Le Cicatrici del Male

Kawa no Kuni

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  1. Boreanz
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    Come sovente era accaduto nei mesi precedenti, con il suo fare quieto eppure pungente il Risorto riuscì a strappare un sogghigno divertito all'Immortale. Questi era una figura alta, che sfiorava il metro e ottantasette, e di corporatura media: la forza sovrumana delle sue membra non derivava da muscoli innaturalmente ingrossati, bensì dal potere proibito con cui Jeral li nutriva; al contrario, solo qualche centimetro più basso del Flagello, il Risorto era un uomo di dimensioni considerevoli: la sola vista delle sue ampie spalle era in grado di trasmettere una quieta e solida sensazione di forza, accentuata ancor di più dal possente collo e dai nerboruti arti del redivivo Mizukage. Ma il vero tesoro del Kaguya non era in superficie. Jeral lo sapeva bene perché lo aveva visto con i suoi occhi: l'uomo comparso davanti a lui era in grado di manipolare a volontà la struttura ossea del suo corpo, con risultati a dir poco incredibili.

    Eppure, dietro quell'aspetto composto, quella fronte segnata, e quello sconfinato amore per la vita e i suoi piaceri, il Risorto covava un segreto terribile. Un segreto di cui recava traccia, nei suoi occhi, anche se leggibile da pochi: la sua stessa esistenza era una nozione inconcepibile, un abominio o un miracolo, una violazione delle leggi della natura. Egli era, come indicava il nome con cui lo chiamava il Flagello, tornato dalla morte. In qualche modo che forse Jeral non avrebbe mai scoperto, egli era riuscito a tornare indietro dalla soglia che, una volta varcata, segnava il confine dell'esistenza di qualunque mortale. Qualunque ad eccezione di Feng Gu, il redivivo Shiltar Kaguya. Jeral ci aveva pensato. Forse conoscere il precedente Mizukage sarebbe stato divertente, se - come immaginava - almeno parte del miracolo che aveva davanti agli occhi era dovuto alla volontà indomita che egli aveva posseduto. Eppure, per quanto ci avesse pensato, la sua conclusione era stata sempre la stessa: Feng Gu era unico. Shiltar Kaguya era solo appartenuto alla schiera dei rari mortali non insignificanti. E dunque il Flagello era soddisfatto dello stato delle cose.

    Nella Città Dolente, e nelle avventure che avevano condiviso da quel momento in avanti, l'Immortale si era fatto un'idea sempre più chiara del mistero rappresentato da quell'uomo. Per la realtà geopolitica dominante in quel continente, l'Accademia, era una vera sfortuna che i loro obiettivi li portassero ad avere interessi comuni: se così non fosse stato, Jeral non aveva dubbio che il Risorto avrebbe cercato a tutti i costi un modo per far attraversare all'Immortale l'ultima soglia. Egli, di rimando, avrebbe colto con gioia l'opportunità di far appassire e schiacciare un fiore unico come era quello della vita - nuova - del Risorto. Un concetto a dir poco affascinante, che l'Avatar aveva scelto di ricreare, in una macabra imitazione, in una creazione a sua immagine e somiglianza.

    I suoi occhi violacei, scintillanti nella penombra del tramonto, notarono la ruggente approvazione del Risorto alle sue parole. Ci aveva visto giusto: potevano collaborare. E il risultato sarebbe stato grande e terribile.

    « In questi anni ho viaggiato in lungo e in largo in questo vostro continente, Risorto, e molto ho scoperto. », gli disse, voltandosi verso la superficie del fiume alle sue spalle. Attese che l'altro lo raggiungesse, così che entrambi si trovassero sulla sponda del corso d'acqua pura.

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    Davanti a loro, distante una ventina di metri, era visibile un jinja - un santuario rituale - di modeste dimensioni e dall'aspetto antico. Il legno rosso era vecchio e scolorito ed il legno pareva vecchio di almeno un paio di secoli. Dietro di esso, nella parete di roccia della montagna bagnata dal fiume stesso, riposava un enorme masso dalla forma ovale.

    « Questo è un luogo antico. In ere passate, nella grande caverna all'interno del monte, l'energia di un Cercoterio è stata libera al cospetto di quel santuario. » Poteva sentirlo con chiarezza, nonostante fossero passanti decenni e decenni. E non sentiva solo la traccia del Demone. Accanto ad essa, una sottile perturbazione delle linee di potere della terra era presente nell'aria, qualcosa che nemmeno il suo potere avrebbe potuto ottenere. Un effetto simile, la modifica di un leyline, era possibile solo con la creazione e l'imposizione di un sigillo dal potere a dir poco incommensurabile. « Il luogo perfetto per voltare l'ultima clessidra dell'Accademia. Granello dopo granello, la loro sabbia si estinguerà, assieme alle loro ridicole convinzioni di pace e concordia. » Parlava in modo tranquillo, ma la sua brama di distruzione senza confini era distintamente percepibile in ogni sillaba. « Seguimi, Risorto. Ti narrerò del mio sogno di morte e distruzione. », disse, e si incamminò sull'acqua.

    Il letto del fiume, in quelle ore scure, non era visibile, e l'intero corso appariva come un sinuoso serpente liquido. Arrivato al santuario, Jeral sollevò il capo e gli dedicò uno sguardo, irridendone il concetto stesso prima ancora del potere che avrebbe o non avrebbe potuto esercitare sulla sua esistenza eretica di Flagello, e poi proseguì. Appoggiò la mano sull'enorme masso che bloccava l'entrata, lasciando che il gelo di cui era impregnato gli penetrasse sino alle ossa della mano. Non sembravano esserci entrate nei paraggi.

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    « Quasi dimenticavo. »

    Disse, senza voltarsi, ma c'era qualcosa in lui che forse avrebbe potuto far perdere un colpo al cuore del Risorto.

    « Uccidilo, Shutei. »
     
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