Nuove ali per il Vento

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    AS USUAL

    Certain things in life are more important than the usual crap that everyone strives for.




    Shizuka Kobayashi era una Principessa, ma questo non la risparmiava dalla golosità tipica di ogni donna. Ragion per cui quando Itai Nara la prese da parte per parlarle, lei lo fissò perplessa con in bocca ben tre biscottini ripieni del buffet. Masticò rapidamente.
    «E’ inusuale per te chiedermi un favore.» Osservò la ragazza, inarcando un sopracciglio. Fissò il Mizukage con curiosità: i due, in effetti, non avevano mai goduto di grande affiatamento. Shizuka del resto non aveva mai mancato di prendere in giro e criticare apertamente i comportamenti del Kage, incurante delle conseguenze come solo l’unica allieva di quel randagio di Raizen Ikigami poteva esserlo. «Credevo che una “Chunin che deve imparare il suo posto nella gerarchia Shinobi” non avrebbe mai potuto essere d’aiuto al grande Sovrano della Nebbia.» Continuò, socchiudendo gli occhi. Portandosi una mano al petto la donna si inchinò elegantemente, nascondendo così un sorriso affilato che il Kage avrebbe compreso essere dovuto alla ripetizione letterale delle sue stesse parole alla Festa della Fondazione di quell’estate. E allora, forse, il biondo avrebbe capito che un’intelligenza scura e una memoria prodigiosa come quella della Kobayashi, rendevano quella ragazza una delle più problematiche opponenti. «…Ma capisco la tua preoccupazione.» Riprese a dire dopo un po' la Principessa, riportandosi in eretta postura. I suoi occhi, per un istante, scivolarono alle sue spalle soffermandosi sui suoi genitori, gli Aoki, e Masaki. «La Magione dell’Airone è sempre aperta per la famiglia del Mizukage, mio povero BakItai. Non sarò io a minare i rapporti tra noi due, né tantomeno tra i nostri Villaggi.» Lei che, dopotutto, si muoveva sempre e solo nell’interesse della Foglia e della Pace Accademica. «Ayame-sama e le piccole Chisaii-Hime avranno l’intera Ala Ovest a loro disposizione. Farò giungere degli Aoki per affiancarle. Disporrò per loro il migliore dei trattamenti.» Reclinando la testa di lato, Shizuka sorrise. «Conscio che tutto ha un prezzo, Mizukage…» Non si sapeva mai se scherzava o era seria quella donna dalle mille sfaccettature. «…non temere, la tua famiglia è al sicuro.»
    Mentre usciva dal Dojo affiancandosi al bel biondino, la Chunin si toccò però per due volte e un solo istante i polpastrelli di ciascuna mano [Fuuinjutsu]. Se non fosse stata un’attrice senza pari il sorriso con cui si giustificò al suo accompagnatore avrebbe parlato al posto suo sull'esigenza di sentirsi, anche lei, al riparo tanto quanto i suoi nuovi protetti.

    […]
    C’erano una volta tre uomini molto potenti e molto incazzati, e una sguattera.
    “Io ero la sguattera.”
    […]


    Non aveva ben compreso il momento in cui, smettendo di giocare con i bambolotti del suo stesso rango e abilità, era entrata nella cerchia di quei ninja che, con un solo tocco, avrebbero potuto distruggerla. Rimaneva comunque il fatto che c’era finita dentro e suo malgrado si rese ben presto conto che se un conto era gestire ogni pedina –fatta di sentimenti, ricordi e ambizioni– dalla scacchiera della strategia, tirandone sapientemente le fila, un altro conto era ritrovarsi faccia a faccia con tre (quasi) Kage.
    Avrebbe detto di essere spaventata. Se “spaventato” non fosse stato altro che un grazioso eufemismo.

    «Chikuma-sama.» Provò a dire quando il tocco di Raizen sciolse i Genjutsu e istigò nel Rosso un oceano di sentimenti in tempesta che si manifestarono con un terrore sordo e cieco. Una bottiglia di vino rosso cadde in terra, frantumandosi, ma lei non se ne curò. Parlare era sempre stato il suo punto di forza, dopotutto, ed era sicura di poter risolvere in qualche modo. «Calmatevi, sono certa che–…»
    …Si. Stigrancazzi.
    Quando il Fuijin di vento si materializzò, ruggendo alla luna come il peggiore dei mostri, la Principessa della Foglia impallidì. Non era necessario fare nessuna stima o valutazione per capire che lei, lì in mezzo, sarebbe stata la prima a morire…
    …e quella sola constatazione bastò, come ogni volta in cui il pericolo era reale, a condurla in uno stato di quiete perfetta. In un attimo ogni espressione venne drenata dal suo volto.
    In una realtà in cui esistevano uomini in grado di plasmare creature di vento dalla potenza soverchiante, altri capaci di fermare lame distruttive con una sola mano, e altri ancora valenti in ben altri e più pericolosi modi…lei, perché era lì?
    I suoi occhi, dilatandosi dalla sete di paura, si portarono sulla figura tremante e urlante del Rosso della Sabbia come a voler cercare una risposta a quella domanda forse più che lecita.
    Un secondo dopo, però, stava già viaggiando a tutta velocità in direzione contraria. Lontana da lì.

    «“Scappa”?» La gente attorno a lei urlava quando i suoi piedi poterono finalmente toccare terra un'altra volta. In lontananza i palazzi venivano recisi come steli di fiori, esplodendo in una miriade di massi, ma benché il rumore fosse uno squarcio nel cielo, la voce di Itai arrivò cristallina alle sue orecchie. «“Scappa”, hai detto?» Istintivamente la donna alzò una mano verso l’alto con il chiaro intento di tirare uno schiaffo in faccia al Kage, cosa che avrebbe fatto davvero se questi non l’avesse fermata. Non era una questione di rango o capacità, forse nemmeno di onore: se Hoshizuku Chikuma si muoveva d’istinto, anche Shizuka Kobayashi lo faceva.
    E il suo istinto non la conduceva mai troppo lontano da Konoha e Raizen.
    «Pensi che non sia capace di combattere, Kiriano?» Sibilò, gelida come una colata di lava. La verità era che qualsiasi cosa avesse fatto, lei con le sue abiette abilità, sarebbe stata ridicola se messa a paragone di Shinobi del calibro di quei tre. E dunque, se doveva apparire penosa, lo avrebbe fatto fronteggiando il pericolo, e non scappandovi. «Non osare mancarmi di rispetto, Nara. Raizen è lì, e questo è il mio Villaggio. Se morirò, lo farò stando al fianco della mia Volpe, prosciugandomi nel tentativo di cambiare le cose, non al sicuro della mia Magione.» E il suo tono non ammetteva repliche. Forse, solo scuse.
    A quel punto però la donna, girandosi in modo inaspettato, avrebbe preso un profondo respiro e poi, con tutta la voce che aveva in corpo… urlò ferocemente. Urlò un solo nome: “Ritsuko”.

    ...E fu così che, mentre il vento alle spalle dei due si levava ruggente, un altro tuonò di fronte a loro.
    La polvere si alzò tra le urla della gente sempre più terrorizzata, scardinando le imposte delle finestre che rotearono via trascinate lontano.
    «Evacua la zona.» Ordinò la Principessa, ma non si sarebbe detto a chi visto che eccetto molto vento e un’amplificazione innaturale di ogni minimo suono in un raggio di venti metri, attorno a lei non c’era nessuno. «Atasuke e Masaki ti aiuteranno: conduci tutti verso il Gate Principale. Voglio tutta la mia famiglia, Ayame e le bambine il più lontano possibile da qui.» Sibilò, mentre con qualche strattone ben assestato si spogliava del suo kimono e degli alti geta laccati, che scaraventò a terra, lontano da lei. Un istante dopo legava alla fine cintola dello strato più intimo del suo abito tradizionale, l’unico che le era rimasto addosso, la sua capiente borsa di broccato...che per suo vizio personale era sempre piena di un arsenale ben diverso da quello di trucchi e profumi di ogni buona signorina. «Fai in modo che nessuno intervenga, è una dimostrazione e nient'altro: l'Hokage e il Mizukage renderanno noti gli estremi del bando domani mattina.» Sperò che persino prima quel puttanaio potesse sistemarsi. «E' tutto.» Concluse, e benché il vento ruggì furioso, un secondo dopo tacque. Subito dopo qualcosa, molto lontano da lì, brillò.

    E dunque eccola lì, la Principessa dei Kobayashi: poco meno che nuda, scalza, con il volto ebete di Itai Nara davanti, un gigante di vento impazzito alle spalle di lui, e una Volpe che quando mostrava i denti era più affamata di chiunque altro.
    In molti avrebbero detto che la situazione era giusto un pò fottuta. Ma lei, dal canto suo, avrebbe potuto rispondere che non era mai stata un’habitué della vita calma e posata.
    «Riportami indietro.» Ordinò mentre la sua mente elaborava sempre più rapidamente ogni possibile scenario, soluzione e complicazione. I suoi occhi verdi, improvvisamente, si fecero più scuri. «Ho già capito che morirò giovane, quindi lo farò con classe. Dimmi: potete fare in modo che io mi avvicini all’Habanero?» Domandò. Decise di essere presuntuosa in quella situazione. «Non è impazzito, è solo terrorizzato e confuso. Se mi aprite la strada, cercherò di calmarlo prima che Konoha venga di nuovo rasa al suolo.» Conosceva abbastanza bene Itai per sapere che avrebbe tentato di replicare. Alzando una mano di fronte a lui lo avrebbe infatti guardato bieca: per quanti “ma” il Signore delle Nebbie avrebbe fornito, era evidente che lei non avrebbe desistito. O insieme, o da sola. «Questa è la mia scelta. Non sono la migliore degli Shinobi, ma non sono ancora così gretta da essere un peso. Senza contare che senza di me non riuscirete a fare niente di quello che vi prefiggete di ottenere. Essere grandi e forzuti non è la sola cosa che conta.» Sperò vivamente di non aver detto una cazzata. «E per quanto riguarda i massi…» Tenendo lo sguardo di fronte a sé, affilò gli occhi ormai diventati di un preoccupante nero. «…Vedrò che posso fare.»

    Oh beh. Aveva già una dozzina di idee in testa.

     
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