Il Tempio Segreto di Inari

Addestramento Contratto Kitsune

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    Il racconto della volpe

    Contratto Kitsune - post 5



    Shin si avvicinò a Kato, componendo il sigillo della tecnica del rilascio. Mettendo la mano sulla spalla dell'amico, sincronizzò il ritmo del suo respiro con lui, cercando di armonizzare i loro flussi di chakra. Quando fu prontò fece un cenno del capo ed insieme eseguirono il jutsu. Rilascio!

    Il velo dell'illusione fu squarciato, rivelando la verità sottostante. Splendente, emerse il tempio di Inari all'apice della sua gloria, come occhi umani non lo avevano visto da quasi un secolo. Lo spettacolo fu tale da lasciare i due senza fiato. Il primo a riprendersi fu tuttavia il giovane della Foglia, che si mosse in avanti per studiare l'ambiente circostante. Se qualcuno si era preso il disturbo di camuffare un'area tanto vasta doveva averlo fatto per una buona ragione.

    Fece alcuni passi, avvicinandosi all'ingresso principale del santuario. Quando fu davanti alla grande cassa di legno dove i fedeli erano usi far rotolare le loro offerte durante la preghiera sentì una pressione all'altezza del petto. Come dotata di volontà propria la moneta che portava al collo come talismano uscì dalle vesti, rimanendo alcuni istanti davanti a Shin fluttuando a mezz'aria. Poi, con un colpo secco, strappò la corda che la teneva legata e partì in direzione della stanza principale del tempio. Stupefatto, ma al contempo determinato ad andare fino in fondo a quel mistero, il giovane si lanciò all'inseguimento, scavalcando d'impeto la scatola lignea ed entrando a sua volta nell'edificio.

    Non potè prestare attenzione alle ricche decorazioni che adornavano il salone, concentrato com'era nel non perdere di vista il medaglione. Infine, il prezioso cimelio atterrò, o meglio planò, sul pavimento della stanza, ai piedi di una persona. Alzando gli occhi Shin vide che quei piedi appartenevano ad un anziano sacerdote, probabilmente il responsabile del santuario a giudicare dall'elegante vestiario. A sconvolgerlo non fu tanto l'apparizione improvvisa, quanto alcuni piccoli dettagli che non sfuggirono al suo acuto spirito d'osservazione, come le orecchie e la coda volpina.

    Ignorandolo, prese un bastone sormontato da alcuni anelli che si ricoprì all'istante di un'aurea luminosa. Con forza, lo uso per percuotere la moneta inerte al suolo. Seguì il suono di una lacerazione e un lampo, che costrinse il ragazzo a schermarsi gli occhi con un braccio. Quando fu nuovamente in grado di vedere si trovò davanti una scena inaspettata. Ai piedi del religioso stava distesa una ragazza piuttosto malridotta e priva di sensi. Anche lei aveva coda e orecchie di volpe, seppur di un colore differente rispetto all'uomo. In quel momento Kato lo raggiunse e rimase bloccato per la sopresa, come il genin prima di lui. A quel punto, la kitsune parlò.

    Seguendo l'esempio dell'amico, anche Shin si chinò al suo cospetto. L'aura autoritaria che emanava incuteva una sensazione di rispetto misto a terrore. Alzando il capo per non perdere di vista l'astante il ragazzo si accorse della presenza alle spalle di quello di diverse ragazze dai connotati volpini in abiti da sacerdotessa bianchi e rossi. Trascorsi alcuni istanti che parvero infiniti, il capo si rivolse di nuovo ai due shinobi, con calma, come se stesse soppesando le parole. Con lo sguardo fisso sul foglioso, chiese spiegazioni sulla loro presenza nel santuario e, a Shin non sfuggì una lieve sfumatura d'ira nella voce, sul perché portasse con sé una moneta con imprigionata al suo interno una volpe. Il giovane Kinryu sentì un brivido freddo lungo la schiena. Non che avesse la coscienza sporca o qualcosa da nascondere, ma l'intera situazione aveva dell'irreale. Abbasso il capo per un secondo, prendendo la sua decisione. Shin si alzò, pronto a raccontare ogni cosa.

    Esordì con un inchino. Il mio nome è Shin Kinryu, shinobi di Konoha. Colui che mi accompagna è Kato Yotsuki, ninja di Oto. Abbiamo intraspreso questo viaggio per scoprire l'orgine della moneta, tramandata da almeno quattro generazioni all'interno della mia famiglia. Io la ebbi ancora in fasce da mio padre, che la ricevette da mio nonno, a cui fu affidata dal mio bisnonno. Secondo la tradizione è l'ultimo ricordo di suo padre, ma i dettagli non sono noti. Sono fatti che si svolsero prima che il nostro clan fosse costretto a fuggire dalla sua casa, trovando rifugio nei Paesi dell'alleanza ninja, oggi Accademia. Presso la mia famiglia tale periodo è considerato taboo, quindi molte delle notizie risalenti a quel tempo sono andate perdute. Giuro sul mio onore e sulla mia vita che nessuno di noi era al corrente della presenza di una vostra compagna all'interno dell'amuleto. Contrariamente al suo solito, Shin aveva pronunciato il suo discorso tutto d'un fiato, senza pause o intervalli. Si inginocchiò, seduto sui talloni, attendendo la sentenza. Mentre il saggio pareva riflettere sulle sue parole, si levò un mugolio di sofferenza da un punto della sala. L'attenzione di tutti fu attirata dalla volpe distesa a terra che stava riprendendo conoscenza. Shin ne fu meravigliato e al tempo sollevato, considerando il tempo che aveva dovuto trascorrere in forma di moneta, di cui gli ultimi diciassette anni al suo collo.

    Aprì gli occhi a fatica, come se quel semplice gesto le costasse uno sforzo immane. La sua prima reazione fu schermarsi il volto con la mano, evidentemente disabituata alla luce. Quando ne fu in grado iniziò a guardarsi intorno, smarrita. Nessuno nella sala fiatava, neppure l'anziano monaco che costituiva senza dubbio l'autorità più alta in quel luogo. Trovando la forza di parlare, aprì infine la bocca. Dove...Cosa... Quelle poche parole furono sufficenti a far sobbalzare i presenti, che si ripresero dallo stato di immobile attesa in cui erano caduti. Diverse fanciulle le si fecero incontro per accudirla e il religioso gli si fece incontro, rivolgendole un sorriso rassicurante. Non preoccuparti, sei tra amici ora. Lei annuì, disorientata, ma non spaventata. Qual'è il tuo nome? Lei rispose con voce incerta, era molto tempo che non le capitava di parlare con qualcuno. Anzu, il mio nome è Anzu. Il vecchio sorrise di nuovo. E' un bel nome. Benvenuta Anzu, sei nel santuario di Inari sul monte Yume, tra le tue sorelle. Non hai più niente da temere dagli umani ora. All'udire quel nome la kitsune visibilmente sobbalzò. Cercò di sollevarsi, ma le forze le vennero meno e, se non fosse stata sorretta dalle ancelle, sarebbe caduta rovinosamente. Sono a casa! Dov'è Maestro Basho? Ho delle informazioni urgenti per lui! La foga della ragazza fece velare gli occhi dell'anziano con un velo di compassione. Avvicinandosi, le pose una mano sulla spalla. Anzu, sei stata via per molto, molto tempo. Generazioni si sono succedute, e maestro Basho ha raggiunto le dimore dei suoi antenati. La volpe lo osservò ad occhi sbarrati, lasciandosi andare come se fosse stata svuotata di ogni energia. Le parole che uscirono dalla sua bocca erano poco più che sussurri. La guerra, avevano bisogno di un'aiuto per quella dannata guerra... Il mio evocatore si è sacrificato per salvarmi, e io non sono stato in grado di ripagare il debito... Questa volta fu il turno dell'anziana kitsune di rimanere sorpresa. So che è doloroso per te, ma potresti raccontarci cosa è successo? Alzando lo sguardo su di lui, lei annuì. Doveva essere stata una fiera guerriera un tempo. Il mondo è... era sconvolto da un conflitto senza limiti, paese conto paese, villaggio contro villaggio, clan contro clan. Non so come sia la situazione ora, ma all'epoca uscire dalla propria casa equivaleva a rischiare la vita. Beh, qualche volta anche rimanervi. Le grandi nazioni ninja riuscivano a mantenere una pace relativa al loro interno, anche se ai confini il sangue scorreva a fiumi. I paesi più piccoli dovevano fare i conti con una realtà ben più aspra. In uno di questi l'ordine era mantenuto da alcuni clan, alleati tra di loro. Noi volpi eravamo da sempre legate ad uno di questi, il clan Kinryu. Eravamo felici di contribuire a mantenere la pace in quel piccolo angolo di mondo. Un giorno, tuttavia, morì uno dei capoclan dell'alleanza. Fu l'inizio della fine. Il figlio che gli succedette, accecato dall'aspirazione dalla cupidigia iniziò prima in segreto, poi apertamente, a tramare contro gli altri. Questi si riunirono per affrontarlo, ma quel folle aveva chiamato in suo aiuto le forze di una potenza straniera, che non vedevano l'ora di annettersi il nostro territorio. Fu un massacro, entrambe le parti riportarono perdite pesantissime. Io, con il mio evocatore, combattei all'ingresso della valle che conduceva ai villaggi dove i civili avevano trovato rifugio. Dopo che tutti i nostri compagni erano caduti respingemmo da soli più e più ondate di nemici, fino a che non arrivò un mostro. Gli occhi della kitsune sembravano rivedere quelle scene come se stessero accadendo in quel momento davanti a lei. Non saremmo stati in grado di sconfiggerlo neppure al massimo delle nostre forze. Capendo di non avere speranze, il Kinryu mi ordinò di scappare e di implorare le volpi di aiutarli. Non feci in tempo. Lui morì tra le mie braccia, ed io mi trasformai in una moneta per fargli credere di essere scomparsa, ma quel dannato in qualche modo se ne accorse e attraverso un fuuinjutsu mi costrinse in quella forma in perpetuo. Fino a che non mi avete liberato. Le sue guance erano rigate da lacrime, di gioia certo per la ritrovata libertà, ma al contempo di dolore per quella perdita che per lei era avvenuta ieri. Tutte le giovani volpi vicino a lei erano commosse, e le più sensibili piangevano con lei. Con fare paterno, l'anziano la rassicurò. Mi dispiace di averti fatto tornare alla mente ricordi tanto orribili. Ora pensa a riposarti. Completamente spossata, lei annuì. Vorrei solamente sapere che ne fu poi della famiglia di quell'uomo e del clan Kinryu...

    Shin, che si era alzato per seguire la scena e non si era persa una parola, si fece avanti ignorando gli sguardi minacciosi rivoltigli dalle volpi. Mia signora, il clan è salvo, seppur disperso in esilio. Io sono Shin Kinryu, e ho avuto l'onore di portarla al collo negli ultimi diciassette anni, come mio padre prima di me, suo padre e il padre di suo padre prima ancora. La ringrazio per aver sempre vegliato su di noi. Detto ciò si inchinò profondamente. Finalmente ogni mistero era svelato: il loro viaggio aveva raggiunto il suo scopo.
     
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