Aka Kekkonshiki

[Quest di Villaggio, grado A]

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  1. -Max
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Aka Kekkonshiki

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    Mantenere la concentrazione adeguata a rispondere le domande fu la prova che Masaki Kurogane era uno Shinobi provetto e che non era del tutto vero che solo le donne potevano fare due cose contemporaneamente. Shizuka però mi incalzò con una serie infinita di copiose provocazioni alle quali non sarei mai, e dico mai, l'avrei immaginata in grado di torturarmi in quella maniera così atroce, tale da farmi tremare di un piacere che non avevo motivo fisico di provare. E mentre lei faceva in modo di farmi credere che si stesse abbandonando a me, mentre in realtà mi guidava verso dove lei voleva portarmi, l'incessante interrogatorio mentale proseguì. E potei anche ammirare come fosse in grado di provocare la mia libido con tanta efficacia ed al contempo mantenere abbastanza concentrazione da pormi dettagliate domande sul clan Hangetsu.
    Oh, Shizuka, ho solo seguito il mio istinto per una volta, non gli davo mai ascolto, nella mia situazione poteva essere pericoloso. Ma non in quel momento. In quel preciso istante il mio desiderio per lei superava di gran lunga qualsiasi prudenza e fu una gran fortuna che quell'atteggiamento così deciso fosse tutt'altro che compromettente per il successo della missione. Il desiderio carnale era parte integrante di un amore sincero del resto: quelle sue provocazioni per quanto efferate non avrebbero fatto altro che rafforzare e cementificare quella realtà che avevano costruito.
    No, non è mai successo, Shizuka. Gli Hangetsu rimangono Hangetsu. Ichigo Hangetsu, il nonno di Baiko, proteggeva mio nonno. Mio nonno è morto prima che nascessi, Ichigo è morto due anni fa di vecchiaia ed è rimasto da noi ad addestrare i nuovi Hangetsu, era evidente che il clan Hangetsu fosse sì legato al Clan Kurogane eppure non abbastanza da essere considerato un legame "durante la vita ed oltre la morte". E quello già rispondeva alla domanda successiva.
    No, non è mai successo. Guarisco normalmente, ne sono certo e Baiko non ha mai mostrato nulla di insolito mentre ero ferito... nemmeno preoccupazione, ma lui è espressivo quanto una banana in un calzino, divertente metafora. Perché l'avevo usata poi? Probabilmente perché la gamba della Kobayashi con un gesto esperto e calcolato si intrecciò con la mia e la tirò. Così fui costretto a cadere addosso a lei ed il mio bacino entrò in contatto col suo in maniera così intima che non potei esserne colpito ed eccitato. Le sue forme premettero gementi e tremanti contro le mie ed il mio desiderio proruppe i limiti del sensato. Affondai le mie labbra sulle sue e le nostre lingue danzarono un ballo primordiale ed istintivo, incessante ed incessabile.
    Mio padre un uomo diverso da ciò che è Shizuka? Mi sembra improbabile onestamente, anche se non mi stupirei se in certe situazioni mio padre abbia preso il posto di Mujōna e viceversa. Del resto gli Hangetu sono Shinobi, per uno Shinobi addestrato come loro un'operazione del genere è uno scherzo, stava forse pensando ad uno scambio di persona? Era probabile, ma c'era una questione da considerare: io e Baiko che condividevamo lo stesso rapporto tra Mujona e mio padre. Baiko ed io però non l'abbiamo mai fatto, nemmeno quando per delle missioni mi sono trovato realmente in pericolo o quando qualcuno ha minacciato la mia vita per cercare di minacciare mio padre... sciocchi, sciocchi idioti. Per i tesori no, non credo proprio che sia mai successo, e le immagini che fluirono nella mente di Shizuka raccontavano di cumuli di oro fittamente stipati in pesanti forzieri di metallo nero, diverse spade cerimoniali di fattura pregiata al pari delle sete delle quali il clan Kobayashi andava così tanto orgoglioso, ma anche diversi documenti e rotoli tra i quali avevo trovato la storia che le avevo raccontato e poi un enorme quanto misterioso forziere nero grande abbastanza da riempire metà della più grande sala dell'ultimo piano dei sotterranei, che nessuno aveva mai aperto da che vivevo.
    Mentre rispondevo a quelle parole le mie labbra si erano allontanate da quelle di lei solo quanto bastava per riprendere fiato per un mero istante, salvo poi tornare ad abbassarsi su quelle della Kobayashi con inarrestabile desiderio, catturandole in un movimento compulsivo e voglioso che poteva essere a malapena definito "bacio". E senza timore, ormai svanito nel momento stesso in cui avevo abbandonato ogni reticenza e l'avevo spinta sul tatami con tutto l'intento affatto celato di farla mia - anche se lei in pratica mi aveva fatto suo - , tirai il nodo dell'obi fino a scioglielo mentre lei alzandosi sui gomiti mi sospingeva appena all'indietro. L'altro braccio era stato spogliato al kimono in un punto temporale imprecisato. Quel movimento con l'elegante cintura ormai non può tesa e stretta attorno alla sua vita avrebbe fatto sì che l'indumento abbandonasse in maniera scomposta il corpo della Kobayashi, scoprendone le spalle candide e le generose forme ma senza permettere ai miei occhi di coglierle del tutto, come se il tessuto, opponendosi a quella precisa opera di svestizione, avesse deciso di nascondermi agli occhi le parti più nascoste e ricercate, lasciando all'immaginazione il compito di vederle ed alle mani il compito di scoprirle.
    Può sembrar strano, ma certi sigilli sugli Hangetsu non li poniamo noi, ma loro. Ho chiesto a Baiko a cosa servissero e lui mi ha risposto solo "a preservare la rettitudine", per cui è chiaro che sia qualcosa che serve a prevenire un loro tradimento, ma oltre ciò non avevo molto da raccontarle sui sigilli. Sentii le mani di Shizuka muoversi attorno al mio corpo fino a raggiungere il mio obi. Come un'esperta commerciante di sete e tessuti quale era lei trovò con sicurezza il punto dal quale far sciogliere l'obi come se fosse un pezzo di ghiaccio di Genosha sotto il sole di Suna. Sentii la tensione allentarsi unita ad un imprecisato ma certamente piacevole senso di liberazione. I pantaloni del kimono calarono appena ma la mia posizione distesa impedì loro di scendere del tutto fino alle mie ginocchia.
    Perché è più facile tenerla viva che spiegare la sua morte cercando di mantenere l'onorabilità del clan. È protetta da una Hangetsu pure lei, perché questo vuole la tradizione del clan, la madre di Baiko, Kūhaku, risposi mentre lei inclinava il capo ed iniziava a farmi desiderare le sue labbra senza però donarmele mai davvero, sfiorandomi con tocchi delicati eppur audaci, apparentemente casuali.
    Che io sappia mio padre ha una cicatrice sul petto, sul pettorale destro, segno di un vecchissimo allenamento quando da giovane si dilettava nell'arte della spada. A tutti i Kurogane viene insegnato l'uso delle armi che vendiamo, è tradizione e convinzione che saperle usare ci permetta di venderle meglio, non a tutti torti: solo quando si conosceva a fondo un oggetto si potevano esternarne tutte le caratteristiche che più avrebbero allettato un compratore. Ho subito diversi genjutsu in vita mia, ma non è mai accaduto nulla di strano. Stessa cosa per Baiko, da che ne so io almeno, mentre rispondevo a quell'ultima domanda lei con innocenza affermò di avermi provocato un pochino.


    Sorrisi nuovamente con quel piglio malizioso sulle labbra tremanti di desiderio. Con una sicurezza che derivava dall'abbandonare la provocazione Shizuka rabbrividì contro il mio corpo e quel brivido fu trasmesso al mio come una dolorosa urgenza di piacere. Le sue dita si chiusero di scatto sul tessuto del mio obi e tirandolo via affermò che si era stancata di giocare con me. Senza più il supporto della cintura di tessuto i pezzo superiore del kimono cadde in terra dimenticato ed i pantaloni calarono seguendo la gravità. Lanciai uno sguardo alla Kobayashi, osservando i suoi lineamenti arrossati eppure divertiti e che non potevano nascondere l'eccitazione che montava dentro di noi come una marea inarrestabile. Allora con un gesto secco allontanai i rimasugli dei miei abiti, scagliandoli a qualche metro di distanza. E nudo com'ero venuto al mondo mi abbassai su di lei, cercando con le dita il suo obi ormai slacciato, mandandolo a far compagnia con il resto dei suoi vestiti. A quel punto l'abito come se comandato da una forza sovrannaturale si aprì com'era accaduto nelle mie fantasie di quella mattina. Scesi e sfiorai le labbra della Kobayashi con le mie, ma non le diedi la soddisfazione di goderne troppo, giacché spostai le mie sul suo collo, assai in alto proprio laddove si è assai più sensibili a causa di una qualche arcaica reazione di difesa. E con le labbra discesi verso il basso, con lentezza, dandole così tempo di godersi le attenzioni quasi sfidandola a trovar modo di formulare altre interessanti domande. E quella scia di baci infuocati raggiunse senza fretta la clavicola destra della Kobayashi. Scostai il vestito allora, scoprendone il petto nudo, baciando le sue forme senza candore o pudore, mentre man mano che il capo scendeva lungo il suo corpo le mani lo precedevano allargando il kimono per lasciar spazio alle labbra, le quali non persero tempo e baciarono la pelle della Kobayashi, incrociando la cicatrice che scendeva dalla spalla destra verso il bacino alla fine dello sterno, percorrendola poi con la stessa estenuante lentezza fino alla sua naturale conclusione.


    Solo a quel punto avrei osato alzare gli occhi verso di lei. Nuovamente essi brillarono di una impudica malizia, promessa di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto. Non ero stato cresciuto in maniera tale da essere un seduttore. Non ero un uomo che poteva vantare un'esperienza paragonabile a quella di Shizuka. Eppure dimostravo sicurezza nei miei gesti e nessuna esitazione nel compierli. Quella pausa non era una richiesta di permesso, era una muta promessa. E quando abbassai nuovamente gli occhi - e le labbra - sulla sua pelle, spostandomi piano verso destra e verso il basso.


    Dicevo, non mi era stato concesso lo studio delle arti amorose. Ma ero certo che ciò che avrei fatto da lì a quel punto, finché lei avesse desiderato, sarebbe stato quasi esclusivamente a vantaggio suo e del suo piacere. Poteva sempre pormi tutte le domande che voleva ovviamente, ammesso che fosse stata in grado di raccogliere abbastanza concentrazione per farlo.
     
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