Chez Sanji

add loto per Historia

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    Addestramento Loto I ~ Post 4





    Shin poteva credere alle proprie orecchie. Sanji, con l'assistenza di Shinichi, si stava offrendo di insegnarli ad usare la tecnica segreta del loto.
    Con gli occhi spalancati spostava lo sguardo da l'uno all'altro, cercando di capire se dicessero sul serio. Il ragazzo desiderava con tutto se stesso diventare più forte, per riuscire a realizzare lo scopo che si era premesso quando aveva scelto di essere un ninja. Poco importava se per sconfiggere i mostri avrebbe dovuto trasformarsi in uno di loro.
    Si chinò profondamente di fronte ai due sensei. Sono onorato della fiducia che riponete in me, non vi deluderò. Affidando un'arma, per quanto a doppio taglio, tanto temibile ad un giovane conosciuto da poco significava che implicitamente ne riconoscevano il potenziale e scommettevano sul suo futuro. Preparare loro da mangiare sarebbe stato un prezzo piuttosto conveniente da pagare in cambio.
    Aveva appena preso in braccio Aruhina per riportarla a casa quando il Kurogane e la sua allieva si accorsero di non avere un posto dove passare la notte. Sanji, distogliendo lo sguardo, fece finta di non aver sentito, quindi gli occhi di tutti si concentrarono su Shin. Sospirando, si sentì in obbligo di offrire loro un alloggio provvisorio. Potete venire da me per questa volta. Dovrete un po' adattarvi, abbiamo una sola stanza degli ospiti, ma in fin dei conti considerando il vostro rapporto non ci dovrebbero essere problemi... Dopo aver rispettosamente salutato lo chef fece loro strada. Il Villaggio della Foglia di sera era un posto realmente tranquillo e, se non avessero attaccato bottone, solo gli insetti e gli uccelli notturni avrebbero rotto il silenzio.
    Shin, alla buon'ora! E questi signori con te chi sono? Nel vestibolo d'ingresso furono accolti da una donna, che si presentò ai due come la madre di Shin. Con ogni probabilità la loro presenza aveva evitato al ragazzo una bella lavata di capo. Costui è il sensei, nonché grande shinobi di Suna, Shinichi Kurogane. La ragazza è la sua discepola, Fuyumi. Sono giunti fin qui per alcuni importanti incarici accademici, ed hanno bisogno di ospitalità per una notte. Il genin aveva alterato lievemente la verità per far sì che il genitore fosse più disponibile ad accoglierli. Di sicuro se si fosse convinta che la presenza del ninja, evidentemente di grado superiore a quello del figlio, potesse stare a significare che Shin si stava dando da fare all'interno dell'Accademia avrebbe fatto di tutto per favorirlo. Se quel mascalzone di mio figlio mi avesse avvertita per tempo vi avrei accolta con tutti i riguardi! Potete usare la stanza degli ospiti naturalmente. Fece loro segno di entrare indicando la porta che dava sul corridoio. Shin, accertati che siano a loro agio. E' stato un piacere conoscervi. Si congedò dopo aver preso la figlia, che dormiva pacifica, dalle braccia del fratello.
    I tre giunsero poco dopo in un'ampia stanza che dava sul giardino retrostante. Sebbene non fossero ricchi sfondati, la famiglia Kinryu aveva sempre lavorato sodo e potevano permettersi un'abitazione di tutto rispetto. Mentre sistemava due futon sul pavimento il ragazzo chiese loro se avessero altre necessità particolari o se volessero del the prima di coricarsi. Nel caso si sarebbe assentato il tempo necessario per prepararlo, facendo ritorno da lì a poco con tutto l'occorrente. A quel punto, sedendosi con loro, avrebbe approfittato di quel momento di tranquillità per conoscere meglio i suoi ospiti. Quindi, cosa vi porta a Konoha? E' da molto che viaggi con Shinichi-sensei Fuyumi? Avrebbero conversato per un poco prima che Shin si ritirasse permettendo ai due di coricarsi. Avevano tutti bisogno di riposo, quel giorno si erano dati da fare, ma il successivo si annunciava ancora più impegnativo, almeno per il genin.

    [...]

    Il ragazzo faticava a prendere sonno. Si rotolava senza requie nel suo giaciglio al pensiero di quello che lo aspettava l'indomani. Rinunciando all'idea di addormentarsi scostò la coperta prendendosi il viso tra le mani e domandandosi se non stesse per fare qualcosa di più grosso di lui. Inquieto, senza far rumore uscì dalla porta che dava sul cortile retrostante la casa. Mentre percorreva il sentiero selciato che lo attraversava ripensò alla sera in cui aveva deciso di diventare un ninja. La sua vita fino ad allora era stata tranquilla, ma non aveva mai avuto il carattere spensierato tipico dei suoi coetanei. Piuttosto che sprecare il suo tempo in vani passatempi si sentiva in dovere di aiutare la sua famiglia e cercava di essere una presenza affidabile per la piccola Hina. In quel periodo le grandi nazioni ninja, all'apparenza, stavano godendo di un periodo di pace e prosperità. Dietro quella rassicurante facciata mostrata alla popolazione, tuttavia, Shin sapeva che la realtà era diversa. Alcuni mercanti, che da anni frequentavano il loro emporio, avevano sempre più difficoltà a reperire prodotti da aree periferiche a causa dei sommovimenti che le avevano travolte. Al contempo il ragazzo aveva più volte assistito segretamente, attraverso una fessura tra due assi di legno, a riunioni periodiche di membri del clan Kinryu che abitavano in luoghi diversi del continente dopo la diaspora che li aveva colpiti ormai due generazioni fa. Suo nonno e con lui molti altri era fuggito da una guerra che aveva devastato la loro patria, pagando un tributo di sangue altissimo, ed erano stati accolti dall'allora neonata Accademia e dalla coalizione di Paesi che la supportava. Di recente le notizie che riportavano si facevano sempre più preoccupanti e Shin si era convinto che qualcosa si stesse muovendo nell'ombra. Da ultimo aveva potuto ascoltare il racconto di suo zio su un enorme demone che vagava tra le sabbie del Paese del Vento lasciandosi alle spalle una scia di morte e distruzione. Gon era uno shinobi di Konoha appartenente alle squadre speciali cui il giovane era molto legato. Tutto ciò che sapeva sul mondo ninja prima di entrare in Accademia lo doveva a lui. Purtroppo passava a trovarli sempre più raramente e, sebbene non lo avesse confessato, da alcune mezze parole non dette si poteva intuire che il Paese stava impegnando tutte le sue forze in qualcosa di grosso, tenendolo così lontano dal Villaggio per lunghi periodi.
    Seduto di fronte al piccolo santuario situato sul lato opposto del giardino, Shin accese una stecca d'incenso ai kami protettori della sua famiglia, indirizzando una muta preghiera in particolare a Inari. Se aveva deciso di entrare in Accademia nonostante l'iniziale opposizione della sua famiglia era stato perché aveva compreso che il mondo era un posto ben più pericoloso di quanto si poteva immaginare. Già una volta il suo clan aveva dovuto abbandonare le sue case travolto da eventi che non potevano controllare; lui non sarebbe rimasto con le mani in mano se un momento del genere fosse giunto di nuovo. Shin era diventato un ninja per avere la forza di difendere ciò che più gli stava a cuore. In origine si trattava solo della sua famiglia e della sua adorata sorellina, ma con il tempo aveva capito quanto fosse legato anche al suo Villaggio e al Paese del Fuoco, la sua patria. Dopo essere entrato in Accademia aveva poi stretto numerose amicizie, qualcosa che fino ad allora non gli era mai riuscito per il suo carattere troppo adulto. Avrebbe dato la vita per ciascuna di quelle persone che si fidavano di lui se fosse stato necessario. Ma, col tempo, si era reso conto che per quanto si considerasse importante, in realtà non era nulla di speciale. C'erano shinobi ben più in gamba di lui, utilizzatori di tecniche speciali incredibili, alcuni individui così dotati da essere riusciti addirittura a domare dei demoni per sfruttarne i poteri, ed era certo che in un mondo tanto vasto ci fossero molti altri uomini straordinari. Ma non tutti erano dalla loro parte, purtroppo. Quindi, per quanto si impegnasse, per quanto si sforzasse, si sentiva inutile: non avrebbe mai fatto la differenza nel suo stato attuale, non sarebbe mai stato in grado di ergersi a protettore di chi non poteva difendersi da solo. Doveva diventare più forte, o tutto quello che aveva fatto fino ad allora non sarebbe stato diverso da un castello di sabbia costruito da un bambino sul bagnasciuga, destinato a crollare, distrutto dal moto incessante della marea. E se per diventarlo avrebbe dovuto rischiare la sua vita, lo avebbe fatto. Senza dubbi, senza ripensamenti, senza esitazioni. Si alzò, fissando lo sguardo sulla statuetta di una volpe scolpita nel legno ed appoggiata sul margine dell'altare. Aveva schiarito la sua mente, era certo che il sonno ora sarebbe arrivato.

    [...]

    L'indomani di buon'ora giunsero al locale, dove trovarono Sanji ad attenderli. Shin aveva consumato una colazione leggera per la tensione che gli chiudeva lo stomaco. Finalmente il momento fatidico era giunto. Il ragazzo ascoltò con serietà le parole del Kurogane e rispose senza traccia di esitazione nella voce. Sono consapevole dei rischi. Ho bisogno di questo potere per poter difendere tutto ciò a cui tengo, quindi proseguiamo. Non avrebbe espresso a parole quanto aveva nel cuore. Il nindo di Shin era semplice, ma al contempo poteva rivelarsi di una profondità inaspettata.
    La spiegazione teorica approfondiva delle conoscenze che il ragazzo aveva già acquisito al tempo delle lezioni in Accademia. Nonostante fossero passati solo pochi mesi, quel periodo sembrava appartenere ad una vita passata. Annuì quando il sensei si soffermò sul destino che gli sarebbe toccato se avesse deciso di aprire l'ottava e ultima porta, lasciandosi sfuggire un commento per scaricare un attimo la tensione. Non si preoccupi, ho un forte istinto di sopravvivenza. E poi la mia filosofia in guerra è quella di rimanere in vita per poter combattere un altro giorno. Si trattava in realtà di una mezza verità. Era disposto ad accettare i rischi che un potere del genere comportava anche perché era pronto, se necessario, a sacrificarsi per qualcosa di più importante della sua vita. Non l'avrebbe certo gettata via, conscio com'era del suo valore insostituibile, ma se avesse potuto scambiarla con certezza con la salvezza del suo Paese, del suo Villaggio, o anche solamente di un amico, non avrebbe esitato un istante a farlo.
    Non potè trattenersi dal ridacchiare per lo scambio di battute tra Shinichi e Sanji, che tanto sembrava un siparietto comico, ma portò una mano a coprire la bocca per non risultare maleducato. Mentalmente ringraziò i due perché così facendo contribuivano ad allentare la tensione crescente dentro l'animo del giovane. Capì che i due gli stavano offrendo metodi diversi per raggiungere il suo obiettivo e Shin si convinse che non c'era una risposta univoca: doveva trovare la sua strada da sé. Rifiutò gentilmente l'offerta di Fuyumi, ricambiando la sua battuta con un sorriso privo di malizia, e si posizionò un poco discosto per potersi concentrare in pace. Era giunto il momento di verificare quanto la sua convinzione fosse ferma e di scoprire se poteva superare i suoi limiti. Altrimenti non avrebbe mai potuto tener fede alla promessa che aveva fatto a se stesso.
    Prendendo dei respiri profondi iniziò a rilassarsi, concentrandosi sul proprio sistema circolatorio del chakra ed estraniandosi dal mondo circostante. Poteva sentire il ritmo del proprio cuore che battito dopo battito pompava il sangue in tutto il suo corpo. Dopo alcuni minuti, che gli parverò un'eternità, riuscì infine a percepire il flusso di energia dentro di sé. Seguendone i percorsi nascosti cercò di focalizzarsi sul cancello che gli aveva descritto il maestro. Per aiutarsi visualizzò nella sua mente l'immagine di una porta posizionata nel suo cervello. Quando ebbe finalmente ben salda la figura di fronte a sé fece un primo tentativo di forzarla, senza successo. Il corpo umano si era sviluppato in quel modo per regolare il flusso di chakra in modo che non eccedesse i bisogni logorando l'organismo anzi tempo; purtroppo per il fisico di Shin era esattamente ciò che il ragazzo aveva intenzione di fare, e non si sarebbe di certo scoraggiato per così poco. Mentre il sudore imperlava la sua fronte, ritentò cercando di aumentare la quantità di chakra verso quel punto, ma il cancello ancora non accennava a cedere. Si morse leggermente il labbro, rendendosi conto che di quel passo sarebbe potuto rimanere lì l'intera giornata senza ottenere risultati. Doveva essere più deciso, più violento, piegare il corpo al suo volere. Seguendo il suo istinto ebbe un'illuminazione: iniziò a trattenere il flusso di energia in modo che si accumulasse via via di fronte all'ostacolo. La procedura era faticosa e più di una volta fu sul punto di cedere, vanificando lo sforzo. Con straordinaria forza di volontà tuttavia si trattenne finché non fu sicuro di aver raggiunto il suo limite. A quel punto lo rilasciò tutto d'un colpo, come un pugno a lungo caricato e ben assestato. Allo stesso modo di un'ondata di marea il chakra si abbattè sul cancello che, di schianto, cedette. Istantaneamente fu consapevole che qualcosa dentro di lui era cambiato: aveva spezzato il primo vincolo.
    Riaprendo gli occhi di colpo si fissò le mani, poi le braccia e tutto il resto. Sentiva un'ondata di energia attraversare ogni singola fibra del suo corpo, poteva percepire tutti i suoi muscoli irrorati da una quantità elevata di chakra. Mancando il limite imposto dalla prima porta poteva fluire in quantità ben maggiori rispetto a quelle cui il suo organismo era abituato, permettendogli di sfruttare una percentuale maggiore della sua forza.
    Incredulo, mormorando tra sé e sé si dimenticò per un momento di non essere da solo. Questo potere.. è incredibile... Finalmente avrebbe potuto lottare ad armi pari con i mostri.
     
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