La Corte di Kusa

Febh, Raizen e Kiyomi al Mercato (nero)

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    Degli sproloqui visionari di Febh, Raizen sentì veramente poco, il veleno entrato in circolo che gli combatteva all’interno del corpo con l’antidoto fornitogli da Febh lo lanciarono in un tunnel visionario in cui erano presenti esclusivamente lui, l’uovo e la vita che conteneva.
    Mentre il suo corpo si impostava da solo per l’autodifesa impedendo a Febh di toccarlo, lui divenne in grado di vedere il piccolo drago, similarmente ad una madre che sogna del suo bambino e di come sarà una volta datolo alla luce.
    E il suo era nero, o meglio lo stava diventando: nero e maledetto come tutta la sua stirpe, fu li che comprese che il risentimento verso i draghi dell’est non era corretto, che qualcosa al di là della loro volontà li rendeva malvagi o attaccati ad un ideale che non era loro.
    Eppure su una vita nuova e pura come quella non poteva gravare un simile peso, fu quella convinzione a far concentrare Raizen sul Nero, su cosa fosse e soprattutto dove fosse: era attorno alla creatura, non ne faceva ancora parte, le uova dopotutto erano delle incubatrici, e quella non poteva che nutrire il nascituro con la maledizione.
    Il male era rimasto ad attendere fino a quel momento, ed avrebbe atteso ancora.
    Fu per questo che pochi istanti prima che il nero si stringesse del tutto attorno al drago Raizen infranse l’uovo bagnando il pavimento con un liquido amniotico nero e ribollente, il piccolo non si era formato ancora del tutto, gli mancavano le energie finali che la totale contaminazione gli avrebbe dato, per questo c’era il sangue, per questo c’era il chakra del Colosso e per questa ragione era calato così vertiginosamente.
    Quando Febh si fece vicino avrebbe potuto notare che le mani del Colosso avevano assorbito così tanto veleno da assumere un colore così scuro da apparire totalmente nero, viola nei punti più chiari, ma decisamente non salubre, probabilmente morto, del tutto divorato dalle tossine, per questo rimasero strette all’uovo, rompere le fibre muscolari di un ninja così allenato dopo che erano state prosciugate non era semplice e la fretta imponeva reazioni rapide.
    Quando l’otese, superando i dubbi porse a Raizen il braccio questo morse, senza esitazione, conosceva l’abilità di Febh, ne aveva intuito il funzionamento tempo addietro ma non pensava che avrebbe mai potuto sperimentarla sulla propria pelle, se fosse stato più cosciente sarebbe rimasto stupito.
    Sentì la vita scorrergli dentro, quasi ingrossandogli i vasi sanguigni mentre il suo corpo veniva totalmente ripristinato, detossificando il veleno in men che non si dica.
    Fu per lo stupore che a cure complete l’Hokage rimase a bocca aperta una volta finito di prendere ciò di cui necessitava, allargando le braccia quanto bastava da rivelare che il guscio era già aperto e dal suo interno il drago premeva per uscire.
    Ma nonostante l’evento fosse epocale, per Raizen in particolar modo in quanto questo lo elevava senza ombra di dubbio a Drago tra i Draghi, il Colosso non mosse un muscolo, restando con gli occhi inchiodati su Febh.

    O no, no.
    Figurati.


    Lo fissava ancora con occhi sgranati, cercando di processare quell’evento.
    Cosa poteva aver mosso l’otese?
    Mero interesse per la sua arma?
    Probabile, ma era certo che esistessero altri fabbri certo non meccanici, ma davvero un gesto simile solo per quell’arma?
    Possibile che in qualche recondito e profondo angolo Febh provasse una distorta stima per Raizen?
    Era curioso vedere due occhi sbarrati per lo stupore assottigliarsi facendosi pensierosi pur senza perdere la sorpresa, erano due espressioni in un'unica faccia.
    Dal punto di vista dell’otese dopotutto quella corsa era stata fatta solo per dare a Raizen la possibilità di salvarsi la pelle.
    Poi lentamente il cervello riprese a ingranare, permettendogli di sentire il sapore lievemente salato tipico della pelle umana, sensazione che gli fece immaginare la scena vista dall’esterno:
    Aveva morso un altro uomo.
    La testa arretrò lievemente mentre il mento gli si avvicinò al petto.

    Io… io non… tu…
    …devo dimenticarmelo.


    Prese un profondo respiro cercando di incamerare una calma che pareva essere dispersa nell’aria.

    Credo sia conveniente per entrambi non farne mai parola.
    Mai.


    Tutto per il Colosso era accettabile, ma il suo orgoglio da uomo quello no, quello era intoccabile.

    … e cazzo io sono un uomo tutto d’un pozzo.

    Qualche rimasuglio del veleno in circolo, probabilmente.
    Ma finalmente lo stupore e la preoccupazione erano rientrati in range accettabili, per cui riuscì a dedicarsi al piccolo drago, acciambellato sulle sue mani assopito da una nascita che per quanto fosse stata alimentata da uno degli uomini più vigorosi del continente, era prematura.

    Beh, direi che porsi domande ormai non ha senso.

    Guardò il piccolo rettile e stava per rivolgergli la parola quando Febh gli disse del drago presente sotto ad Oto, quasi facendo andare di traverso la lingua a Raizen per la sorpresa, anche se in realtà era più un sovraffollamento di insulti che decise all’ultimo di frenare poiché, dopotutto, Febh non era a conoscenza della pericolosa storia dei draghi.

    Allattare di sicuro no, è una cosa troppo orribile anche solo da pensare... cioè, riesci a immaginare una mammella di drago?
    Dio che cosa rivoltante... ma farò visita a quel drago.
    Intanto tu, piccoletto, sai chi sei?


    Ebbe già esperienza con Kubomi della capacità dei draghi di interagire col mondo e con gli umani sin dai loro primi secondi di vita.
    La maledizione aveva già contaminato il piccolo essere?
     
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