Aka Kekkonshiki

[Quest di Villaggio, grado A]

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    THEATRE

    All the best performers bring to their role something more, something different than what the author put on paper. That's what makes theatre live.



    “Shizuka, essere infiltrati è uno dei ruoli più difficili per noi Shinobi, in quanto…”


    «Voi…COSA?»
    «Ritsuko, abbassa la voce…!»
    «Voi siete pazza, non vi coprirò mai in questo! Non in questo! Perdere la vostra purezza, stanotte, con quel sudicio delinquente?! Alle soglie del vostro onorevole matrimonio, poi!»

    Seduta sul pavimento di legno delle sue stanze Shizuka Kobayashi guardò per un attimo Ritsuko Aoki in volto, esitando. Non sapeva precisamente di quale purezza stesse parlando, poiché aveva perso quella fisica e mentale da molto tempo ormai, ma fece finta di nulla, guardando piuttosto gli splendidi giardini della sua immensa Magione. L’attenzione che rivolse però agli arabeschi del ponticello che sovrastava uno degli specchi d’acqua dell’Area Verde fu talmente sospetta che per quel motivo -o forse perché pareva che un Aoki vedesse attraverso al Kobayashi in onore del quale era nato con una chiarezza priva di paragone- che la povera Ritsuko, spalancando la bocca, si portò le mani al volto ringhiando qualcosa sottovoce. Un improprio, forse.
    «…Lo avete già fatto una volta…?» Gemette dopo un attimo, cercando mentalmente di elaborare le varie menzogne che avrebbe dovuto dire per coprire la sua Padrona dall’opinione comune.
    «Non credo di dover rispondere a questa domanda, Ritsuko.» In effetti non avrebbe saputo come dirle che alla prima erano seguite molte altre soddisfacenti “volte”, e nessuna di queste con Masaki. Per ora, almeno.
    «Perché diavolo state arrossendo, ora?!» Strillò la Kumori, agguantandosi i capelli con le mani nel fissare il volto della sua Signora che avvampava e si tendeva in un’espressione contesa tra imbarazzo e qualcosa di molto simile a quello che dovette arrendersi a chiamare “desiderio”.
    «Oh insomma, Ritsuko!» Balbettò Shizuka, cancellando rapidamente dalla sua mente l’immagine, viva e palpabile, delle nerborute mani di Masaki che si aprivano a ventaglio sotto il primo strato del suo kimono, scoprendole la pelle nuda, su cui… «Ritsuko!» Ripeté, deglutendo. Si sistemò a sedere, sentendo bruciare il collo su cui le labbra di lui sapeva l’avrebbero baciata. «Mi aiuterai oppure no?» Ringhiò, scuotendo la testa: la missione prima di ogni altra cosa. Punto.
    «Come vostra Kumori, Ojou-sama, vi sarò sempre fedele.» Ringhiò tra i denti Ritsuko Aoki. Sospirò, suo malgrado. «Vi amo troppo per non cercare la vostra felicità prima della mia…» Mormorò ancora, arrendendosi. «Mi occuperò della servitù, di Mamoru e Ayano. Per tutta la notte l’Ala Est sarà libera. Farò in modo che nessuno maturi alcun dubbio… pregandovi di essere discreta e facilitarmi il compito, ovviamente.» Borbottò, inchinandosi. Qualcosa le stava bucando il petto, ma non se ne curò.
    «Grazie, Ritsuko.» Si limitò a rispondere la Principessa. Anche il suo petto fu trapassato dal dolore mentre, sorridendo, aggiungeva: «Ti voglio bene, è proprio per questo che non posso mentirti. Ecco perché ti dico sempre tutta la verità. Non biasimarmi, ti prego…»
    Per ingannare i propri nemici, era necessario prima ingannare gli amici.

    “…se lo vorrai troverai sempre il modo di diventare fisicamente più potente, ma le arti che derivano da un intelletto raffinato richiedono tempo. E questo non è sempre ben speso.”


    Quando era piccola suo padre le aveva insegnato che l’obiettivo della vendita era prioritario. Quando era diventata ninja, poi, Raizen le aveva detto pressoché la stessa cosa: la missione aveva la priorità su tutto. Su di lei. Sui suoi sentimenti. E se necessario, anche sui suoi compagni.
    Con questi principi radicati nel suo cuore, Shizuka Kobayashi sapeva che ogni errore commesso poteva richiedere la sua vita. E lei, per quanto non potesse dirsene incurante, accettava quella responsabilità. Non era dato ad una Corrotta dire di muoversi solo per ambizioni di Pace e Amore, che troppo spesso nel suo caso convivevano con i suoi interessi personali, mai troppo legali, ma era indubbio che ogni cosa facesse era per Konoha. Volle credere allora che anche quell’incontro fosse stato voluto per lo stesso motivo.
    …Suo malgrado non ne fu più molto sicura quando Masaki, scavalcata la finestra che aveva aperto per lui, le sfiorò il viso, avvicinandosi.
    «Ben arrivato.» Si limitò a dire la Principessa del Fuoco. Annichilire nella sua mente l’espressione e la voce inquisitoria di Raizen che le intimavano certi risultati fu un’impresa non meno che eroica. «Hai avuto difficoltà ad essere qui?» Vestita di un kimono da camera di seta chiara, la donna si aggiustò l’hanten di broccato sulle spalle per poi scostarsi i lunghissimi capelli dal collo, lasciati comodamente sciolti sulla schiena, prima di far strada al Kurogane senza aggiungere altro.
    A dispetto della grandezza e ricchezza tipica della Magione dell’Airone le stanze di Shizuka erano semplici, di un raffinato buon gusto femminile che contrastava un poco con la confusione dettata dai libri accatastati ovunque, dai rotoli impilati su ogni tavolino, dai pennelli da trucco e le carte di dolci abbandonati su cuscini da compagnia spiegazzati. Era logico supporre, dopotutto, che essendo quello un incontro “segreto”, la ragazza avesse fatto di tutto per non destare sospetti nelle sue domestiche, prima che queste venissero liberate per la serata.
    «Oh, grazie.» Prese il suo scialle dalle mani di Masaki, ben attenta a non toccare le dita di lui adottando una precisione quasi millimetrica. La stessa che le servì per lanciare il coprispalle addosso ad un paravento di carta di riso dipinto a mano, senza per questo distogliere gli occhi da quelli del Dislocatore. Un tessuto da 15.460 ryo non aveva mai avuto così poco interesse, per lei. «E grazie ancora.» Aggiunse, prendendo con sé il rotolo e i libri. Le ci volle un notevole sforzo per girarsi e decidere di prendere posto nella stanza tradizionale in cui aveva condotto l’uomo: centrale rispetto all’Ala Est, studiata per essere la sicurezza e incolumità dell’Erede di un Clan come il Kobayashi, quella spaziosa camera sembrava essere la personale di Shizuka, come testimoniava la rialzata privata sulla destra, in cui uno splendido futon matrimoniale di sete e tessuti a trama fitta sedeva nascosto da veli semitrasparenti color avorio, pendenti dal soffitto a travi nette. Poco distante una pedana, il cui legno intarsiato narrava con immagini alcune fiabe tradizionali, ospitava un angolo lettura affiancato da due lanterne di riso sferiche. E fu lì, al riparo delle ombre delle colonne portanti e del muro a doppio livello alle sue spalle, che l’Erede dello Smeraldo si accomodò.
    «Com’è andata oggi, Masaki…?» Avrebbe domandato. Non era necessario nessun contatto mentale per capire a cosa accennasse. «Gradisci un po' di tè?» Chiese ancora, continuando ad intavolare sussurrate discussioni sottovoce circa per lo più banalità, così da ottenere tempo.
    Capire la scelta di confinamento di Masaki fu intuitivo [Esperta in Fuuinjutsu], e così dopo aver conquistato la calma interiore che era certa il suo aspetto comunicasse, e aver affinato i suoi sensi [percezione 9]; prese il rotolo e richiamò gli altri tre, che appena ebbe tra le mani aprì rapidamente. Un secondo dopo era già completamente assorta, intenta alla memorizzazione di quello che sembrava un labirinto più che una mappa, come ebbe tristemente modo di constatare la donna. Fortuna voleva però che Shizuka fosse una Kobayashi e quel genere di planimetrie dunque, per quanto complicate, non le erano del tutto estranee.
    Quando fu sicura di aver memorizzato tutto, avrebbe fatto cenno allo Shinobi di sigillare nuovamente i rotoli dentro quello piccolo d’inizio, che successivamente avrebbe riposto con cura dentro una canna di bamboo munita di beccuccio, che in altre occasioni sarebbe servita come porta tè per qualche scampagnata. Solo a quel punto avrebbe sospirato.
    Per qualche ragione la tensione che credeva essere collegata all’azzardo di un appuntamento come quello, anche in seguito alla presa visione dei rotoli non svanì. Suo malgrado decise però di non curarsene, sapendo di dover piuttosto approfittare di quella solitudine per continuare le domande che quella mattina non aveva potuto porre. Immaginò che fosse per quella ragione –l’attaccamento alla buona riuscita della missione, ovviamente– che sentì dunque un certo sollievo quando, posando il palmo della mano destra sul tatami, si portò sulle ginocchia, protendendosi poi in avanti verso l’Erede del Ferro.
    «E ora…» Mormorò, facendo scorrere l’indice della sinistra dall’obi di Masaki fino al torace di lui, dove la mano si acquattò, premendosi contro il tessuto del suo kimono. «…cosa avevamo detto, stamattina…?» Non riuscì a non sorridere, alzando appena gli occhi alla ricerca di quelli del Kurogane, prima di muovere rapidamente il viso verso quello di lui. Si fermò ad appena qualche millimetro.
    E un istante dopo avrebbe cercato di instaurare il contatto mentale [Interrogazione Mentale]
    Interrogazione Mentale
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tigre (1)
    L'illusione si attiva tramite il contatto con la vittima. L'utilizzatore sarà in grado di interrogarla, cercando di estorcerle le informazioni direttamente dalla propria psiche leggendo la mente. Può essere utilizzata anche su bersagli incoscienti, riuscendo a comunicare mentalmente. L'utilizzatore vedrà le immagini dei pensieri superficiali della vittima, la quale è consapevole dell'interrogazione. Per mostrare un'immagine diversa dal reale pensiero è necessaria molta concentrazione, uno slot difesa e un consumo pari a medio ogni domanda.
    L'efficacia è pari a 30. Ogni domanda oltre alla prima richiede slot azione/tecnica.

    Tipo: Genjutsu - Tameshi
    (Livello: 4 / Consumo: Mediobasso ogni domanda )
    [Da genin in su]
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    «Masaki, quello che ti chiedo ora è difficile. E non intendo non dare fondo alle tue più turpi fantasie. Ho bisogno di sapere quanto sono spessi i muri esterni della tua Magione e se ci sono alcuni muri interni che presentano lo stesso spessore.»
    Sorrise mentre il suo naso cercava il contatto con quello di lui, e non smise di farlo quando improvvisamente la mano sul petto oppose pressione, spingendo il Dislocatore ad inclinare la schiena indietro, rispetto alla posizione seduta in cui si trovava, quel tanto che sarebbe bastato lei per poter far scivolare un ginocchio tra le gambe del ragazzo, e intrecciare il suo braccio libero dietro le spalle di lui.
    «I membri della tua famiglia o gli Hangetsu godono di un qualche tipo di resistenza ai veleni, a tecniche di un certo tipo o possiedono tecniche di cura superiori al normale?»
    Arcuando la schiena e approfittando della posizione in cui sperava di aver condotto il Kurogane, la donna si sarebbe alzata sulle ginocchia; e allora, per una volta, sarebbe stata lei la più alta tra i due. Non mancò di farlo presente reclinando la testa, dall’alto verso il basso, così da poter portare i suoi occhi verdi in quelli cremisi di lui, e abbassare poi il suo viso su quello di Masaki, a cui sorrise sardonica mentre il suo corpo si faceva più vicino, aderendo lentamente all'altro.
    «Tua madre è a conoscenza dei segreti o dei piani di tuo padre che nessun altro, o pochi altri, sanno?»
    Si muoveva lentamente e ogni gesto era calibrato come una danza silenziosa scandita solo dal suo respiro, di per sé impercettibile. E così, quando le mani di lei scivolarono fino al collo di lui, per poi affogare sotto il primo strato del suo kimono, disegnando un arco lungo le spalle e le braccia dell’uomo, invitando il tessuto dell’abito tradizionale a seguirle; sembrò tutto uno spettacolo lontano nel tempo, antico e misterioso. Ma implacabile.
    «Devi raccontarmi tutto quello che hai scoperto oggi in merito alle chiavi del tuo Clan e all’Accordo degli Hangetsu, Masaki. Inizia subito, capito?»
    Le mani della donna avrebbero seguito i lineamenti delle braccia dello Shinobi, ma sfiorati i gomiti di questo si sarebbero ritratte con eleganza, lasciando il primo strato del kimono maschile di cui aveva spogliato il suo interlocutore accasciato in una scala di pieghe.
    Solo a quel punto, incredibilmente, Shizuka Kobayashi si sarebbe fermata... perché era una recita quella, dopotutto, no?
    «Stavo scherzando, ovviamente…» Sussurrò all’orecchio di lui, mentre le sue labbra sfioravano il lobo dell’ascoltatore, il quale avrebbe nitidamente potuto percepire quel Demone sorridere, prima di vederlo ritrarsi lentamente.
    Gli avrebbe lasciato del tempo, sia per ottenere le risposte che necessitava, sia per permettere lui di riottenere un certo decoro.

    “Potrà dunque capitare che il target della tua missione si innamori di te, Shizuka. E’ la migliore delle prospettive che si possa presentare ad un’infiltrata, perché solo allora avrai il controllo totale dell’intera scacchiera.”


    Capì di attendere quel bacio nel momento stesso in cui il suo corpo rispose a quel contatto e lei, protendendosi verso il Kurogane, cercò allora di prolungare quel momento. Di averne ancora. Ancora una volta.
    Allungando le mani avrebbe cercato di afferrare istintivamente il kimono di lui, così da trarlo di scatto a sé. E in quel momento persino la buona riuscita della missione sembrava contare poco. Perché c’era qualcosa, in Masaki, che sapeva farle perdere completamente il controllo, inebriarla, stordirla quasi.
    Terminò però tutto molto bruscamente.
    «…Innamorato?» Ripeté la ragazza con voce strozzata.

    “Sii grata, Shizuka. E’ davvero la migliore delle prospettive.”


    Masaki era sempre apparso ai suoi occhi come acqua di sorgente, in rapida cascata, tumultuoso, ma limpido. Avrebbe voluto dire di vedere attraverso di lui con la chiarezza che solo pochi potevano vantare, ma la verità era che forse in molti altri erano capaci di interpretarlo con la sua stessa semplicità.
    Pensò a suo padre. A Jinsuke Kurogane.
    Ed ebbe paura.

    Amore?
    Non aveva mai pensato a niente del genere.
    La carne era un conto, il cuore -era chiaro- un altro.

    Confusione.

    Avrebbe potuto dire lui che non aveva mai riflettuto in quei termini. Che non lo aveva mai pensato davvero come compagno. Che era una missione, la loro, dopotutto.
    Oppure avrebbe potuto mentire –dicendogli che anche lei provava le stesse cose, chiedendo a sua volta perdono–, salvando in questo modo le reazioni tanto facili di lui dal giudizio dei terzi, e così facendo proteggendo l’esito della missione…
    …ma Shizuka Kobayashi non aveva mai mentito dall’inizio di quel grande teatro. E capì allora che era proprio quella la sua grande forza: il credere davvero in ciò che stava facendo. In chi le stava davanti.
    Di credere in Masaki.
    «Avresti potuto dirlo sembrando almeno un po' felice…» Perché sapeva bene –mentre alzava le mani a prendere il volto del Kurogane per avvicinarlo a sé– che qualsiasi menzogna avesse detto si sarebbe ritorta contro di lei. «…almeno un po' felice.» E se voleva che Masaki fosse al sicuro, se voleva proteggerlo da tutto… «Devi imparare a fare le cose giuste al momento giusto, Kurogane-sama.» …doveva essere lei a scendere a patti con se stessa.
    Per lui. Per la missione.
    E probabilmente anche per ciò che era diventata negli anni.

    Lo avrebbe baciato.



    Consumo:
    4 domande: mediobasso
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