La Baracca dello Sciamano nella Palude

Casa di Sanjuro

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  1. Ade Geist
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    ~ The Red Capes are coming!

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    La Palude dello Sciamano
    Capitolo Quinto


    Atto II
    Terrificanti congruenze

    Alla mia terza bussata, uno strana testa apparve da sopra il tetto di quella casupola semi-sommersa, testa che, con occhi straniti, mi fissava senza proferire parola. Stetti anche io in silenzio, ricambiando lo sguardo fisso: quella figura era estremamente bizzarra ma se poco prima del mio arrivo in amministrazione anch'egli era dinnanzi al Kage di Kiri e se poi quest'ultimo, per risolvere i miei insormontabili problemi, me ne aveva consigliato il coinvolgimento, voleva necessariamente dire che la sua figura ricopriva un ruolo di spicco all'interno della politica kiriana.
    Eppure, mentre facevo tutte queste mie elucubrazioni mentali, quell'essere mi lanciò una scatoletta di qualcosa dalla posizione in cui si trovava. D'istinto mi spostai piegando leggerissimamente il corpo ed il busto, col mio solito atteggiamento volto a minimizzare le forze in fase difensiva, e la lattina mi sorpassò il volto senza colpirmi. « Adesso ho la certezza che questo tizio non ci stia tutto con la testa. » pensai, mentre un sinistro scricchiolare di legno marcio preannunciava l'uscita dell'uomo dalla sua dimora: una maschera ambigua come il comportamento di quell'uomo si affacciò prima del restante corpo. Sotto di essa si intravedevano dei capelli argentei e degli occhi glaciali. La corporatura dell'uomo era minuta ed il fisico asciutto lasciava molto a desiderare: eravamo una stranissima coppia, uno accanto all'altro, chi copriva la maggior parte del suo volto con bende e chi invece molto meno attraverso un bizzarro calco facciale.
    Senza dilungarsi in inutili parole, l'uomo tirò dritto dall'uscio della sua abitazione - il che mi costrinse a spostarmi - e con strani gesti delle proprie mani nel cielo parve volermi comunicare qualcosa. Non capii ma decisi di seguirlo, visto che non pareva volersi fermare. « Sciamano, posso almeno chiederle dove stiamo andando? » dissi, mentre giravamo intorno alla casa, portandoci sul suo retro. L'uomo alla fine aprì bocca ma fu soltanto per esprimere un parere sul tepore del tempo del giorno corrente. Guardai verso il cielo, facendo spallucce, un po' scioccato da quella situazione: non potevo tuttavia andarmene e lasciare quel pazzo nella sua palude, un atteggiamento del genere avrebbe sicuramente indispettito Itai e non mi sarei mai potuto permettere un altro errore. Continuando a parlare della sua giornata tipo, lo sciamano, entrando in una zona paludosa più coperta dalla vegetazione, si rivolse per la prima volta coerentemente al sottoscritto. « Forza forza ragazzo, vieni, abbiamo un lavoro da fare e a te serve una spada, so tutto, andiamo. » disse, ritornando poi a parlare dei suoi affari. Che il Kage lo avesse già informato? Tanto meglio, meno fiato da sprecare. Infilandomi in quella vegetazione putrida e puzzolente, schivando zone putrescenti e disgustose con i piedi, la mancanza di Saruhyondo si fece ancora più intensa, non avendo niente a disposizione per tagliare le fronde che continuamente lo sciamano, spostandole, lasciava che frustassero il mio volto.
    Dopo una ventina di minuti circa di cammino ci trovammo in una sorta di piazza molto piccola, immersa nella palude. Potevo scorgere le mura del villaggio a pochi metri dalla nostra posizione, ma nonostante questo la luce filtrava a fatica tra le piante, lasciando a quel luogo una illuminazione quasi surreale. Nella piazza vi erano due colonnine di pietra abbastanza sottili, alte poco meno dello sciamano. Quest'ultimo si chinò andando a prendere una tavola di legno che aveva nascosto sotto un paio di foglie e la inserì dentro delle intercapedini - che ad una prima occhiata non avevo notato - tra i due paletti in pietra. Lo sciamano salì poi su questa strana costruzione, proferendo nuovamente parole sensate. « Il Mizukage spiegato già mi ha la tua situazione. La spada hai smarrito. Io ti insegnerò a fare in modo che nessuna spada ti sia mai portata via, vieni ragazzo vieni, vedi questo legno? Poni la tua mano appoggiata su di esso, toccandolo con la punta delle dita, quindi colpiscilo. Niente chakra, solo il tuo pugno. Appena sarai riuscito a bucare la tavola, ti porterò in un luogo, dove potrai trovare un'antica spada, dimenticata da molti, con la quale eseguire il compito che assegnato ti è stato. » Un dolceamaro sorriso, coperto dalle mie bende ma pur sempre visibile sotto di esse, si stampò sul mio volto: come tutto ebbe inizio, così iniziava tutto quel che avrebbe portato alla fine - o almeno lo speravo. Il Flagello mi costrinse ad abbattere a mani nude la porta che mi avrebbe poi messo alla mercé del Comandante del forte: adesso dovevo abbattere una mole molto minore, tuttavia senza utilizzare chakra. Bhè, non che potessi, considerando i risvolti negativi che di solito ottenevo quando volevo potenziare la forza del mio pugno. Chinai la testa, a quel punto, senza dilungarmi, neanche io, in inutili discorsi, iniziando a riscaldare le dita aprendo e chiudendo nevroticamente le mani. La gamba destra si portò circa mezzo metro indietro, distesa, col piede che guardava comunque avanti, lasciando che sulla sinistra, adesso leggermente flessa, gravasse tutto il peso. Il braccio destro si portò prima sul fianco mentre il sinistro stava alto, più o meno all'altezza della spalla, in guardia, poi si allungò leggermente verso la tavola dove appoggiò le dita per preparare il breve percorso necessario al colpo. I miei occhi nuovamente si aprirono e le dita si chiusero sul palmo, correndo assieme alla mano, poi, sulla tavola di legno: il primo cazzotto fu sferrato. Il suono sordo del legno che ne scaturì dimostrava la sua robustezza e presagiva dolore per le mie nocche ma questo era il comando che avevo ricevuto e niente mi avrebbe deconcentrato dal mio obiettivo. Aprii nuovamente le dita le ricaricai il secondo pugno: la spalla seguì il braccio nel minuscolo tragitto, aumentando la potenza del colpo ma sporcandone l'esecuzione. « La spada ragazzo, dentro di te si trova. » disse lo sciamano, mentre mi esibivo nell'esercizio impostomi. Da quando si era seduto su quella tavolette aveva iniziato a parlare in modo strano ...
    Il terzo pugno tinse di rosso la tavoletta ed una piccola smorfia di dolore comparve sotto le bende. Mi guardai la mano, cercando di capire quale nocca si fosse sbucciata, come correggere il colpo prima di continuare sulla ferita; una bastonata mi colpì alla sprovvista sulla testa, rintronandomi non poco. « Maledetto pazzo! » pensai, capendo il messaggio che lo sciamano mi stava trasmettendo: niente distrazioni, costanza. Ripresi quindi la posizione e continua a colpire ripetutamente la tavoletta. Il respiro seguiva i movimenti, il diaframma si gonfiava a dismisura, riempiendo il petto d'aria fetida ma necessaria, le pupille erano sempre più piccole, immobili su quel fisso punto della tavoletta. La mano prima semplicemente sbucciata ad ogni colpo veniva dilaniata da quel legno incantato ed il sangue dapprima solo superficiale diventò stilla, goccia e poi pelle della mia mano ad ogni punto. Al quindicesimo colpo un sinistro <i>"crack" mi suggerì che stessi percorrendo la strada giusta. Feci l'errore di compiacermene e lo sciamano mi bacchettò una seconda volta. I suoi colpi non erano né forti né veloci, era palese che fossero soltanto rivolti a rimettermi in riga e non a ferirmi ulteriormente. A dir la verità, forse, erano troppo poco forti e troppo poco veloci.
    Il sedicesimo pugno mi procurò estremo dolore, ma non fu l'ultimo né aveva l'intenzione di esserlo: la pelle abrasa, il le ossa doloranti, i tendini ed i muscoli sfiniti della mia mano non si sarebbero arresi. Il rumore del legno che cedeva si fece più forte. Il diciassettesimo pugno suonò meno sordo, il diciottesimo, infine spezzò definitivamente la tavola al centro con una lunga spaccatura frastagliata che divideva in due il pezzo di legno. Lo strano personaggio, forse, non si rese conto per tempo della situazione - ed a dir la verità forse il suo peso aiutò il fattore "tempo" dell'esercizio - ma la tavoletta si spezzò sotto il suo sedere facendolo, rocambolescamente cadere a terra.
    Scossi un po' la mano dolorante al vento, facendo schizzar via gocce di sangue, macchiandomi un po' le vesti. La stessa cremisi mano poi, la allungai verso l'uomo ed il suo bastone, come a volergli dare una mano ad alzarsi. « In tutto questo trambusto non ci siamo ancora presentati. Io sono Keiji Kagome ma suppongo che il Mizukage le abbia detto anche questo. »




    Legenda


    Narrato
    « <i>Citato!
    »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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