I fratelli Jindai

Giocata introduttiva per Ryosuke e Kogen Jindai

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  1. -Shu
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    Patricidio

    Post Primo - I Fratelli Jindai



    [Nota: consiglio di ascoltare a volume basso e con le cuffie, potreste causare disturbi a voi stessi e agli altri]



    Il giorno era finalmente giunto. Quella notte, a mezzanotte, Ryosuke e Kogen avrebbero finalmente compiuto 18 anni. Era universalmente riconosciuta nel continente come "la maggiore età", il momento in cui un ragazzo diviene ufficialmente uomo si stacca dalla sua famiglia e va a cercare il proprio posto nel vasto e sconosciuto mondo.

    -----



    Avevo scelto questa notte per il suo valore simbolico, come simbolico sarebbe stato l'atto che avrei compiuto. Ma avrebbe avuto pesanti conseguenze sulla vita mia e di Kogen.

    Mi alzai per primo, come mio solito, e preparai la colazione. Il mio piano avrebbe preso forma soltanto giunta la mezzanotte pertanto avevo ancora molte ore in cui continuare la fittizia esistenza da drone che mi ero costruito sopportando mio padre. No. Non mio padre. Satoshi. Le sue angherie e la sua violenza. Era già qualche anno che io e Kogen guadagnavamo più di lui con qualche furtarello, ricatto e lavoretto. Abbastanza per comprarci l'accesso a qualche arte ninja.

    La mattina proseguì normalmente con Kogen che ci lasciò per qualche lavoro che aveva trovato di recente. Io invece rimasi a casa. Sarei dovuto andare a lavorare come bracciante ma quel giorno saltai il lavoro. Avevo cose molto più importanti da preparare.

    Per prima cosa rimossi tutto l'alcool da casa, persino la scorta segreta di Satoshi che lui nemmeno sospettava sapessi dove fosse. Desideravo che fosse lucido, quando il momento sarebbe giunto. Casa nostra sorgeva vicino ad un albero secolare, che spesso era stato il bersaglio di allenamenti miei e di Kogen. Un fedele compagno di avventura che mi avrebbe servito per l'ultima volta. Dal mio precedente lavoro come taglialegna, che avevo accettato solo per il simbolismo di essere colui che forniva la materia prima alla segheria dove lavorava mio padre... Satoshi! Satoshi! Satoshi! Satoshi! Quell'uomo ha perso ogni diritto di essere "padre"!

    Dicevo, avevo rubato un'accetta. Ero diventato abbastanza abile, sufficientemente bravo per poter indirizzare la caduta di un albero. E lo feci.

    L'albero crollò sulla casa, distruggendo interamente la camera di Satoshi che comprendeva un buon terzo di quella casetta diroccata.

    Andai quindi a prendere Satoshi al lavoro, riferendogli che al mio ritorno dal lavoro (Kogen sarebbe tornato dopo di lui fortunatamente) avevo trovato la casa così.
    Ovviamente mi ero assicurato di nascondere l'accetta e di mascherare i segni lasciati dallo strumento sul tronco.

    Perché fare tutto questo? Perché portandolo io a casa non si sarebbe fermato in una taverna per bere, e lo shock sarebbe stato tale da farlo sfogare con la bottiglia. Ma, non avendo alcool a casa, sicuramente si sarebbe sfogato su di me, come mai prima d'ora. Ed io avrei accettato quello sfogo come catarsi. Come carica. Come crescendo. Come climax. Come apice. Come antipasto del mio rito di passaggio.
    Sapevo, e lo sapeva anche lui, che se avessi reagito avrei potuto facilmente soverchiarlo (specie se mi fossi fatto cogliere dall'ira) ma quello non era il momento.
    Vedendomi ancora più remissivo del solito Satoshi rincarò maggiormente la dose, e Kogen ci avrebbe trovati così con lui che mi picchiava ed io raggomitolato a terra che resistevo.

    Avevo accumulato tutta la rabbia in quegli anni, senza mai reagire, in attesa di quel momento. E me lo sarei goduto. Non si devono anticipare certe cose.

    [...]


    Sarebbe toccato a Kogen preparare la cena, con un Satoshi ancora più irascibile del solito data l'astinenza da alcool. Io invece, ricoperto di lividi, sarei crollato sul letto in anticipazione di quella notte. Ero felice, come mai nella mia vita al pensiero che il mio sogno si stesse per realizzare.

    Non avrei mangiato, ero troppo nervoso per avere fame ma avrei liquidato Kogen con un semplice

    Non ce la faccio Kogen. Ho troppo male per mangiare.

    Satoshi avrebbe obbligato Kogen a dormire sullo sgangherato divano che era un regalo di nozze mentre lui mi scacciava dal mio letto a castello, obbligandomi ad andare in quello superiore (nonostante i dolori, più sopportabili di quello che davo a vedere).

    Non riuscii a dormire. Sorridevo come un bambino in anticipazione, stringendo il kunai che avevo nascosto nei miei vestiti.

    [...]

    Dieci... Undici... Dodici. E' mezzanotte. Buon compleanno Ryosuke, sei finalmente maggiorenne. Buon compleanno Kogen, sei finalmente maggiorenne. Addio, Padre.

    Sarei sceso silenziosamente dal letto a castello, senza svegliare mio padre. Avrei preso un calzino sporco di Kogen e glielo avrei infilato in bocca, aperta mentre russava.

    La sensazione di soffocamento lo avrebbe svegliato ma forse avrebbe pensato che quello fosse solo un sogno.

    Ecco qua la nostra bella addormentata sussurrai E' passata la mezzanotte. Il che significa che sono maggiorenne. Non vuoi farmi gli auguri? Questo è il giorno in cui la tua vita terminerà. Non avrò compassione di te, come tu non ne hai avuta per me o mio fratello. Sono stato io a togliere l'alcool da casa. Sono stato io a far crollare l'albero su questa casa che darò alle fiamme con te dentro.

    Tu morirai per mia mano, Satoshi.



    Grazie al mio peso e alla mia forza non comune [Energia Verde] non fu difficile per me tenere fermo l'uomo che cercava di liberarsi. Oramai era completamente sveglio e conscio che non si trattava di un sogno.

    Come facevo ogni anno sarei andato a svegliare Kogen, per dargli il suo regalo di compleanno. Se non fosse già stato sveglio lo avrei svegliato io parlandogli a voce normale sull'orecchio o battendogli gentilmente col manico del kunai sulla testa.

    Ciao Kogen. Buon Compleanno. Abbiamo 18 anni ora. Un'età speciale, e per questo ho pensato ad un regalo speciale.

    Avrei atteso un attimo perché comprendesse appieno la situazione

    Quest'oggi ci libereremo dalle catene paterne, che ci hanno soppresso così a lungo. Dimmi, vuoi dire qualcosa al nostro caro padre? No, meglio, a Satoshi?

    Avrei lasciato che Kogen si sfogasse con nostro padre, prima di continuare

    Questa sera lui morirà Kogen. Per mia mano. So che tu non lo faresti mai, sei troppo buono. Ed il patricidio è un crimine sia tra gli uomini che tra gli dei. Un crimine di cui mi addosso l'intera colpa, di fronte agli uomini e agli dei. Perché in questo caso non è un crimine, ma giustizia. Chiamo a me testimoni tutti gli dei ed i demoni, gli uomini viventi ed i morti e tutte le creature viventi su questa terra, da Takama-ga-Hara a Yomi-no-Kuni, se qualcuno può parlare a difesa di Satoshi lo faccia ora. Se qualcuno vuole fermare la mia mano lo faccia ora. E se vorrete punire qualcuno sappiate che sono io, Ryosuke, ad aver liberato il mondo umano da questo rivoltante sacco di merda.

    Gli diedi un colpo di Kunai allo stomaco, effettivamente condannandolo a morte.

    E ne sono fiero

    Satoshi cadde al suolo mentre io continuavo ad infilzarlo col kunai, aprendogli numerose ferite mentre come un pazzo godevo di gioia di quell'atto. Non avevo tuttavia previsto una sola cosa. Che il calzino uscisse dalla bocca del condannato a morte e che lui si mettesse ad urlare, con quanto fiato aveva in gola.

    Con le sue ultime parole ci accusò del suo omicidio.

    Dannazione! Fino all'ultimo vuoi metterci i bastoni tra le ruote? Scappiamo Kogen!

    Avrei detto al mio gemello, mentre appiccavo il fuoco alla casa e le urla dei vicini richiamavano le guardie di quel piccolo e sperduto villaggio del paese dell'erba...
     
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