Ritorno dal passato

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  1. Waket
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    II - Ripartire da zero



    Quando Raizen fece il suo commento sul colore del chakra, Youkai spense di colpo la fiamma, portando le mani avanti.

    Wo wo wo wo! Ey! Piano! Era un fiore di pronta guarigione, non di appuntamento romantico! So bene di essere irresistibile, ma mi piacciono le donne.

    Non era ben chiaro se avesse intuito nel verso giusto la battuta dell’Hokage e stava solo facendo una sceneggiata o se aveva davvero mal interpretato il suo commentino.
    Mentre annuiva ai commenti su Sanjuro, quasi sentendo ancora il saporaccio delle sue sbobbe in gola, il colosso si spostò di fianco al letto, con fare amichevole. L’albino si sciolse un po’, si sentiva più a suo agio capendo di non essere obbligato ad usare un tono formale, forse data la sua situazione l’Hokage voleva aiutarlo a sentirsi a casa. Cosa confermata da un contratto che gli venne consegnato poco dopo; Youkai lo lesse distrattamente, ascoltando ciò che aveva da dirgli. In un primo momento si emozionò, insomma gli era appena stato regalato un appartamento tutto suo. Ma si fece più cupo quando Raizen gli confessò l’invenzione del suo cognome.
    Prendendo un bel respiro, accartocciò appena il foglio tra le mani, poggiandolo poi sul comodino prima di rischiare di rovinarlo.

    Beh. Heh! Non sei l’unico. ...Non sono sicuro che Youkai Kuroi sia il mio vero nome. Non sono nemmeno sicuro se sia un nome vero, pft. ...Mi aspettavo che mi venisse detto una volta tornato a casa.

    Lo sguardo fissava un punto imprecisato del pavimento, indeciso su ciò che stava per dire. Forse doveva buttarsi, l’Hokage al momento era l’unica persona che poteva comprendere la sua situazione e magari sforzarsi per aiutarlo, se era davvero quasi morto in una missione per quel villaggio, seppur fallita. Scosse la testa.

    Non lo so, mi allenerò probabilmente. Uff. I-io mi aspettavo di tornare finalmente a casa. Casa mia. Coso, non fraintendere, ti devo un sacco per quell’appartamento, chiedimi qualsiasi missione e la porterò a termine. E’ solo… avevo aspettative diverse.

    Fece spallucce, forzando un sorriso.

    Pensavo di tornare, andare dalla mia famiglia, dimostrargli che “ey, guardatemi, sono vivo!” Chissà da quanto tempo non mi vedono. Ho fatto un giro in città, per vedere se qualche amico mi riconosceva, magari trovare un conoscente, il bar di fiducia, qualsiasi cosa. E invece niente.

    Pareva più frustrato che triste, con la fronte corrugata e la bocca imbronciata, infastidito dal fallimento delle sue ricerche.

    Non so nemmeno se ho davvero una famiglia. Sono orfano, per caso? Ho degli amici? Una ragazza? Una casa? C’è qualcuno ad aspettarmi qui al villaggio mentre io ero in missione? Non… Niente. Non importa. Questione di tempo, immagino.

    Scosse nuovamente la testa, gli occhi si stavano facendo lucidi, doveva cambiare discorso. Tornò a concentrarsi sulla sua domanda, se le sue aspettative erano state vanificate, era tempo di trovarne di nuove.

    Sì, so cosa fare. Troverò un maestro, mi allenerò, e se necessario imparerò di nuovo tutte le mie tecniche. Dovrò pur ricambiare il favore di quella casa in qualche modo. Dicono che sono rimasto in coma per due anni! Due!! Per recuperare tutte le forze mi ci vorrà un sacco di tempo. Chissà, magari ero uno dei migliori assassini della foglia! Tipo uno di quelli che toccandoti sul petto riesce a farti esplodere! Woah! Dovrei iniziare subito gli allenamenti, ho perso fin troppo tempo!

    Iniziò a gesticolare, scherzosamente, sembrava quasi un’altra persona rispetto a qualche secondo prima. Magari non ricordava le tecniche, ma pareva avere un talento innato nel rendere un clima teso in uno più allegro.
     
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