Il Tempio Segreto di Inari

Addestramento Contratto Kitsune

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    Il santuario abbandonato

    Contratto Kitsune - post 4



    L'orso tentò di reagire un'ultima volta, ma Shin se lo aspettava ed era pronto. Con un colpo di reni inclinò il busto, portando gli arti inferiori a spostarsi di conseguenza. Le zanne strinsero solo alcuni lembi di tessuto, lacerandoli, senza altre conseguenze. Dopo quell'ultimo colpo di coda l'animale battè in ritirata, osservato con attenzione dai due shinobi. Nel frattempo infatti Kato si era portato a fianco del genin, per quanto ancora malfermo sulle gambe. Sono contento che tu sia tutto intero, mi stavo quasi preoccupando. Il giovane fissò pensieroso gli alberi, come se si aspettasse di veder comparire chi sa quale oscura minaccia da un momento all'altro. Tranquillo, mi sento bene. Proseguiamo. Non v'era traccia di dubbio o d'esitazione nella sua voce.

    Insieme, iniziarono a risalire il fianco della montagna oltre la radura. Più di una volta Shin vide il compagno saltare sull'attenti, alzando la guardia, per il rumore di un ramo spezzato o il verso di qualche strano animale. Aveva comprensibilmente i nervi a fior di pelle e lo stesso foglioso stava più all'erta del solito. Scostando basse fronde e cespugli dal loro cammino si corpirono di microscopici taglietti, mentre il sudore si accumulava sugli abiti. Nessuno dei due sembrava dell'umore adatto per iniziare una conversazione, e forse non sarebbe stato neppure opportuno. Erano già troppo rumorosi per i suoi gusti. Avanzando passo dopo passo giunsero infine in un punto dove la vegetazione sembrava farsi più rada, ma dovettero proseguire per un'altra decina di minuti prima di ritrovarsi quasi d'improvviso fuori dalla foresta. Davanti a loro, maestoso pur nella sua decadenza, si ergeva un torii che in tempi passati doveva essere stato di un rosso brillante. Del colore rimanevano ora solamente alcune tracce, minacciate dalle intemperie.

    Varcarono il cancello con circospezione e, passandovi sotto, Shin ebbe la sensazione di essere finalmente giunto alla meta. Con un timore reverenziale misero piede nel terreno sacro del santuario. Lo spettacolo che si offriva ai loro occhi era magnifico e desolante al tempo stesso. L'intero complesso sembrava abbandonato da eoni: quasi tutti gli edifici erano collassati su se stessi per il peso degli anni e molte delle strutture lignee temporanee erano state divorate dallo scorrere del tempo. Le lanterne votive in pietra e le statue delle volpi guardiane sembravano aver resistito meglio, ma molte apparivano mutile o ricoperte di muschio. Le parole di Kato lo fecero scattare di soprassalto: preso dal paesaggio intorno a sé aveva per un momento scordato la sua presenza. Questo doveva essere il tempio di Inari di cui parla il mio antenato nel diario. All'epoca doveva essere nel pieno della sua fioritura, guarda ora come è ridotto... Sulle cause dell'abbandono poteva formulare solamente ipotesi. Forse era a causa della posizione periferica, lontana da qualsiasi via di traffico e in mezzo a una sperduta montagna che, con l'affievolimento del culto aveva reso i costi insostenibili e i monaci avevano semplicemente deciso di trasferirsi altrove. O forse il motivo era esterno, un periodo di turbolenze in seguito a qualche guerra aveva reso insicura l'area, costringendo i religiosi a fuggire; in fin dei conti non erano poi così lontani dal confine.

    Gli shinobi si separarono, andando in cerca di indizi. Erano giunti fin lì dopo un lungo ed accidentato cammino, sarebbe stato un peccato se se ne fossero dovuti tornare indietro a mani vuote. Il ragazzo fece un primo giro d'ispezione attorno all'edificio principale, che un tempo aveva sicuramente ospitato il simulacro del dio, studiando la conformazione dell'area. Oltre al lato da dove erano giunti, un fianco dava sulla parete del monte, il retro su un fitto bosco e l'altra ala si affacciava su una scarpata. Una trentina di metri più in basso si poteva intravedere, tra gli alberi, parte del sentiero che avevano seguito per giungere fin lì. Da quel lato tuttavia si godeva anche di una splendida vista sul lago d'Indra proprio grazie all'orizzonte sgombro. Alzando gli occhi al cielo Shin si rese conto che il tempio si sviluppava sull'asse est-ovest, avendo il fianco settentrionale riparato dalla vetta del monte Yume, che terminava con una guglia di roccia, appena striata da tracce di ghiaccio, due o trecento metri sopra di loro.

    Dopo quel giro di ricognizione il genin iniziò l'ispezione vera e propria. Non si arrischiava a rimuovere le assi di legno putrescenti per verificare se qualcosa si fosse salvato sotto di loro, sarebbe servita almeno una squadra di uomini per agire in sicurezza. Non si perse comunque d'animo ed esaminò frammenti di scritte che si erano salvati presso la strada che conduceva dal torii d'ingresso alla sala da preghiera. Doveva trattarsi di ciò che rimaneva di una parete votiva sulla quale i fedeli affiggevano dei cartelli con su scritti i desideri che volevano vedere esauditi dal dio. Riuscì a leggerne a stento uno che recitava porta la pioggia sui nostri campi. Lo adagiò delicatamente al suolo a diversi metri da dove lo aveva raccolto e riprese a vagabondare. Poco più in là si appoggiò ad una lanterna in pietra cui mancava la copertura superiore, scomparsa chi sa quando e come. Quel luogo gli metteva soggezione, ma gli trasmetteva anche una sottile sensazione di inquietudine. Era tutto troppo semplice. Perché allora gli abitanti del villaggio ai piedi del monte ne erano terrorizzati al punto da considerare l'argomento tabù? Il percorso non era agevole, ma degli uomini in forma avrebbero potuto raggiungere la vetta senza eccessivi problemi, eppure era stato loro detto che chi provava la salita lo faceva a rischio della vita. Era come se fossero stati graziati per una distrazione, o lasciati passare per qualche scopo a lui sconosciuto. Instintivamente, si toccò la moneta che custodiva sotto i vestiti, accertandosi che fosse al suo posto. Se non avessero scoperto nulla avrebbe dovuto rinunciare per sempre a scoprirne i misteri. Ritrovata dunque la motivazione si staccò dalla lucerna, dirigendosi verso il retro del santuario. Gli alberi si fermavano esattamente lungo il perimetro di quello che doveva essere stato il recinto sacro con una precisione innaturale. Nonostante le erbacce e la vegetazione folta che cresceva tutto intorno, quel particolare passaggio tra la foresta e il suolo del tempio sembrava curato da mani umane. Seppur insospettito, non trovò altre tracce utili e tornò verso il centro, imbattendosi dopo pochi passi in un'altra lanterna di pietra priva di coperchio. In un primo momento la superò, limitandosi a considerare curiosa la cosa, ma dopo pochi passi tornò indietro per darle una seconda occhiata. La somiglianza a quella situata nel lato opposto della struttura era tale che quasi si convinse di aver perso il senso dello spazio. Si allontanò pensieroso, borbottando tra sé. Strano...
    Ripassando davanti allo spazio sopra cui doveva trovarsi la cassa lignea delle offerte, davanti alle rovine della prima sala del tempio, ebbe l'impressione che la moneta sul suo collo avesse emesso un'impercettibile vibrazione, ma si convinse che fosse semplice suggestione. Passò di fianco alla statua di una kitsune che, impettita, svolgeva dopo tutto quel tempo il suo compito di guardiana per un kame che, probabilmente, aveva abbandonato da diversi lustri quel luogo. Non mi sembrava avesse quel brandello di fazzoletto rosso intorno al collo. Dovrei prestare più attenzione ai dettagli maledizione, sono un ninja non un bambino in gita. Si rese conto che parlare da solo non era un buon segno e si zitti. Incrociò Kato che proseguiva la sua ricerca, ma, vedendolo concentrato, decise di non disturbarlo. Giunse infine di nuovo davanti alla lanterna con il curioso doppione e si concentrò, cercando di richiamare alla mente l'immagine della sorella dall'altro lato. Più la guardava e più gli sembravano uguali. Magari avevano lo stesso danno perché si trattava di un punto strutturalmente debole. Con un sorrisetto estrasse un kunai e scolpì con alcuni rapidi colpi il kanji del suo nome. Ecco, ora non vi confondo più.
    Passò ancora una volta davanti al torii e poi ripercorse la strada principale verso il centro roteando il kunai con il medio inserito nell'anello dell'arma. Dopo neanche tre metri raccolse un'altra piastrina con sopra scritta una preghiera nello stesso punto dove aveva trovato l'altra. Il kunai si fermò mentre leggeva. Erano le stesse parole, ne era certo. Come era certo di aver abbandonato il precedente frammento ben lontano da quel punto. Basito, ripose l'arma e andò a cercarlo, ma non lo trovò. Che fosse stato Kato a spostarlo dopo di lui? Avrebbe spiegato tutto, ma era comunque improbabile. A grandi falcate si recò sul retro del tempio, cercando il compagno per chiedergli delucidazioni. Tuttavia rimase impietrito quando, sulla lanterna gemella di quella anteriore, lesse Shin. Il suo sospetto prese forma. Doveva trattarsi di un'arte illusoria, abbastanza potente da coprire l'intero perimetro del luogo sacro. Kato, abbiamo un problema.
     
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