Il Calderone

Corso base per Naoki e Irosa

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  1. Joe Irvinia
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    Un inizio



    Iniziava a diventare stancante. Questo continuo avanti e indietro, dal deserto dell'Anauroch in compagnia dei miei genitori, a quella che "ufficialmente" era la nostra abitazione, al fine di scoprire se la convocazione dell'Accademia fosse arrivata o meno. Girava infatti voce che le armate dei villaggi fossero in procinto di reclutare nuovi adepti, per allenarli e renderli ninja. Non che io ne fossi entusiasta, sia chiaro: non ero minimamente interessato ad apprendere l'arte della guerra, mi sentivo fisicamente troppo gracile per poter competere contro eventuali avversari; ciò che mi interessava, però, era l'idea di poter controllare il chakra e, attraverso questo, poter provare a dar vita alle mie creazioni, elevandole al pari, o al di sopra, dell'essere umano. A dire il vero non ero neanche consapevole che ciò fosse realmente possibile - data la mia infanzia passata senza grossi contatti col resto della società -, ma varie voci di corridoio che davano credito a quest'idea mi convinsero a studiare le abilità degli shinobi.
    E dunque - come dicevo - mi ritrovai a dover controllare con cadenza puntuale se fosse arrivata o meno una qualche lettera, finché non giunse il giorno propizio: nell'apposita cassetta, posta alla sinistra dell'ingresso della dimora Sairento, trovai una comunicazione dal palazzo centrale dell'Accademia, in cui mi esortavano a recarmi all'arena di addestramento numero sette, entro 4 giorni dalla ricezione del messaggio.
    Nonostante un fondo d'ansia - o pigrizia ? - dovuto alle conseguenti relazioni interpersonali che avrei dovuto instaurare al fine di partecipare a tale addestramento, senza eccessiva esitazione mi preparai e partii. Ai miei genitori lasciai a mia volta un messaggio, in cui gli confermavo la convocazione: non c'era bisogno di altro, d'altronde sapevano di questa decisione e, conoscendomi, non si sarebbero stupiti del mio mancato saluto.

    Non ci misi molto a raggiungere le zone accademiche, caratterizzate dalla solita, prevedibile, squallida mastodonticità degli edifici, che forse voleva goffamente essere un vano tentativo d'espressione artistica di potenza e maestosità. Evitai di soffermarmi ulteriormente sugli aspetti strutturali ed architettonici della zona, che nella loro banalità avevano occupato già troppo spazio nella mia mente, al fine di concentrarmi nella ricerca dell'arena giusta; vi erano numerose persone a cui chiedere informazioni, ma evitai.
    Conclusasi l'autonoma ricerca, mi addentrai nell'arena: al centro di essa erano sedute per terra due persone, ai cui piedi era posizionato, su di un fuoco appiccato per l'occasione, una sorta di calderone contenente un qualche intruglio in fase di preparazione.
    Avvicinandomi nel classico silenzio che accompagnava le mie gesta, analizzai meglio le due figure: uno era un ragazzo di carnagione chiara e dai capelli scuri, doveva avere all'incirca la mia età; l'altro era una specie di barbone mezzo nudo, con un qualcosa che sembrava essere un uccello in testa, oltre che un bastone e una maschera poggiati al suo fianco. Del Sensei nessuna traccia.
    Una volta raggiunta la strana coppia, il "mendicante" diede del "Benvenuti" a me e non sapevo a chi altro, presentando "Gendo e Gassan" in qualità di suoi compagni, senza indicare nessuno. Logicamente la cosa mi confuse non poco: il ragazzo al suo fianco era o meno uno dei due? Lui chi era? E a chi altri aveva dato il benvenuto?
    Seccato dal chiedere eventuali spiegazioni, feci ad entrambi un cenno con la testa e, certo che il posto fosse quello giusto, mi misi ad aspettare. In silenzio.

    I miei dubbi si sciolsero dopo poco: improvvisamente il barbone, porgendo un bicchiere d'argilla a me e al ragazzo al suo fianco, prese a parlare: disse di chiamarsi Sanjuro e che ci avrebbe insegnato "Le meravigliose vie del misticismo e dello sciamanesimo della palude". Feci uno sguardo decisamente perplesso e scocciato: cosa diamine intendeva con misticismo e sciamanesimo? Una qualche strana forma di allenamento? Possibile che fosse veramente lui il maestro che ci avrebbe dovuto addestrare?
    Prim'ancora che potessi comunicare per iscritto il mio dissenso, tal Sanjuro seguitò a parlare e, con un tono al limite tra il paradossale e l'ironico, chiese a me e all'altro, il quale doveva evidentemente essere parimenti un allievo, cosa ci aveva spinto a partecipare a questo corso.
    Rispose prima il ragazzo, ma non badai molto alle sue parole - se non al fatto che fosse di Oto -, in quanto contemporaneamente organizzai il mio "discorso". Non potendo comunicare attraverso le parole infatti, scrissi sinteticamente su di un foglio del mio taccuino:

    Irosa Sairento di Suna


    Motivo della partecipazione:
    controllare oggetti attraverso il chakra



    Strappai il foglio, lo mostrai allo pseudo-Sensei e al resto dei presenti, e posai il tutto, in attesa di ulteriori direttive.
     
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14 replies since 2/6/2016, 12:51   326 views
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