Missione nel Quartiere dei Piaceri

Corso delle Basi

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  1. Catcher in the Rye
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    La giornata era iniziata decisamente male.
    L'arrivo della missiva recapitatale da un funzionario del Villaggio l'aveva lasciata del tutto interdetta, senza contare che Akemi non le aveva mai accennato nulla rispetto alla possibilità che, presto o tardi, qualcuno sarebbe infine venuto a cercarla per sfruttare le sue abilità.
    Piuttosto carenti, a dire il vero; ma pur sempre meglio di niente.

    - Che cos'è una 'missione formale interna al Villaggio'? - chiese quindi, leggendo dal foglio.

    Akemi, seduta sul tatami, sorbiva in silenzio il suo té e non sembrava particolarmente turbata da quella svolta inattesa.
    Nonostante facesse ancora molto freddo indossava un elegante kimono estivo dalle trame floreali e quel giorno aveva deciso di lasciare sciolti i folti capelli fulvi che le ricadevano con grazie sulle spalle.
    Era tornata a casa da poco da una missione di ricognizione lungo il perimetro del Paese delle Risaie, ma questo non significava che vi sarebbe rimasta a lungo. Era anzi piuttosto probabile che sarebbe ripartita la mattina seguente, con poco preavviso, e che intendesse godere di tutte le comodità di casa sua prima di andarsene di nuovo.
    Si limitò a osservare la figlia con aria indifferente e a consumare i suoi sottaceti come se non fosse successo nulla di importante.

    - Un gran seccatura. - rispose quindi, dopo qualche secondo. - Significa solo una gran seccatura.

    Chiharu si inalberò e gettò la lettera da una parte, visibilmente scocciata.
    Sapeva che negli ultimi tempi il Villaggio del Suono si trovava a corto di personale; durante una delle missioni condotte dalla madre erano morti un paio di chuunin freschi di promozione, segno che il loro addestramento non era stato sufficientemente incisivo da salvare loro la vita in situazioni di pericolo.

    - Che cosa vogliono da me? Non sono una kunoichi di Oto.

    - Non ancora. - riprese la donna, sibillina. I suoi profondi occhi scuri scrutarono la figlia con uno sguardo colmo di comprensione, come se potesse indovinarne i pensieri senza fatica. - Ma presto lo sarai.
    Anzi...
    - aggiunse subito. - ... lo sei diventata in questo momento.

    Posò la tazza e le bacchette sul tavolino di legno dipinto e uscì senza aggiungere altro: la loro conversazione era già terminata, con sommo disappunto della giovane otese.
    Da anni Chiharu si addestrava nelle arti marziali per entrare all'Accademia e seguire le orme di sua madre: non aveva desiderato altro sin da quando era bambina. Ma obbedire agli ordini di un uomo al servizio del Villaggio e svolgere delle incombenze per suo conto era del tutto diverso.
    Viveva a Oto perché Akemi aveva avuto la compassione di adottarla quand'era ancora in fasce, ma questo non significava che lei provasse qualche genere di sentimento patriottico.
    I suoi genitori provenivano probabilmente dal Paese della Luna e dunque il Suono non era affatto il suo Villaggio natale.
    Era il luogo in cui viveva: non avrebbe potuto fare altrimenti.
    Ma giurare lealtà ai suoi valori... Questo era fuori discussione.

    ~

    L'edificio dell'Amministrazione era un luogo drammaticamente triste, dall'aria tanto mesta che Chiharu si stupì nel non trovarlo abbandonato.
    La solerzia dei burocrati nell'archiviare pratiche e nell'accogliere i visitatori si scontrava con l'aspetto desolante dell'edificio ma non contribuiva certo a renderlo meno deprimente; un uomo al bancone la indirizzò subito verso l'ufficio di Yakushi, che la stava aspettando alla sua scrivania.
    Di lui non sapeva niente, se non che era un jonin dall'esperienza pluriennale, più volte coinvolto in missioni pericolose per conto del Villaggio, con tendenze al sadismo e dai metodi decisamente poco ortodossi; ragion per cui il funzionario all'accoglienza aveva pensato bene di manifestare tutto il suo dispiacere per le sorti della ragazza.
    Guardandolo lo si sarebbe potuto trovare un uomo di bell'aspetto, se non fosse stato per il volto coperto di cicatrici e per la presenza al suo fianco di un rettile dallo sguardo intelligente che gli conferiva un'aria davvero poco raccomandabile.

    - Yakushi-san. - esordì, chinando il capo in segno di reverenza. - Mi chiamo Chiharu Asai e sono stata convocata al vostro cospetto per una missione per conto di Oto.
    Richiesta che mi lasciato piuttosto perplessa, dal momento che non possiedo alcun grado ninja: vi prego quindi di chiudere un occhio sulle mie alquanto scadenti abilità e di essere comprensivo nei miei confronti.
    - gli disse con un punta di sarcasmo nemmeno troppo velato.

    Quel giorno aveva deciso di indossare un kimono color seppia cucito a mano da una famosa sarta del Paese della Nuvola a cui aveva applicato, all'altezza del petto, un fiore bianco colto durante il tragitto.
    Chiharu era una ragazza dall'aria semplice, senza alcun segno particolare - fatta eccezione per il disarmante pallore del suo viso - che vestiva sempre in maniera sobria e veniva ricordata da tutti per i suoi modi educati anche se quantomai adulatori.
    I suoi profondi occhi scuri erano illuminati da un bagliore di straordinaria vivacità, in netto contrasto con tutto il resto della sua persona, fatto che coglieva di sorpresa la maggior parte della gente, tendente, per abitudine o forse per pigrizia, a giudicare il prossimo dalle apparenze.
    Ma quel Febh Yakushi di studenti in erba doveva averne visti tanti e non si sarebbe certamente fatto impressionare dalla prima ragazzetta dalla lingua un po' troppo sciolta presentatasi nel suo ufficio.


     
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8 replies since 24/4/2016, 16:28   177 views
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