo benissimi chi fosse: era Ckymi il Possente, il Dio dei Pugni. Nessuno colpiva più forte di lui a mani nude e nessuno aveva più pugni nelle mani. Rimasi sconvolto a fissarlo, attonito, imbambolato.

    Reagisci, brutto figlio di puttana, perchè Ckymi è con te! D'accordo?


    Annuii subito velocemente, muovendo la testa in su ed in giù più e più volte. « Non fa male, non fa male!» dissi, mentre mi tiravo dei picchietti delicati a pugni chiusi sulle guance avviandomi all'ingresso dell'oscura spelonca indicatami dal saggio sciamano ignudo.
    Il buio era tutto intorno a me e Ckymi era sparito. Solo il silenzio ed il fruscio delle foglie del mio ferro che di ferro non era mi facevano compagnia. Poi dalla penombra avanzò una figura. Aveva un respiro pesante, affannoso, quasi metallico ma avrei riconosciuto quel corpo ovunque. Leggermente più basso di me, lungilineo ma massiccio, avvolto in un mantello e con una grande, lucida maschera metallica. Non avevo dubbi: era lui. «NONNO!» Urlai, mettendomi in guardia con la mia nuova spada. Lui non fece discorsi ed alzò la sua lama che, dalla sola elsa che era, divenne immediatamente furiosa luce rossa. Emanava un sinistro calore, un calore avvolgete che ti avvicinava, ti chiamava, ti cercava. Ma non mi avrebbe avuto quel giorno né mai - probabilmente. La coda del mio occhio, poi, intravide l'impossibile. Tutt'intorno a me, a cavallo, pronti, c'erano i miei compagni di una vita sotto l'emblema della casata Maeda. Ero circondato dai miei fratelli dell'Armata Fantasma. Avevo tutti i loro occhi puntati addosso: chiedevano a gran voce un mio discorso. Non li avrei delusi: « Siete venuti a combattere da uomini liberi, e uomini liberi siete: senza libertà cosa farete? Combatterete? Certo, chi combatte può morire, chi fugge resta vivo, almeno per un po'. Agonizzanti in un letto fra molti anni da adesso, siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l'occasione, solo un'altra occasione, di tornare qui sul campo ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita ma non ci toglieranno mai la libertà? » Fui travolto da uno scroscio di applausi ed urla estasiate di donne, dopo le quali seguirono i lanci di reggicalze e intimo tipici degli spettatori paganti di battaglie all'ultimo sangue. Chiusi gli occhi, cercando di far proprio tutto quell'onore e di concentrarmi sull'uccidere mio nonno. Quando li riaprii, non so bene come ma la voglia di sbudellare quell'essere aveva preso il sopravvento su qualsiasi cosa: dovevo nutrirmiLibido Sanguinis - Ryūketsu
    Villaggio: Kiri
    Posizioni Magiche: Nessuna
    L'utilizzatore viene ricoperto da piaghe su tutto il corpo; esse saranno inodori. L'utilizzatore entrerà in uno stato di frenesia, risultando stordito. In questo stato riceverà un bonus di +2 tacche in Velocità e Riflessi; può impastare ulteriormente chakra. Le piaghe causano un danno leggero alla vitalità ogni due round se l'utilizzatore non infligge danno o non attacca in corpo a corpo. Alla disattivazione della tecnica le piaghe scompariranno, ma non i danni causati dalle stesse. La tecnica non può essere disattivata prima di due round; mantenere attiva la tecnica richiede slot tecnica.
    Tipo: Taijutsu
    (Livello: 6 / Consumo: Basso - Mantenimento: ½ basso)
    [Da Genin in su]
    . Mi lanciai contro di lui a velocità inaudita, non mi ero mai mosso tanto elevatain vita mia, e bruciai quei pochi passi che ci separavano. Impugnando il bastone con la sola mano destar, cercai un fendente dal basso verso l'alto, dal fianco sinistro alla spalla destra imprimendo al tutto una buona velocità attraverso il chakra. [Slot Azione I]Forza: 100
    Velocità: 200
    Subito dopo, impugnando questa volta la spada con entrambe le mani, portai un colpo identico ma speculare e con traiettoria inversa cioè, dalla spalla destra al fianco sinistro, il tutto aiutato dal medesimo impasto di chakra. [Slot Azione II]Forza: 100
    Velocità: 200
    Come se non bastasse, cercai di portare un affondo al petto dell'avversario, cercando proprio il cuore con la medesima modalità già descritta, portano inoltre la gamba destra in avanti e caricando l'affondo con entrambe le mani all'altezza del fianco destro. [Slot Azione III]Forza: 100
    Velocità: 200


    Avrei scoperto solo alla fine di tutto questo di esser stato pesantemente drogato.




    StatisticheStatus
    Forza: 100
    Velocità: 150
    Riflessi: 150
    Resistenza: 100

    Agilità: 100
    Precisione: 100
    Concentrazione: 100
    Intuito: 100

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa I]
    [Slot Difesa II]
    [Slot Difesa III]


    [Slot Azione I] Fendente obliquo sx to dx.
    [Slot Azione II] Fendente obliquo dx to sx.
    [Slot Azione III] Affondo.


    [Slot Tecnica]
    Libido Sanguinis - Ryūketsu
    Villaggio: Kiri
    Posizioni Magiche: Nessuna
    L'utilizzatore viene ricoperto da piaghe su tutto il corpo; esse saranno inodori. L'utilizzatore entrerà in uno stato di frenesia, risultando stordito. In questo stato riceverà un bonus di +2 tacche in Velocità e Riflessi; può impastare ulteriormente chakra. Le piaghe causano un danno leggero alla vitalità ogni due round se l'utilizzatore non infligge danno o non attacca in corpo a corpo. Alla disattivazione della tecnica le piaghe scompariranno, ma non i danni causati dalle stesse. La tecnica non può essere disattivata prima di due round; mantenere attiva la tecnica richiede slot tecnica.
    Tipo: Taijutsu
    (Livello: 6 / Consumo: Basso - Mantenimento: ½ basso)
    [Da Genin in su]

    [Slot Tecnica]


    [Slot Gratuito]




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    Voce Ckymi



    OT/ Spero piaccia il nuovo layout da drogato. :zxc: /OT
     
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    Il terribile nemico



    Keiji doveva essere un uomo tutto d'un pezzo. Una di quelle persone che non si lasciano mai andare alle droghe, all'alcool, o ai funghi allucinogeni, che per Sanjuro rientrano tra i doni della natura. Infatti, uscito dalla pozza, risultò più drogato di uno scoiattolo, che per Sanjuro erano appunto i più drogati tra gli animali. Quando lo sciamano colpì la roccia con il ramoscello, il ninja bendato assunse una posizione tra il meravigliato e il devastato, era caduto nello scherzo. Non che fosse davvero un inganno, per Sanjuro non esistevano le bugie, solo metodi mistici per raggiungere risultati. Dopo una buona mezzora a parlare con sè stesso, infatti Keiji non se ne sarebbe forse accorto, ma restò immobile a sbavare in piedi per circa mezzora, mentre muoveva i pugni a caso, partì verso la caverna.
    Sanjuro rimediò una nuova gonnella, e lo raggiunse nella spelonca sotto le mura, dove, sbarrandogli la strada, cercò di mettere alla prova la rinnovata forza del Kiriano. Lo sciamano sperava che le droghe avessero reso Keiji più debole e lento, ma non aveva fatto i conti con le capacità dell'uomo, quindi, non solo non riuscì a parare in tempo i colpi, ma si prese delle bastonate roba da chiodi. Ovviamente Keiji non vide questo, secondo lui le spade dei due uomini si scontravano in aria creando scintille colorate e strani suoni elettrici, ma in realtà il povero mago di palude cercava di proteggersi col bastone, mentre il tipo drogato lo bastonava peggio del barbone in uno strano lungometraggio dove dei tizi vestiti di bianco trovano appunto, un barbone, e lo saccagnano di bastonate sotto un ponte. Forse Sanjuro aveva fatto un sogno del genere, anni prima.
    Inutili furono i tentativi di Sanjuro di placare Keiji a parole, infatti il Kenkichi riusciva solo a percepire suoni gutturali provenire dalla misteriosa maschera, come se sotto di essa fosse presente una sorta di caldaia.
    A quel punto, spinto più dalla disperazione per le bastonate, che da un vero e proprio metodo di allenamento, lo sciamano afferrò quello che poi si sarebbe rivelato un rospo, e lo lanciò verso Keiji per colpirlo in faccia [Vel 100], Seguito da un fungo gigante[Vel 100], una ghianda[Vel 100], una pianta di agave[Vel 100], un teschio di piccione[Vel 100], un sasso[Vel 100], un ramoscello[Vel 100], un libro di ricette di palude[Vel 100], un lingotto di muco di ragno del muschio[Vel 100], una foto di Akira vestito da donna[Vel 100], e per finire cercò di prenderlo a sua volta a bastonate, con dei continui, legnosi, e identici fendenti dall'alto verso il basso per colpirlo in testa. [Vel 100]

    Ovviamente, nella testa di Keiji le cose erano totalmente diverse, lo sciamano, che ora era un oscuro spirito guerriero, gli stava lanciando contro degli shuriken infuocati leggermente brillanti, che per lui potevano essere letali, e che avrebbe dovuto evitare come la peste, come un pugile si allena per evitare i pugni, mentre i fendenti erano continui, inarrestabili, e ignoranti attacchi di pura forza che non gli avrebbero lasciato scampo. E soprattutto, gli effetti delle droghe non sarebbero terminati ancora per un po'.
    Ma il momento più difficile per lo spadaccino, sarebbe giunto dopo l'interminabile serie di colpi portati con maestria ai limiti del concepibile. Infatti, l'oscuro figuro che gli si poneva davanti, ad un certo punto avrebbe rivolto la mano sinistra verso Keiji, chiusa a pugno, per poi aprirla in segno di benevolenza. I fendenti si sarebbero improvvisamente fermati, e il nemico si sarebbe rivolto a lui, rivelandogli queste parole.

    << KEIJI, UNISCITI A ME. DAMMI LA TUA SPADA, COSI' CHE IO POSSA FARNE UNO STECCHINO DA DENTI. OBBEDISCI, POICHE' IO SONO....IL FALEGNAME CHE RUBO' LA TORTA DI COMPLEANNO DAL VICINO DI CASA....DI TUO PADRE. >>



    La terribile rivelazione avrebbe scosso il Kenkichi? Sapere una simile verità cosa avrebbe causato dentro di lui? Si sarebbe arreso, avrebbe lasciato la sua spada come era successo con Jeral il Flagello? Come poteva semplicemente opporsi al suo destino, quando una così grama notizia gravava sul suo cuore? La sua vita era stata fino a quel momento una menzogna? Tutto il suo clan sapeva e lo aveva tenuto all'oscuro di quel terribile affronto?
    Ovviamente, nella realtà dei fatti, Sanjuro aveva rivolto ben altre parole allo spadaccino bendato:

    - Cretino ma cosa fai, smettila di bastonarmi, devi solo prendere una foglia di agave blu per eliminare l'effetto delle droghe, HO DETTO SMETTI DI BASTONARMI. -

    [Battitene degli slot, conta l'anima. L'ANIMA]


     
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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto V
    Ti sfido, figlio di puttana †

    Erano anni che non combattevo con tanto vigore e forza. La mia Spada, dopo il primo colpo incrociato con quella di mio nonno - che a ben guardarlo non pareva affatto mio nonno ma le sue parole furono inequivocabili - si accese anch'essa di un viola intenso. Anche le mie mani cambiarono colore, diventando più scure, nere, quasi come quelle di certi Sunesi del sud.
    Il sudore iniziava a calarmi sulla fronte, piccole gocce come rugiada mi marcavano la pelle non più giovane ed il calore delle lame elettriche rendeva tutto più difficile. Ad un certo punto, dopo aver sferrato un poderoso colpo, entrambi fummo schiacciati dalla forza dei nostri fendenti, con le spade davanti agli occhi; eravamo vicini, tanto che le parole mi uscirono di bocca da sole, sussurrate: « Il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre, perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.» Di rigetto, il mio nemico nonché parente diretto, rispose con un gutturale e metallico respiro affannoso. Era in difficoltà, anche se pareva più giovane di me - e questo sempre più mi faceva titubare sulla sua natura di padre di mio padre -, e sarebbe stato proprio a quel punto che avrei dovuto attaccarlo con tutte le forze che avevo in corpo! Con un calcio poderoso che tuttavia non sentii affatto, fui sbalzato lontano. Non feci in tempo a rimettermi in sesto, continuavo infatti a barcollare furiosamente, forse per colpa del calore delle spade che prosciugava le mie energie, ma l'uomo con la luccicante maschera color dell'ebano già mi stava minacciando con una rinnovata armatura ed armi terribili: degli infuocati shuriken pericolosissimi! « Ti sfido, due volte, ti sfido, figlio di puttana! » disse, quando con le sue dolci manine con cui era bravissimo a fare una succosissima torta di mele - quanto amavo quella torta, le calde domeniche d'estate nella sua tenuta in campagna! - partirono quegli oggetti infernali di morte diretti verso il mio volto. Istintivamente portai la mia spada luminescente davanti al volto, cercando di deflettere l'offensiva. Il colpo non solo fu riflesso ma anche rispedito al mittente con forza e velocità rinnovata. Ero certo che l'allenamento con quello sciamano mi stesse rendendo forte come non mai! Lo shuriken deviato colpì il mio avversario in pieno petto senza tuttavia scalfirlo affatto. Partirono altri colpi che io evitai saltando, rotolando, deviando come fatto col primo, strisciando sulle braccia, facendo rapide trazioni ad un ramo lì vicino, preparandomi il caffè ed infine liberando la mia pesante vescica ormai da troppe ore satolla. Erano tutte difese che sul momento mi parvero molto più che efficaci e lo furono, dato che nessuno di quei colpi mi trovò neanche una volta. Peccato che, senza rendermene conto, avessi consumato oltre metà della mia riserva di chakra. Finita quella scarica infernale, l'uomo tornò a combattere a stretto contatto con il sottoscritto, nuovamente vestito col suo fantastico mantello nero e quei circuiti elettrici sul petto che emettevano strani suoni e strane luci. I fendenti erano potenti e rapidi almeno quanto i miei ma sapevo che lui fosse ben più stanco del sottoscritto! Non a caso si fermò, puntandomi poi il pugno contro ed aprendo successivamente la mano, rivelandomi oscure novelle: « KEIJI, UNISCITI A ME. DAMMI LA TUA SPADA, COSI' CHE IO POSSA FARNE UNO STECCHINO DA DENTI. OBBEDISCI, POICHE' IO SONO....IL FALEGNAME CHE RUBO' LA TORTA DI COMPLEANNO DAL VICINO DI CASA....DI TUO PADRE. » Feci due passi indietro, barcollando, con piede tutt'altro che fermo. La mia faccia si contorse in una smorfia di dolore, mi presi poi il polso, guardandomi il moncherino - che non avevo ma che certo mi pareva di possedere: « NOOOOOOOOOOOOOOOOO! » gridai quasi urlando. Sentii la strana necessità di gettarmi giù da una passerella che desse verso il nulla, ma non potevo. Realizzai quindi che quell'uomo non fosse davvero mio nonno, che non erano le sue delicate manine a prepararmi la torta ma anzi, lui era il ladro che me le aveva portate vie quel triste giovedì notte del plenilunio solenne! (?) Non c'erano dunque più dubbi: Jeral, ora ricordavo chi fosse quel figuro, il Flagello immortale, mi stalkerava fin da quando non ero altro che un tenero bambino indifeso. Maledetto pedofilo.
    La mano riapparve e, concentrando tutta la rabbia che avevo nel corpo, tentai un ultimo, potentissimo colpo, concentrando quasi tutto il mio chakra nella forza poderosa dell'offensiva. Mi lacerai tutti i tendini ed i muscoli delle braccia, irrorando di potente flusso proveniente dal tantien, tutti i miei arti superiori: un colpo a martello dall'alto verso il basso aveva come obiettivo la testa e la maschera del mio tetro avversario. Non avrei perso un oggetto così potente, per niente al mondo.
    Il tempo e le forze stavano finendo, dovevo stendere, una volta per tutte, quell'impostore.




    StatisticheStatus
    Forza: 100
    Velocità: 150
    Riflessi: 150
    Resistenza: 100

    Agilità: 100
    Precisione: 100
    Concentrazione: 100
    Intuito: 100

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa I]
    [Slot Difesa II]
    [Slot Difesa III]


    [Slot Azione I]
    [Slot Azione II]
    [Slot Azione III]


    [Slot Tecnica]
    Libido Sanguinis - Ryūketsu
    Villaggio: Kiri
    Posizioni Magiche: Nessuna
    L'utilizzatore viene ricoperto da piaghe su tutto il corpo; esse saranno inodori. L'utilizzatore entrerà in uno stato di frenesia, risultando stordito. In questo stato riceverà un bonus di +2 tacche in Velocità e Riflessi; può impastare ulteriormente chakra. Le piaghe causano un danno leggero alla vitalità ogni due round se l'utilizzatore non infligge danno o non attacca in corpo a corpo. Alla disattivazione della tecnica le piaghe scompariranno, ma non i danni causati dalle stesse. La tecnica non può essere disattivata prima di due round; mantenere attiva la tecnica richiede slot tecnica.
    Tipo: Taijutsu
    (Livello: 6 / Consumo: Basso - Mantenimento: ½ basso)
    [Da Genin in su]

    [Slot Tecnica]


    [Slot Gratuito]




    Legenda


    E' tutto fottuto dalle droghe, andate ad intuito.


     
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    La via della Spada allucinogena



    Con quell'ultima bastonata, Keiji mandò Sanjuro nel mondo dei sogni, che svenne e cadde vicino al ninja nebbioso, che nella sua mente pensò di aver fatto letteralmente esplodere il suo nemico. In quell'istante, vide davanti a sè qualcosa risplendere sull'acqua, delle foglie verdi circondate da un'aura dorata, si trattava del vegetale che l'avrebbe curato dall'effetto degli allucinogeni, quindi se avesse spostato il corpo dello sciamano, scambiandolo per un ciuffo d'erba molto grosso, avrebbe potuto recarsi verso l'ambrosia e mangiarla, mantre Sanjuro avrebbe galleggiato nella palude per una buona oretta con un bernoccolo sulla testa, mentre il kiriano smaltiva gli effetti delle droghe. Cosa che, nel suo caso, avrebbe richiesto forse più di un'ora, magari anche tre o 4, causando le risa dei guardiani che passavano sulle mura lì sopra, che avrebbero visto un tizio con un bastone in mano che colpiva l'acqua a caso.
    Quando Keiji si fosse ripreso, avrebbe trovato lo sciamano seduto sul pontile che avevano abbandonato accanto alla pozza drogante, intento a grattarsi la testa dove Keiji lo aveva violentemente colpito.
    Certamente non arrabbiato, ma piuttosto ancora più illuminato, Sanjuro si sarebbe complimentato con il Kenkichi, rivelandogli l'essenza stessa dell'allenamento che l'uomo aveva appena terminato.

    - Spadaccino, qui oggi hai compreso l'essenza stessa della via della spada, ora puoi abbattere i tuoi nemici anche con un filo d'erba. Ora dammi quel ramo leggendario, ne creerò una spada per te oggi stesso, e te la farò recapitare al tuo alloggio appena sarà pronta. Nel tuo destino, ci sarà un giorno la capacità di abbattere i tuoi nemici anche senza spada, ma solo tu saprai quando verrà quel momento. Ora vai, che io ho da incontrarmi con uno scoiattolo. -

    E avrebbe proteso la mano facendo segno, ripetutamente, di passargli il bastone.
    Quando Keiji fosse tornato verso la sua casa, per darsi una pulita, Sanjuro sarebbe tornato verso la sua casupola, attraversando un altro tratto di palude, che solitamente non percorreva mai. In quel momento, qualcosa, conficcato nel terreno limaccioso, lo avrebbe fatto inciampare, e finire faccia a terra nelle acque putride; quindi, preso dall'irritazione e dalla curiosità, Sanjuro afferrò con la stessa mano sia Gassan che il rametto di per Keiji, e frugò nel fango. Ne estresse quella che era forse la più bella spada che un Kenkichi avrebbe mai potuto vedere. Una masamune con una lama lucente, forgiata chissà quando, ma che aveva mantenuto il filo e la lucentezza dell'acciaio nonostante gli anni nel fango, con l'elsa ricamata e delle incisioni lungo la parte smussata del dorso della lama. Quella ERA UNA VERA LAMA KENKICHI.
    Lo sciamano fissò l'oggetto impertinente che lo aveva fatto inciampare.

    - Ma cosa è sta roba ?!? - E lanciò la spada nella palude, in mezzo alle piante, dimenticandosi quasi immediatamente dell'accaduto.

    Nella sua casupola quindi, armato di un taglierino, intagliò il rametto, creando una sorta di bokken che ricordava vagamente una wakizashi. Sbilanciata, fuori simmetria, e con qualche pezzo di corteccia ancora attaccata, quindi la inserì in una busta di riciclo dove aveva tenuto delle patate, e arrivato al limitare della palude, la consegnò ad un tizio a caso che consegnava giornali, perchè la recapitasse a "Keiji quello che è senza spada". Sicuramente tutti a Kiri lo conoscevano. E se ne tornò ai suoi affari sciamanici, ma non prima di aver abbozzato un messaggio da consegnare assieme alla spada.

    "Mi sono ricordato di aver visto anni fa un santuario Kenkichi pieno di spade non troppo lontano da Kiri, ma sono certo che non ti interessi, non sarebbero certo potenti come questa. Sanjuro"



    CITAZIONE

    Spada di Legno di Sanjuro[Mischia]
    La spada di legno di Sanjuro è stata intagliata, male, dallo sciamano di Kiri, ricavata da un ramoscello di legno di palude. E' sbilanciata, smussata, e ha ancora qualche pezzo di corteccia attaccato. Ha le stesse caratteristiche di lunghezza di una wakizashi. Non ha alcuna capacità particolare.
    Tipo: Contundente (?)
    Dimensione: Media
    Quantità: 1
    (Potenza: 3 | Durezza: 1 | Crediti: //)

     
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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto VI
    Vincitore †

    Quando colpii in testa il mio acerrimo nemico, BOOOOM! una violentissima esplosione mi investì, facendomi cadere indietro, più in là di qualche passo. Avevo le braccia doloranti, molto ferite, i muscoli terribilmente malconci ma l'orgoglio ... oh, l'orgoglio stava benissimo! Ero così pieno di me, così felice di aver sconfitto la mia nemesi, di essere finalmente pronto ad andare a recuperare Saruhcosa che mi alzai immediatamente, di scatto. Credo, in realtà, di essermi alzato facendo leva con la testa, blaterando strane parole. Il Flagello era scomparso, probabilmente l'esplosione lo aveva disintegrato, di lui non restavano neanche brandelli di cervello o budella, avrei potuto utilizzare il suo sangue nelle mie boccette, sarei stato acclamato dal mondo intero come salvatore dei quattro villaggi! Ma una brillante aura dorata proveniente da un putrido cespuglio d'erba davanti alla palude attirò la mia attenzione: come un felino incuriosito da un fascio di luce, mi avvicinai chino, pensando «Menomale ho il perk "Ninja", le armi a distanza infliggono il 3.5X di danni e quelle da corpo a corpo il 10X!"» Scostai l'enorme cespuglio che cadde nella palude e notai delle fantastiche ambrosie dorate. Inspiegabilmente il mio corpo iniziò a chiedermi in modo ossessivo del cibo, prima poco, poi sempre di più, ancora, ancora. Non mi rimase altro che arraffare quel dorato vegetale e nutrirmici. Sembra impossibile da credere ma iniziai a capire ancor meno quel che mi stesse capitando. Uscii di corsa dalla spelonca e, vista la luce, ricordo solo che caddi. Tutto poi, si fece buio.

    [...]


    Tutto Pronto
    Capitolo Sesto


    Atto VII
    Rinsavire e non capire †

    Mi svegliai prono, con la testa poggiata a terra e le gambe piegate con, il deretano che puntava al cielo. « Ma che cazz ... » pensai, mentre rapidissimamente mi tirai su. Puzzavo in maniera disumana ma i miei abiti, bende escluse erano puliti. Avevo giusto qualche ramoscello attaccato ai vestiti e delle macchie di fango sparse sulle bende. « Cosa diavolo è successo? » pensai ancora mentre mi portavo la mano destra alla testa e solo in quel momento mi resi conto di avere in mano un ramoscello. « Eh? »
    Guardai la palude, ancora non capendo bene il motivo per cui fossi lì. Sentii poi degli sghignazzi provenire dalla mia destra e, voltandomi, potei distinguere delle guardie che mi indicavano e si sussurravano qualcosa. Ero ancora più confuso. Feci due passi in avanti e notai Sanjuro, lo sciamano da cui mi aveva mandato Itai, che si grattava un vistoso bernoccolo pulsante sopra la testa, seduto sul pontile davanti ad una pozza paludosa. L'uomo subito mi rivolse parola, complimentandosi: « Spadaccino, qui oggi hai compreso l'essenza stessa della via della spada, ora puoi abbattere i tuoi nemici anche con un filo d'erba. Ora dammi quel ramo leggendario, ne creerò una spada per te oggi stesso, e te la farò recapitare al tuo alloggio appena sarà pronta. Nel tuo destino, ci sarà un giorno la capacità di abbattere i tuoi nemici anche senza spada, ma solo tu saprai quando verrà quel momento. Ora vai, che io ho da incontrarmi con uno scoiattolo. » disse, facendo più e più volte cenno con la mano di passargli il ramo leggendario. Davvero non avevo idea di quello che stesse succedendo ma sicuramente non avrei avuto bisogno di un ramoscello. Porsi la mano, quasi lanciandoglielo e glielo diedi. Lo sciamano poi non mi rivolse parola, anzi, si alzò, osservando il bastone, e si diresse verso la boscaglia. Non mi rimaneva che andarmene e sperare che davvero quell'uomo riuscisse a fornirmi una spada degna di questo nome per recuperare Saruhyondo.

    [...]


    La mattina seguente, un messo entrò nella zona clan Kenkichi cercando il sottoscritto: aveva una busta nera ed una lettera, o meglio, aveva un sacchetto della spazzatura bucato in più punti ed una lettera mezza accartocciata. Lo ringraziai e presi il tutto. Aprii prima la missiva, leggendone il rincuorante contenuto: « Mi sono ricordato di aver visto anni fa un santuario Kenkichi pieno di spade non troppo lontano da Kiri, ma sono certo che non ti interessi, non sarebbero certo potenti come questa. Sanjuro »
    I buchi mi permisero di intravedere il duro legno con il quale l'arma era composta ma solo scartandola potei notare l'inutile presa di giro cui venivo sottoposto: una sorta di bokken orribile, con ancora della corteccia, totalmente sbilanciato, stava ancora nella mia mano destra. A chi diavolo mi aveva affidato il Mizukage? « Dannazione Itai, come diavolo la recupero Saruhyondo con questa!? » urlai al vento, facendo tremare ogni singolo centimetro di terreno intorno e costringendo gli uccelli a scappare terrorizzati dai loro nidi tra le chiome degli alberi.




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.



    Edited by Ade Geist - 5/3/2016, 21:22
     
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  13. l'Horla
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    Cene catastrofiche finite bene


    I
    Nella palude ci son le donne nude

    Ad andare a vivere da solo all'età di quindici anni si scoprono ed imparano molte cose che prima ignoravo: ad esempio, malgrado la dispensa fosse vuota da diverso tempo non si sarebbe riempita da sola, i vestiti abbandonati anche dopo settimane se non mesi non si sarebbero puliti e sistemati da soli e nemmeno se ridotta in condizioni igieniche infime la casa non avrebbe avuto un moto di orgoglio e si sarebbe pulita da sola.
    Su queste ed altre faccende casalinghe ragionavo mentre, con l'aria palesemente spaesata e profondamente annoiata, mi aggiravo tra il mercato vecchio di Kiri. Fu la fame a spingermi ad uscire di casa con gli intenti più nobili, tra le mani tenevo un foglietto su cui, con una scrittura leggera e incerta, avevo segnato prodotti che pensavo mi sarebbero stati utili. Come dicevo, sebbene fossi uscito con i migliori dei propositi, una volta arrivato in mezzo alla folla, ogni intenzione scomparì lasciando posto alla mia sociofobia più spinta. Gli odori nauseabondi, le urla tante dei commercianti quanto dei clienti, gli spazi stretti e l'aria che si respirava sembrava fosse quasi a sua volta appiccicosa.
    Mi trovai, con qualche dubbio, di fronte ai fornelli di casa mia reggendo tra le mani un libro di cucina, sul tavolo imbustati c'erano gli ingredienti che mi sarebbero serviti per fare quel piatto. Era stata una scelta dura ma ero convinto: avrei dovuto imparare a cucinarmi qualcosa per sopravvivere. Decisi di avviarmi a questo apprendistato provando a cucinare una ricetta di pesce e verdure varie. Non ero pratico nel riconoscere un pesce fresco da un pesce malandato - ero sempre stato abituato a vederlo cotto e pronto - e questo fu un gravissimo errore.
    Collassai a letto privo di forze dopo ore passate chinate sul cesso prima a vomitare e poi a defecare, tutto rigorosamente della stessa consistenza. Assaggiato il pesce e accettato il cattivo gusto ed odore pensando che fosse legato alle mie scarse capacità, continuai a mangiarlo imperterrito fiero del mio prodotto, poco dopo ne pagai le conseguenze più amare.
    Ma dicevo, la cosa più interessante avvenne quando persi le forze a letto. Caddi in un sonno profondo, tediato da crampi allo stomaco e tremori, ad improvviso nel buio denso di un sonno sofferto, ecco comparire Sanjuro-sama. Lo vidi aprire una porta nel buio del sonno, lo stupore fu tale che nemmeno mi resi conto che l'oscurità che prima mi circondava si era tramutata in una palude circondata da degli alberi. L'amministratore non disse nulla, io lo guardavo terrorizzato: tutti sapevano che lo sciamano del villaggio era un tipo tanto particolare quanto potente e vederlo in sogno non poteva che essere considerato un segno di sventura. La sua nudità veniva coperta a tratti da uno straccetto di pelle, ballava placidamente muovendo le braccia e scuotendo il capo coperto dalla maschera, anche il gabbiano sul suo capo muoveva il collo stando a tempo con lo sciamano. Continuando a muoversi a ritmo si avvicinò a me, fece un balletto tutto attorno quindi mi toccò lo stomaco, poi fece un passo indietro e con entrambe le mani fece il segno della pistola, alzò e abbassò i pollici un paio di volte ed io mi svegliai di soprassalto.
    Lo stupore di non avere più quel fastidioso senso di nausea venne surclassato dal sogno allucinogeno che avevo appena fatto. Cosa era successo? Si trattava solo di un sogno o le capacità dello sciamano avevano limiti a me ignoti?
    Dovevo capirne qualcosa di più, sebbene l'alba fosse ancora distante, mi vestii di fretta e mi precipitai verso la palude in cui era risaputo abitasse lo sciamano. Una volta arrivato di fronte a casa sua mi feci prendere dal timore che tale figura mi incuteva, solo dopo un respiro profondo ed essermi calmato decisi di bussare alla porta dell'amministratore di kiri. Lo stormo di corvi che, in seguito all'avventura con il mizukage, mi seguiva ovunque si divise in piccoli gruppetti, alcuni si posizionarono sul tetto della capanna, altri sui rami degli alberi. Mi avevano preceduto sulla strada e già qualche minuto prima che io arrivassi avevano iniziato a gracchiare rumorosamente.

     
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    Un ospite a cena


    [1]



    Sanjuro uscì dalla baracca attirato dal rumore dei corvi, il cui gracchiare copriva il suono della palude stessa.
    Incuriosito da questo nuovo e strano fenomeno, lo sciamano, accompagnato da Gassan, fece capolino dalla finestra, uscendo da essa, nonostante la porta fosse spalancata. Probabilmente a seguito di un particolare rituale di sicurezza nel caso i corvi fossero stati ostili, o qualche altra diavoleria misticistica.
    Vicino alla dimora era presente anche un ragazzo, un individuo che Sanjuro non aveva mai visto, almeno non con gli occhi che aveva sul volto, ma nessuno poteva sapere cosa potessero vedere gli occhi della mente.

    TOC

    Un colpo di Gassan sul pontile di legno marcio, e tutti i corvi, in blocco, volarono via dalla palude. Chiaramente un segnale energetico di sconosciuta intensità, che perpetratosi tramite Gassan, aveva spaventato i volatili fino a farli fuggire.
    Lo sciamano quindi si avvicinò, molto ingobbito, al nuovo ospite fino a fermarsi praticamente a un metro da lui. Lì, Sanjuro lasciò la presa sul suo bastone che incredibilmente restò in posizione verticale, senza cadere a terra, mente lo sciamano esibiva un inchino di benvenuto al nuovo arrivato. Normalmente una carica di un villaggio dovrebbe conoscere i nomi di coloro che formano le fila militari del proprio paese, ma non Sanjuro, che non aveva la minima idea di chi fosse quella persona; forse lo aveva scambiato per un diplomatico di chissà quale villaggio.

    Ben arrivato nella mia umida dimora, nobile ospite, sono Sanjuro, consigliere del defunto Kage e sciamano della Nebbia.

    Il "come posso aiutarla" era sottinteso. Quindi afferrò nuovamente il bastone e attese una risposta del giovane, prima di invitarlo nella sua casupola delle meraviglie mistiche.

     
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  15. l'Horla
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    Mi(s)tico


    II
    Sanjuro-sama

    Il suono, prodotto dal bastone sbattuto dall'amministratore del villaggio, sembrò propagarsi per tutta la palude che ci circondava. I corvi, immediatamente, presero il volo disperdendosi ed io li guardai stupito, non riuscendo a nascondere la sorpresa sul mio volto che subito si riabbassò verso il consigliere del Mizukage. Quando si avvicinò e si inchinò, non potei fare altro che inchinarmi a mia volta ripetutamente, era un uomo strano, non solo per l'aspetto singolare, anche per il suo atteggiamento: una delle cariche più importanti del villaggio mi stava accogliendo e salutandomi con grande rispetto, come se non fossi un genin qualunque quale ero. La cosa mi stupì sì ma anche fece accrescere la stima nei suoi confronti, una persona che non badava alle gerarchie - sopratutto nell'ambiente militare in cui eravamo - ma considerava un uomo in quanto tale, non poteva che essere degno della mia stima.
    Sanjuro-sama, la prego dissi con voce un po' imbarazzata sono un semplice genin del villaggio tralasciai la mia fresca promozione nei reparti speciali, non era importante Mi chiamo Youshi Tokugawa e da non molto ho intrapreso la mia carriera ninja, sebbene non mi aspettavo potesse essere così intensa Aggiunsi, infine, pensando agli avvenimenti che avevano riguardato me ed Itai-sama o le prime missioni e combattimenti a cui avevo partecipato. Volevo chiederle udienza e, mi scusi l'ora poco consona, ma avevo una certa urgenza
    Se, per continuare il nostro incontro mi avesse invitato ad entrare, avrei accettato di buon grado avendo bisogno - vuoi per il sogno allucinante di quella notte, vuoi perché avevo provato in tutti i modi di cacciare senza esito i corvi che fino a quel momento non mi avevano mai abbandonato - di una sedia in cui abbandonarmi per parlare più serenamente.
    Comunque sia, con il suo beneplacito, avrei continuato: Ecco signore, il motivo che mi ha portato a venire a parlarle è piuttosto particolare rimasi un attimo in silenzio ricapitolando gli avvenimenti e cercando le parole più adatte Ho fatto un sogno questa notte - devo aver mangiato qualcosa di andato a male e avevo dei forti crampi allo stomaco - e niente, io la situazione era assurdo e ora mi sentivo un po' stupido per essermi presentato lì a fare quel tenore di domande Io l'ho sognata e lei mi ha toccato qui, sullo stomaco, ed il dolore è scomparso completamente Alzai lo sguardo verso il consigliere cercando di cogliere qualche reazione nel suo viso, giusto per capire se mi pensasse matto o se fosse a conoscenza di ciò che era successo Com'è stato possibile? Volevo chiederle spiegazioni.
    Anche se, devo ammettere, mi ha quasi più stupito quello che ha appena fatto con i corvi
    dissi indicando con il pollice alle mie spalle verso l'esterno della casa Da un po' di tempo quei corvi hanno iniziato a seguirmi, ho provato in tutti i modi di allontanarli, cercando di fare perdere le mie tracce, lanciandogli sassi ma mai sono riuscito a farli andare via. Deglutii e ripresi Signore, lei è un potente sciamano. Che cosa vogliono da me, perché mi seguono? Può aiutarmi a comprendere questo strano fenomeno?


     
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15 replies since 21/12/2015, 21:02   320 views
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