Questione di Vita o di Morte

[Intro per Nago Yamagata]

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  1. Alastor
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    Questione di Vita o di Morte • capitolo sei
    l'Esorcista



    L'iniziale riluttanza di Nago nel darci sotto con le cibarie era stata rapidamente abbandonata.
    Una volta cominciato, le operazioni di rifocillamento procedevano ormai spedite. Si dice che la fame vien mangiando, e probabilmente questo antico adagio possiede più che un fondo di verità, tuttavia ciò che stava spingendo il giovane ad ingollare il suo pasto con tanto ardore era solo in minima parte la fame.
    Capiamoci bene, lo Yamagata per le condizioni in cui era avrebbe di norma divorato vivo un bue e pure il bovaro, ma la preoccupazione per la sorte della sorellina gli aveva completamente chiuso lo stomaco. Non riusciva proprio a pensare al cibo in un momento come quello, mentre la vita di Kayoko era appesa a un filo. Tantomeno poteva trarre piacere dal consumare un pur pregevolissimo pasto.
    Eppure il suo corpo e le parole della madre lo avevano messo di fronte ad una inconfutabile verità: ne aveva bisogno.
    Aveva bisogno di energie. Aveva bisogno di essere reattivo e pronto a tutto, pronto a vegliare sulla sorella e ad essere d'aiuto in qualsiasi modo. Aveva bisogno di esserci per la sua famiglia.
    Ovviamente per come era ridotto non esistevano scorciatoie o metodi istantanei per rimettersi in forma, ma questo lui forse non lo sapeva o scelse deliberatamente di ignorarlo. Dal suo punto di vista più mangiava e più avrebbe recuperato le forze, e recuperando le forze avrebbe potuto lottare al fianco di colei alla quale teneva più di chiunque al mondo.
    Un ragionamento fin troppo semplicistico, magari anche puerile. Ciò non toglie che avesse preso a rimpinzarsi più che poteva, e persino Nahoko, inizialmente sollevata dal ritrovato appetito del figlio, non poté fare a meno di preoccuparsi per il repentino cambio di atteggiamento.
    «Il pasto è di vostro gradimento?»
    Nago nemmeno alzò lo sguardo dal piatto. Continuando a masticare quanta più roba fosse riuscito ad infilarsi in bocca, si limitò ad annuire.
    Fu la donna che, più educatamente, diede una risposta degna di questo nome.
    «Assolutamente, è più di quanto potessimo chiedere. Grazie, davvero» chinò il capo in segno di gratitudine.
    «Da parte di entrambi» aggiunse, scoccando un'occhiataccia al figlio il cui galateo era sempre ed incorreggibilmente inesistente.
    Ma Atsushi non parve curarsene troppo e, sedutosi in maniera altrettanto informale su una sedia, dichiarò di voler cominciare a porre qualche domanda ai due stranieri. Sembrava dunque pronto a mantenere ciò che aveva promesso, ovvero cimentarsi in un lungo ed estenuante interrogatorio atto ad estrapolare più informazioni possibile che potessero tornare utili al caso della giovane paziente.
    Questo sì che riuscì ad attirare l'attenzione del giovane!
    Si immobilizzò di colpo. Smise di far lavorare la mandibola e deglutì sonoramente, buttando così giù il cospicuo boccone tutto d'un botto.
    Alzò finalmente gli occhi puntandoli sul medico, attenti ed intensi.
    «Siamo pronti» annunciò serioso.
    «Chieda pure, cercheremo di rispondere al meglio delle nostre possibilità» gli fece eco Nahoko, poggiando le mani sul ripiano del tavolo.
    I due erano pronti finalmente ad aiutare.
    Oh sì, non potevano salvare la ragazza con le loro mani o le loro capacità, ma potevano senz'altro contribuire in quella maniera, dando preziose e importanti informazioni che—
    «La ragazzina è per caso gravida o vi risulta possa essere in stato interessante?»
    «...»
    «...»
    «Eeeeeeeeeh?!» fece lui con un'espressione tra il basito e il disgustato.
    Ormai è chiaro che lo Yamagata non era tipo da scandalizzarsi facilmente, ma bisogna ammettere che le parole gravidanza e Kayoko giacevano talmente agli antipodi l'una dall'altra nel suo cervello che metterle nella stessa frase richiedeva uno sforzo che andava ben al di là di ciò che il povero disgraziato poteva affrontare.
    «N-no, certo che no» intervenne la madre, appena ripresasi dalla domanda a dir poco inaspettata.
    Cercò tuttavia di mantenere un tono affabile.
    «L'ha vista, no? Ha solo quattordici anni, è poco più di una bambina...»
    «Vi risulta che abbia mai subito incidenti di qualche tipo o violenze... eventualmente anche sessuali?»
    «No» rispose asciutto Nago, con un tono di voce talmente netto e definitivo da risultare quasi inquietante.
    Non si fece troppi problemi a sporgere il collo e ad aguzzare gli occhi nello scrutare Atsushi, come a volergli guardare dentro e scoprire dove voleva andare a parare.
    Va bene, va bene, siamo tutti amici e stiamo tutti dalla stessa parte. Però, siamo sicuri che stiamo concludendo qualcosa qui o si dà solo fiato alla bocca tanto per?
    «Abbiamo passato tutti dei momenti molto difficili negli ultimi mesi.
    Però no, non le è successo nulla di quello che può avere in mente, Kagure-san
    »
    elaborò lei, pungente suo malgrado.
    Di primo acchitto quelle domande sembravano le curiosità morbose di uno psicolabile, ma chi può dirlo, magari seguivano in realtà un loro filo logico e il tizio aveva delle ottime ragioni scientifiche per porle, per quanto fastidiose potessero suonare.
    In fondo lui si supponeva fosse uno dei capoccioni della situazione mentre loro due i poveri campagnoli ignoranti, quindi meglio fare buon viso a cattivo gioco, dico bene?
    «Ah, dimenticavo... nella vostra famiglia c'è l'usanza di unirsi a parenti prossimi? O eventualmente sono capitati rapporti tra fratelli e sorelle?»
    Ma neanche per il cacchio!
    Quel che è troppo è troppo, nello spazio di un minuto quel babbeo era riuscito a far innervosire Nahoko al punto di farle dimenticare ogni sentimento di riconoscenza o positiva disposizione nei suoi confronti.
    «Ma che diavolo dice?!» sbottò dunque adirata.
    «Non so con chi accidenti crede di avere a che fare, ma è completamente fuori strada. Si vuole decidere a—»
    «Certamente.»
    «Certamente cosa?» chiese spiegazioni lei, rivolgendo adesso al figlio la sua esasperazione.
    «È come dice lui.»
    «...»
    Chissà perché, ma la donna se lo sentiva.
    «Nella nostra famiglia siamo sempre stati tutti molto uniti» spiegò il ragazzo.
    «E il rapporto tra me e Kayo è strettissimo, incredibilmente forte» puntualizzò imperterrito, annuendo serio con assoluta convinzione.
    Appunto.
    La donna se lo sentiva che il giovane non aveva capito una mazza e avrebbe detto una cazzata delle sue.
    «Nago» cominciò lei, reprimendo l'istinto di tirargli uno scapaccione di quelli memorabili, «il signore non è di amore fraterno che parlava.»
    «Ah no?» si stupì lui, aggrottando la fronte.
    «No!»
    «E allora di cosa?» chiese genuinamente ignaro, apparentemente incapace di elaborare autonomamente un pensiero così perverso.
    «Non ha importanza» ribatté lei, tornando a rivolgersi al medico, «dato che è solo un mucchio di—»
    Non dovrebbe essere troppo complicato immaginare come si chiudeva la frase, fatto sta che in quel momento si intromise Atasuke il quale, poggiando una mano sulla spalla di Atsushi, lo esortò a darsi una regolata nel modo in cui conduceva la sua indagine.
    Nel frattempo Nago si era rimesso a mangiare.
    Ebbene sì, proprio in un momento del genere stava riprendendo ad ingozzarsi, il capo chino sulla tavola. Lo sguardo spento.
    In qualche modo, sembrava essersi reso conto che quell'uomo non li stava aiutando affatto e aveva dunque perso completamente interesse per le sue parole. Delle domande che seguirono, infatti, non udì altro che parole sconnesse, e anche quel poco che riuscì ad afferrare non gli fece certo cambiare avviso.
    A un certo punto si accorse che un piatto veniva sollevato dal tavolo. La donna al suo fianco lo reggeva minacciosamente, sembrava sul punto di lanciarlo in faccia all'incauto dottore.
    Nago si girò ad osservare il viso della madre, che era contratto in un'espressione di ira, disprezzo. Delusione.
    Il ragazzo le afferrò il polso per poi sottrarle la stoviglia. La portò alla bocca, spalancata, inclinandola così che, a mo' di scivolo, il pregevole tenpura che conteneva gli finì giù per il gargarozzo. La madre lo guardò ad occhi spalancati, ma senza dire una parola.
    Nel mentre, si sentì il Kagure urlare dal dolore, ma a dirla tutta nessuno, tranne il diretto interessato, se ne preoccupò troppo.
    Quando Nago poggiò il piatto ormai vuoto sul tavolo afferrò con entrambe le mani quella più vicina della donna, baciandone con tenerezza il dorso. Poi, senza alcun preambolo, si alzò, attraversò il tavolo camminandoci sopra, facendo attenzione a non calpestare le cibarie, e si fermò proprio davanti al medico, ancora sofferente per via della ferrea presa del guardiano. Si piegò sulle ginocchia ponendovi poi sopra le mani, usando dunque le braccia come sostegno, e si sporse in avanti. Il tutto per poter stare con il volto alla stessa altezza rispetto a quello di Atsushi, il quale era seduto, e poterlo guardare bene in faccia a una distanza non superiore ai due palmi.
    Non sembrava irato e tantomeno incline a qualche gesto di violenza, tuttavia i suoi stanchi occhi, scrutando in quelli di colui che gli stava talmente vicino da potercisi specchiare dentro, si illuminarono in maniera sinistra, quasi ferale.
    Il suo tono quello di chi non aveva più la minima voglia di scherzare. Si erano gingillati a sufficienza.
    «Ascolta bene, Atsushi.
    A me sembra che tu stia parecchio sottovalutando la gravità della situazione. Mia sorella è da qualche parte nell'edificio
    »
    indicò la porta della stanza.
    «E sta lottando. Ha l'aiuto dei vostri medici, ma sta comunque lottando da sola. Mentre io, invece di starle accanto per darle forza, sono bloccato qui ad ascoltare le tue domande demenziali.
    Sinceramente avrò capito metà di quello che hai detto, ma sono abbastanza sicuro che tu ci stia solo facendo perdere tempo.
    »

    Fece una pausa, inspirò ed espirò forte dalle narici.
    «Voglio che mi porti da Kayo adesso» proclamò con fermezza.
    «Voglio essere d'aiuto in ogni maniera possibile, e di certo qui non stiamo concludendo niente.
    Se ci saranno altre domande a cui rispondere sono a disposizione, a patto che siano formulate da qualcuno che prende con la dovuta serietà il proprio lavoro.
    »

    Batté due volte le mani davanti al grugno dell'interlocutore, come a volergli dare la sveglia.
    «Forza, diamoci una mo—»
    Uno spasmo improvviso, sgranò gli occhi.
    Scosse appena la testa, cercando di non darci peso.
    «Diamoci una mmM!—» tentò ancora, ma era sempre peggio.
    L'apocalisse fulminante in zona addominale.
    «BLEAAAARGH!»
    Un idrante. Come un dannato idrante rigettò fuori quasi tutto quello che aveva messo nello stomaco, colpendo in piena faccia lo sfortunato dottore.
    Eh sì, le sue possibilità di evitare di essere beccato erano quasi inesistenti, considerando che egli era seduto, che si trovava praticamente a distanza bruciapelo dal ragazzo dalla chioma rossiccia e ovviamente che si trovava ancora immobilizzato dalla morsa dell'Uchiha. Quest'ultimo, al contrario, sicuramente non avrebbe avuto problemi a ritrarre la mano prima che potesse essere raggiunta anche solo da qualche schizzo, essendo comunque solo perifericamente in traiettoria.
    Ad ogni modo il Kagure sarebbe finito ricoperto da una poltiglia disomogenea e maleodorante, poco ma sicuro. E altrettanto sicuramente, ci sarebbe stato un lungo attimo di muto sconcerto tra gli astanti.
    Nago si portò una mano sulla pancia, poi riportandosi in posizione eretta diede qualche forte colpo di tosse.
    L'aveva fatta grossa.
    Si passò un avambraccio sul muso per pulirsi la bocca. Si portò entrambe le mani sulla sommità del capo, la sua espressione inorridita.
    «Oh, no. No! Cosa ho fatto?!» si disperò il giovane.
    «N-Nago, ti senti bene?» intervenne a fatica Nahoko con un fil di voce, spiazzata ma soprattutto in ansia.
    «Come ho potuto? COME?»
    Lo Yamagata sembrava inconsolabile.
    In effetti, per quanto Atsushi potesse comportarsi come un insopportabile mentecatto non bisogna dimenticare che faceva parte del team personale del primario, e dunque doveva trattarsi decisamente di un pezzo grosso della struttura. E il gesto dell'ospite, per quanto del tutto involontario, era stato qualcosa di terribile.
    Il giovanotto faceva bene a preoccuparsi per quanto appena accaduto, e avrebbe fatto anche meglio a scusarsi subito come si deve.
    «Il cibo!» si avvilì.
    «Tutto quel cibo andato sprecato! Le mie preziose energie, COME FARÒ ADESSO?!» continuò a lagnarsi, fiondandosi sulla tavola cercando di racimolare quel poco di pietanze che erano sopravvissute al pasto e ficcandosele in gola a mani nude.
    Cioè, 'sto qui non solo non si era scusato, ma non aveva minimamente calcolato l'imbarazzante incidente appena occorso, se non per il fatto che tutta la roba che aveva faticosamente ingurgitato era andata a quel paese.
    Che dire, da qualche parte i kami dovevano stare a sorridere osservando quell'umano riportare equilibrio e giustizia in quella stanza, seppur nella maniera più grottesca e schifosa possibile.
    «Allora, andiamo?» ebbe infine la sfacciataggine di chiedere.
    O qualcosa del genere, insomma. Non è che si capisse alla perfezione, avendo lui parlato con la bocca piena.


    A scanso di equivoci, Nago ha vomitato perché è passato dal digiunare all'ingozzarsi come un maiale, non perché sia stato infettato da un'ipotetica malattia. Ovviamente i presenti sono liberi di interpretare la cosa anche diversamente :D
     
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