Al Tempio della Nebbia - La Sesta Riunione di Kiri

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  1. Jotaro Jaku
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    (Da ascoltare obbligatoriamente. O il misticismo vi punirà.)




    Il giorno più triste di Kiri




    Giorni prima della riunione, Sanjuro stava girando per il villaggio, portando agli abitandi di Kiri infusi di sua creazione per la cura dei bruciori agli anfratti tra le dita dei piedi, quando con il suo occhio mistico, situato nell'estremo centro dello sposalizio plantare intra-oculi, ovvero il centro del suo potere, scorse una strana figura, a dir poco menagrama entrare nel villaggio. Lo vide da lontano, non ci fece troppo caso, fu un attimo, ma il misticismo, o forse il troppo incenso con cui riempiva la sua casupola, gli fece come avere un tremito lungo la schiena.

    - Sventura. - Mormorò.

    Non prestò attenzione all'uomo incappucciato, e pochi minuti dopo si allontanò per continuare il suo giro di consegne, ripensando a quanto gentile fosse stato il Mizukage a concedergli di ritornare a Kiri per prestare servizio. Ancora non si spiegava il perchè di quella gentilezza, sembrava quasi gli avesse fatto un favore in preda a tantissima gentilezza...

    Giorni dopo, ma sempre giorni prima della riunione, Sanjuro stava girando per la palude, per fare quello che gli sciamani fanno ogni giorno, assicurarsi che i punti fissi del mondo siano sempre al loro posto, per impedire al mondo di cadere, quindi, per evitare che il mondo cadesse, e tutti finissero in cielo di conseguenza, una volta a settimana passava alcune ore nella palude, immerso nelle acque limacciose fino al naso, per conversare con gli insetti che si fermavano sulla superficie dell'acqua. Ovviamente conversava con delle smorfie fatte con gli occhi, dato che aveva l'acqua fino alle narici. In quel momento, mentre si trovava a fare smorfie a una lucertola, una pigna si staccò da uno degli alberi della palude, finendogli sulla testa. L'uomo rimase immobile, fino a quando, accanto a lui, emerse lentamente Gassan, il suo fido bastone. Lo sciamano si sollevò leggermente, di pochi centimetri dall'acqua, e fissò il bastone. Pigna in testa durante una comunicazione sciamano-animale con immersione in palude. Significava soltanto una cosa.

    - Sventura. - Mormorò.

    Altri giorni dopo, circa 3 prima della riunione, Sanjuro stava giocando a carte nella sua casupola. Era seduto al tavolo, il quale era del tutto privo di una zampa, sostituita da Sanjuro con un particolare tamburo lungo e stretto di forma cilindrica, che causava un suono sordo ogni volta che un oggetto veniva posto sul tavolino. Davanti a lui, sull'altra sedia, Gassan, con le carte coperte davanti a sè, sul tavolo. Perchè, lo ricordo, Gassan, è un bastone.
    Nella concentrazione del momento, con il mazzo di carte ancora sul tavolo, e i due contendenti con le rispettive "mani" di carte sott'occhio, Sanjuro scrutò il suo avversario, per comprenderne le mosse. Il gioco era piuttosto semplice, l'unica regola di quel particolare gioco di carte, era di appoggiarle sul tavolo, subito dopo averle ricevute dal mazziere, e di urlare "FAGIOLO." Nessuno seppe mai dove lo sciamano avesse appreso quel particolare gioco. Improvvisamente, Sanjuro, osservando ancora più attentamente Gassan, lanciò le carte sul tavolo, e urlò Fagiolo.
    Questa era la seconda volta, nel giro di due ore, che Sanjuro batteva Gassan a quel gioco di carte. Non era mai accaduto che Sanjuro vincesse a Carta-Fagiolo contro Gassan. E di solito il mazziere dava le carte per primo a Sanjuro. Dato che era lui stesso. Il mazziere. Nonostante giocasse contro, un bastone.
    Sempre più stressato dalla situazione che si stava prospettando da alcuni giorni, e dalle strane sensazioni che sentiva attornò, Sanjuro disse una cosa soltanto.

    - Sventura. -
    2 Giorni prima della riuonione. Sanjuro era sempre più guardingo. Qualcosa lo stava chiaramente disturbando a livello energetico, e non perchè lo stufato di muschio, menta, rospi, e guano dei suddetti rospi, lo aveva tenuto fermo nella latrina per 3 ore. Latrina che era contemporaneamente anche studiolo, leggio, ufficio di osservazione astri, laboratorio idee e resort vacanze. Era sempre più teso, nemmeno perchè in un solo giorno era riuscito a dare fuoco al suo vaso di fiori annaffiandolo, ma perchè un terribile male, anche quel giorno, si era abbattuto su di lui. Lo sciamano si trovava in città, con la sua solita "maschera da villaggio in giorno di spese" quando, ad un certo punto, sulla via di casa, un ragazzo di circa 15 anni, strappò un giocattolo dalle mani di un ragazzino più piccolo. Questo cominciò a piangere, facendo accorrere il padre, che per raggiungerlo, assestò uno spintone allo sciamano che si trovava sulla sua strada, e quando arrivò presso il figlio, colpì il ragazzino maleducato con uno schiaffo, il quale perse l'equilibrio, andando a sbattere sulla donna che accanto a lui, stava lavando dei panni al pozzo, facendola cadere dritta nel suddetto pozzo, fino in fondo, con un sonoro "CIAFF". Sotto la maschera, Sanjuro aveva le lacrime agli occhi per quello che era appena successo. Tutto quel male non poteva essere solo l'accanimento del Karma, qualcosa di orribile si stava delineando davanti a lui.

    Il padre del bambino, urtandolo, aveva strappato il filo di una delle sue infradito nuove, regalategli da Itai al suo ritorno in amministrazione.
    -....Sventura. - Balbettò.
    1 giorno prima della riunione. Sanjuro non era uscito di casa. Gassan era appoggiato alla porta, il suo compito era fare la guardia, nessuno avrebbe disturbato lo sciamano quel giorno.
    Sciamano che si trovava senza maschera, senza tinture sul corpo, e senza gonnella. Era praticamente nudo, se non per le infradito, una delle quali riparata con una gomma da masticare, il baffo di un gatto, un pezzo di forchetta e un chiodo tinto di verde.
    Aveva appeso al muro una sorta di tabella in sughero, con alcune puntine attaccate, tutte collegate da dei fili. Assieme a una moltitudine di fogli di carta appiccicati, annotazioni a penna, e svariati cadaveri di animali grandi come una pulce, attaccati in vario modo. Era stressatissimo, come non era mai stato. Era convinto di una cosa, qualcosa stava per accadere, qualcosa di orribile. E nel momento in cui nel suo cervello, il misticismo collegava tutti gli eventi della settimana, un messaggio arrivò da sotto la porta, fermandosi accanto a Gassan.
    Sanjuro si voltò, terrorizzato, con le lacrime agli occhi, verso il suo fidato aiutante.

    - Cosa dice ? -

    Chiese al bastone. Nei successivi trenta secondi, il bastone non si mosse. Nè parlò.
    Era un bastone.
    Sanjuro continuò a fissarlo, immobile. Non immobile come un uomo che attende una risposta, ma come uno che ascolta una risposta.

    - Tutti i ninja di Kiri convocati al grande tempio della Nebbia? Per via di Itai? Ma è dove vengono tumulati i Kage.....-
    Il suo volto sbiancò.

    - NON PUO' ESSERE. ITAI......ITAI E' MORTO. -

    [...]

    Il giorno seguente, Sanjuro arrivò quando ormai quasi tutti i Kiriani avevano preso posto.
    Si presentò con decisamente molta roba a seguito, al tempio della Nebbia. Non solo aveva con sè una maschera estremamente elaborata, ricavata dal teschio di un orso dei ghiacci, e adornata con sulle spalle due grossi palchi di renna delle nevi, ma persino Gassan si era agghindato per la commossa occasione, ponendosi, da solo, un teschio di ariete sulla sommità, come era usanza tra i bastoni da sciamano.
    Il quale, oltre alla maschera, aveva tutta una particolare tuta da sciamano, il che lo rendeva più simile ad un kebab che ad un uomo, ma nella sua mente, il misticismo regnava sovrano.
    Il punto focale della scena di Sanjuro che varca le porte del tempio però, erano gli oggetti che portava con sè. Aveva due borsoni ENORMI a tracolla, ognuno che pendeva da un lato del suo corpo. E una ulteriore busta nella mano libera dal bastone.
    Una volta nel tempio, poggiò da una parte i borsoni, prese la busta con sè, e iniziò a tirare fuori dei festoni rituali, praticamente delle enormi strisce bianche, lunghissime, che nel giro di pochi minuti, avrebbe attaccato alle pareti, quindi tirò fuori dalle borse una lunga lista di oggetti, che dispose in giro per il salone secondo un preciso metodo sciamanico. Nell'ordine:

    - Un braciere grande come una padella da frittura, che in realtà era appunto la sua padella da frittura, ma con su scritto, a pennarello "BRACIERE PER ITAI"
    - Tredici foglie di agave di palude, da spargere in giro
    - Tre urne contenenti chissà cosa, e in certi casi l'ignoranza non è mai troppa, che pose triangolarmente ai vertici della sala
    - Un pacco di bigliettini, che distribuì silenziosamente a tutti i presenti
    - Altrettanti gessetti scuri per scrivere su suddetti bigliettini, fatti ovviamente in guano, e infatti puzzavano.
    - Un mazzo di fiori chiaramente morti da tempo.
    - Una capra, anch'essa morta da tempo, posta praticamente sulla porta, sulla quale pose i fiori.

    Akira era seduto nell'unica sedia in vista nei locali, probabilmente lui avrebbe parlato per primo per ricordare il defunto amico, quindi lo sciamano, il cui compito sacro lo obbligava a presidiare i riti funebri, si pose in piedi accanto al chunin, da notare come l'uomo non avesse proferito parola dal momento della sua entrata teatrale, e rivolgendosi a tutti i presenti, disse, a testa bassa, e con le lacrime sul volto:

    - Bentrovati, amici carissimi. Siamo qui oggi per ricordare un caro amico, un capo, e un ninja come pochi si vedono nel mondo. I bigliettini che avete, sono per essere riempiti con un pensiero che vada a raggiungere Itai nel posto in cui si trova adesso. Una volta raccolti li brucerò in questo braciere, ed essi raggiungeranno il defunto Mizukage, per donargli la pace che molti di noi cercano. Akira qui, sarà il primo a ricordare Itai, per donargli il giusto saluto, poi a turno, tutti quelli che vorranno, prima di svelare queste teche, contenenti i doni del villaggio alla memoria del nostro trapassato amico. -

    Ovviamente Sanjuro come al solito non aveva capito niente, per lui le teche contenevano omaggi del villaggio a Itai, il quale lo aveva riaccolto nel villaggio come ultimo gesto di generosità, poichè, sapendo di un male incurabile che da mesi lo affliggeva, aveva chiamato al villaggio un misterioso curatore da lontano per donargli sollievo, ma alla fine, colto da orribili dolori alla testa, come suggerito dalla pigna, aveva dovuto arrendersi all'unica possibilità, scoprire le proprie carte, e lasciare che, colpito da qualcosa più forte di lui, la sua vita si strappasse sotto il peso della sofferenza. Tutto tornava. E ora stava a Sanjuro, aiutarlo nel suo cammino verso il piano mistico.





    Edited by Jotaro Jaku - 4/2/2016, 14:32
     
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