Outbreak

Corso Base per Eldingar

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    Outbreak

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    Dalla strada che portava in paese, l'occhio si perdeva nel verdeggiante Villaggio della Foglia, aldilà della vista nuove vette di montagne si stagliavano contro il cielo acceso di blu e del sole che fra qualche ora si sarebbe incamminato verso un viaggio che lo avrebbe portato nella sua dimora celeste, per lasciar spazio all'oscurità, alla luna ed alle stelle.
    Soffiava un vento freddo e costante, quel pomeriggio. Rialzava la polvere, scompigliava i capelli e faceva sbattere le finestre delle abitazioni. Erano tuttavia molte le persone che continuavano a fare i loro lavori per il villaggio, non si facevano intimorire dal vento e tantomeno dalle nuvole grigie e nere che si avvicinavano impetuose da Nord.
    Un'occhiata attenta osservò curiosa quel cielo in conflitto con se stesso. Si trattava dello sguardo di un giovane Yamanaka.
    Teneva nelle braccia un grosso e pesante vaso di piante carnivore in via morente; Dionea Muscipula, estremità a forma di bocca e denti che, tuttavia, non mordeva e nemmeno masticava, ma imprigionava e scioglieva le vittime, di solito si trattava di mosche e la loro morte era dolce e lenta. Lo studente che le portava con fierezza non era solo. Alla sua destra ed alla sua sinistra era accompagnato da due ragazzi della sua età che, senza pensarci due volte, si erano offerti volontari per portar pure loro un vaso ciascuno. Il trio si dirigeva verso la casa del ragazzo nel mezzo; biondo con dei lineamenti fini e fanciulleschi, nonostante fosse un maschio.
    Tra la difficoltà di portarsi un carico pesante e quella di sopportare un vento freddo e gelato, i tre ragazzi arrivarono dopo un'imprecisata manciata di minuti davanti al cancello della casa di Inoichi Yamanaka. Dopo aver superato anche quest'ultima barriera, i tre amici posarono i vasi sul corridoio dell'entrata. Erano tutti, chi più chi meno, stanchi e sudati.
    «Ecco qui... due vertebre rotte, una maglia piena di terra ed un influenza. Mi devi un ramen, Inoichi.» a parlare fu la sarcastica ragazza del trio, che si stava pulendo le mani sporche di terra su dei scuri pantaloni dopo aver posato noncurante il suo carico per terra. Aveva dei lunghissimi capelli corvini e degli occhi altrettanto scuri, femminili ma severi. Si ereggeva troneggiante nel suo metro e sessantacinque di pura intelligenza e furbizia. Portava un paio di occhiali da distanza.
    «Non ti devo nulla, hai fatto spaccare il vaso!» rispose di conseguenza il biondo leggermente infastidito, posando (a differenza della sua amica) il vaso con cautela. Si stiracchiò i muscoli delle braccia e sbadigliò per un periodo che parve davvero troppo lungo.
    «Dettagli.» a parlare fu il ragazzo del clan Akimichi, aveva un'espressione divertita, si stava strofinando i capelli scarlatti con un sorriso stampato in volto. Era magro ma goloso. I suoi occhi color miele ne facevano trasparire l'essenza di un'anima buona ed ingenua, ma anche coraggiosa ed impulsiva.
    «Una vertebra per un vaso, il Karma ha agito in fretta.» affermò la ragazza con un mezzo sorriso. Continuò prima che qualcuno potesse dire qualcosa «Comunque sia mia madre ha detto che dovevo recarmi a casa dopo essere stata da te. Ha detto che si trattava di qualcosa di importante.» concluse la ragazza del clan Nara, fissando un punto fisso davanti a se, con l'indice posato sulle labbra. Sembrava impaziente. Assunse di nuovo quella sua aria passiva ed immobile, si paralizzò in quella posizione per diversi secondi. Inoichi spostò quindi il peso del corpo sulla gamba sinistra, spingendo il bacino di lato, perciò da quella parte inclinò anche il capo, facendo sfrecciare una mano davanti gli occhi di Shikako.
    «Ci sei?» Continuò ad agitare violentemente la mano, per cercare qualche segno di vita. La ragazza gli bloccò il polso qualche decennio dopo, spostando lo sguardo su di lui.
    «Devo andare a casa, salutami tua madre.» sentenziò diretta, dirigendosi poi con cautela verso la sua abitazione, tirando con sè Chojiro per la maglietta.
    «Ci-ci vediamoooo!» il rosso non fece in tempo di rendersi conto cosa stesse succedendo che già si sentiva portato via dall'amica con la forza. Il biondo salutò di conseguenza, soffocando una risata.
    Vedendo svoltare l'angolo ai suoi due amici, il ragazzo richiuse la porta e si tolse le scarpe prima di proseguire.
    Non fece nemmeno in tempo di passare la soglia della cucina che sua madre le si appiccicò violentemente in una stretta mortale che molti avrebbero chiamato "abbraccio".
    «Ohhh, sei a casa! Ho delle buone notizie, sono così orgogliosa di te!» disse la donna con un tono molto esuberante.
    Inoichi intanto stava soffocando nelle sue braccia, ma per fortuna sua madre si allontanò ed estrasse una lettera dalla tasca frontale del suo grembiule da cucina, era agitata. Dopo aver ripreso fiato ed aver messo a fuoco l'immagine che aveva di fronte, il ragazzo si ritrovò confuso. Non stava capendo cosa stesse succedendo ed il perché di tanta felicità.
    Qualche istante dopo, Inoichi vide la lettera che le veniva porsa, ma non fece in tempo ad afferrarla che la madre iniziò ad agitarsi copiosamente e spiegare una cosa che sembrava aver aspettato troppo tempo per essere detta.
    «Missione di promozione! Diventerai Genin!» il sorriso della donna andava da un orecchio all'altro. Fu corta, ma incisiva nel riferire quell'informazione. Stava saltellando. Era una Kunoichi ritirata dalla vita da Ninja per dedicarsi completamente alla sua professione da Medico ed alla famiglia. Aveva una cascata di capelli biondi, occhi chiari e pelle morbida; nessuna ruga, nessun segno d'età. Le sue ciocche lasciavano intravedere solo uno spiraglio di un simbolo viola a forma rombodiale che aveva da anni nel centro della fronte.
    Lo Yamanaka cercò di elaborare la questione della missione, allargò le palpebre e si sentì agitato. Era perplesso, non se l'aspettava, soprattutto così all'improvviso! Diventare Genin era un altro passo in avanti nella sua carriera Ninja, finalmente qualcuno gli stava dando la possibilità di dimostrare le sue potenzialità.
    «COSA? Stai scherzando? Dammi qua!» strappò la lettera dalla mano della madre. La lesse attentamente con un nodo alla gola.

    “A Inoichi Yamanaka,

    Sei stato ritenuto idoneo per prendere parte ad una missione umanitaria. L’esperienza sul campo non potrà far altro che temprate il tuo corpo e il tuo spirito in vista delle imminenti sessioni di Diploma. Avrai 48h per prepararti e la invitiamo a presentarsi alle porte del Villaggio tra 2 giorni alle ore 6:00 in perfetto orario.

    Amministrazione di Konoha.”



    Rialzò lo sguardo. Il ragazzo a quel punto era un miscuglio di ansia, felicità, adrenalina e soddisfazione.
    Strinse la lettera con forza e la stropicciò senza rendersene conto. Gli scappò un urlo di battaglia ed agitò i pugni. Dopo andò di colpo ad abbracciare sua madre. Sarebbe diventato un vero Ninja, il che lo eccitava ma anche preoccupava. In quel momento aveva bisogno di affetto, di qualcuno che gli stesse vicino in un momento importante. Era molto orgoglioso di se stesso.
    Si allontanò dalla figura materna ed inspirò con profondità e lentezza. Era pronto, doveva solo prepararsi per bene.

    [...]



    Due giorni dopo, tre ragazzi sostavano da diversi minuti sopra il tetto di un abitazione vicina all'uscita di Konoha, che dava la visuale alle porte del Villaggio. Era prima mattina, il sole stava sorgendo lentamente. Il trio era avvolto da un'enorme coperta che Chojiro si era prontamente portato da casa. Inoichi stava sorvegliando l'entrata con un binocolo.
    «Sensei a ore dodici. E' arrivata, caspita che puntualità!» Disse il ragazzo, stringendo per bene il binocolo nelle mani. Si era esposto solo la testa, stava cercando di mettere a fuoco l'immagine, ma senza successo.
    «Dà qua.» Chojiro rubò il binocolo dalle mani del biondo e se lo posò davanti gli occhi.
    «Lo stai tenendo al contrario, genio.» Shikako era nel centro della coperta, cercava di mantenere uniti i due lembi del tessuto. Era piuttosto irritata, si era alzata prestissimo ed era anche raffreddata.
    Lo Yamanaka a quel punto cercò di riprendersi l'oggetto ma l'amico fece forza e non glie lo restituì. Iniziarono quindi a bisticciare, entrambi tiravano da un lato. Si sussurravano rumorosamente "dammelo", "lascialo", "ti ammazzo". L'oggetto finì per essere scaraventato dal tetto.
    La Nara quindi, stufa di sopportare i suoi amici a quell'ora del mattino, afferrò per i capelli i due e li divise con forza, lasciando andare la coperta per terra.
    «Ahia! Mi stai rovinando i capelli!» Inoichi cercava di liberarsi dalla morsa, ma la ragazza non lasciava la presa.
    «Ora basta. Inoichi fila subito dalla tua Sensei, sono le sei in punto.» lasciò andare Inoichi e Chojiro, che caddero sulle chiappe. I due si rialzarono poco dopo. Tenevano il muso.
    I compagni del Yamanaka sarebbero a loro volta partiti per una missione di promozione, quel giorno. Ma ad orari differenti. Ormai avevano accettato il fatto che non avrebbero svolto quell'incarico insieme.
    «Ultime raccomandazioni, mammina disse a tono normale il biondo, cercando di risistemarsi i capelli.
    «Tutti e due. Non fate gli sciocchi. Concentratevi e non vi distraete...» fece una piccola pausa, risistemò i pensieri e continuò «...soprattutto tu, Inoichi. Sfrutta i tuoi punti di forza!» concluse, spingendo insistentemente l'amico per farlo andare dalla sua maestra.
    «Sì, sì vado! Non spingere, ehh! I vestiti, attenta!» si lamentò per tutto il tragitto come un bambino. Una volta arrivati a terra, il ragazzo salutò un Chojiro mezzo addormentato ed una Shikako di cattivo umore, tuttavia non si scoraggiò.
    Corse verso il portone, sapendo di essere qualche minuto in ritardo. Era quasi arrivato davanti la figura di Ayuuki Fuyutsuki che inciampò e cadde come un salame per terra. La caduta lo fece strisciare (o rotolare?) per un po prima di fermarsi proprio di fronte la Sensei. Aprendo gli occhi, Inoichi si sentì molto in imbarazzo. Si risollevò goffamente da terra e, dopo essersi pulito velocemente i vestiti, si presentò tremolante.
    «Inoichi Yamanaka! S-sono qui per la missione che mi a-avete affidato!» balbettò leggermente. Aveva raddrizzato la schiena e messo la mano sulla fronte come un saluto militare. Aspettò con ansia i pochi istanti che lo separavano dalla reazione della donna. Sbattè nervosamente le ciglia, con un sorriso stampato in faccia.
    Portava una maglia rosso scuro, maniche lunghe, con una zip frontale che andava a piegarsi di lato ad un certo punto. Il braccio e la mano sinistra erano avvolte da una fascia di combattimento bianca. Portava dei pantaloni neri, non troppo stretti ma nemmeno larghi; sulle cosce teneva due sacche contenenti cinque spiedi ognuno. Gli spiedi della coscia sinistra avevano all'estremità un sonaglio. Per ogni gamba aveva arrotolato una benda rinforzata. Portava anche due gomitiere e due ginocchiere imbottite. Ai piedi, invece, indossava un paio di sandali tipico dei Ninja. Come arma aveva un ventaglio da combattimento ed affilato, posto in una custodia dietro la schiena. Invece, nelle due sacche marroncine che si trovavano pure in quell'area del corpo ma più in basso aveva: un paio di occhiali da protezione, un accendino, un filo di nylon, un respiratore ed uno specchietto in metallo.
    C'era abbastanza freddo, quindi era anche coperto da un lungo mantello rosso scuro con il cappuccio.
     
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