La Baracca dello Sciamano nella Palude

Casa di Sanjuro

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  1. Ade Geist
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    ~ The Red Capes are coming!

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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto I
    Fetido anfratto

    Continua da qui.
    Di ritorno dall'amministrazione trovai il Palazzo Kenkichi esattamente come l'avevo lasciato: vuoto e polveroso. Le anime di Kotetsu bara erano ancora in viaggio e non avrei potuto contare sul loro sostegno in quella mia ancestrale missione. Avrei dovuto, nuovamente, ripercorrere i passi dei Capoclan, seguire la storia fin dalle sue prima origini, rincorrere il gomitolo del tempo come un felino divertito. Non mi sarei certo chiamato fuori da una situazione così interessante e pericolosa; avrei dovuto però intraprendere quella strada da solo, senza Saruhyondo, senza la mia Lama Insanguinata. L'essere un Guerriero del Sangue non sarebbe stato così utile senza la mia spada, le mie conoscenze genetiche ed il peso della peculiarità delle mie oscure radici sarebbero state un contorno sfumato finché non avrei ritrovato colei che da anni ormai era parte fondante della mia persona.
    Passai il pronao del palazzo, spalancai l'enorme portone d'ebano ed accesi la luce nell'ingresso. Il silenzio regnava sovrano e, per una volta, ne ero davvero contento. Mi voltai verso sinistra e mi incamminai verso quella che era la sala da pranzo, uno stanzone magistrale e regale di cui io soltanto godevo da numerosi anni. Apparecchiai il mio solito posto a capotavola, presi una bottiglia di buon vino rosso ed accesi il fuoco. Nel frattempo, in cucina, avevo messo a cuocere un saporito brodo di carne, accompagnato da qualche verdura di stagione. Mentre aspettavo che il cibo fosse pronto, tornai nell'atrio e salii la scalinata che avevo dirimpetto, andando senza esitazione al piano superiore, verso le mie stanze, dove era necessario che mi mettessi comodo: mi levai con la solita ritualità le bende che posi nella loro miscela d'acqua e sali per far sì che non perdessero la loro duttilità, posai i vestiti nell'armadio e il cappotto cerimoniale sul suo busto. Estrassi una vestaglia porpora dall'armadio e la portai con me nella bagno adiacente alla mia stanza. Una doccia calda era tutto ciò che ci voleva prima di un buon pasto ristoratore e di una sana dormita.
    Quel che seguì fu la pace dei sensi e la solitudine beata di un'uomo che era concentrato solamente nel raggiungere la mattina seguente.

    [...]

    La mattina seguente mi svegliai così presto che quando il sole giusto si intravedeva dietro le montagne in lontananza, io ero già in viaggio verso le paludi nel Nord della città. La testa era sgombra di pensieri, il corpo rifocillato e le gambe leggere: niente avrebbe potuto fermarmi, mi sentivo potente come non mai! Anche il clima era piacevole, il vento era leggero e tagliente, come solo a Kiri sapeva soffiare, ed il sole che iniziava a filtrare tra le nuvole vigoroso e caldo. D'un tratto, sul mio cammino, trovai una carrozza che veniva in direzione opposta, a tutta velocità, con un nocchiero decisamente impaurito e bianco in volto, vestito di stracci e con una camicia a quadri decisamente usurata ed intinta nel sudicio di anni. Quando mi vide scese immediatamente dal suo mezzo, mi corse contro e prendendomi per le spalle - cosa che gli lasciai certamente fare, pareva un innocuo villico - mi disse: « E' tornato! Lo Sciamano è tornato, quella palude è maledetta! » continuando poi la sua corsa forsennata a piedi, lasciando lì davanti a me la carrozza. Rimasi fermo qualche istante, interdetto, con un enorme punto interrogativo sulla testa. Quando poi ebbi la certezza che l'uomo se ne fosse andato feci spallucce e saltai sulla carrozza che mi era stata lasciata lì accanto: avevo trovato un mezzo con cui dimezzare i tempi di percorrenza, perché mai avrei dovuto gettare alle ortiche una possibilità di quel tipo?
    Mi ci volle qualche manciata di minuti per ritrovarmi nella più fitta vegetazione, così fitta che neanche il forte sole ormai sorto di quella bella giornata riusciva a penetrare. Rallentai il passo del cavallo che trainava la carrozza, e lentamente mi addentrai all'intero di quel viscidume maleodorante. Intravidi una forte luce verdastra provenire da dietro alla folta vegetazione, quindi proseguii in quella direzione. Scostata la pianta più grande distinsi nettamente una casa quasi del tutto inabissata ed un piccolo sentiero in legno che vi portava. In quell'istante però, senza accorgermene, la ruota del carro montò su una sorta di banchina, quella che appunto portava all'ingresso della casa, facendo destabilizzare la carrozza che proseguì qualche metro su due ruote finché non cadde su di un fianco, liberando il cavallo e arenandosi nella fanghiglia. Io ero riuscito a saltare prontamente giù dal mezzo grazie ai miei buoni riflessi e ad atterrare, sicuro, sul pontile ma non potei fare niente per salvare il carro e trattenere l'animale. Il Carro subito sprofondò per tre quarti nel tetro liquame di quella palude. Davanti a me, un cartello in legno molto spartano che, con una grande freccia su di esso incisa, recitava semplicemente "SANJURO". Seguii la modesta indicazione ed arrivai alla porta obliquamente disposta di quella casa, mezza inabissata nella palude. Diedi due forti bussate prima di cercare anche con la voce l'uomo: « Sciamano, mi manda il Mizukage! » avrei detto, prima di bussare una secca, terza, ultima volta.




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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