Aka Kekkonshiki

[Quest di Villaggio, grado A]

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  1. -Max
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Aka Kekkonshiki

    IV



    Una volta che lei ebbe controllato i rotoli che le avevo portato (cosa che fece rapidamente) ed una volta che li ebbe riposti la vidi sporgersi verso me, seduto dinanzi a lei. Si sporse verso di me. La sua mano con una lentezza esasperante si posò sull'obi che stringeva il mio kimono e poi, lentamente si portò verso l'alto posandosi sul mio petto. Eravamo tremendamente vicini, eppure separati da un filo di vuoto che pareva chilometrico. Bramavo le sue labbra. Ero innamorato di lei, quasi scioccamente ed in maniera imprevista, ma non per questo avrei venerato con sacralità la perfezione del suo corpo impedendomi di bramarlo per rispetto.
    La desideravo, e lei lo sapeva. Me lo aveva letto dentro. Un appuntamento galante, no?, le risposi senza lasciarmi sfuggire un filo di sottilissima ironia in quelle parole. Un momento di pausa, e la sua voce tornò a rimbombarmi nelle orecchie con forza.
    Shizuka, questa scelta di parole in questo contesto è alquanto azzardata, risi mentalmente tornando subito serio. I muri che circondano le quattro stanze periferiche e quelli che circondano la stanza centrale. So di per certo che sono i muri portanti della magione , i nostri visi erano incredibilmente vicini me le sue mani, spingendo contro il mio petto, mi costrinsero ad inclinarlo all'indietro. Spostai le braccia all'indietro poggiandomi sui gomiti mentre lei scivolava tr le mie gambe. La soffusa luce delle lampade di riso nascondeva gran parte della scena ai miei occhi. E quando agli occhi era negata una chiara visione era l'immaginazione a generare immagini.
    La forma di resistenza ai veleni preferita da mio padre sono proprio gli Hangetsu, per essere preciso, Mujōna Hagetsu, che è per mio padre ciò che Baiko è per me. Sia Baiko che Mujōna sono capaci di riconoscere i veleni più comuni con estrema facilità, in più se mio padre ha dei sospetti lascia che Mujōna mangi per primo. Non so come, ma so di per certo che Mujōna Hangetsu è immune ai veleni più potenti. Non ho mai visto usare tecniche strane agli Hangetsu... per quanto riguarda mia madre, no, ne sono abbastanza certo. Mio padre a malapena sopporta di dormire nella sua stessa stanza una volta al mese, figurarsi dirle i suoi segreti. Potrebbe morire, a mio padre non importerebbe di meno, quelli erano ricordi di infanzia ed adolescenza, quando vidi Mujōna Hangetsu salvare mio padre da un veleno infilato nel suo te da un servitore che in realtà era uno shinobi in missione per assassinare mio padre per conto terzi. E poi i ricordi di una madre infelice, costretta dagli eventi ad odiare persino il suo stesso figlio, reclusa in una enorme casa piena di servitù ed una felicità rovinata che tutte le ricchezze del mondo non avrebbero potuto mai ripagare.
    All'esterno la situazione andrò progressivamente surriscaldandosi in maniera quasi intollerabile. Le sue mani raggiunsero le mie spalle e con un gesto delicato eppur sicuro fecero scorrere via dalle mie spalle lo strato più superficiale del tessuto del kimono chiaro che indossavo. Il mio respiro si fece via via più affannoso ed ogni volta che le sue dita sfioravano la mia pelle era come se ferri arroventati venissero pressati a forza contro di me, non tanto per il calore ma per la sensazione di persistente tocco che ti lasciavan anche una volta alzate.
    Ho seguito i consigli che mi hai dato, Shizuka, ed è andato meglio di quanto osassi sperare. Non sono in grado di dirti tutto in maniera dettagliata, ma è più di quanto avevamo prima. Gli Hangetsu, mi pare di aver detto, sono dei mercenari. Ci proteggono dietro pagamento e fino ad oggi credevo che si trattasse di denaro. Non è così. Mio padre mi ha detto che il clan Hangetsu serve il clan Kurogane prestando al capoclan i loro "occhi" ed il loro "cuore", oltre che le loro lame, mentre il clan Kurogane offre loro qualcosa che solo il capoclan può comprendere. Ha usato una strana inflessione sulle parole occhi e cuore. Ho insistito per saperne di più e l'unica cosa che mi ha detto è stata "le nostre sale sono piene di tesori, Masaki? Ti sei mai soffermato a guardarli?" e non mi ha detto altro. Al che sono sceso nei sotterranei e con un po' di fatica ho trovato alcune vecchissime pergamene che narravano degli albori del clan Kurogane, feci una pausa per riorganizzare mentalmente la storia prima di narrarla. Il Clan Kurogane fu fondato circa trecento anni fa da Tetsuya Kurogane, il quale ebbe un figlio ed una figlia. Egli teneva in grande considerazione la sua figlia minore alla quale diede il compito di gestire i suoi affari. Suo figlio maggiore invece era grande guerriero ed assassino. Il figlio maggiore, oltraggiato, rubò la vita di sua sorella per vendetta. Il di lei figlio, di cui il nome è andato perduto, decise di vendicare la madre. Ma come sua madre egli era debole nel corpo sicché assoldò cento guerrieri per andare a distruggere suo zio e la sua famiglia. Durante la battaglia il figlio maggiore di Tatsuya venne ucciso e suo figlio giurò vendetta verso suo cugino. La storia di vendetta insanguinata va avanti per altri cinquant'anni finché Tsuki Kurogane, discendente del primo figlio, non vi pose fino stringendo un patto con Taiyō Kurogane, mia venerabile antenata. Taiyō consegnò a Tsuki la Chiave delle Fucine, e Tsuki giurò che la sua famiglia avrebbe protetto i discendenti dei Kurogane. Non ho certezze, ma è possibile che Tsuki Kuorgane abbia cambiato poi il suo cognome in Hangetsu e che la Chiave delle Fucine sia il centro dell'Accordo, feci un breve sospiro. Solo che non ho idea di cosa sia, Shizuka. Scusa, non sono riuscito ad ottenere di più riguardo l'Accordo, ma sul Primo Figlio di Tetsuya Kurogane sì, l'Accordo era un segreto alquanto importante se mio padre era stato reticente a svelarmene i dettagli più succosi. Ma forse con le mie forze ero riuscito ad ottenere un certo risultato! Si diceva che i suoi occhi fossero in grado di penetrare qualsiasi velo di menzogna. È una versione romanzata per dire che era in grado di comprendere facilmente gli uomini e le loro bugie o altro? Non lo so, però spiegherebbe come sia possibile che mai nessuno è riuscito a mentire facilmente a mio padre ed a mio nonno prima di lui, quella prospettiva mi inquietava. E se avesse già scoperto tutto?


    A quel punto avvenne l'impensabile, ciò che avrebbe strozzato le parole in gola a qualsiasi uomo. Si allontanò, mormorandomi nell'orecchio che stava scherzando, lasciandomi per alcuni secondi con un'espressione beota in faccia che dovette risultato in un certo qual modo comica. Sbattei le palpebre per alcuni istanti e cercai di ritrovare un contegno, senza però riuscirci davvero. L'immobilità nella quale mi forzai mi impedì persino di sistemarmi il kimono, mentre la mia mente decisamente annebbiata dal comportamento di Shizuka... e non potei resistere. Mi riavvicinai a lei, con l'abito più tolto che indossato, posando le mie labbra sulle sue per poi dischiuderle senza un'oncia della mia solita delicata prudenza ed attenzione. Lei, in compenso, afferrò il mio kimono con entrambe le mani e lo tirò verso di se ed io accompagnai quel movimento facendo aderire il mio corpo al suo con forza.
    Le mie mani, con un gesto istintivo si portarono possessive dietro la schiena di Shizuka, aprendosi e premendo su di essa per schiacciare con passione il corpo della Kobayashi contro il suo. La mancina discese senza timore, ormai svanito nei miei occhi, afferrò l'obi della Principessa del fuoco stringendolo ma senza muoverlo più di tanto.
    Non sono per niente bravo con le parole, Kobayashi-sama, dissi in risposta alle sue parole, dopo che le nostre labbra si furono separate. Non l'avrei lasciata, l'avrei stretta a me finché lei me lo avesse consentito. Una luce diversa dal solito brillava nei miei occhi. Ero eccitato, nel corpo e nell'anima, e potevo forse scorgere in lei le stesse sincere emozioni che mi stavano sconvolgendo. Per cui per ora starò zitto, aggiunsi mentre un sorriso malizioso nasceva sulle mie labbra.
    Le mani che fino a quel momento avevano avevano con forza premuto contro la sua schiena si mossero fino ai suoi fianchi e senza timore. Con un fluido movimento ricambiai la spinta che mi aveva costretto prima ad arretrare il busto all'indietro ma quella volta mi spinsi oltre, fino a far distendere la schiena della Kobayashi sul tatami e, come aveva fatto lei precedentemente scivolai piano sul suo corpo. Le mie spalle erano scoperte e senza che me ne rendessi conto il braccio destro abbandonò la manica del kimono e totalmente scoperto ne uscì, mentre il sinistro rimaneva coperto solo dal gomito in giù.
    Posai le braccia ai fianchi del suo viso e discesi nuovamente verso le sue labbra, ma non vi era niente di dolce in quel bacio. Era vero, l'amavo. Ma la desideravo. E fino ad un certo punto ero in grado di controllare le mie azioni stando al gioco che lei imponeva con gesti esperti. Certo, non mi era dato dire se persino quello fosse, il suo gioco ma a quel punto fermarmi mi era difficile. Allora la destra andò ad accarezzare il corpo di lei, ma lo fece facendo scorrere la punta delle dita dalla spalla fino al prezioso obi che stringeva la vita della Principessa e le dita si insinuarono tra i nostri corpi e poi andò verso destra insinuandosi tra il tatami e la schiena di lei. Avrei alzato lo sguardo su Shizuka mentre sulle mie labbra nasceva un sorriso sincero ma anche carico di desiderio, lo stesso desiderio che ardeva nei miei occhi senza ritegno. In quella situazione, da quel preciso momento in poi, sarebbe entrata in vigore la regola del silenzio-assenso, da esprimersi anche rapidamente. Poiché se nulla fosse stato impedito avrei sciolto il nodo dell'Obi e come lei aveva potuto vedere quella mattina, avrei dato compimento alle mie turpi fantasie sulla sua pelle nuda, profumata come un fiore di pesco e liscia come marmo levigato se non per quelle cicatrici che erano segni di forza ritrovata per una kunoichi e che non ne potevano sminuire minimamente la bellezza.
     
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